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Autore: breezeblock    19/06/2020    3 recensioni
“Non dobbiamo mica dirglielo”, fece un passo verso di lui.
Scorpius si morse il labbro, dubbioso.
“Andiamo, non vorrai farmi fare una pessima figura che probabilmente finirà con il macchiarmi per sempre! Non potrò più uscire con nessuno, sarò la sfigata di turno che non sa nemmeno dare un bacio”. Iniziò a metterla sul plateale e Scorpius rise.
“D’accordo”, decretò alla fine lui, con fare arrendevole. “Ma solo perché così la smetti di dire sciocchezze”. Lily sorrise a quella risposta, quasi incredula che fosse riuscita nel suo intento. L’idea che lui le avesse confermato che non sarebbe mai rimasta sola, che quelle congetture fossero davvero sciocchezze la fece avvampare.
“Devo ancora baciarti e stai già arrossendo.” Constatò il ragazzo facendo un passo verso di lei e annullando la già precaria distanza.
Sequel di Muggle Studies. Si può leggere anche separatamente.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Luna Potter, Scorpius Malfoy | Coppie: Lily/Scorpius
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Muggle Studies - The Years '
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Eccomi di nuovo!
Allora, questo è un esperimento, perché è la prima volta che scrivo su questi due personaggi. La storia, che fa sempre parte della serie di Muggle Studies, avrà solamente due capitoli e racconterà una storia un po' diversa da quella di Draco e Hermione. 
Spero vi piacerà come sta piacendo a me scriverla e che dire, al prossimo capitolo! 
Buona lettura. 
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Cinnamon Girl
 
 


A witch is just a girl who knows her mind
 
 
 


 
“Lu! Scendi sono arrivata!”
Lily Luna indugiava davanti allo specchio della sua cameretta. Non le ci volle molto a chiedere uno spazio tutto per sé lontano da Albus, con il quale aveva condiviso la camera fin quando lei non compì 11 anni. Di comune accordo, avevano intensificato le loro liti, aggiungendo anche dettagli completamente inventati per far capire ai loro genitori che era il momento di separarli e di farli crescere nell’intimità di due camere da letto separate. A volte Harry e Ginny rimpiangevano i giorni in cui i loro tre figli erano troppo piccoli per poter creare così tanto trambusto. Vederli crescere era al contempo dolce e straziante, perché quegli attimi, anche se sempre pieni di prese in giro, dispetti e bugie bianche, sarebbero finiti in un battito di ciglia. 
L’infanzia di Lily ad esempio era appena finita. 
In quello specchio, la ragazza stava passando in rassegna qualsiasi minuscolo dettaglio della sua pelle e del suo corpo, come se volesse a tutti i costi trovare un difetto. Gli occhiali tondi che indossava le davano un’aria da secchiona, una categoria in cui non voleva appartenere nemmeno per sogno. Le copiose lentiggini sul volto lo rendevano sporco, tanto che molto spesso si grattava il naso con insistenza nella speranza che magicamenteandassero via. Il corpo filiforme era appena entrato nella fase preadolescenziale, i seni si intravedevano appena sotto la maglietta ma non erano ancora abbastanza evidenti come lei li voleva. A volte aggiustava il suo reggiseno in modo tale che risultassero più pieni, più da donna, ma con scarsi risultati. 
L’unica cosa di cui andava abbastanza fiera erano i suoi capelli. Erano lisci come seta e rossi come il fuoco, adorava giocarci e sentirli tra le dita. Quando voleva attirare l’attenzione di qualche ragazzo li spostava sempre da un lato, inclinava la testa e mostrava il collo, passandovi sopra una mano con finta noncuranza. In realtà, ogni cosa di Lily era studiata, ma non per questo non riusciva a divertirsi, anzi. Insieme a Josephine e alle sue amiche di Casa, adorava attirare l’attenzione di qualche sfortunato malcapitato, che puntualmente cadeva nel bel mezzo delle loro macchinazioni e rimaneva sempre a bocca asciutta, o quasi. Lily aveva quattordici anni ed aveva perso la verginità prima delle vacanze estive al suo quarto anno con un ragazzo Corvonero più grande di lei di due anni che Jo le aveva presentato qualche mese prima. Le era piaciuto, per quanto fosse del tutto inesperta, ma dalla sua parte c’era che era abile con le parole. Sapeva farsi desiderare e sapeva flirtare. Non glielo aveva insegnato nessuno, aveva imparato da sola osservando le ragazze più grandi, anelando quello che avevano loro, sognando, di notte, che un giorno sarebbe riuscita ad attirare le attenzioni dell’unica persona che non riusciva nemmeno ad avvicinare. 
Lily e Josephine avevano compiuto quindici anni quell’estate, il loro quinto anno era ormai alle porte.
“Lu!”
“Arrivo!”
Indossò la prima maglietta che trovò tra la pila disordinata di vestiti sulla sedia della piccola scrivania e scese in fretta le scale.
“Ce l’hai fatta”, sbuffò Albus. Lei le rivolse un’occhiataccia a cui lui non replicò perché già scomparso dietro la copertina di un libro. 
“Dove andate ragazze?”
“A casa mia, Ginny”.
“Ah già, mamma stanotte dormo da lei, mi sono dimenticata di dirtelo”.
“Va bene, divertitevi”, Ginny era seduta sul tavolo da pranzo con ancora tanto lavoro del ministero da sbrigare. Diede una veloce occhiata alle ragazze e le congedò con un sorriso dolce.
“Salutami i tuoi, Jo”.
“Sarà fatto!”
Una volta fuori casa, Jo diede una spintarella amichevole all’amica. “Si può sapere che cosa hai fatto lassù? Ho aspettato una vita e tuo fratello è così noioso...”
“Non dirlo a me”. Glissò sulla domanda dell’amica. 
Jo ridacchiò neanche troppo velatamente e Lily la seguì. Indossava dei jeans chiari a vita alta e un paio di sneakers. Una volta giunte a casa, Hermione fu la prima ad accoglierle, e le ragazze si diressero subito in camera della piccola Malfoy. Lily adorava quella casa, c’era sempre un buonissimo odore di dolce che sembrava trasudare dalle pareti. Sembrava che i Malfoy vivessero in una torta.
Il Natale precedente era saltata la classica cena tra amici che ormai da tempo i loro genitori organizzavano con quelli di Josephine, perché questi erano impegnati con delle faccende di Hermione e del ministero e perché il marito senza di lei si ritirava praticamente a una vita da eremita passata a scrivere i suoi libri. L’anno prossimo però, visto che sarebbe stato l’ultimo anno di Scorpius e Albus ad Hogwarts le due mamme avevano in mente di festeggiare un Natale coi fiocchi. Di solito i preparativi iniziavano già da novembre.
“Ciao mamma, Ginny vi manda un bacio”, disse Jo distrattamente. La madre sorrise affettuosamente e salutò Lily altrettanto calorosamente. 
Prima di salire le scale per la camera dell’amica, Lily si sporse oltre la porta che dava in soggiorno, avendo sentito del vociare indistinto. Scorpius era avvolto in un maglione in cashmere blu ed era appoggiato alla finestra chiusa. Parlava con suo padre. Draco era seduto sulla scrivania e si stava godendo una sigaretta in tranquillità. 
“Ciao Scorp!”
I due Malfoy si voltarono verso quella piccola voce. 
“Ciao Lily” rispose il padre per primo, sorridendole appena dietro il fumo della sigaretta.
“Draco” Lily fece un cenno timido con la testa per ricambiare. 
Scorpius le rivolse un “Hey” tranquillo e poi riprese a parlare con suo padre.
Josephine comparve all’improvviso e la trascinò su per le scale, poi entrarono in camera sua e si chiuse la porta alle spalle.
“Si può sapere cosa speri di ottenere? Lo sai che non c’è storia”.
Lily si buttò sul letto dell’amica emettendo un grande sospiro. Josephine si sedette accanto a lei e le rivolse quella domanda ormai non più derisoria ma decisamente preoccupata. Non voleva che la sua migliore amica, che a tutti gli effetti poteva considerare una sorella, stesse male invano. Ma Lily sorrideva. Sembrava del tutto inscalfibile.
“Non preoccuparti Jo. È solo questione di tempo”.
 
