Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |       
Autore: Little Miss Sunshine    12/08/2009    6 recensioni
Diciassette anni, capelli rossi, infinite lentiggini.
-Sembra che tu abbia la varicella!
Non ero la classica ragazza anonima che voleva mostrare di avere carattere.
Non ero la classica ragazza anonima che rispondeva acida.
Diciamo che ero la classica ragazza un po' stronza e popolare che non voleva un ragazzo facile da ottenere, ovviamente.
Possibile che nella mia scuola, carente di ragazzi carini, non si fosse mai parlato di quel ragazzo che meritava sicuramente un posto nella classifica dei più desiderati? Ipotizzai che fosse uno nuovo mentre portavo la tazzina alle labbra per mandare giù il caffé amarissimo. Ad un tratto lui si girò ed incrociò il mio sguardo che gli stava facendo una radiografia da almeno un paio di minuti. Mentre le mie guance si coloravano probabilmente di porpora ed indirizzavo il mio sguardo ficcanaso sul piattino dove posavo la tazzina, lui sorrideva guardandomi per poi tornare a concentrarsi sul suo cappuccino.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 Regalami un sorriso

 

Capitolo Primo: Uno scambio fortunato.

Il bar situato di fronte al Liceo Classico “Umberto Eco” nell’ora che precedeva la campanella d’inizio diventava un vero e proprio Inferno. Situato in un punto strategico del quartiere romano EUR, si affacciava sulla stessa piazza dov’erano situate la Posta, la stazione dei vigili del fuoco, l’ufficio di una importante compagnia telefonica ed una scuola elementare. Di conseguenza ogni mattina vi confluivano persone di tutte le età e di tutte le professioni per consumare la prima colazione, ordinavano cornetti, moretti(*), cappuccini e caffé corretti. I ragazzi dopo aver ordinato si sedevano sui tavolini situati fuori dal bar e mentre mangiavano, avevano l’opportunità di ripassare per l’ultima volta la materia in cui rischiavano quel giorno.
Quel giorno ero arrivata prima del mio solito e dopo aver constatato che al solito punto di ritrovo della mia classe non ci fosse nessuno, mi ero diretta verso il bar. Solitamente arrivavo sempre un po’ prima per poter parcheggiare tranquillamente la mia macchinetta senza il rischio di trovare le macchine degli impiegati dei vari uffici parcheggiate anche sui posti riservati ai motorini e a tutti i mezzi di cilindrata cinquanta. Tuttavia quella mattina, stranamente, avevo deciso subito cosa mettermi e non avevo perso troppo tempo camminando avanti e indietro per casa senza combinare niente, riuscendo così ad uscire alle otto meno dieci da casa e stando alle otto in punto di fronte all’inquietante cancello del mio liceo.
-Scusate- Dissi a voce abbastanza alta in modo da riuscire a farmi spazio fra la massa di gente che si era accalcata nell’area fra il bancone e la cassa. Mentre aspettavo che fosse il mio turno per pagare mi guardai intorno cercando di scorgere qualche volto conosciuto: riconobbi qualche ragazza dell’ultimo anno ed una professoressa della sezione G che chiaccherava animatamente con un suo alunno.
