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Autore: babykit87l    15/06/2020    2 recensioni
Martino e Niccolò stanno insieme ormai da sette anni, finché un evento traumatico non cambia le loro vite stravolgendole. Sarà dura tornare alla vecchia vita o forse l'unica soluzione è considerare la possibilità di iniziarne una nuova.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2  

 

 

Aprire gli occhi era un gesto così semplice, ma per lui sembrava l’azione più complicata del mondo.   

Cercò di muovere le mani, le gambe, il collo ma il corpo non rispondeva.   

Faceva solo male. Male ovunque.   

Quasi fosse finito nell’ingranaggio di un macchinario e si fosse accartocciato su sé stesso.   

Faticava a respirare, ad ogni respiro si sentiva soffocare.  

E la testa. La testa era così pesante e c’era così tanta confusione.   

Era stanco. Dannatamente stanco.   

Stavolta la crisi maniacale doveva essere stata più grave delle altre.   

Tentò nuovamente ad aprire gli occhi, ma una luce tagliente li trafiggeva non appena accennava a schiuderli.  Era troppo, troppo da sopportare. Forse avrebbe fatto meglio a dormire ancora un po’, magari al risveglio questi dolori lancinanti che gli arrivavano al cervello sarebbero passati.   

Poi percepì la presenza di qualcuno, accanto a lui. Qualcosa di morbido poggiato sulla fronte e una voce che non riconobbe.   

“Sono qui, Nì. Non ti lascio solo, te l’ho promesso.”  

Chi era? Era un sogno?   

Doveva svegliarsi. Doveva aprire gli occhi.   

Non sapeva quanto tempo di preciso fosse passato da quando aveva sentito quella voce, che probabilmente era stata solo un’allucinazione. Alla fine riprovò un’altra volta ad aprire gli occhi. Aveva le palpebre pesanti, la testa pesante e un sapore metallico in bocca, ma ci riuscì.  

Si guardò intorno, cercando di abituare le pupille alla luce che entrava sferzante dalla finestra. Non riconobbe la stanza, ma suppose che si trovasse in ospedale, soprattutto quando vide una donna, un’infermiera probabilmente, che entrava in stanza con uno stetoscopio sul collo. La donna si avvicinò e guardò la sacca della flebo per controllare che non fosse vuota. Non aveva la forza di articolare una vera frase, ma si lamentò per attirare la sua attenzione.   

“Sei sveglio?”   

Aprì meglio gli occhi, lamentandosi ancora. L'infermiera chiamò immediatamente il medico, che entrò in stanza e gli si accostò.   

“Ciao. Ricordi come ti chiami?”  

A fatica, riuscì a dire “Nic-col-ò”.   

L'uomo annuì e poi fece i primi controlli veloci, puntandogli la luce sugli occhi e chiedendogli di seguire il movimento del suo dito, per controllare i riflessi.   

“Okay, Niccolò, sai dove ti trovi?  

“In os-os-pedal-e?”  

“Esatto. E sai perché sei qui?”   

Niccolò denegò con la testa. “Dove... dov’è mi-a ma-ma.. mma?"  

“È qui fuori. Entrambi i tuoi genitori. Li facciamo entrare, okay?”  

Poi senza attendere la risposta del ragazzo, il medico si spostò sulla porta, dove Niccolò lo sentì parlare. “Il ragazzo è sveglio. Fatica a parlare, ma ha chiesto dei genitori. Venite dentro con me.”  

Quando li vide, riuscì ad accennare un sorriso, anche se c’era qualcosa di diverso in loro.   

“Nico, tesoro, ci hai fatto preoccupare da morire. Come ti senti?”  

“D-dolo-dolo-rante. Mi fa m-male tutt-o. R-espiro mal-e.”  

“È normale. Ci sono diverse contusioni interne. E hai un polmone che è collassato.” Intervenne il medico. “Allora, Niccolò… Mi hai detto che non ricordi cosa è successo, ma ti trovi qui perché hai subito un’aggressione.”  

