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Autore: Traumerin_    15/06/2020    8 recensioni
Il primo incontro tra Lily e i genitori di James avviene ad una festa di capodanno organizzata a casa Potter, con la partecipazione di Sirius che continua a sopravvalutare la sua resistenza agli alcolici, Remus alle prese con una chitarra, Peter che tenta di farsi adottare da Euphemia, Alice che trascina il centenario nonno di James a ballare e i soliti amici che contribuiscono a fomentare quel clima di baldoria.
Una serata che per Lily inizia con un dramma insormontabile.
Dal testo:
Quale terribile maledizione si era scagliata su di lei? Chi aveva fatto arrabbiare, lassù, per essere condannata ad un tale destino? Doveva essere un incubo. Non poteva essere vero, non stava seriamente per incontrare la persona che si era abituata a considerare “il pioniere dei parrucchieri magici” con una criniera informe pronta ad entrare in competizione con i capelli di James al mattino!
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Euphemia Potter, Fleamont Potter, I Malandrini, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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31 dicembre 1977
 
Lily rimirò la sua figura riflessa nello specchio affisso alla parete, voltandosi verso destra e poi sinistra, girando su sé stessa, scrutandosi minuziosamente alla ricerca di imperfezioni che sua madre – da poco uscita dalla stanza per andare a finire di prepararsi per la cena con i signori Dursley – le aveva assicurato non esistessero.
Sospirò, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi ed inclinando appena la testa, mordendosi nervosamente il labbro inferiore e chiedendosi quando fosse stata l’ultima volta che aveva passato così tanto tempo dinnanzi ad uno specchio.
Contrariamente a sua sorella, da sempre ben disposta a farsi vestire ed acconciare dalla loro mamma come se fossero delle bamboline, Lily aveva avuto un rifiuto per nastri e scarpette, ostentando sin da bambina il suo carattere testardo e vagamente prepotente.
Rose aveva dovuto riversare la sua passione per treccine e vestitini su Petunia che, a sua volta, si era mostrata entusiasta di poter condividere quell’interesse con sua madre.
La signora Evans, dunque, non si era affatto meravigliata quando, con l’avanzare degli anni, si era ritrovata a passare pomeriggi di shopping sfrenato e pettegolezzi con la sua primogenita e serate a chiacchierare dinnanzi ad una tazza di tè con la seconda, apprezzando ogni istante passato con entrambe e cercando, sempre con maggiore difficoltà, di trovare dei punti d’incontro per far riconciliare quelle sorelle che, prima della partenza di Lily, erano state tanto unite da giurarsi di non perdersi mai.
Ma Rose, attenta osservatrice, lo vedeva ancora quell’amore. Lo vedeva nella scatola di biscotti che Petunia metteva sul tavolo della colazione solamente quando Lily tornava a casa; lo vedeva in quelle strane caramelle tutte colorate che Lily portava dal Mondo Magico e che lasciava nel vasetto della cucina, ben consapevole di quanto sua sorella ne fosse ghiotta; lo vedeva nella decisione di rivedere almeno una volta all’anno lo stesso film, quello che da bambine avevano imparato a memoria e di cui adesso continuavano a sussurrare le battute, seppur sedute distanti; lo vedeva nei commenti apparentemente sprezzanti di Petunia che le diceva che il suo amico James sarebbe scappato a gambe levate se l’avesse vista indossare un determinato capo d’abbigliamento e che, invece, nascondevano il desiderio di darle un consiglio ben più esperto; lo vedeva negli sforzi di Lily di non roteare gli occhi dinnanzi ai vaneggiamenti di Vernon, mostrandosi sempre ben disposta ad ascoltarlo solamente per compiacere sua sorella; e lo vedeva, inevitabilmente, in quegli sguardi irritati che si scambiavano, nella rabbia che si urlavano, nelle lacrime che non riuscivano a trattenere e palesavano quanto si mancassero l’un l’altra.
E fu questo il pensiero che per un attimo, come un fulmine troppo veloce per essere messo a fuoco, attraversò la mente di Lily: chiedere a Petunia cosa ne pensasse. Poi scosse la testa, come a voler scacciare quell’idea, convincendosi che il suo abbigliamento fosse adeguato alla serata: il maglioncino nero dallo scollo a barca lasciava scoperte le spalle sottili ed evidenziava il busto magro e la curva sinuosa del seno, scomparendo oltre il bordo della gonna in velluto a vita alta, di un verde sgargiante, che scendeva aderente fino a metà coscia; un paio di calze nere velate rendevano le sue gambe snelle ancor più fini e dei semplici stivaletti neri le avrebbero permesso di restare comoda per tutto il tempo.
Aveva truccato leggermente il volto, cercando di far risaltare gli occhi e limitandosi ad uno strato di lucido sulle labbra, ben consapevole che James se ne sarebbe lamentato tutto il tempo e poi, dispettosamente, glielo avrebbe tolto a suon di baci.
Sua madre era riuscita a compiere un miracolo con i suoi capelli: non erano i boccoli in cui aveva sperato, ma di certo non poteva lamentarsi delle onde che adesso le cadevano morbide sul seno.
Era alquanto soddisfatta del suo aspetto e si sarebbe sentita al massimo della sua autostima – piuttosto alta, doveva riconoscerlo – se non fosse stato per il pensiero di dover incontrare i genitori di James.