-Buongiorno, Ginni!- La voce di Franco, il proprietario del bar, mi destò dalla mia perlustrazione del luogo. Mi voltai con un ampio sorriso e contai velocemente i soldi che tenevo sulla mia mano destra: un euro e trenta giusti giusti. –Un moretto ed un caffé, giusto?-
-Giusto- Risposi sorridente. In fondo dopo due anni passati a fare sempre colazione lì, ordinando le sempre stesse cose, anche lui ed i baristi avevano imparato a memoria i miei gusti in fatto di cibo. Posai i soldi sul piattino e presi lo scontrino, mettendomelo subito in tasca. Tanto non me lo chiedevano neanche più. Sgomitando il più elegantemente possibile ed il meno dolorosamente per coloro che mi circondavano, riuscii a raggiungere il bancone, buttando immediatamente la mia borsa a terra. Non appena Anna, la barista, mi notò, mi accolse con un ampissimo sorriso e mi fece segno di andare a prendere il moretto ed il caffé. Non passarono neanche due minuti che stavo già consumando tranquillamente la mia colazione. Mentre addentavo felice il moretto assaporandone il sapore al cioccolato pensando alla giornata che mi aspettava, mi guardai un po’ intorno e non appena voltai la testa a destra vidi al mio fianco un ragazzo che non avevo probabilmente mai notato prima a scuola avvicinarsi, posare la borsa a terra e mettere lo scontrino sul bancone. Lo osservai incuriosita mentre mandavo giù l’ultimo pezzo di quella bontà ipercalorica che avevo appena mangiato: alto, capelli mori non troppo lunghi e leggermente spettinati, carnagione un po’ scura e lineamenti tranquilli, dolci e regolari. Possibile che nella mia scuola, carente di ragazzi carini, non si fosse mai parlato di quel ragazzo che meritava sicuramente un posto nella classifica dei più desiderati? Ipotizzai che fosse uno nuovo mentre portavo la tazzina alle labbra per mandare giù il caffé amarissimo. Ad un tratto lui si girò ed incrociò il mio sguardo che gli stava facendo una radiografia da almeno un paio di minuti. Mentre le mie guance si coloravano probabilmente di porpora ed indirizzavo il mio sguardo ficcanaso sul piattino dove posavo la tazzina, lui sorrideva guardandomi per poi tornare a concentrarsi sul suo cappuccino.
-Ciao, Anna!- Dissi con evidente imbarazzo nella voce mentre mi piegavo a raccogliere la borsa a tracolla da terra.
-Ciao, Bella!- Rispose salutandomi con la mano. –Ci vediamo domani!- Nonostante fosse sempre indaffarata, mi parlava sempre con una simpatia ed una gentilezza immensa, facendomi sentire ogni volta benvoluta al famoso “baretto dell’Eco”. Lanciai un’ultima occhiata al nuovo, misterioso ragazzo che in quel momento mi dava le spalle ed uscii, ringraziando il cielo che l’ora di punta era ormai passata e c’era la metà della gente.
-Ginni, Ginni, Ginni!- Una chioma di capelli biondi sembrava correre nella mia direzione dal parcheggio e solo quando si fermò e si scosse, vidi il viso della mia migliore amica, Sara.–Buongiorno! Che ore sono?- Mi domandò con un po’ di fiatone passandosi una mano fra i capelli per sistemarli e stringendo saldamento nell’altra il suo casco azzurro.
-Sono le otto e dieci- Risposi guardando l’orologio che portavo al polso. –Sembra che tu ti sia fatta di corsa il tragitto da casa a qui!- Osservai guardandola un po’ meglio senza poter evitare di ridere.
-Non ho sentito la sveglia, mi sono alzata venti minuti fa.. Non chiedermi come faccia ad essere qui! Sono venuta solo perché quella folle della Marini oggi vuole controllare le nostre parafrasi di Dante!- Respirava a stento e la sua espressione sembrava raccontare da sola la sua disavventura mattutina.
-Comunque, ora che mi hai degnata della tua regale presenza, proporrei di andare a cercare Gianluca ed entrare.. Metti caso che oggi la Marini si è svegliata prima! Poi se entriamo un minuto dopo avrà un motivo per chiamarci!- Cominciai ad incamminarmi in direzione della scuola e proprio mentre oltrepassavo il bar, usciva quel ragazzo senza nome. Lo guardai un momento prima di ascoltare ciò che mi raccontava Sara.
-Ieri sono stata tutto, tutto il pomeriggio a copiare quella dannata parafrasi da internet! Non finivano più quei cavolo di versi..- Sara era fatta così, amava lamentarsi. Era una ragazza molto sveglia, dolce, ed anche piuttosto intelligente, ma studiare regolarmente non faceva proprio per lei.. Si riduceva ogni volta all’ultimo minuto e finiva sempre per fare le cose a metà, prendendo così voti mediocri. 