“C-cosa?”   

“Un’aggressione. Questo ti ha procurato, oltre a tutto quello che ti ho già detto, anche un trauma cranico, quindi so che fai fatica a parlare ma devo farti qualche domanda. Alcune ti sembreranno banali e scontate, ma sono necessarie perciò ti prego di rispondere a tutto.”  

Niccolò annuì piano, dando un’occhiata di sfuggita a sua madre che era al suo lato, con la mano sulla sua spalla. Il medico iniziò chiedendo le generalità - come ti chiami? Quando e dove sei nato? Chi sono i tuoi genitori? – e Niccolò rispose con affanno a tutto, sebbene pian piano le parole uscissero con sempre più facilità, per poi arrivare alle domande più complicate.  

“Non ricordi nulla di ieri sera?”  

“No... Pensavo avessi avuto una cr-crisi m-maniacale.”  

“No, tesoro, nessuna crisi.” Sua madre gli passò la mano sui capelli arruffati.   

“Ti dovremo fare diverse analisi e un’altra tac per essere sicuri che sia tutto apposto. Più tardi verrà un’infermiera e ti porterà a fare tutti gli esami. Okay?”  

Niccolò annuì di nuovo, poi si voltò verso i suoi genitori. “C-come sta Luai?”  

Anna lo guardò confusa. “Luai?”  

“Sì, è... lui è stato p-portato via?”  

“Tesoro, no. Di che parli?”  

“Luai, i suoi genit-ori lo hanno portato v-via. No?”  

La signora Fares si scambiò uno sguardo d’intesa con suo marito, prima di chiedere al medico di parlare in privato. Li vide allontanarsi e confabulare con il medico da una parte. L'ansia gli attanagliò lo stomaco in quei pochi minuti; sua madre non gli aveva risposto quindi probabilmente gli era successo qualcosa, magari la sua aggressione riguardava proprio Luai e il loro rapporto. Forse era stato suo padre ad aggredirlo.  

Quando tornarono davanti al suo letto, il medico sembrava un po’ perplesso e si schiarì la voce prima di parlare. “Niccolò quanti anni hai?”  

“Diciannove.”  

“In che anno siamo?”  

“2018?” Chiese quasi fosse una domanda retorica.   

Il medico sembrò ponderare le parole prima di rivolgersi ancora al ragazzo. “Niccolò, il trauma cranico ti ha provocato un’amnesia retrograda. Ovviamente sarà più chiaro dopo un consulto psichiatrico, che a questo punto risulta necessario, signori Fares.”   

“Che vuol dire?” Chiese Niccolò, non capendo.  

“Niccolò non siamo nel 2018 ma nel 2025. Sembrerebbe che tu abbia perso parte della memoria precedente al trauma. Vedremo dopo con lo psichiatra se è permanente o potrai recuperarla.”  

“Come? Ho perso... un sacco di a-anni.”  

“Può capitare, con un trauma cranico. Ora devo continuare il giro dei pazienti. Tornerò nel pomeriggio per gli esami.” Il medico a quel punto uscì dalla stanza, lasciando Niccolò e i suoi genitori da soli.   

Sette anni. Aveva perso i ricordi di buona parte della sua vita. Ed era così assurdo, tutta la foschia nella testa sembrò accumularsi al punto da creare una nebbia compatta e fitta. Cosa si era perso? Quante cose erano successe in sette anni? Eppure quella domanda non aveva ancora una risposta.  

“Come sta Luai? Non... non mi avete risposto?”  

“Sta bene, credo. È meglio se lo chiedi ai tuoi amici però, che sono sicuramente più informati.”  

“Rami e Driss?”   

“Possiamo parlare di cose più importanti?” Si intromise il padre, che sembrava l’unico a ricordarsi che fuori da quella porta Martino era in attesa di sapere qualcosa del ragazzo.  

“Quali cose più importanti?”  

“Nico tu non ricordi gli ultimi anni, ma sono successe tante cose.”  