Gettò un’occhiata all’orologio sul comodino, sbuffando nel realizzare che mancassero almeno una ventina di minuti alle sei del pomeriggio, ovvero all’orario in cui avrebbe dovuto smaterializzarsi per arrivare puntuale a Godric’s Hollow.
Consapevole di non poter rimanere ferma dinnanzi allo specchio a farsi consumare dalle sue paranoie, si avvicinò al giradischi con l’intenzione di rimettere il vinile nella propria custodia.
Sorrise distrattamente quando il disco, il regalo di Natale da parte di Sirius, le fu tra le mani e ripensò, ancora una volta, a quanto fosse strana la sintonia che s’era instaurata tra di loro.
Se qualcuno le avesse detto che lei e Sirius Black, un giorno, sarebbero arrivati a scambiarsi lo stesso regalo senza saperlo, Lily avrebbe chiamato un’autoambulanza o lo avrebbe portato al San Mungo – a seconda della situazione. Ma ormai l’aveva capito: alla vita piaceva sorprendere e, in quel caso, lo aveva fatto nella maniera più inaspettata di tutte.
 
16 marzo 1977
 
La notte incombeva silenziosa sul castello dormiente, una fitta coltre di nubi nascondeva le costellazioni luminose e il vento continuava a soffiare minaccioso, abbattendosi con violenza contro le vetrate delle finestre e producendo un fischio tedioso che, per Lily, rappresentava quella gocciolina capace di far traboccare il vaso: quella, pensò, non doveva proprio essere la sua giornata.
Sin da bambina, Lily si ritrovava a dover fronteggiare un dramma che riusciva sempre a gettarla in uno stato di puro sconforto: l’incapacità di resistere al dolore e l’ostinazione nel non permettere agli altri di scorgere le sue sofferenze.
Pertanto, sbattere contro uno spigolo, procurarsi un taglietto o cadere rovinosamente per terra, erano incidenti che, a causa della sua soglia di dolore pressoché inesistente, avevano un forte – e desolante – impatto sul suo corpo. Ma Lily era troppo orgogliosa per dare a qualcuno la soddisfazione di vederla soffrire, quindi stringeva i denti e, solo in un secondo momento, al sicuro dagli sguardi altrui, si concedeva di sfogare quel dolore nel modo che le sembrava più opportuno: talvolta prendeva a pugni il cuscino, altre si perdeva in una litania di santi e maghi, raramente concedeva spazio alle lacrime e spesso ricorreva alla sua bacchetta o alle pozioni per risanare una ferita – da quando aveva scoperto come ricavare l’Essenza di Dittamo dalla suddetta pianta, ne portava sempre dietro una boccetta.
Sfortunatamente, però, non c’era cura che conoscesse contro i dolori provocati dal ciclo mestruale. Certo, avrebbe potuto recarsi da Madama Chips e richiedere uno di quegli infusi che puntualmente l’infermiera preparava per le altre ragazze, ma ne detestava il sapore quanto la sensazione di spossatezza che la pervadeva subito dopo averlo bevuto.
Quel primo giorno, i dolori erano stati talmente insopportabili da averle reso impossibile rimanere concentrata durante le lezioni, o di svolgere adeguatamente i suoi doveri da Prefetto: aveva visto chiaramente due ragazzini armeggiare con dei prodotti di Zonko, ma erano scappati in fretta e Lily, solitamente ben felice di far valere il suo ruolo e d’incutere un certo timore, non aveva neanche pensato di riacciuffarli.
A cena aveva mangiato una salsiccia solamente per l’insistenza di una minacciosa Marlene e, non appena ne aveva avuto la possibilità, si era recata nella Torre per concludere quella giornata con una meritata dormita.
Prima di poter iniziare a salire le scale che l’avrebbero condotta al dormitorio femminile, però, aveva sentito una mano afferrarle il polso ed era stata costretta a rigirarsi. James le aveva rivolto uno sguardo confuso e preoccupato e, seppur avessero deciso di non mostrare quanto il loro rapporto si fosse effettivamente evoluto dinnanzi agli altri, Lily non si era scostata quando lui, istintivamente, le aveva accarezzato una guancia e le aveva chiesto il perché del suo insolito comportamento.
La ragazza lo aveva rassicurato, uno spiccio “Mestruazioni, James, niente di preoccupante, voglio solo andare a dormire” a cui l’altro aveva reagito con un sorriso comprensivo, approfittando della sua inconsueta pacatezza per lasciarle un’altra carezza ed augurarle una buonanotte.
Lily si era rannicchiata nel suo letto, pronta ad abbandonarsi al sonno e scrollarsi di dosso la stanchezza che l’aveva accompagnata per tutta la giornata.
Evidentemente, Qualcuno ai piani alti non era d’accordo con lei.
Aveva sentito le sue compagne di stanza rientrare, aveva ascoltato i soliti scleri di Alice su quanto Frank la facesse irritare, il riassunto di Marlene sull’ultima partita del Campionato Nazionale di Quidditch e la caterva di parolacce che Mary aveva indirizzato a Madama Pince. Le aveva sentite addormentarsi una alla volta, immergersi nel mondo dei sogni e lasciarla lì, con gli occhi ancora spalancati ed un’inspiegabile voglia di cioccolato che si faceva via via più forte con il passare delle ore, fomentata anche dalla fame che quella singola salsiccia non era riuscita a placare.