-Io più che altro ho faticato a mettere insieme tutti i fogli sparsi che avevo disperso per casa!- Commentai senza troppo interesse per l’argomento mentre ci fermavamo proprio davanti alla nostra scuola, sul marciapiede opposto. –Strano che non si veda Gianluca..- Mormorai guardando la strada in salita che stava alla mia destra, su cui lato destro erano parcheggiate tutte le macchinette e tutti i motorini. -..Eppure il motorino l’ha già parcheggiato!- Aggiunsi guardando il suo scooter 125 della Yamaha sistemato accanto ad una moto nera come la pece che faceva la sua bella figura fra tutti quei motorini.
-Magari è già dentro.. Entriamo dai, che non ho voglia di colloquiare con quella racchia!- Sara mi tirò per un braccio facendomi attraversare, praticamente trascinandomi, la strada. Varcammo il cancello e salimmo i gradini, entrando così nell’edificio vero e proprio. Svoltammo a sinistra e prendemmo le scale, salendo al primo piano. Raggiunsimo la nostra classe il II E ed entrammo, trovando sei nostri compagni di classe impegnati a discutere animatamente dell’ultima partita della Roma.
-Buoongiorno!- Esordì colui che era il mio più grande amico, più importante anche di Sara e di tutto il resto del mondo: Gianluca. Capelli castani, con la frangia, portati sempre con quel poco di gel che gli donava quell’aria un po’ sbarazzina, i vestiti firmati ma senza esagerazione ed un sorriso che era in grado di illuminarti la giornata più buia. Una persona d’oro: sorridente, ambizioso, comprensivo.. Ma c’era anche da dire che era dannatamente, perdutamente stronzo. Amava dare un’immagine di sé forte, del menefreghista, ma non appena si apriva con qualcuno perdeva subito quella stupida maschera.
-Ciao, tesoro!- Dissi stampandogli un bacio sulla guancia prima di andare a posare la borsa sul banco che condividevo con lui, mentre Sara si sedeva su quello dietro che invece spartiva con Annagiulia, un’altra nostra grande amica, anche se non aveva lo stesso rapporto che avevamo noi tre.
-Oggi prevedo un’assenza collettiva- Dissi mentre andavo alla porta per affacciarmi al corridoio.
-Mannaggia alla mia stupidità!- Sbottò Matteo, un mio compagno di classe che sembrava un troll un po’ più carino. –Potevo evitare di far sega(*) quattro giorni fila per poi ridurmi il giovedì ad entrare!- Batté un pugno sul banco per poi tornare a discutere con Davide, un altro della sua stessa specie della divinità di Francesco Totti. Eravamo in tutto otto persone su diciotto quella mattina.. Indubbiamente quella vecchia megera avrebbe chiesto la parafrasi, perché spiegare non poteva secondo il regolamento d’Istituto che voleva la presenza di metà classe più uno affinché il docente potesse andare avanti con il programma.
-Arriva, arriva!- Annunciai ai miei compagni di classe precipitandomi al mio banco e prendendo posto affianco a Gianluca che già aveva tirato fuori il libro di italiano. Ci dividevamo i libri e di conseguenza non dovetti neanche scomodarmi di aprire la mia borsa: la penna la prendevo da lui ed era meglio non far vedere alla professoressa dei quaderni, in caso se ne fosse dimenticata!
-Buongiorno, ragazzi..- Disse con la sua solita vocina frettolosa fissando terra e trascinando la sua borsa di pelle marrone. Quella borsa pesava un quintale ed era l’incubo di ogni studente del corso E essere incaricato a portargliela nella sua prossima classe. Tutti ci alzammo, visto che non alzarsi era ritenuto da lei un attacco personale, e non appena lei si sedette noi tutti la imitammo, guardandoci silenziosamente intorno e pregando tutti affinché si esaurisse un unico nostro desiderio. –Come mai oggi siete così pochi? Io volevo far progredire un po’ le vostre conoscenze, per Bacco!- Borbottò aggrottando le sopracciglia ed aprendo il registro di classe. –Facciamo prima a segnare solamente i presenti, oggi.. Allora, vediamo chi c’è..- Si guardò intorno portandosi la penna alla bocca per poi fiondarsi a scrivere. –Chiara Amatori..Matteo Bassotti..Valeria Guglielmino.. Davide Manili.. Giorgia Moccia.. Veronica Paglialunga.. Sara Rossetti.. Ginevra Sforza e Gianluca Terenzi.. Eccoci qui!- Chiuse trionfante il registro e continuò a segnare le assenze sul proprio registro personale.