 

La prima volta che Lily si accorse concretamente della presenza di Scorpius nella sua vita fu due anni prima. Non che le servisse molto per appurare l’esistenza del migliore amico di suo fratello, ma prima di allora lo aveva sempre trattato, appunto, come un altro fratello, l’ennesimo che non desiderava affatto. Quando era più piccola cercava sempre con scarsi successi di chiacchierare con lui, ma il ragazzino sembrava perennemente distratto o al contrario, fin troppo concentrato su altro per badare a lei. 
Però, a tredici anni, Lily aveva raggiunto una nuova consapevolezza. Era nel suo bagno privato, quello che condivideva solo con la madre ed era alle prese con le sue prime lenti a contatto. Non aveva intenzione di passare un altro anno ad Hogwarts con quegli stupidi occhiali. Tutti dicevano che era praticamente l’esatta copia del padre, e se questo da un lato le piaceva, perché come lui avevano tante cose in comune a cominciare dalla passione sfrenata per il Quidditch, c’erano però cose come quella, che non voleva fungessero da paragone con lui. Odiava quegli occhiali e ancora di più odiava la loro indispensabilità. Perciò quell’anno comprò delle lenti accompagnata da Harry e fu felicissima di provarle. Solo che la missione le sembrò subito più ardua del previsto.
Intanto, nella stanza di Albus, Scorpius ascoltava il suo migliore amico lamentarsi dei suoi soliti problemi di cuore. Albus era seduto sulla scrivania, con i piedi poggiati sulla sedia in legno, il biondino era sdraiato sul letto con gli occhi al soffitto.
Durante la conversazione però fu bruscamente interrotto da un urlo spaventoso. Albus rimase impassibile. 
“Che cosa è stato?”
“Che?”
“Quell’urlo, non dirmi che non l’hai sentito”.
“Sarà Lily con una delle sue stronzate da ragazzina”, sentenziò infine. Albus era il figlio del ragazzo che è sopravvissuto ma a confronto con la battaglia di suo padre contro le forze del male, Albus sopravviveva a di peggio tutti i giorni. E quel peggio erano proprio i suoi fratelli. 
Per questo adorava Hogwarts, perché durante la scuola poteva tranquillamente fingere di non conoscerli, seguire i suoi giri e non badare ai drammi familiari in cui veniva puntualmente trascinato quando tornava a casa. Agli occhi di Scorpius, Albus era la quintessenza di un Serpeverde, persino più di lui. In cinque anni di scuola forse lo aveva visto sorridere solo due o tre volte e se proprio lo avesse fatto era perché la questione doveva essere proprio divertente, altrimenti non c’era storia che lo potesse smuovere. La sua aria solo all’apparenza insensibile era bilanciata dalla sua totale assenza di coordinazione e dalla tenerezza che suscitava. E se prima questo lo intristiva tantissimo, adesso ne era diventato motivo di distinzione. L’unico figlio dei Potter ad essere un totale disastro. Ma che bel disastro che era. Andava fiero di non far parte della squadra di Quidditch perché in tal caso si sarebbe dovuto dividere la gloria con i suoi fratelli. Il suo regno era fatto di pozioni, libri ed incantesimi ed imparò ad andarne orgoglioso. 
“Accidenti!”, le urla erano scandagliate da queste ed altre esclamazioni a cui Scorpius non poté più rimanere indifferente. 
“Albus, non credi che dovresti andare a vedere?”
“Nah, vacci tu, ma te lo dico io, sicuramente sarà una cavolata”.
Scorpius si alzò e scosse la testa. “Che fratello esemplare”, commentò ironicamente, mentre usciva dalla stanza.
“Da che pulpito!” gridò Albus dalla porta chiusa.
Il biondino bussò più volte alla porta del bagno che si trovava sullo stesso piano.
“È aperto!”, la voce lamentosa.
“Va tutto bene?” 
Scorpius sbirciò cauto e rimase appoggiato alla porta incerto se entrare del tutto. Lily si voltò perché era sicura si trattasse di chiunque meno che di lui. Si dovette ricredere presto.
“Una lente si è incastrata e fa un male cane!”
Il ragazzo sorrise e abbassò lo sguardo ai suoi piedi. Sembrava molto più bassa di quello che era di solito senza pantofole. Indossava una maglietta molto più grande di lei, forse di suo fratello James e dei pantaloncini corti che quasi scomparivano sotto alla maglietta. I capelli erano sciolti.
Scorpius si fece avanti e la raggiunse allo specchio.
“Fa’ vedere”, le disse poi, il tono pacato e sicuro.
Lily si voltò verso di lui e rimase in attesa che il ragazzo capisse cosa fare. L’occhio destro era rossissimo e qualche lacrima sfuggiva lungo il viso. La ragazza non riusciva a tenerlo fermo perché la lente si era praticamente piegata in un modo inspiegabile. Praticamente ci vedeva solo dall’occhio sinistro e la testa cominciava a farle male.
“Sembra fastidioso”, constatò poi lui, cercando invano di mascherare il sorriso.
“Tu dici?”, rispose piccata lei.
“Okay, vediamo che si può fare”. 
Il ragazzo si avvicinò ancora, poi con una mano le sollevò delicatamente il mento, con naturalezza, come se l’avesse sempre toccata e non ci fosse mai stato niente di strano. Invece quella era la prima volta che la toccava ed era tutto molto strano.
“Oh”, esclamò Lily piano, colta impreparata da quella carezza fuori dall’ordinario.
Scorpius invece era serissimo, mentre ispezionava il suo occhio con una minuzia tale da farla arrossire violentemente.
Stava facendo una pessima figura lì davanti a lui, con l’occhio rosso e gonfio e le lacrime che scendevano incontrollate dal fastidio. 
Ridicola.
“Non guardarmi, altrimenti ti fa ancora più male”, le soffiò lui sul viso. Aveva abbassato il tono della voce dalla concentrazione. 
Lily in quel momento pensò che si stava facendo male comunque, anche senza guardarlo. Spostò lo sguardò alla sua destra e lo sollevò di poco, poi fece un respiro profondo perché quello che stava vivendo non poteva essere reale. 
Scorpius procedette ad allungare un dito verso l’occhio e riuscì a toglierle la lente e prima che lei si abituasse a quel contatto, lui si allontanò con ancora la lente sul dito.
Le pulì distrattamente il viso dalle lacrime con il pollice. “Ecco fatto”, sentenziò poi, e soffiò via la lente sorridendole.
“Dovrei togliere anche l’altra”, disse poi lei, ancora rossissima in volto. Non era vero, ma non voleva che quel contatto finisse. Era forse una delle prime volte in cui erano effettivamente soli. 
Scorpius non fece domande, le sorrise sghembò e procedette a fare la stessa cosa sull’altro occhio. Lily, che adesso non vedeva più nulla, ripassò in mente i dettagli che era riuscita a catturare del suo volto. Era concentrato, gli occhi verdi erano caldi e accoglienti. Le mani erano un po’ fredde, ma affusolate ed eleganti così come tutta la sua essenza. Scorpius sembrava non avere peso specifico sulla Terra, il modo in cui parlava, si muoveva, era una calamita, ma sembrava del tutto estraneo alla gravità del mondo su cui gli altri vivevano. Almeno questo agli occhi di Lily. 
“Serve altro?” chiese poi una volta finito con le lenti. Lily sorrise divertita. Non riusciva a distinguere i suoi contorni.
“Potresti passarmi gli occhiali? Dovrebbero essere nel cesto dei trucchi”. 
Il ragazzo iniziò a cercare e Lily si bagnò il volto con l’acqua fresca per far passare il bruciore agli occhi e quello sulle guance.
“Eccoli”, commentò lui. Si avvicinò di nuovo e glieli mise al suo posto. 
“Finalmente ti vedo” disse lei ridendo apertamente. Poi passò le mani sulla maglietta, imbarazzata. 
“Sempre stato qui”, scherzò. Il sorriso pieno avrebbe fatto invidia al sole. 
Ed in effetti, lui era sempre stato lì. Quello era solo uno dei tanti ricordi di Lily in cui Scorpius era il protagonista. Ce n’erano così tanti che forse avrebbe potuto fare un film solo con quei frammenti, se solo si fosse ricordata il modo in cui avvennero cronologicamente. Era come se qualsiasi misura del tempo sfuggisse quando si trattava di lui. E lo stesso Scorpius, le sfuggiva continuamente. Era sempre due passi avanti a lui e qui l’età non contava. Il ragazzo si perdeva nelle pieghe del suolo e del vento, volava libero nei cieli tersi e in quelli di pioggia con un entusiasmo mai disincantato. Durante le partite di Quidditch si trovavano da soli in qualche parte del castello in cerca del boccino. Spesso questo si divertiva a nascondersi ai loro occhi e passavano mezz’ore lunghe una vita in cui rimanevano sulle scope a parlare del più e del meno fino a che il boccino non si ripalesava. Ma ciò nonostante, Lily aveva come l’impressione che non avrebbe potuto godere di lui che solo in uno spazio e tempo limitato, perché Scorpius non le apparteneva. La verità era che sembrava appartenesse solo a sé stesso. Ed era anche questo che la attraeva di lui. Non era questione di un paio di begli occhi e di un bel corpo. Quello che sentiva Lily andava oltre una cotta adolescenziale e lei era abbastanza matura da averlo capito, anche se a solo quindici anni. 
Scorpius però non la vedeva mai. E non era questione di notarla per i corridoi o in Sala Grande. Lui proprio non la notava, era come se lei non esistesse. Non importava quanto si facesse bella, quanto elegantemente spostasse i suoi capelli da un lato e si sfiorasse il collo con la punta delle dita, quanto corta fosse la sua gonna, quanto toniche le sue gambe e piccole le mani (anche se un po’ ruvide per colpa della scopa). Avrebbe dato chissà cosa per entrare nella sua mente e leggergliela capitolo per capitolo. Desiderava perdersi in quelle iridi verdi, desiderava che acquisisse una definizione per lui, una qualunque, pur che cominciasse ad esistere anche per lui.
 