All’apice di una crisi di nervi, dopo aver inveito contro quel dannato fischio del vento, scostò le coperte e s’alzò in piedi, afferrando la sua bacchetta dal comodino e dirigendosi a passo di marcia verso le scale.
Uscì dalla Sala Comune e si affrettò a disilludersi con l’apposito Incantesimo, sussurrando un “Lumos” e tenendo la bacchetta puntata verso il basso per evitare di far svegliare gli innumerevoli quadri posti lungo le scalinate, chiedendosi ancora una volta perché i Grifondoro e i Corvonero affamati dovessero percorrere sette lunghi piani prima d’arrivare alla loro meta, mentre i Serpeverde dovevano solamente salire di un piano e i Tassorosso, addirittura, solo fare qualche passo.
Quando finalmente arrivò dinnanzi all’entrata delle cucine, mise fine all’Incantesimo e solleticò la pera del quadro, sgattaiolando rapida al suo interno. Rimase perplessa, però, nel riconoscere la figura di Sirius, seduto ad uno dei tavoli centrali, con lo sguardo perso dinnanzi a sé e le mani chiuse attorno ad un bicchiere.
Prima di legarsi a James, Lily aveva sempre considerato Sirius inavvicinabile: appariva sicuro di sé, avvolto in una scia di arroganza che lo rendeva intrattabile e con un’aria di strafottenza che si rifletteva nello sguardo enigmatico e indifferente che rivolgeva a tutti i suoi compagni – e mai ai suoi amici.
Vantava una bellezza sfacciata e superba, un fascino talmente accattivante da risultare ammaliante per chiunque gli stesse attorno.
Persino in quel momento, con i capelli corvini che gli ricadevano sulle spalle più sbarazzini del solito ed il ridicolo pigiama che lui e James avevano comprato in un negozietto babbano, faceva sfoggio di quella distratta eleganza che scorreva nel suo sangue nobile.
Non si voltò verso di lei, ma Lily era certa che si fosse accorto della sua presenza – era stato Sirius stesso a rivelarle che, da quando era diventato un Animagus, i suoi sensi si erano acuiti.
Lily prese una tavoletta di cioccolato dalla solita dispensa e poi, con nonchalance, andò a sedersi di fronte al ragazzo, scartando il suo spuntino di mezzanotte e staccandone subito un pezzo.
Sirius alzò lo sguardo su di lei, guardandola con quegli occhi grigi che riuscivano sempre a nascondere qualsiasi emozione provasse, osservandola in silenzio.
Se fino al quinto anno si erano rivolti la parola semplicemente per indispettirsi a vicenda o per svolgere un determinato compito assieme, il sesto aveva riservato loro un inaspettato cambiamento: con l’avvicinamento tra James e Lily, era stato inevitabile, difatti, che anche i due si ritrovassero a passare sempre più tempo assieme.
Contrariamente a quanto aveva sempre pensato – ovvero che l’avrebbe odiata soltanto per le attenzioni che James le rivolgeva – Sirius aveva approfittato di ogni istante con lei per cercare di conoscerla meglio, per andare oltre il superficiale rapporto che avevano instaurato in quegli anni di scuola.
Lily aveva sempre pensato a sé stessa e a Sirius come al cactus e al palloncino: incompatibili per natura. E, con il passare dei mesi, seppur avesse rivalutato determinati aspetti di quel ragazzo che aveva sempre considerato inavvicinabile, aveva capito che non sarebbe mai riuscita a capire cosa celasse veramente il suo sguardo: erano troppo diversi per riconoscersi.
«Come stai?» le chiese, tamburellando le dita sul bicchiere.
Lily si strinse nelle spalle «Affamata e assonata»
«Una combo vincente» ironizzò, senza alcun reale divertimento «Non dovresti muoverti da sola per il castello»
La rossa gli rivolse un’occhiata interrogativa, continuando a masticare il cioccolato.
«Hai già dimenticato cos’è successo a Mary l’anno scorso? L’hanno attaccata proprio quando era da sola»
Lily fu percorsa da un brivido al ricordo e scosse velocemente la testa, sperando di allontanare quella spiacevole sensazione da sé e concentrarsi sulla determinazione che aveva velato gli occhi della sua amica dopo quel terribile episodio «Quei vermi non possono togliermi la libertà, Sirius. Non posso permettere loro di avere tanto potere sulla mia vita»
Il moro tornò a guardare il bicchiere, mentre un sorriso sprezzante s’impossessava del suo volto «Già, la libertà»
Lily corrugò appena la fronte, confusa da quel commento. Seguì la direzione dello sguardo dell’altro, ritrovandosi ancor più sconcertata nel realizzare che stesse bevendo del latte.
«Pensavo lo prendessi solo con James» ammise, incerta, indicando il bicchiere con un cenno del capo.
Sirius annuì impercettibilmente «Magari una doppia dose mi evita davvero gli incubi» sussurrò, assente.
«Che tipo di incubi?» domandò, curiosa, spinta dal desiderio di conoscerlo meglio, di riuscire a scavalcare quel muro che lui erigeva tra sé stesso e tutti gli altri – quel muro dietro cui James e Remus le assicuravano ci fosse il ragazzo migliore del mondo.