Ombretta Marini era considerata probabilmente la professoressa più suonata in tutto il Liceo Classico “Umberto Eco”. I racconti delle sue lezioni, delle sue battute e di tutte le sue stranezze avevano circolato per anni e continuavano a circolare per tutti i corridoi, fra tutti gli studenti ed i professori ma, stranamente, non arrivavano a lei che era la diretta interessata. Non amava seguire il programma ministeriale della propria materia: in realtà si permetteva di saltare spesso autori importanti ed opere, solo perché non sono esattamente di suo gusto. Aveva i capelli lunghi fino le spalle, grigi e sparati all’aria stile Einstein, vestiva antiquata e non sempre in un modo definibile decente. Tuttavia ciò che maggiormente i suoi studenti temevano erano le sue interrogazioni: era in grado di chiederti le cose più assurde, concentrarsi su una riga di un lunghissimo canto di Dante e mandarti a posto con un quattro solo per una domanda a cui non davi una risposta pienamente soddisfacente. La donna più eccentrica del mondo.
-Oggi cos’avevamo? Dante?- Domandò con la sua aria stralunata. Qualcuno annuì e lei si alzò dalla cattedra avanzando su quegli stivali scamosciati che portava da anni e con ancora il cappotto addosso. –Non dovevo fare un controllo delle parafrasi?-  Domandò senza conoscere in realtà neanche lei la risposta. Nessuno tuttavia osava mentirle, perché sennò la punizione sarebbe stata ben peggiore. Non si metteva né ad urlare, né a fare scenate isteriche Ombretta. Lei perdeva la fiducia, se la legava al dito e non perdeva mai l’occasione per ricordarlo.
Mentre passava fra i primi banchi, noi altri tiravamo fuori i quaderni di italiano dagli zaini. Presi la borsa e la posai sulle mie ginocchia, la aprii e ci mancò poco che non tirassi un urlo. Probabilmente in quel momento sembravo uno di quei comici cartoni animati con gli occhi sparati fuori dalle orbite e la mandibola che toccava terra.
-Non è la mia borsa questa!- Dissi a Gianluca boccheggiando. Inarcò un sopracciglio, non aveva afferrato il concetto. –Non-è-la-mia-borsa!- Scandii nuovamente ficcando la sua testa quasi dentro di essa. –Guarda!-
-Ho capito, ho capito..- Disse allontanandomi con le mani. –E di chi è diamine è allora?- Bella domanda!
-Se lo sapessi non starei qui no, che dici?- Proprio in quel momento la trotterellante figura di Ombretta Marini si accostò al terzo banco centrale che, guardate un po’ il caso, era proprio il mio.
-Dove sono i quaderni, ragazzi?- Domandò fintamente cordiale mentre in realtà già articolava la ramanzina che ci avrebbe fatto in caso non glieli avessimo dati. Gianluca le passò prontamente il suo e lei si buttò a leggere a capofitto. Gianluca Terenzi era il suo alunno preferito, ne aveva sempre uno di sesso maschile. Generalmente disprezzava i maschi e li riservava un trattamento peggiore che alle ragazze ma con il suo cocchetto di turno cambiava decisamente atteggiamento: dolce, affettuosa, premurosa..quasi una mamma! –Bravo, vedo che resti sempre un ragazzo diligente!- In realtà non aveva letto neanche mezza parola di quelle parafrasi. Gianluca avrbebe potuto tranquillamente scriverci i testi delle canzoni dei Metallica e lei se la sarebbe bevuta senza troppi problemi. –Il tuo, Sforza?- Panico.