 

Tornata a scuola dopo le vacanze estive, al suo quinto anno Lily aveva deciso che si sarebbe presa quella definizione da sola o che comunque avrebbe dato una spintarella per accelerare le cose. Stava cercando di evitare le continue attenzioni di Malcolm Greene, il ragazzo Corvonero con cui aveva buttato al vento la sua virginità. Non le lasciava spazio di esistere senza che lui non le ronzasse intorno proponendole di rifarlo di nuovo. E non che a lei non le fosse piaciuto, ma quella sensazione pungente che aveva provato era stata forse l’unica sensazione in assoluto. Non che volesse trovare a tutti i costi un significato profondo dietro ogni minima cosa, anche perché se fosse stato così avrebbe sicuramente aspettato di trovare la persona giusta con cui lasciarsi andare, ma il fatto che non avesse provato assolutamente nulla la fece rimanere con l’amaro in bocca a chiedersi se fosse veramente tutta lì, l’esperienza di cui tutti parlavano.
In Sala Grande era presa da queste e altre considerazioni, fin troppo distratta per cenare. Josephine chiacchierava animatamente con le sue amiche Corvonero al loro tavolo. Scorpius e Albus come al solito inseparabili, erano seduti vicini e si stavano riempiendo il piatto con l’ennesima portata.
Dopo cena, Lily si apprestò salire le scale per raggiungere il suo dormitorio. Una volta sul letto attese che gli altri andassero a dormire, poi, ancora vestita, uscì dalla sala comune e riprese in fretta le scale diretta al dormitorio Serpeverde nei sotterranei. Aveva lasciato il mantello sul letto, convinta che non gli sarebbe servito. Non aveva nemmeno pensato a rubare il mantello dell’invisibilità che suo padre aveva dato a James convinto erroneamente che tra i tre fosse lui quello più responsabile. Quella sera Lily non aveva niente da nascondere e in ogni caso sarebbe riuscita tranquillamente ad evitare che le venissero sottratti punti dalla coppa delle case grazie alla sua innata parlantina. La ragazzina non aveva paura di niente, né si guardava mai indietro a vedere quanto effettivamente fosse lontana dalla sua Casa. I sotterranei le erano sempre piaciuti, le infondevano una strana calma, forse aiutata dall’oscurità. Era come immergersi in acque profonde e in effetti era un po’ quello che stava facendo. La sala comune si estendeva infatti lungo una parte del lago nero e dalle finestre dei dormitori si potevano vedere le sue profondità, dominate da creature fantastiche che nuotavano tranquille e indisturbate. Per questo c’era sempre una luce smeraldina che rendeva l’atmosfera ancora più magica. 
Riuscì ad entrare pronunciando la parola d’ordine, che conosceva a memoria. Albus parlava nel sonno e quando erano di nuovo insieme a casa Potter, Lily entrava sempre di nascosto in camera sua a fargli qualche scherzo di cui lui si sarebbe accorto solo il giorno seguente. Durante quelle missioni notturne la ragazza coglieva sempre qualche dettaglio interessante sulla sua vita che il fratello non avrebbe mai rivelato alla luce del sole e tra questi, un giorno pronunciò anche la parola d’ordine. 
La piccola Grifondoro entrò nella sala comune. Il fuoco che scoppiettava nel caminetto era l’unico rumore udibile, insieme a quello dell’acqua del lago che si abbatteva sulle finestre. Lily stentò a credere che fossero sul serio tutti a letto a quell’ora. Non erano neanche le undici. 
Scorpius fece il suo ingresso in sala comune uscendo dalla sua stanza. Stava finendo di abbottonarsi una camicia azzurra ma si fermò di colpò non appena la vide seduta sul divano in pelle, accanto al fuoco.
“Lily!”, esclamò. “Ti sei persa?”, continuò poi mellifluo, un vago sorriso sulle labbra.
“No, volevo chiederti una cosa”.
“A quest’ora?”, Scorpius si appoggiò con entrambe le mani allo schienale del divano di fronte a quello su cui era seduta lei. “Stavo per uscire”. Il ragazzo sorvolò sul fatto che fosse riuscita ad entrare con la loro parola d’ordine che, teoricamente, nessuno oltre ai Serpeverde avrebbe dovuto conoscere.
“Non ti toglierò molto tempo”, mentre gli rispondeva si alzò e lo raggiunse dietro al divano. La camicia era rimasta parzialmente sbottonata e con quella luce verdastra dell’acqua riflessa dalle finestre la pelle del ragazzo sembrava ancora più diafana. Gli occhi verdi erano dello stesso colore dell’acqua del lago e Lily si sentì annegare due volte.
“Quindi...” la incalzò lui bonariamente in attesa che lei parlasse.
Lily sospirò e poi si decise a parlare. O meglio, mentire.
“Volevo chiederti un favore”, disse tutto d’un fiato, non staccando gli occhi da lui. 
“Ti ascolto”, intanto riprese ad abbottonarsi la camicia con naturalezza. Sembrava del tutto estraneo al fatto che Lily lo avesse colto in quel momento così intimo.  
“Ecco, vedi…dovrei uscire con un ragazzo tra qualche giorno, solo che non ho assolutamente idea di come funzionino queste cose, infondo ho solo quindici anni”.
Scorpius corrucciò le sopracciglia divertito. 
“Che cosa mi stai chiedendo esattamente, Lily?”, sempre fin troppo composto, a tradirlo c’era solo quel sorriso pieno. 
“Beh, mi chiedevo se tu potessi darmi un bacio, solo per non essere impreparata per quando succederà”.
Scorpius rise sommessamente e sgranò gli occhi di fronte a quella richiesta. Lily sorrideva impertinente, ma non si era minimamente scomposta. Teneva le mani dietro la schiena, la camicetta bianca con quella luce smeralda sembrava quasi trasparente, i capelli scendevano selvaggi lungo la schiena. Il loro fuoco era forse più caldo di quello che danzava nel caminetto. Scorpius aveva le mani appoggiate in vita. La sua robustezza riusciva comunque a risultare delicata, composta, non c’era nessuna sbavatura nel suo look e nella sua essenza che lo sporcasse un po’. 
“Vuoi che io ti baci?”
“Si. Tutta accademia, ovviamente. Non voglio fare la figura di una sprovveduta”.
“Chi sarebbe il ragazzo con cui devi uscire?”
“Hey, non posso di certo dirtelo prima che io ci sia uscita”, continuava a sorridere, mentre si arrotolava una ciocca di capelli tra le dita. 
“E perché no?”