Sirius sospirò, continuando a tenere lo sguardo basso «Quelli che sogni e quando ti svegli, ti rendi conto che sono reali» poi scosse la testa «Lascia stare, non puoi capire»
Lily si portò un altro cubetto di cioccolato alla bocca, masticandolo con distrazione. In quel momento, non aveva la benché minima idea di cosa Sirius stesse dicendo. Quegli incubi di cui parlava potevano riguardare il suo passato, oppure i suoi amici, o forse la persona che gli piaceva, poteva trattarsi di una banalità o forse di una questione di fondamentale importanza. Lily non lo sapeva: Sirius era un mistero troppo complesso da svelare – ma lei non aveva alcuna intenzione di lasciarsi scoraggiare.
«Mettimi alla prova»
Il ghigno arrogante ricomparve «Se sapessi cose tanto brutte, smetteresti di parlare con me»
«Io lo so che tu non sei una brutta persona, Sirius Black»
Il diciassettenne le lanciò un’occhiata perplessa, probabilmente stupito dalla sicurezza con cui Lily aveva pronunciato quelle parole – eppure, James glielo ripeteva sempre che Lily sapeva vedere la bellezza negli altri, soprattutto quando gli altri non riuscivano a vederla in sé stessi.
«E quindi secondo te una persona che abbandona il fratello e che non riesce ad avvicinarglisi per orgoglio, non è un brutta persona?»
Lily rimase interdetta: quella non era la domanda che si sarebbe aspettata e, soprattutto, quello era l’ultimo argomento che avrebbe voluto affrontare. Non era ancora in grado di parlare del rapporto con sua sorella senza provare una spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco, ma sapeva che avrebbe dovuto farlo per Sirius, per quel ragazzo convinto che non ci fosse una persona capace di comprenderlo, che non aveva lo stesso supporto e quel barlume di speranza che i suoi genitori, invece, offrivano a lei.
«Io ho una sorella» disse, giocando nervosamente con la carta della cioccolata «Lei è una Babbana e mi considera un mostro. Eppure, io so che è solo invidia, che anche lei vorrebbe essere una strega e, la cosa peggiore, è che io non posso fare nulla per cambiare questa situazione. A casa a stento ci parliamo, al massimo litighiamo. Vorrei dirle che mi dispiace, per qualsiasi cosa io abbia fatto, ma il pensiero che lei mi odi davvero e possa rifiutarmi, mi terrorizza. Quindi, sono bloccata in questo limbo di incertezze»
Sirius la scrutò, rispecchiandosi in quella triste sfumatura che gli era tanto familiare «Come si esce dal limbo?»
Lily sospirò «Non lo so, Sirius» ammise in un sussurro.
Per la prima volta, Lily realizzò che non ci fossero né cactus, né palloncini, ma solamente due ragazzi provenienti da mondi differenti accomunati da un dolore troppo intenso per essere spiegato, troppo difficile per essere compreso da chi non lo aveva provato sulla propria pelle. Perdere un fratello, o una sorella, era come perdere una parte di sé: dopo, non si era più gli stessi.
Sirius allungò il bicchiere di latte verso di lei e, per la prima volta, guardandosi, si riconobbero.
 
31 dicembre 1977
 
A ridestarla dai suoi pensieri fu il suono del campanello.
Si augurò che i Dursley non fossero arrivati con anticipo: non aveva alcuna intenzione di restare bloccata in inutili convenevoli con persone che avevano cresciuto un tipo come Vernon.
Controllò velocemente lo zainetto in pelle nera dentro cui, grazie all’Incantesimo di Estensione Irriconoscibile, aveva riposto tutto il necessario per le notti che avrebbero passato da James e per il ritorno ad Hogwarts – avevano deciso, dopo una lunga discussione di dieci secondi prima di scendere dal treno, di tornare a scuola tutti assieme per godersi appieno quegli ultimi giorni di vacanza.
Quando sua madre la richiamò a gran voce dal piano inferiore, Lily non poté fare a meno di imprecare: le mancava solamente imbattersi nei genitori tronfi del tricheco per peggiorare il suo stato d’animo.
Nascose la bacchetta nella manica del maglioncino e mise lo zaino sulla spalla, decisa a fingere di essere in ritardo e di dover scappare, così da non dover necessariamente trattenersi in una conversazione sgradita.
Scese velocemente le scale, pronta a mettere in scena la parte del Bianconiglio, ma arrestandosi a metà della rampa.
«Guarda, Lily, il tuo amico James è venuto a prenderti!» esclamò suo padre, con un sorriso divertito che sua figlia sapeva bene preannunciasse guai.
David Evans era un uomo dalla corporatura piuttosto robusta, folti capelli biondi che spesso cambiavano pettinatura ed espressivi occhi verdi. L’aria ostile conferitagli dalla sua stazza e dai lineamenti marcati del viso veniva smentita nell’istante stesso in cui sorrideva: nessuno avrebbe potuto aver timore di un uomo dal sorriso così amichevole.