“Cioè?” La sua espressione passò attraverso una vasta gamma di emozioni, tra paura, confusione, ansia prima di guardare attentamente suo padre.  

“Qui fuori ci sono delle persone che vorrebbero vederti e sapere che stai bene.”  

“Maddalena?” Chiese Niccolò, già irritato solo a doverla nominare.  

“No, Nico, ti sei lasciato molti anni fa con lei. Ma tuo padre ha ragione, ci sono i tuoi amici qui fuori e... il tuo ragazzo. Compagno in realtà.”  

 “Ah... Luai?”  

“No, non è Luai.”  

“Come si chiama?”  

“Martino.”  

“E a voi sta bene?”   

“Nico, sono diversi anni che state insieme, direi di sì.” Suo padre sorrise, davanti all’espressione spaesata del figlio. “Lo facciamo entrare, che dici?”  

Niccolò scosse la testa. “Vorrei riposare un po’. Ho la testa pesante e mi fa m-male.”  

I signori Fares annuirono e dopo che sua madre gli lasciò un bacio sui capelli, si chiusero la porta alle spalle, permettendogli di riposare, come da sua richiesta.  

Scoprire di avere una relazione con una persona che non conosceva, soprattutto quando nella sua testa c’era ancora Luai, era così strano. Chissà che faccia aveva questo ragazzo... E se non gli fosse piaciuto? Avrebbe voluto parlare con Luai, sincerarsi che stesse davvero bene, scusarsi per come erano andate le cose. Chissà se ancora si parlavano o se avevano interrotto i rapporti definitivamente. Se così fosse stato, non sapeva se avrebbe potuto sopportarlo: Luai era prima di tutto il suo migliore amico. E ora c’è questo ragazzo di cui non sa nulla, con il quale a quanto pare ha una relazione. Niente più Maddalena. Niente più Luai. Erano decisamente cambiate le cose.   

Con questi pensieri chiuse gli occhi e in breve si addormentò.   

Fu un sonno senza sogni.   

Si svegliò due ore dopo e dovevano avergli dato qualche antidolorifico potente perché il dolore alla testa si era un po’ placato rispetto a prima. Si guardò intorno per un momento, poi sentì delle voci fuori dalla porta tenuta aperta.   

“Appena si sveglia ti facciamo entrare.” Era chiaramente la madre a parlare.  

“Ma quindi non ha proprio ricordi. Zero?” Questa era una ragazza, ma non la riconobbe.  

“Pare proprio di no.”  

“È un incubo. Non so quanto abbia senso che entri lì, se non sa chi sono.”  

“Beh, Marti, nei film fanno sempre vedere che quando si vede la persona che si ama il tipo o la tipa ricorda tutto.” Chi diamine stava parlando?  

“Appunto, Gio, nei film. Non è che mo’ entro e improvvisamente Nico si ricorda di me.”  

“Però bisogna stimolargli la memoria, in questi casi è fondamentale. Ricordo di averlo studiato all’università.” Questa voce però la ricordava.  

“Vabbè, Sana mi fido. Okay?”   

Ecco chi era. Sana! Allora forse con Luai erano ancora amici. Almeno quello.  

Poi vide sua madre fare capolino nella stanza e le sorrise quando lei si accorse che era sveglio.   

“Come ti senti?” Gli chiese, avvicinandosi al letto.  

“Meglio. Almeno la testa.”  

“Senti qui fuori ci sono tutti i tuoi amici. Direi che è il caso di farli entrare, eh?”  

“Okay. Puoi farlo entrare.” Non aveva bisogno di specificare di chi parlasse.  

Niccolò prese un respiro profondo e si passò la mano sui capelli, mentre cercò di mettersi seduto sul letto e risultare presentabile. Quando nella stanza entrò Martino, Niccolò restò imbambolato a fissarlo. Okay, era effettivamente un bel ragazzo. Ma non era Luai.   

“Ciao!” Lo salutò il ragazzo. “Non hai idea di chi io sia, vero?” Niccolò scosse la testa in segno negativo. “Sì, i tuoi mi hanno detto non ricordi nulla ma... io e te stiamo insieme. Stavamo.”  