“Perché altrimenti non riuscirei più ad uscirci”. Se probabilmente suo fratello fosse venuto a saperlo avrebbe escogitato qualche trucchetto da schifoso Serpeverde che le avrebbe impedito di uscire. Ciò che premeva Lily però era capire se l’idea che lei uscisse con qualcuno avrebbe fatto ingelosire lui.
“Tuo fratello non approverebbe?”, Scorpius però era inscalfibile e impenetrabile. Le stava implicitamente chiedendo se fosse il caso che avvisasse Albus dell’evento. Sembrava non gli fosse minimamente passata per la testa la possibilità di essere geloso.
“È nella legge dei fratelli, non approvare questo genere di cose”, sentenziò saggiamente lei.
“Allora dimmi perché dovrei fare una cosa che lui sicuramente non approverebbe”, nel dire questo mise le braccia conserte sull’addome. Gli occhi verdi le sorridevano e la scrutavano insieme. 
Contraddittorio.
“Non dobbiamo mica dirglielo”, fece un passo verso di lui.
Scorpius si morse il labbro, dubbioso.
“Andiamo, non vorrai farmi fare una pessima figura che probabilmente finirà con il macchiarmi per sempre! Non potrò più uscire con nessuno, sarò la sfigata di turno che non sa nemmeno dare un bacio”. Iniziò a metterla sul plateale e Scorpius rise.
“D’accordo”, decretò alla fine lui, con fare arrendevole. “Ma solo perché così la smetti di dire sciocchezze”. Lily sorrise a quella risposta, quasi incredula che fosse riuscita nel suo intento. L’idea che lui le avesse confermato che non sarebbe mai rimasta sola, che quelle congetture fossero davvero sciocchezze la fece avvampare.
“Devo ancora baciarti e stai già arrossendo.” Constatò il ragazzo facendo un passo verso di lei e annullando la già precaria distanza. 
Lily non abbassò lo sguardo, al contrario, lo sostenne con quella sfrontatezza tipica del suo carattere grintoso, che non si tirava indietro di fronte alle sfide, nemmeno quella che riguardava il ragazzo intorno al quale orbitavano le sue più recondite fantasie.
Lei non gli rispose perché non sapeva cosa dirgli di fronte a quella verità che l’aveva smascherata parzialmente. 
Scorpius però non infierì ulteriormente, batté lentamente gli occhi e le prese il viso tra le mani.
Lily chiuse automaticamente gli occhi, mentre lui iniziava a piegarsi su di lei, un gesto che lo fece sorridere sul suo viso. Lei avvertì il suo respiro addosso. 
Il baciò che seguì fu lento. Dopo le ultime parole di Scorpius la sala comune era sprofondata di nuovo in quel silenzio tra il fuoco del camino e il rumore dolce dell’acqua sulle finestre. Le labbra di Lily combaciavano perfette con le sue, fino a che lui non le schiuse per approfondire l’esplorazione. Lily appoggiò le mani sul petto, le braccia erano strette in una morsa piacevolissima, per via di quelle di lui che definivano i contorni dei loro corpi avvinghiati. Le mani non si erano mosse dal suo viso e le fronti combaciavano perfette perché il ragazzo si era ulteriormente inclinato verso di lei che si sosteneva sulle punte e riversava lo sforzo sul suo petto. Un bacio lentissimo ma carico di una tensione a cui ogni fibra del loro corpo fu sottoposta per impedire di sbilanciarsi, di perdersi.
Lily gli morse delicatamente un labbro e in tutta risposta Scorpius iniziò a toccarla con la lingua, prima trattenuta per paura di esagerare, ma con Lily l’esagerazione aveva tutta una sua ragion d’essere che lui stava capendo solo in quel momento. Tutto di lei era esagerato, era al di là di qualsiasi costruzione logica. 
Scoprì che Lily sapeva di cannella.
Lei iniziò a seguirlo e aprì di più la bocca per non ostacolarlo in alcun modo. Scorpius però la metteva a dura prova con la sua lentezza esasperante. Più i suoi movimenti erano lenti e più le si imprimevano addosso senza darle possibilità di staccarsi e prendere fiato. 
Fu lui però a imporle una distanza. Si allontanò altrettanto lentamente, facendo scivolare le mani lascivamente lungo il collo per poi ritrarle definitivamente. 
Gli occhi lucidi di Lily intonavano una voglia inespressa e senza voce; la bocca arrossata era ancora umida. Lui la guardava serio, le labbra socchiuse e il petto che si alzava e si abbassava scandendo un ritmo regolare, in cui non si leggeva alcun segno dell’agitazione che stava invece vivendo lei nel suo cuore.
“Adesso devo andare”, le disse tranquillo lui, rompendo quel silenzio in cui si erano cullati per un tempo indefinito.
“Te l’ho detto che non ci sarebbe voluto troppo tempo”, gli rispose con un sorriso fugace. Si era già voltata in direzione dell’uscita, lui le camminava dietro. 
Una volta fuori dalla sala comune arrivarono al piano terra. Era deserto.
“Beh, allora divertiti alla festa”, Lily non smetteva di sorridere. Si morse il labbro inferiore.
“Lo farò”, rispose lui, lei era già di spalle. 
Ma prima che lui proseguisse verso l’uscita del castello lei si voltò di nuovo.
“Come sono andata?” gli chiese curiosa.
Scorpius si voltò e ridacchiò dolcemente, poi rimase alcuni secondi a guardarla torturarsi il labbro inferiore.
“Mordi un po’ troppo, magari a qualcuno potrebbe non piacere”, le rispose sinceramente lui. Il sorriso sornione stavolta era aperto, lo sguardo languido e giocoso come non l’aveva mai visto. Era bello.
Lily non fu minimamente toccata da quell’accusa dolce, anzi, ne fu eccitata se possibile ancora di più.
“A te piace?”, gli chiese senza troppi giri di parole. Era una domanda semplice e altrettanto accurata nella scelta del verbo al tempo presente. Lily non viveva mai nel passato, cercava strenuamente di godersi momento per momento. E voleva che il suo tempo con Scorpius nascesse e si perpetuasse in un presente infinito, quello che c’era stato doveva per forza ripetersi, non aveva senso parlare di passato.
Scorpius rimase spiazzato da quella domanda, ma era bravo a dissimulare le sue emozioni. E comunque, ne fu spiazzato in modo piacevole.
“Mi piace”.
Lily sorrise, lui sospirò. “Non sarà meglio che tu vada?” le chiese poi, provocandola ulteriormente.
Lily rise. “Decisamente no”, ultimò. Infine, sospirò e cominciò a salire le scale.
“Non pensarmi troppo!” alzò poco la voce affinché lui potesse sentire.
L’eco della sua risata le arrivò dritta al cuore.
 