Secondo il parere unanime delle sue figlie, poi, era il padre migliore che esistesse al mondo: seppur rigido sulle regole e ferreo nelle decisioni, era stato sempre presente, attento, affettuoso. Non aveva mai fatto mancare le sue figlie di un abbraccio o un consiglio, di una carezza o una risata. Aveva insegnato loro ad andare in bicicletta e guidare, quale fosse il valore della famiglia e l’importanza dell’onestà. Le aveva sostenute, spronate, incoraggiate, appoggiate nelle idee più assurde e tenuto la mano nei sentieri nuovi. Aveva fatto sentire l’amore incondizionato per entrambe attraverso sguardi che esprimevano più di quanto le parole avrebbero mai potuto fare.
«Lily» la richiamò James, con un tono di rimprovero che la fece accigliare «Ma ti sembra possibile che ti lascio per una settimana e diventi ancora più bella?»
La rossa sgranò gli occhi perché no – no. James non poteva averle seriamente fatto un complimento dinnanzi ai suoi genitori e a sua sorella, non poteva aver reso quella situazione ancor più imbarazzante.
Lily scese gli ultimi gradini con gli occhi ridotti a due fessure «Tu, invece, sei il solito ranocchio» rispose, rifilandogli una linguaccia nella speranza di farlo desistere dal continuare quel teatrino.
Si sarebbe data da sola della bugiarda se non avesse avuto una reputazione da mantenere: stretto in quel cappotto nero, con i capelli disordinati ed il sorriso raggiante sul volto, James era ancora più bello dell’ultima volta in cui lo aveva visto – o, semplicemente, era caduta nell’ingannevole trappola dell’amore.
«Allora ho bisogno del bacio della mia principessa!» esclamò James, soddisfatto, senza riuscire a toglierle gli occhi di dosso.
Lily, fingendo una risata e giurandogli una morte dolorosa con lo sguardo, si annotò mentalmente di non raccontargli più le storie babbane per i bambini.
«Rose» la richiamò David, con un’aria da finto tonto «Non so a te, ma a me lui non sembra tanto un amico»
La donna roteò gli occhi, con un sorriso divertito sul volto «È bello poter finalmente dare un volto ad un nome che sentiamo così spesso, James» disse, togliendo sua figlia da quella scomoda situazione solamente per gettarla in un’altra altrettanto sconveniente.
Il volto di James parve illuminarsi a quelle parole «Signora Evans, il piacere è mio! Lily parla sempre di voi, siete i migliori genitori babbani che esistano!»
«Oh, beh, ti ringrazio, credo» ridacchiò, porgendogli una mano «Chiamami pure Rose»
James ricambiò la stretta della donna, ripetendo poi la stessa scena con David, che si mostrò altrettanto cordiale.
Lily sentì la rabbia crescerle dentro quando Petunia, con i capelli biondi acconciati in una coda alta e in quel vestitino rosa confetto che evidenziava il fisico esile ed il collo lungo, accettò con sdegno la mano offertale da James.
Il moro si ritrasse a disagio, mentre Rose rimproverava la maggiore delle sue figlie con uno sguardo irato.
«Quindi adesso vi… materializzerete! Sì, materializzerete a casa di James, giusto?» domandò David, entusiasta di aver ricordato un termine per lui tanto inusuale.
Lily, intenerita dagli sforzi del padre, annuì.
«D’accordo, mi raccomando, valgono le stesse raccomandazioni di sempre» le disse, con un tono più serio.
Lily gli rifilò un’occhiata divertita «Se ti ubriachi non vomitare sulle scarpe e ricordati che fine ha fatto zio Mark?»
«Bravissima, tesoro» rispose, annuendo solennemente «E adesso andate, non vorrete fare tardi… tu e il tuo amico James!»
«Papà»
«Oh, andiamo, tu mi hai praticamente preso per scemo per un anno chiamandolo “amico”, è tempo di riprendermi la mia rivincita»
Rose sospirò sonoramente, scuotendo la testa «Dovevo saperlo, io, che stavo sposando un bambino!» esclamò, mentre Lily si affrettava a recuperare il suo cappottino nero dal mobile all’ingresso.
«Senti, ragazzo» riprese poi David, mettendo una mano sulla spalla di James.
Il ragazzo sollevò entrambe le sopracciglia «Sta per farmi promettere di prendermi cura di sua figlia? Come la scena che abbiamo visto nel film! Lils, te lo ricordi quel film?»
Lily annuì, esasperata, avvolgendosi una sciarpa attorno al collo.
David rivolse un’occhiata sconcertata al giovane «Cosa? No! Mia figlia sa badare a sé stessa. Stavo per dirti di armarti di tanta pazienza»
«Ah, menomale, perché io le avrei risposto che è Lily a prendersi cura di me» rispose, fingendosi sollevato e reggendogli il gioco.
L’uomo lo guardò interdetto per qualche secondo, prima di aprirsi in una risata divertita e cingergli le spalle con un braccio, tirandoselo contro «Questo ragazzo mi piace!»
Le reazioni delle tre Evans non avrebbero potuto essere più diverse: Rose si limitò a sorridere affettuosamente, già consapevole dei pensieri del marito riguardo a quel famoso James – “Insomma, Rose, non l’ho mai vista così felice. Chiunque lui sia, non può essere un cattivo ragazzo, no? E poi rispettano sempre il coprifuoco”; Lily li guardò allibita, chiedendosi se suo padre fosse impazzito o se il suo ragazzo avesse davvero la capacità di conquistare chiunque con poche parole – dopotutto, James era riuscito ad ottenere un posto speciale persino nel cuore della McGranitt, quindi, in effetti, non capiva di cosa continuasse a sorprendersi; Petunia, invece, emise un verso stizzito che richiamò immediatamente l’attenzione dei presenti e nemmeno l’occhiata minacciosa di sua madre riuscì a fermare la sua lingua velenosa.