Oh.  Faceva un effetto così strano sentire quelle parole.  

“Mi chiamo Martino.” Gli tese la mano con un sorriso che sperò essere il più rassicurante possibile.  

Niccolò la strinse e un brivido lo percorse nonostante il calore di quella mano.  

Martino si sedette nell’unica sedia presente nella stanza, proprio accanto al ragazzo e attese che Niccolò dicesse qualcosa. Niccolò però era perso nei suoi pensieri: aveva perso sette anni della sua vita, anni in cui erano sicuramente successe tante cose e di cui al momento non aveva memoria. Come era potuto succedere?   

“S-se hai qualche domanda... insomma chiedi pure. Risponderò a tutto.”  

Martino lo riscosse dai suoi pensieri e Niccolò si voltò di nuovo verso di lui. Forse avrebbe potuto aiutarlo a fare un po’ di chiarezza. “Da quanto stiamo insieme, di preciso?”  

“Sette anni. Ci siamo conosciuti a ottobre del 2018.” Un piccolo sorriso si palesò sul suo volto mentre lo diceva.   

“Il mio ultimo ricordo è Luai che viene portato via e suo padre che mi urla contro.”  

“Sì, la so quella storia.”  

“Conosci Luai?” Martino annuì, tenendo gli occhi su di lui. “E sai come sta?”  

“Sta bene, è tornato a Roma un paio di anni dopo quella brutta storia.”  

“Okay, meno male... E sai se.. Se siamo ancora amici?”  

“Più o meno. Non ci vediamo tantissimo con lui, perché lavora fuori Roma.”  

“E cosa fa?”  

Martino perse il sorriso e sospirò. “Lavora in un’agenzia che fa catering.”   

“E tu come l’hai conosciuto?”  

Martino rimase interdetto, scuotendo la testa. “Scusa, Nico, ma ti interessa solo questo?”  

“In che senso?”  

“Beh ti ho detto che stiamo insieme da sette anni e le uniche cose che mi hai chiesto sono su Luai...”  

“È il mio ultimo ricordo. Anzi, in questo momento in realtà vorrei parlare con lui, più che con te.” Sapeva di essere stato forse troppo brusco, ma doveva prima chiarire con Luai, togliersi quel tarlo dalla testa e assicurarsi di non avergli rovinato la vita. Se questo ragazzo lo conosceva come aveva detto, allora avrebbe capito.   

“Okay.” Martino ingoiò il magone che gli si era formato in gola e si alzò dalla sedia. Prese il telefono in mano, scusandosi. “Ehm, qui dentro prende male. Vado fuori a chiamare Luai, così lo faccio venire qui.”  

“Grazie.” Lo vide uscire dalla stanza e si sentì una merda per averlo trattato così.   

Sospirò pesantemente e cercò di muoversi per alzarsi ma i dolori al petto, il tubo che usciva dalle costole e quel sapore metallico che sentiva in bocca, lo fecero desistere. Si accasciò ancora di più sul letto.  

Si sarebbe voluto vedere allo specchio e rendersi conto dei cambiamenti, perché era sicuro di essere cambiato almeno un po’ rispetto ai suoi ricordi. Chissà se c’erano video di questi ultimi anni. Chissà quanto era cambiato. E il suo disturbo era peggiorato? Quel ragazzo, Martino, sapeva del suo disturbo? Presuppose di sì, ma non era sicuro. Cazzarola, aveva così tante domande in testa.   

“Posso?”   

Si voltò verso la voce e vide Sana fare capolino dalla porta accostata. Sorrise e annuì, rimanendo di sasso alla vista del pancione pronunciato della ragazza.  

“Tu-tu...?”  

“Sì, Nico sono incinta.”  

“Wow! Congratulazioni!”  

“Grazie.” Rispose lei con un sorriso chiaramente felice. “Di me ti ricordi, sì?”  