-Professoressa.. Non ci crederà, non ci credo neanche io..Ma c’è stato uno scambio di borse!- Lei mi fissava con gli occhi sbarrati ed era già pronta ad aprire la bocca per poter usare finalmente la ramanzina che si era preparata. Tuttavia provai a salvarmi in corner e portai sul tavolo la borsa nera, l’aprii e tirai fuori tutti i libri ed i quaderni che c’erano dentro. –Non sono i libri di questa sezione, guardi!- Escalmai mettendole ad un centimetro dal naso il libro di italiano del misterioso proprietario di quella borsa. La Marini prese il libro fra le mani e lo guardò incuriosita, lo aprì alla prima pagina per cercare il nome ma non lo trovò.
-Per quanto mi riguarda potresti aver messo su questa piccola, divertente scenetta per non fare le parafrasi.. Sforza, sicuramente sei una ragazza onesta ma in tutti questi miei anni di carriera ho imparato che fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio!- Trotterellò alla cattedra e mi fissò sorridente mentre prendeva la sua agendina rossa. –Annoto il tuo nome e alla nostra prossima lezione provvederò a controllare se adempi ai tuoi compiti, signorina!- Detto ciò mi lasciò completamente perdere per continuare il proprio giro ed io sospirai sonoramente. In fondo mi era andata anche meglio del previsto. Guardai Gianluca e cominciai ad aprire ogni singolo libro e quaderno. Non c’era il nome da nessuna parte, né la classe, né un diario. Come poteva qualcuno andare in giro senza diario!
-Non ha personalità questa persona! Ha una scrittura che potrebbe essere sia di una ragazza che di un ragazzo! Non ha un diario, ha i quaderni mezzi vuoti, i libri talmente usati che neanche a volerlo riuscirei a distinguere una scritta attuale da una passata.. Chi diamine è una persona che a gennaio, con il primo quadrimestre agli sgoccioli, ha i quaderni mezzi vuoti?- Stavo cominciando a sfiorare l’isterismo e mentre li richiudevo uno per uno mi immaginavo la reazione che avrebbe avuto l’altra persona nel momento in cui avrebbe aperto la borsa. Maledizione.. Mi dovevo proprio comprare la tracolla dell’Eastpack più anonima ed irriconoscibile di tutte? Nera, senza peluche, senza portachiavi.. Chiavi? –Le chiavi! Gian, le chiavi!- Gli diedi un pugno sul braccio che lo fece sussultare. Sara fece un “shhh” invitandoci a stare più calmi visto che Ombretta stava controllando proprio al suo banco. –Le chiavi della mia macchinetta erano nella borsa..- Sussurrai posando la tracolla a terra. –C’era il mio portafoglio, i miei documenti, il mio telefono, il mio iPod.. Questo qui non ha nulla! Neanche uno straccio di libretto scolastico!-
-Guarda il lato positivo..- Si intrommise Sara che era stata appena abbandonata dalla professoressa che se ne stava tornando alla cattedra. -..L’altro ha i tuoi documenti, con su scritto il tuo nome ed indirizzo. Troverà sicuramente il modo di riportartela!- Quelle parole mi fecero tanto rincuorare che riuscii a non pensare troppo alla storia della borsa e presi addirittura qualche appunto sul nuovo argomento che la vecchia spiegava. Incredibile.. Quel giovedì si stava rivelando una giornata davvero incredibile.
Sei ore più tardi suonava la campanella più amata dagli studenti di tutte le classi: quella dell’ultima ora. Non appena finì il suo gioioso canto, gli alunni di undici intere sezioni si riversarono nei corridoi del liceo e cominciarono a precipitarsi verso una delle due uscite, a seconda di dove si trovasse la loro classe, di dove avessero parcheggiato. Uscii da quella principale che dava proprio sulla salita dove avevo parcheggiato con ancora la borsa sconosciuta sulla mia spalla. Nessuno era venuto a reclamarla durante la ricreazione e stavo cominciando davvero a perdere le speranze. Magari era un ladro che aveva creato tutto ciò per rubarmi soldi, chiavi e tutto. Le mie preoccupazioni aumentarono: cominciavo a ragionare come la mia folle prof di italiano.
-Ci vediamo domani!- Sara salutò me e Gianluca con un affettuoso bacio sulla guancia ed andò verso il suo motorino che si trovava dalla parte opposta della piazza. Io e Gianluca invece prendemmo la salita ed andammo verso i nostri rispettivi mezzi di trasporto.