«Certo, Lily, complimenti. Sei riuscita a rubarmi ancora la scena! Dillo che vuoi l’attenzione di mamma e papà tutta per te! Dillo che hai fatto venire il tuo strambo ragazzo qui apposta, così che i nostri genitori si ricordassero di questa serata per lui! Sei la solita!»
Lily non ebbe il tempo di reagire, perché Petunia voltò loro le spalle e salì velocemente le scale, sbattendo la porta della sua camera.
David e Rose si scambiarono uno sguardo eloquente e, mentre il primo si affrettava a riprendere un tono scherzoso per incoraggiare i due ad uscire di casa, l’altra si scusava con James per il comportamento di sua figlia.
«Dai, Lily, altrimenti farete tardi» la spronò David, accarezzandole una spalla.
Lily registrò distrattamente le parole che suo padre le sussurrò all’orecchio quando l’abbracciò, così come rispose superficialmente alle raccomandazioni di sua madre e al “ti voglio bene” che entrambi le rivolsero e che non avrebbe sentito fino alle vacanze pasquali. Come se fosse estraniata da quella scena, vide James dare la mano ai suoi genitori e congedarsi con un sorriso forzato, anticipandola poi lungo il vialetto che li avrebbe condotti fuori dalla proprietà degli Evans.
Nemmeno il vento che andò a sferzarle il volto riuscì a farla ridestare dal tumulto che s’era insinuato prepotentemente nel suo petto. Non poteva credere che sua sorella fosse venuta meno all’unico accordo che fossero riuscite a sancire in quegli anni di dispute; che, alla prima occasione, avesse dimostrato di essere ancora quella ragazzina frivola e meschina che le aveva urlato d’odiarla, anni prima.
Quando Petunia aveva annunciato di voler presentare il suo fidanzato alla loro famiglia, le due sorelle avevano stretto un patto: mettere da parte i propri dissidi e mostrarsi cordiali nei confronti dei rispettivi ragazzi. Lily aveva rispettato l’accordo ogni volta che s’era ritrovata a fronteggiare quel pallone gonfiato di Vernon, non poteva credere che Petunia, invece, senza neppure dare a James l’opportunità di farsi conoscere, lo avesse già etichettato come “strambo” e avesse fatto una scenata innanzi a lui.
Lily strinse i pugni per la rabbia, continuando a camminare nell’ombra del suo ragazzo e fermandosi quando James, una volta imboccata la strada che li avrebbe condotti al vicolo buio in cui smaterializzarsi, si voltò verso di lei.
Solo in quel momento, dandole la possibilità di guardarlo in volto, Lily poté notare quell’espressione amareggiata.
«Mi dispiace, è tutta colpa mia»
La ragazza corrugò la fronte «Ma di che stai parlando?»
«Volevo venire a prenderti per cercare di sdrammatizzare la tua ansia, volevo dirti di averlo fatto così siamo pari e non potrai rinfacciarmi nulla e… volevo distrarti, non peggiorare la situazione»
Lily prese un respiro profondo, inclinando il capo all’indietro e spostando lo sguardo verso il cielo, dove le nuvole s’apprestavano a diradarsi e lasciavano piena visuale sui colori caldi del tramonto che iniziavano a sfumarsi in quelli freddi della sera.
Si fece persuadere lentamente dalla calma e dalla serenità che quel panorama riusciva a regalarle, decidendo d’accantonare tutte le emozioni negative che sua sorella era sempre in grado di riaccendere.
Quando riportò la sua attenzione su James, gli sorrise. Si avvicinò di un passo, gli circondò il volto con le mani e si alzò sulle punte per baciargli lenta le labbra, aspettando che l’altro cedesse alla necessità di riassaporare quelle sensazioni, prima di ritrarsi di pochi centimetri.
«Tu non hai nessuna colpa» gli disse, lambendo la sua bocca ancora una volta «Mia sorella è una stupida. Lei è sempre invidiosa di tutti, non riesce ad essere mai felice per gli altri. È scattata perché mio padre non si è comportato così Vernon, quando lo ha conosciuto» spiegò, roteando gli occhi al ricordo di quella noiosa cena d’estate che aveva dovuto sorbirsi «Certo, magari tu avresti potuto evitare una battuta o due, ma sono felice che tu sia venuto»
Lily aveva sempre temuto quel momento. Aveva tremato alla sola idea di poter perdere quella leggerezza da sempre caratteristica del suo legame con James. La leggerezza che era riuscita a farle stampare quel sorriso che sfoggiava con tanto orgoglio sul volto, la leggerezza con cui avevano imparato ad amarsi – era nella capacità di saper sorridere dinnanzi a tutto che stava la forza del loro rapporto.
E, invece, ancora una volta, lo aveva sottovalutato: lui, che ormai vantava di conoscerla meglio di chiunque altro, aveva compreso le sue paure e le aveva scacciate, ridotte ad un ricordo di cui, un giorno, avrebbero riso assieme. Si era presentato con quel suo fare spavaldo e il sorriso serafico, aveva reso palese il suo ruolo di fidanzato e l’aveva fatto con leggerezza. Quella leggerezza che – e ora Lily lo sapeva – sarebbe stata per sempre loro.