“Sì, certo. Come... Come sta Rami?”  

“Bene. Verrà più tardi a trovarti.”  

Niccolò sembrò contento di questo. Almeno una faccia amica. Ne aveva bisogno.   

“Immagino tu sia molto confuso, al momento.”  

“Non ne hai idea. M-mi sono perso sette anni di vita. E mi sembra di non sapere più nemmeno chi sono.”  

“Beh sei sempre tu. Ma comunque ci siamo noi, i tuoi amici, qui per aiutarti a ricordare o a scoprire chi sei. Non sei solo.”  

Tu non sei solo, hai capito?  

Che diamine era stato? Un'allucinazione? Un ricordo forse? Chi l’aveva detto però?   

Si portò le mani sulle tempie e sentì di nuovo la testa pesante e una leggera confusione gli annebbiò la mente.   

“Che succede?”  

“Nulla, ho solo la testa che fa ancora male. Dicevi?”  

“Ti dicevo che noi ti aiuteremo, però non ci devi allontanare. Soprattutto Martino.”  

“È che non ho idea di chi sia.”  

“Beh... permettigli di farsi conoscere. Non respingerlo, ne vale la pena. Fidati.” Sana gli prese la mano e gliela strinse per dargli conforto. “Comunque qui fuori ci sono un po’ di persone che devi conoscere. Che dici?”  

“Mi puoi fare un riassunto, prima?”  

Sana sorrise e gli raccontò di Giovanni ed Eva che erano quasi dei fratelli sia per lui che per Martino e di Filippo che da anni era ormai il suo migliore amico. Niccolò le chiese di Rami e gli altri – non nominò Luai, non volendo rischiare di creare tensione come era successo con Martino – e lei confermò che il gruppo di amici che aveva al Virgilio faceva ancora parte della sua cerchia. Erano tutti una grande famiglia, chi più chi meno.   

Poi fece entrare nella stanza Giovanni, Eva e Filippo, che si presentarono a lui come fosse la prima volta. Martino rimase fuori, decidendo di non entrare e lasciare ai suoi amici del tempo da soli con lui. E Niccolò sentì tutto l’imbarazzo della situazione – i tre si guardavano di sottecchi non sapendo bene che dire – ma cercò di nasconderlo chiedendo a ognuno di loro di raccontare come si erano conosciuti e riempire il silenzio che si stava creando.   

Niccolò ascoltò ogni racconto e descrizione, provando ad assimilare quante più informazioni possibili per ricostruire almeno una parte del suo passato perduto. Ogni tanto perdeva dei passaggi, ma i tre ragazzi sembravano davvero simpatici e divertenti. Era piuttosto chiaro perché fossero amici, già gli piacevano.  

Stettero nella stanza per almeno mezz’ora finché l’unico pensiero fisso che aveva avuto dacché si era risvegliato non comparve nella stanza. Luai. Niccolò sentì il battito accelerare e ringraziò di non essere collegato a uno di quei macchinari che segnano la frequenza cardiaca o tutti si sarebbero resi conto delle sue emozioni.   

Il suo sguardo era fisso sul ragazzo e nemmeno si rese conto che tutti gli altri si erano dileguati per lasciarli soli. Tutto intorno era scomparso e c’era solo Luai. E il suo sorriso. I suoi occhi chiari. Il suo profumo.   

Luai era lì. Era vivo. Stava bene. Davvero bene.   

E il sollievo si fece spazio nel sui petto sgretolando il senso di colpa e la paura di quello che poteva essergli successo.  

'Finalmente.'  Il primo pensiero lucido da quando s'era svegliato gli balenò nella mente.  'Finalmente sei qui.'  

 

 

 

 

 

 

Notes:

Eccoci qui. Stavolta il punto di vista è tutto di Nico, ma ho pensato fosse necessario.
Fatemi sapere che ne pensate, please.
Ringrazio la mia superbeta Akira14 per tutto l'aiuto che mi sta dando.
Alla prossima settimana ;)
Babykit

   
 
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