-Mi dispiace di non poterti dare un passaggio, davvero.. Devo passare a prendere mia sorella a scuola..- Mi disse sinceramente dispiaciuto Gianluca. Scossi la testa, sapevo perfettamente che mi avrebbe portata sulla luna se avesse potuto.
-Tranquillo, ho mandato un messaggio a mamma avvertendola che siccome lei stava a lavoro andavo con l’autobus da nonna e restavo a pranzo da lei!- Risposi osservandolo mentre si metteva il casco e saliva sullo scooter. Certo che Gianluca meritava tutto il titolo del più desiderato della scuola. Aveva un bel fisico asciutto e scolpito, vestiva in quel modo perfetto che oscillava fra il firmato ed il casual senza mai prevalere da un lato, era simpatico, socievole ed intelligente.. Anche se l’intelligenza non era mai un fattore che veniva considerato dalle ragazze al momento di valutare una loro nuova preda.
-Ciao, Ginni!- Mi disse mandandomi un bacio lontano ed allontanandosi a gran velocità. Mi fermai lì a guardare sconsolata la mia macchinetta parcheggiata qualche metro più in là mentre mi stringevo di più nel mio cappotto. I miei lunghi capelli rossicci ondeggiavano mossi dal freddo vento invernale e mi sentivo che la sciarpona che mi ero avvolta intorno al collo non avrebbe protetto le mie povere corde vocali e che il giorno dopo probabilmente sarei sembrata un travestito della Colombo (*).
-Si, papà.. Guarda non so chi diamine sia! Stamattina sono andato alla partita di pallavolo con la scuola, sì, e quando ho aperto la borsa per prendere la tuta.. non era la mia!- Ero già sul punto d’andarmene quando a quelle parole scattai come un radar. Il proprietario della lucente moto nera che era stata parcheggiata vicino a quella di Gianluca era anche il proprietario della famosa borsa? Non lo vedevo in faccia in quanto stava sistemando qualcosa nel sottosella, forse il bloccadischi.
-Sì,sì.. ci sono i documenti e tutto.. Non credo di averla mai vista a scuola!- Ma come non mi aveva mai vista! Dove viveva il ragazzo? Conoscevo quasi tutti in quel liceo essendo stata per tutti e quattro gli anni rappresentante di classe e passando le mie ricreazioni in cortile a conversare con tutti quelli che mi capitano a tiro. –Vabbè dai ci vediamo a casa ..Sì, sì, avevo tutto nelle tasche per fortuna. A tra poco!- Attaccò e dopo aver sistemato il cellulare in tasca prese il casco e se lo rigirò fra le mani.
-Hey, aspetta!- Urlai facendolo voltare di scatto. –Credo che tu abbia la mia borsa..- Aggiunsi a voce un po’ più bassa. Lo sconosciuto si tolse il casco e rimasi un attimo allibita: era il ragazzo di quella mattina al bar. Certo che non mi aveva mai vista.. Io non avevo mai visto lui, pensavo addirittura che fosse uno nuovo. Lui inarcò un attimo il sopracciglio e poi sorrise, sfoggiando uno dei sorrisi più belli che avessi mai avuto l’opportunità di vedere.
-Credo proprio di sì!- Disse tirando fuori dalla tasca della giacca il mio libretto. –In questa foto sembri una ragazzina di dieci anni con la varicella!- Commentò ridacchiando la mia foto. Strabuzzai gli occhi e con uno scatto felino gli strappai di mano il pezzo di carta e lo strinsi al petto, non prima di aver buttato un occhio sull’orribile foto.
-Ok che sembro che io abbia dieci anni e non diciassette.. Ma non ho la varicella! Sono tante, tante lentiggini.. Le ho anche ora..- Provai a giustificarmi un po’ imbarazzata. In fondo era proprio un bel ragazzo, lui, e sentirmi fare certi commenti sulla foto non mi faceva stare proprio a mio agio. Lui mi guardò intensamente per poi annuire.