James, sinceramente rincuorato da quelle parole, le sorrise entusiasta e la tirò a sé per baciarla con un maggiore coinvolgimento, con una crescente passione, con un calore che, se fosse stato proiettato al di fuori del suo corpo, avrebbe potuto sciogliere tutta la neve circostante.
«Sono davvero simpatici, i tuoi» le disse, mentre Lily saltava sul muretto ed apriva le braccia per restare in equilibrio, ricominciando a camminare.
«Lo so» rispose, divertita, appoggiandosi per un attimo alla mano che James che le porgeva sempre quando saliva lì sopra – e in ogni istante della sua vita.
«Chi è zio Mark?» chiese poi, curioso.
«È il fratello di mio padre. Da giovane si è ubriacato così tanto che è finito in un rovo selvatico ed ha passato la nottata al pronto soccorso a farsi togliere spine dal sedere. D’allora si tiene a debita distanza dagli alcolici e mio padre adora riportarcelo come esempio» raccontò, ridacchiando.
James la guardò di sottecchi «Ora ho capito da chi hai preso»
«Che vorresti insinuare, Potter?» domandò, cercando di risultare intimidatoria.
Il giovane si strinse innocentemente nelle spalle «Mah, sai… questa tua dipendenza dagli alcolici, finire in situazioni pericolose…»
«Disse l’angelo astemio!» sbottò, dandogli uno scappellotto, favorita dall’altezza del muretto «E poi io so darmi un contegno»
«Le tue care amiche non la pensano così» la provocò, ghignando.
Lily lo fulminò con lo sguardo «Le mie amiche sono delle bugiarde. Non ho mai elogiato i tuoi addominali»
James inarcò un sopracciglio, sfoggiando il suo sorriso più malandrino «Chissà chi era, allora, quella ragazza nel letto con me il giorno prima di partire… e quello prima ancora e… sì, ora che ci penso, parecchie altre volte prima. È evidente che io mi stia confondendo con un’altra, perché quella ragazza aveva apprezzato di buon grado i miei addominali, ma se non sei tu…»
Lily scese dal muretto con un saltello, gli si parò dinnanzi e incrociò le braccia al petto «Prova ancora ad alludere alla presenza di altre ragazze nel tuo letto e la prossima volta, Potter, te lo taglio»
James si lasciò andare ad una risata divertita «Evans, lo sai che mi fai impazzire quando diventi aggressiva» continuò a stuzzicarla, seguendola nel vialetto a passo leggero.
La rossa scosse la testa «James, stiamo per incontrare i tuoi genitori, puoi evitare di farti venire un’erezione?» domandò piccata, decisa a fargliela pagare per averla incastrata con la faccenda degli addominali.
«Dovevi pensarci prima di metterti quella gonna» la canzonò, avvolgendole le braccia attorno alla vita e tirandosela contro, facendo aderire la sua schiena al proprio petto e posando le labbra sul suo orecchio «Te l’ho già detto che sei bellissima?» sussurrò, lasciandole un delicato bacio sulla guancia prima di materializzarli entrambi a Godric’s Hollow.
Lily si tenne stretta alle braccia di James per qualche secondo quando si ritrovarono in una stradina deserta al confine con quella che aveva l’aria d’essere una foresta – adesso, completamente innevata – occupata solamente da una singola abitazione: Villa Potter si ergeva imponente e maestosa per due piani, caratterizzata dalla tipica architettura vittoriana e dai colori tenui che si sposavano perfettamente con il paesaggio circostante.
«I miei genitori non sono in casa» disse James, prendendole una mano «È tradizione che mia mamma prepari un dolce di sua invenzione e lo porti a tutti i parenti e gli amici più stretti. Lo mangeremo anche noi, dopo cena»
Lily si rilassò impercettibilmente ma s’accigliò quando, invece che dirigersi verso la porta d’ingresso, a cui si accedeva dopo aver superato un vialetto costellato di alberi e siepi ben curate, James la guidò verso il cancello laterale dell’alta staccionata in legno – che, presumibilmente, delimitava il cortile posteriore.
Quando l’aprì, Lily si ritrovò ad ammirare uno scenario incantevole in cui l’inverno non sembrava esser mai arrivato: un manto d’erba si estendeva vivido su tutta la superficie, robusti alberi verdi circondavano la recisione e delle aiuole fiorite coloravano il giardino di un’intensa vivacità. Fili di luci calde si attorcigliavano attorno ai trochi e sulla struttura in legno sotto cui era posto un lungo tavolo, già apparecchiato per una ventina di persone nei più minuziosi dettagli. Delle amache erano legate tra gli alberi in lontananza e, al di là di una fila di arbusti, si vedevano sputare gli anelli di un campo di Quidditch.
«Bello, eh? Rimane così tutto l’anno» disse James, richiudendosi il cancello alle spalle e togliendosi il capotto, rimanendo con una semplice camicia bianca ed un jeans scuro «Vuole darmi il suo soprabito, madame?» domandò poi, inchinandosi.
Lily annuì distrattamente, porgendogli il capotto e continuando a guardarsi attorno ammaliata, lasciandosi contagiare da quel clima accogliente.