 

 
Scorpius però ci pensò il giorno dopo a colazione. Gli capitò di buttare un occhio distratto al tavolo dei Grifondoro dove lei era seduta e sorseggiava un thè in tranquillità. A lezione di pozioni il compito del giorno consisteva nel ricreare la perfetta dose di un filtro d’amore. Un professor Lumacorno ormai ingobbito dal peso della vecchiaia spiegò alla classe l’effetto devastante di quella pozioncina e si assicurò che al termine della lezione ogni studente rompesse la sua fialetta, così che non avrebbero portato scompiglio nella scuola con il serio rischio di ammazzare qualcuno. Malcom Greene era al tavolo di lavoro accanto a quello di Scorpius, il quale non poté fare a meno di sentirlo parlare con un suo compagno Corvonero.
“Te lo dico io, questa sera ci riprovo, poi ti farò sapere”.
“Si, come no, non riusciresti a scopartela di nuovo neanche con quel filtro d’amore”.
“Questo lo dici tu, a proposito, tu che senti?”, domandò Malcom al suo amico, il quale allungò il naso sulla sua pozione.
“Cioccolato, tu?”
“Cannella”.
Scorpius sgranò gli occhi e sollevò lo sguardo su di lui. Non gli ci volle molto per capire che quel tizio stava proprio parlando di Lily. La cannella l’aveva sentita, assaporata anche lui la sera prima durante quel bacio. 
“Questa cosa dei filtri d’amore mi sembra una grande stronzata. Tu cosa senti?”, gli chiese Albus mentre mescolava sapientemente il suo calderone. Scorpius non gli rispose, ancora concentrato a rimettere insieme i pezzi di quel che era accaduto. Possibile che Lily lo avesse fregato?
“Io sento ciliegie, tu?”, riprese Albus, cercando di capire quando aveva sentito o mangiato ciliegie l’ultima volta. 
Scorpius si schiarì la voce, poi annusò il composto che aveva davanti agli occhi. 
Si, Lily lo aveva davvero fregato.
“Cannella”, ammise con disappunto.
 
 
 