-In effetti sei proprio piena zeppa di lentiggini!- Osservò per poi avvicinarsi a me e posare accanto ai miei piedi la mia borsa. –E sei anche un po’ secchiona.. Cosa ci fai con dieci versi del Purgatorio parafrasati con tanto ordine e diligenza?- Questo era decisamente troppo!
-Ma non ti sarai fatto un po’ troppo i fatti miei? Oggi la professoressa ci controllava i quaderni e.. E sempre meglio dei tuoi! Ma dai! Non c’è uno straccio di nome da nessuna parte, hai una scrittura ambigua ed i tuoi quaderni potrebbero anche non esserci visto l’uso che ne fai!- Obiettai cocciuta ma anche un po’ divertita da quella situazione.
-Anche tu non hai tardato ad aprire tutto, Ginevra.- Bene, mi chiamava anche per nome il ragazzo! Aveva un bel sorriso certamente, ma era estremamente beffardo e sghembo. I suoi occhi castani sembravano ridere in continuazione di me ed io non sapevo se il tutto mi desse fastidio, mi stesse indifferente o simpatico. Gli passai la borsa e presi la mia, aprendola e sorridendo felice. Afferrai le chiavi della macchinetta ed il cellulare: dovevo avvertire mia madre del fatto che non aveva una figlia completamente deficiente ed andare subito da nonna, che mi stava già aspettando.
-Io ora devo andare!- Dissi infine con un sorriso che probabilmente si allargava su tutto il mio volto. –E siccome tu conosci il mio nome, potrei sapere il tuo?- Domandai curiosa guardandolo negli occhi.
-Emanuele.- Rispose molto semplicemente mentre si metteva la borsa in spalla e riprendeva il casco nero come la sua moto. –Ci si vede a scuola allora- Aggiunse sedendosi sulla yamaha.
-Sì, ci si vede!- Mi voltai e mi incamminai verso il mio adoratissimo mezzo di trasporto e, quando ne ero ormai a due passi mi voltai e vidi Emanuele ancora impegnato con il casco in un mano ed il cellulare nell’altro.
-Io non ti ho rubato la tuta, eh!- Dissi a voce alta. Lui alzò lo sguardo e mi sorrise, scoppiando poi proprio a ridere.
-Non c’era. Un giornò ti racconterò!- Lasciandomi con quella sottospecie di promessa si infilò il casco, abbassò la visiera e infilò il cellulare nella borsa. Fece retromarcia e poi con una sonora sgommata si allontanò. Lo seguii con lo sguardo mentre aprivo la portiera e mi sedevo in macchina. Posai la borsa sul sedile affianco al mio e tirai fuori un attimo le mie cose: il mio quaderno di italiano, i miei libri di storia e latino, ed infine il mio diario. Lo sfogliai qualche secondo per poi notare sulla seconda pagina un post-it giallo con su scritto:
“Complimenti per i gusti musicali! E.”
Sorrisi leggendo quella calligrafia anonima, chiusi poi il diario e partii in fretta diretta a casa di mia nonna. Probabilmente non mi immaginavo nemmeno che quello scambio avrebbe cambiato il resto del mio anno scolastico.





(*) Il moretto è un cornetto la cui pasta è fatta completamente di cioccolato ed anche al suo interno ne è riempito.
(*) La Colombo è la strada che porta dal Colosseo ad Ostia e di notte è solita essere frequentata da prostitute e travestiti.

Questa è la prima fanfiction originale che scrivo ed è ambientata in tutti posti da me conosciuti. Il mio liceo non si chiama Umberto Eco, ma la piazzetta, il baretto e tutti i luoghi descritti sono realmente esistenti. Per i personaggi mi sono ispirata a ragazzi e ragazze che frequentano la mia scuola oppure a persone di fuori che conosco. La mia prof di italiano è la famosa Ombretta, anche se non si chiama così! Spero che questa FF vi piaccia, anche se so che far appassionare le persone con una originale non è sempre facile. Tuttavia mi piace questa storia ed ho intenzione di portarla avanti!
Un bacione,
Silvia.
  
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Little Miss Sunshine