«Vieni, ti faccio vedere la casa» disse James, avviandosi verso un’ampia porta-finestra vetrata che s’apriva su un grande soggiorno.
«Ma avete l’elettricità!» esclamò Lily, meravigliata, alzando lo sguardo sul lampadario che troneggiava sulla stanza «Pensavo che non funzionasse, con la magia»
James ridacchiò «Non funziona solo se c’è troppa magia, come nel caso di Hogwarts» spiegò, avanzando lungo un corridoio e arrivando nella spaziosa cucina dal taglio tradizionale – dove Lily indicò meravigliata il frigorifero solamente per far ridere il suo ragazzo.
In tutta la casa prevaleva un arredamento classico e lussuoso dai colori chiari e delicati; le pareti erano piene di quadri, magici e non, e di fotografie che rappresentavano tutta la crescita di James e diversi momenti di famiglia – non si sorprese di vedere il volto di Sirius ricorrere con una certa costanza.
Le mostrò la camera sua e di Sirius – che avevano deciso di condividere nonostante la casa vantasse numerose stanze – che altro non era se non una fedele riproduzione della loro stanza nella Torre dei Grifondoro. E, infine, tornarono nel giardino dove si sarebbe tenuta la festa.
«Evans!»
Lily si voltò immediatamente, notando un Sirius in jeans neri e maglietta bianca avanzare a braccia aperte verso di lei, con il chiaro intento di abbracciarla.
«Da dove sbuchi fuori?» domandò lei, perplessa, baciandogli una guancia.
«Io e Lunastorta ci stavamo godendo la quiete prima della tempesta» spiegò, indicando le amache che Lily aveva intravisto in lontananza.
«La quiete arriva dopo la tempesta, Sirius» lo rimbeccò Remus, spuntando alle sue spalle.
La rossa sorrise ma, prima di saltargli al collo, notò una nuova ferita, non ancora propriamente rimarginata, spiccare sulla guancia dell’amico. Quell’anno la luna piena era caduta proprio il giorno di Natale e, privo delle distrazioni d’altri animali, il lupo aveva riversato rabbia e frustrazione su sé stesso.
Eppure, nonostante quel taglio, una luce serena animava i suoi occhi verdi – o castani, a seconda della luce – ed era un sorriso gioioso quello presente sul suo volto.
I due si scambiarono un abbraccio e, l’attimo dopo, il giardino venne invaso dalla risata allegra di Alice, dai borbottii di Marlene, dalle chiacchiere di Mary e dal vociare di tutti gli altri invitati che erano arrivati con una puntualità sconcertante.
Ancor prima di fare presentazioni o di rendersi conto di chi fosse effettivamente presente a quella festa, James propose di giocare una partita a Quidditch e, recuperate tutte le scope necessarie, s’alzarono in volo in una sfida che vedeva schierati, infantilmente, i maschi contro le femmine.
Lily, per solidarietà femminile, aveva scommesso contro Sirius che sarebbe stata Marlene ad acciuffare quel Boccino e non James – seppur fosse pienamente consapevole che James fosse imbattibile anche come Cercatore, e non solo come Cacciatore, che era il ruolo che ricopriva ad Hogwarts. Dunque, quando si rese conto che James fosse troppo vicino al Boccino, volò a terra e recuperò la propria bacchetta, portandosela alla gola e sussurrando un “Sonorus” prima di assicurarsi la vittoria.
«JAMES, SONO INCINTA!»
Lo sbigottimento costò a James un giro della morte che permise a Marlene di acciuffare il Boccino. Le ragazze atterrarono e Lily alzò un braccio per esultare, ma una voce alle spalle le gelò il sangue.
«Oh, quindi stiamo per diventare nonni?»
Si voltò di scatto.
Fleamont ed Euphemia Potter erano lì.
E lei, voleva sprofondare.
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice
Ed ecco la seconda parte di questa storia! Come avevo preannunciato, non sono riuscita a concluderla in questo capitolo, ma conto di farlo nel prossimo.
Ho voluto dare un po’ di spazio al personaggio di Petunia perché volevo mettere in evidenza come, secondo me, le cose tra loro non si siano semplicemente rotte nel momento in cui Lily è partita per Hogwarts, ma che una briciola d’amore l’una per l’altra sia rimasta nascosta nei gesti più banali… alla fine, però, Petunia rimane corrosa dall’invidia, quindi non ho potuto che darle quel risvolto.
E Sirius lo spazio lo ha preteso – non fatemene una colpa, come alcuni di voi sanno, lui riesce sempre a ricavarsi delle righe tutte per sé.
Spero che la parte su come Lily gestisce il suo dolore sia riuscita a farvi inquadrare meglio il personaggio!
Ovviamente, non poteva mancare la parte in cui James conosce i genitori di Lily!
Non ho appositamente illustrato chi sono tutte le persone che prendono parte alla festa, sia perché è bene dedicare loro più spazio, sia perché volevo concentrare l’attenzione sulla scena finale che, purtroppo per Lily, la vede vittima del suo stesso inganno.
Ringrazio le persone che l’hanno recensita, coloro che hanno inserito la storia tra le seguite e le preferite, e anche coloro che mi hanno scritto un messaggio privato!
Alla prossima,
Traumerin
   
 
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