Lily era in biblioteca insieme a suo cugino Louis Weasley. L’esame di trasfigurazione era imminente e lei aveva perso fin troppo tempo ad allenarsi a Quidditch invece che studiare. Scorpius Malfoy entrò in biblioteca sbattendo non troppo delicatamente la porta dell’entrata. Stava per inciampare su una rana che uno studente suo proprietario cercava disperatamente di catturare. 
Lily fu distratta da quel trambusto e non appena ne capì l’origine si voltò immediatamente sul suo libro e lo alzò sul viso, sperando di nascondervisi dietro.
“Hai un minuto?” 
Scorpius si appoggiò al tavolo, cogliendola in fragrante. Lily abbassò il libro lentamente.
“Ho tutta una vita, spero”, rispose lei ridacchiando e toccandosi il petto come per sperare di avere una vita ultracentenaria. Louis accanto a lei sghignazzò. 
Scorpius respirò spazientito e cercò di intimarla con lo sguardo a seguirlo.
Raggiunsero la sezione di pozioni, chissà perché sempre disabitata. Sembrava la sezione giusta per un interrogatorio o per una scappatella amorosa. Lily però in quel momento non riusciva a indovinare quale le sarebbe toccata tra le due possibilità.
“Perché mi hai mentito?” 
Se c’era una cosa che di Scorpius l’attirava era il fatto che sapeva sempre centrare il punto in qualsiasi situazione e che si perdeva poco in chiacchiere superflue. Solo che non avrebbe mai immaginato che un giorno quella schiettezza sarebbe stata rivolta proprio a lei e che l’avrebbe messa alle strette. Dire alle strette poi, era effettivamente pertinente, dato che era compressa tra uno scaffale pieno di libri polverosi e il corpo di lui. Il ragazzo aveva appoggiato un braccio allo scaffale per impedire che lei si dileguasse.
“Ma di che stai parlando?”
“Non fare finta di non aver capito. Sai bene di cosa parlo. Ma quello che mi chiedo è perché”.
“Guarda che non so davvero di cosa tu stia parlando”, continuò lei. Ostinata, come tutti i Grifondoro. Ostinato però lo era anche lui e non proprio come un Grifondoro, più precisamente come Hermione Granger.
“D’accordo, allora ti illuminerò io. Non sei vergine, ciò mi fa supporre che qualche bacio tu lo abbia dato, però mi hai detto che non lo avevi mai fatto. Perché?”
nessun tremore nella sua voce.
Lily a quel punto fu davvero messa alle strette.
“Chi te lo ha detto?”
“Greene non faceva altro che parlarne a lezione”. Era la verità, ma il ragazzo tralasciò il dettaglio che glielo fece capire.
Lily sospirò e distolse lo sguardo, che fino a un momento prima indugiava sul suo viso, alternandosi tra gli occhi e la bocca. Specie sulla bocca.
“D’accordo, è stata solo una bugia bianca”.
“Dimmi perché”.
Lily fece l’ennesimo respiro profondo. Salvo quel piccolo particolare odiava dire bugie, non portavano a niente. Solo questa invece stranamente la portò a qualche passo in avanti. Innanzitutto, Scorpius Malfoy si era accorto della sua esistenza e se n’era accorto in un modo diverso, più intimo, rispetto a chi se ne accorgeva passando distrattamente per i corridoi. 
“Perché mi piaci”, disse semplicemente. 
Scorpius batté velocemente gli occhi, visibilmente sorpreso. Ma non disse nulla, così Lily continuò.
“E l’unico modo che avevo per farti notare della mia esistenza era questo”, la voce la tradì un po’. Solo in quel momento, parlandogli chiaramente e ad alta voce, Lily realizzò ciò che gli aveva detto. Quell’esposizione la fece tornare seria, il sorriso impertinente che aveva perennemente stampato sulla faccia sembrava non esserle mai appartenuto.
“Ma io so che esisti”, le disse lui. Abbassò la voce, non c’era più traccia del tono vagamente accusatorio di poco prima. Il volto si era addolcito. Scorpius aveva davanti una Lily diversa, più insicura, spogliata da tutte quelle strutture che si cuciva addosso di solito.
“Se per esistenza intendi la mia identità di sorella del tuo migliore amico non conta. Io esisto anche in un altro senso. Non sono solo questo, non sai chi sono davvero, al di là di quella definizione”.
Scorpius non si aspettava quella dichiarazione aperta. Tolse la mano dallo scaffale e si appoggiò con la schiena a quello opposto, mettendosi di fronte a lei a braccia conserte.
Non sapeva cosa dire perché la ragazza davanti a lui aveva effettivamente detto come stavano le cose. Per lui non era mai stata nient’altro che la sorella di Albus, il che la rendeva un po’ come una sorella acquisita, dal momento che l’aveva vista praticamente in fasce. E sapeva bene che al di là di quello c’era ben altro, ma si era sempre detto che non stava a lui scoprirlo. Per lui non doveva esistere altro paradigma che quello.
“Tu non mi conosci, e quel che è peggio è che pensi di sì ma non sai niente e mai te ne importerà”. 
Doveva andare via da lì, sentiva quella sensazione pungente dietro gli occhi che era sicura l’avrebbe fatta esplodere in un pianto.
“Lily…”, Scorpius stava per parlare ma lei si voltò e si allontanò frettolosamente.
Lui la guardò andarsene, poi sospirò e appoggiò la testa allo scaffale.
 
 
 
Passarono due settimane. Lily spendeva il suo tempo tra gli allenamenti di Quidditch e qualche lezione privata di Josephine per recuperare in alcune materie che aveva lasciato indietro perché “tanto Pozioni non sarà di certo la mia vita”, le diceva. Josephine invece era molto più ligia al dovere della sua compagna e si faceva sempre trovare disponibile qualora le fosse servito aiuto durante gli esami. A volte facevano delle passeggiate spingendosi fino alle guferie per spedire ai loro genitori le novità, poi passavano alcune sere con amici comuni a bighellonare ad Hogsmeade. Di Scorpius, non ne parlarono più. Jo rimase sconvolta alla notizia del bacio e seppure l’idea che Lily avesse baciato suo fratello (“ma con la lingua?”, “certo, mica abbiamo due anni”, “ewww”), le faceva un po’ schifo si mostrò affettuosa nei confronti di Lily, e anche un po’ triste per come era finita.
Cercava di tirarla su in ogni modo, evidenziandole le mancate qualità di Scorpius nella vità quotidiana sperando di farle cambiare idea sul suo conto, ma non faceva altro che aggravare quello strano senso di nostalgia che le si era attaccato addosso e che non si decideva ad andar via.
Scorpius le mancava già e nemmeno lo aveva mai avuto.
Però cercò di spedire quel groppo in gola in un angolo buio della sua anima e provò a concentrarsi su altre prospettive. Per fortuna il Torneo Tre Maghi di quell’anno la distraeva un po’. Fortunatamente Scorpius anche se diciassettenne non aveva voluto partecipare, altrimenti quella per lei sarebbe stata l’ennesima fonte d’ansia e preoccupazione per un ragazzo che nemmeno la voleva come lei voleva lui.
Di Malcom non ne voleva più sapere, lui aveva smesso di insistere e aveva cominciato ad ignorarla nei corridoi. Josephine non aveva idea che fosse così insistente e melodrammatico, altrimenti non glielo avrebbe mai presentato. 
Scorpius invece passò quelle due settimane in totale apatia. Albus aveva già capito ci fosse qualcosa che non andava ma lui si rifiutava categoricamente di parlargli di quello che lo tormentava. Albus sarebbe stato l’ultimo a capire, e questo non solo perché si trattava di sua sorella, ma anche perché Scorpius era il primo a non aver capito nulla. E questo da molto tempo prima che lei gli dicesse quella bugia solo per riuscire a baciarlo. 
Con la verità svelata, quel suo tentativo gli parve ancora più dolce e struggente di quello che realmente era stato. Iniziò a sbirciare cosa combinava guardandola dal suo tavolo in Sala Grande, o per i corridoi, ripensando poi a lezione al modo in cui aveva acconciato i capelli. La curiosità lo stava tormentando ed era sicuro che prima o poi ci sarebbe rimasto secco. Voleva parlarle, sapere con chi stesse uscendo, cosa faceva nel tempo libero con i suoi amici, che libri stava leggendo, desiderava prenderla in giro e provocarla, come aveva sempre fatto da quando la conosceva, inconsapevole della bella e spigliata ragazza che era diventata. Nell’ultima partita di Quidditch lei lo aveva evitato. Non si erano fermati come al solito da qualche parte ad aspettare che il boccino comparisse. Lei lo prese ad un’ora dall’inizio della partita, soffiandoglielo praticamente davanti al naso e per tutta la durata della partita non lo considerò minimamente.
Era stanco di quei silenzi e di quel disagio, che a quanto sembrava provava solo lui. Voleva che tutto tornasse come prima, ma voleva anche che si muovesse qualcosa. 
Contraddittorio.
“Al diavolo”, esclamò steso sul letto. Scorpius era a conoscenza delle sue contraddizioni ma non voleva metterle a freno, non quel giorno.
Aspettò che tutti ritornassero nei dormitori, poi uscì dalla sala comune e fece le scale diretto verso la torre più alta dove risiedevano i Grifondoro.
La Signora Grassa era in uno stato di dormiveglia e cominciò ad inveire contro di lui incolpandolo di averla svegliata e scambiandolo temporaneamente per suo padre.
“Signor Malfoy ancora qui? Perché non chiede direttamente al cappello parlante di rismistarlo in Grifondoro se ci tiene così tanto?”
Scorpius decise di sorvolare su quella domanda, consapevole che quel quadro stesse parlando di ricordi che non gli appartenevano e che lo imbarazzarono un po’ nel sentirli rievocati.
“Signora, non sono Draco”.
“Oh, ma certo, scusami caro, che sciocca”, rispose lei dopo aver strizzato gli occhi cercando di mettere a fuoco la sua figura.
“Allora mi fa entrare?” chiese poi lui, cercando di imbrogliarla in pieno spirito Serpeverde.
“Mi dispiace, le regole sono regole”, sentenziò lei mentre si sistemava l’acconciatura.
Il ragazzo sbuffò e si sedette sulle scale, sperando che qualche Grifondoro si sarebbe fatto vivo prima o poi.
Solo che per una buona mezz’ora non arrivò nessuno, fino a che non distinse alcune risate provenire dalle scale. 
Lily aveva raggiunto il settimo piano insieme ad una sua amica di cui lui, appunto, non si era mai accorto.
“Scorp”, disse lei sorpresa.
La ragazza accanto a lei arrossì nel vederlo e ridacchiò nervosa.
“Che ci fai qui?”
“Volevo parlarti”.
Visto che le due ragazze non si mossero, lui precisò “Da soli”.
L’amica ridacchiò di nuovo e “Oh, si tanto stavo per rientrare, ci vediamo dopo Lu”.
Lei la guardò e annuì frettolosamente, cercando di sorvolare sullo sguardo eccitato dell’amica.
“Che cosa vuoi?”, il nervosismo trapelava dalla sua voce tremante. Non si aspettava di vederlo lì, specie perché aveva fatto di tutto per evitarlo e si era quasi convinta che ci sarebbe riuscita.
“Vorrei che tornasse tutto come prima, che tornassimo ad essere amici”.
Lily fece un sorriso amaro.
“Non siamo mai stati amici. Sei sempre e solo stato il migliore amico di mio fratello”.
Scorpius sospirò, si morse un labbro e poi continuò.
“Hai ragione. E questo non è quello che voglio”, fece un passo in avanti. Lei rimase immobile.
“E cosa vuoi?”
“Vuoi la verità o una bugia?”, le sorrise sornione sperando che lei cogliesse quella piccola stoccata.
“Preferirei davvero una bugia ma tu non sai mentire”.
“È vero. La verità è che voglio che tu mi insegni”.
Lily corrucciò le sopracciglia e rise imbarazzata.
“Cosa? Che vuoi dire?”
“Era solo un bacio quello che volevi da me?”, le rispose con un’altra domanda. Ma Lily sapeva perfettamente, al contrario di lui, ciò che lei voleva. E non le costava rispondere sinceramente.
“Avrei voluto il bacio, quello che viene dopo e quello che c’è nel mezzo”. Rispose calma, la voce sicura, gli occhi su di lui altrettanto.
Scorpius la guardò con una lussuria che lei non gli aveva mai visto in volto. 
“Beh, allora voglio che tu mi insegni”.
Lily rise, vagamente nervosa sia per via del suo sguardo che non lasciava niente all’immaginazione, sia per quella stupida affermazione.
“Non hai bisogno che ti insegni, stando a quanto si dice in giro”.
La sua risposta le arrivò con una naturalezza che le fece tremare le gambe. 
“Voglio che tu mi insegni a vederti nel modo in cui vuoi che io ti veda”.
 
 
 
La lezione numero uno fu che Lily Luna Potter, nonostante la sua aria spavalda e sicura, sotto sotto era ancora una giovane alle prime armi e che di fronte alla reale possibilità di avere uno come Scorpius si era praticamente sciolta come un ghiacciolo al sole. La sera in cui lui fece chiarezza sui suoi propositi poco casti, non fecero comunque nulla. Si salutarono come chi si saluta a seguito di un accordo formale, senza indugiare troppo sul da farsi. La ragazza scomparve dietro al quadro della Signora Grassa e lui fece le scale in fretta e furia per tornare nel suo dormitorio e cullarsi con la luce cristallina dell’acqua che si infrangeva sulle finestre. Quella sera il suo cuore vagamente scosso da quella nuova e del tutto inesplorata sensazione adrenalinica combaciava con la furia di quelle acque agitate. Era sicuro che la sua curiosità lo avrebbe prima o poi ucciso. 
Il giorno dopo la sala comune dei Serpeverde si sarebbe svuotata per via di un party organizzato dai Tassorosso, al quale tutte le case erano invitate. Lily sgattaiolò fuori dal dormitorio propinando a Jo una scusa che lei scelse di farsi andare bene. L’amica non indagò oltre e la coprì quando le altre della sua casa le chiesero che fine avesse fatto. Andarono al party senza di lei. Come la sera del loro primo bacio, Lily raggiunse la sua sala comune e questa volta Scorpius era esattamente dietro l’entrata ad aspettarla. Indossava ancora la camicia della divisa e i pantaloni grigi scuro. Non indossava le scarpe però, e quel dettaglio la fece sorridere. Lily si presentò esattamente come lui l’aveva osservata tutto il giorno. I capelli raccolti in una treccia morbida, la gonna della divisa che lei stessa era riuscita ad accorciare con un incantesimo, le parigine nere sollevate fino alle ginocchia e la camicia bianca attillata e alzata sui gomiti. Lo stemma dei Grifondoro sul petto. Lei però, del coraggio innato dei Grifondoro quella sera non aveva nulla. Si accomodarono sui due divani disposti uno di fronte all’altro. Scorpius aveva allargato entrambe le braccia sullo schienale, le gambe leggermente divaricate. Lily se ne stava dritta ed elegante senza toccare lo schienale, le mani intrecciate che si torturavano a vicenda. Rimasero a guardarsi per un momento che sembrava infinito, un perenne presente di cui Lily si sarebbe nutrita senza desiderare nient’altro. Scorpius però desiderava altro eccome, e nel suo sguardo non c’era nessuna maschera a nascondere quel suo desiderio irruento, quella curiosità che aveva tenuto sepolta per tutto quel tempo e che adesso stava letteralmente eruttando dalle sue guance arrossate, dagli occhi lucidi di lussuria, dal respiro profondo. 
“Ho dimenticato il quaderno degli appunti”. Lui ruppe il ghiaccio con quella battuta maliziosa che la obbligò a distogliere lo sguardo da lui e sorridere imbarazzata. Solo in quel momento Lily, che credeva fino a quel momento di avere il coltello dalla parte del manico e che fosse lui quello a non sapere come si giocava, realizzò di essere davvero una sprovveduta e una povera illusa convinta di avere il controllo delle situazioni e di sé stessa.
“Che cosa stai aspettando?”, gli chiese lei, cercando di ignorare il bruciore sulle guance esploso con la sua affermazione.
“Sto aspettando te”.
Scorpius voleva sul serio imparare a conoscerla. Voleva che fosse lei ad avere le battute iniziali solo per capire come si muoveva, come agiva in un contesto del tutto fuori dalle definizioni che si erano imposti. Voleva che fosse libera di essere quello che voleva essere, senza vincoli né pregiudizi, né costrizioni da parte sua. La seconda lezione fu che Lily Luna Potter era sé stessa quando volteggiava libera nei cieli di Hogwarts e ugualmente libera e sé stessa ora che si era alzata e avanzava verso di lui con lo stesso sguardo che aveva quando stava per afferrare il boccino d’oro. 
Lui non si mosse, la osservava avanzare verso di lui con le braccia lungo i fianchi e qualche ciocca di capelli che le era sfuggita dalla treccia. Gli occhi azzurri in tempesta. 
La ragazza aprì le gambe e si sedette su di lui, che non stava aspettando nient’altro.  La circondò subito con le braccia, passando le dita sulla schiena e facendo una leggera pressione. Lily avvolse le mani tra i suoi capelli folti e lo baciò con più foga rispetto all’ultima volta. Le lingue si incontrarono subito e si intrecciarono lascivamente mentre i fianchi di lei iniziarono a muoversi avanti e indietro su di lui come le onde facevano sulle vetrate. Scorpius emise un gemito sulla sua bocca e poi si sollevò tenendola in braccio. La sala grande seppur deserta era comunque molto rischiosa perciò si avviò per le scale a chiocciola che portavano al suo dormitorio. Fu solo in quel momento che Lily toccò nuovamente terra. Il ragazzo chiuse la porta a chiave con la bacchetta e poi la lasciò su un comodino li vicino, prima di tornare a lei. Lily nel frattempo aveva dato un’occhiata veloce alla stanza ma non aveva fatto caso a niente in particolare perché il ragazzo fu su di lei in pochi istanti. Si baciavano possessivamente, famelici di scoprire di più dell’altro e di loro stessi.
La prima lezione di Lily fu che Scorpius era nell’intimità tutto ciò che non era alla luce del sole. Sotto quelle ciglia spesse e quegli occhi dolci nascondeva uno spirito di iniziativa degno di un Grifondoro. La lasciava senza fiato, era famelico e insaziabile, capace di accendere anche gli angoli più bui e nascosti di lei.
La ragazza si appoggiò alla parete vicino al letto e gemette quando lo sentì abbandonare le sue labbra e inginocchiarsi di fronte a lei. 
Nessuno dei due parlò più dopo quello scambio malizioso di poco prima. Scorpius si inginocchiò e non allontanò lo sguardo dai suoi occhi nemmeno un secondo, mentre procedeva ad abbassare entrambe le sue parigine nere con la calma di chi sa che ha in pugno la preda. I ruoli si scambiavano continuamente, prima lo aveva assalito lei azzerando le distanze, adesso era il suo turno e se lo stava godendo tutto mentre passava le mani e poi la lingua sulla porzione di gambe ormai nuda. Arrivò alla gonna a pieghe; le sue mani si intrufolarono all’interno e le sfilarono l’intimo. La terza lezione di Scorpius fu che Lily seppur non più vergine sembrava del tutto disabituata a quel genere di cose. Il rossore e il respiro irregolare causati da come repentinamente si era inginocchiato e aveva iniziato a toccarla gli aveva lasciato intendere che quel tipo non l’aveva toccata come stava facendo lui. Scorpius era ancora ignaro della sua importanza agli occhi di Lily. La differenza poteva capirla solo lei, che adesso aveva buttato la testa indietro e cercava disperatamente un appiglio a cui reggersi. Scorpius ripercorse la lunghezza delle sue gambe e solo allora sollevò la gonna e iniziò ad esplorare quelle profondità sconosciute. Scorpius la stava baciando allo stesso modo in cui l’aveva baciata la prima volta, assaggiando ogni dettaglio di lei con la lingua con una lentezza che lei trovò esasperante e piacevolissima.
Non l’aveva mai fatto nessuno prima, con quel Greene non era stato così. Fu tutto più meccanico, senza troppo coinvolgimento, senza alcuna voglia di esplorare un piacere più intenso. 
Lily nel frattempo riuscì in uno sprazzo di lucidità a slacciarsi la camicetta. Non poteva negare a sé stessa, e nemmeno a lui, che la scelta di non indossare il reggiseno non fu casuale. 
Fu solo dopo che lei lo implorò di smetterla, che Scorpius si sollevò. Lily lo voleva in un altro modo, nel modo più intimo possibile. Scorpius nel rialzarsi rincontrò i suoi occhi ma lungo la scia di quel corpo levigato indugiò sul seno, che strinse e leccò lasciandovi i segni umidi dei suoi morsi leggeri.  
Lily poi gli bloccò le mani e continuò a spogliarlo lei. Lui si lasciò andare sul letto e ancora una volta lei gli fu sopra. Era rimasta con la gonna ma nessuno dei due ci fece troppo caso, troppo presi dal toccarsi e assaggiarsi. Lily gli passò le unghie dietro la schiena e gli morse le spalle e il collo. Scorpius respirava pesantemente e gemeva di quel dolore misto a piacere che era sicuro lo avrebbe fatto impazzire.
La sua quarta lezione fu che stare con lei lì, non era per niente sbagliato. 
Si sdraiò completamente e fu solo in quel momento che Lily si sistemò sopra di lui così da farlo entrare in lei. 
La ragazza riprese quel movimento ondulatorio avanti e indietro che aveva iniziato poco prima sul divano. La stanza si riempì dei loro respiri, dei loro gemiti e morsi. Scorpius si sollevò avvicinandosi a lei e riprese a baciarla con passione, Lily gli morse le labbra perché aveva imparato gli piacesse e lui sorrise sulla sua bocca perché si ricordò di quel dettaglio.
Si abbandonarono poco dopo l’uno sull’altra. Scorpius si era messo sopra di lei perché lei gli aveva detto che così lo voleva e lui le aveva detto che avrebbe imparato a farsi volere esattamente come lei chiedeva. Si persero entrambi in un groviglio di pelle e ossa e rimasero ad ansimare per qualche minuto, guardandosi per la prima volta in modo diverso.
“Finalmente ti vedo”, le disse lui e Lily si ricordò di quel giorno in cui provò le lenti la prima volta.
“Sempre stata qui”, gli rispose lei con le sue stesse parole. 
Gli sorrise sul petto e poi si lasciarono cullare dal ritmo dei loro respiri tornati regolari, dal suono dolce del lago nero. 
  
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