Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Il cactus infelice    21/06/2020    4 recensioni
Estate 2020. Il riscaldamento globale colpisce non solo il mondo Babbano, ma anche quello dei Maghi. La frenesia dei social, della tecnologia, sta travolgendo anche i maghi e le streghe. Bisogna tenersi al passo coi tempi.
Ma mentre queste questioni vengono lasciate ai Babbani - che se ne intendono di più - il Mondo Magico avrà un'altra gatta da pelare.
Harry Potter si ritroverà a dover risolvere un altro mistero, forse addirittura a combattere un'altra guerra e questa volta lo riguarda molto, molto da vicino.
Tutto inizia con un ritorno inaspettato una mattina del 10 Luglio 2020.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Famiglia Potter, Famiglia Weasley, I Malandrini, Nimphadora Tonks, Teddy Lupin | Coppie: Bill/Fleur, Harry/Ginny, James/Lily, Teddy/Victorie
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

UN ALTRO DRAMMA


C’era un fermento silenzioso nell’ufficio degli Auror; il telefono di Lydia squillava spesso quel giorno e la donna doveva spesso lasciare quello che stava facendo - come limarsi le unghie o fare le parole crociate - per rispondere. Le telefonate che considerava non importanti - la maggior parte quindi - cercava di rifiutarle dopo il primo minuto, e solo un paio le aveva passate al Capo del Dipartimento. Diverse lettere volavano nell’ufficio da parte degli altri Dipartimenti, appoggiandosi sia sul tavolo della segretaria che su quello dei pochi Auror rimasti in ufficio; Lydia le leggeva tutte e, come con le telefonate, eliminava con la bacchetta quelle dal contenuto insignificante, ma alcune le conservava anche, probabilmente per farle leggere a Harry in un altro momento. Quest’ultimo infatti si era chiuso nel suo Ufficio da quando era arrivato quella mattina e non aveva fatto entrare praticamente nessuno. Si avvicinava persino l’ora di pranzo e in molti avevano dei dubbi se sarebbe uscito o meno.
Degli altri, sembrava che quasi nessuno osasse parlare; non chiacchieravano, non facevano battute. Persino Ron - quello che meno sopportava di stare alla scrivania - era chino da un bel po’ a compilare dei rapporti e aveva alzato lo sguardo pochissime volte.
Era come se nessuno avesse voglia di socializzare quel giorno e si fossero chiusi tutti nel proprio mutismo in una specie di accordo silenzioso. Giosué e Tonks non battibeccavano come loro solito. 

Le conseguenze del crollo - o meglio, dell’attentato al Ponte erano più grandi di quello che avevano previsto. Non che le persone avessero espresso il proprio malcontento in maniera eccessivamente drastica ma i giornali e i telegiornali parlavano e anche le persone sui social, e soprattutto su questi ultimi la gente si sentiva più libera di dire quello che voleva; la sofferenza di chi aveva perso un qualche caro su quel Ponte era comprensibile, così come la rabbia e il scetticismo di coloro che ancora parlavano della questione dei Resuscitati che - appunto - erano Resuscitati ma a quanto pareva non sarebbe accaduto altrettanto con le vittime del Ponte. 

C’era chi parlava di complotti e chi ipotizzava una connessione tra le due cose. Normale amministrazione, certo, ma che poteva diventare pericolosa.
Il Ministero della Magia non se la passava granché bene dal punto di vista mediatico, e nemmeno Harry con gli altri Auror ed Hermione; ma se il primo era abbastanza abituato alla stampa negativa, al fatto che tutti avessero delle opinioni su di lui, per quest’ultima poteva risultare in un problema non da poco considerando le elezioni imminenti.  

Fu forse James il primo ad adocchiarlo, un giovane uomo che comparve davanti ai loro occhi all’improvviso - caduto il suo incantesimo di Disillusione - e che entrò nell’ufficio di Harry prima che Lydia, o chiunque altro, avesse il tempo di fermarlo. A quell’evento, tutti alzarono gli occhi e qualcuno si alzò pronto a intervenire. Ma pochi istanti dopo, la porta si riaprì di colpo e l’uomo venne sbalzato via, cadendo di schiena in mezzo all’ufficio. Qualcuno restò a guardare sbigottito, qualcun altro fece fatica a trattenere le risate.

“Non ti preoccupare, non sei il primo a cui succede”, disse Ron allo sconosciuto, porgendogli una mano per aiutarlo a rialzarsi. Questi però non la prese e - con fare offeso e un po’ dolorante - si rialzò, raccogliendo di fretta la borsa e il materiale che gli era caduto nel mezzo volo che aveva fatto dall’ufficio. Volgendo lo sguardo su tutti i presenti, cercò di ricomporsi per darsi un contegno - ormai bello che andato - e se ne andò con la coda tra le gambe. La porta dell’ufficio di Harry nel frattempo si era richiusa con un colpo. 

“Ma chi era?” chiese Lily. 

“Un giornalista”, rispose Lydia. “Non è la prima volta. Di solito vengono per intervistare Harry. Ci provano. Probabilmente questo voleva sapere qualcosa del Ponte. Chissà per quale testata scrive”. 

“E… Harry lo ha cacciato così?” 

“Oh sì. Lo fa sempre coi giornalisti. Probabilmente non è la reazione più ortodossa di tutte, ma non lo biasimo”. 

“Ma non li controllano all’ingresso? Non ci sono delle… Barriere per impedire ai giornalisti di passare?” chiese James perplesso. 

“Il Ministero è un luogo pubblico”, gli rispose Ron tornando alla propria scrivania. “Non possiamo tenere le Barriere magiche. Ci sono dei controllori sì, ma con tutta la gente che passa è difficile tenere d’occhio chiunque. E i giornalisti sono bravi a sfuggire ai controlli. Probabilmente c’è qualche corso apposito quando ti insegnano giornalismo”. 

Dopo quell’episodio, la stanza tornò al silenzio teso di prima. Forse anche di più. 


“Ehi!” 

James Sirius atterrò dalla propria scopa di fronte a Veronica che si era piazzata sugli spalti stringendosi nel cappotto rosso scuro che faceva da contrasto alla sua pelle bianca come la neve e le labbra di una tonalità leggermente più chiara del cappotto.
Si era posizionata lì, come diverse altre ragazze venute ad assistere agli allenamenti di quidditch dei Grifondoro, con un libro in mano; ma come le altre probabilmente era venuta perché più interessata a osservare il Capitano della squadra. Quello stesso capitano che ora le sorrideva allegro e malizioso nella sua divisa. 

“Ehi!” 

“Sono contento che sei venuta”.
Veronica si trovò a sorridere prima che potesse impedirselo. 

“Non mi andava di stare dentro… Sai com’è”. 

“Senti”, cominciò James interrompendosi di colpo per spostare lo sguardo sull’orizzonte mentre si passava una mano tra i capelli già spettinati dal vento. “Mi chiedevo se questo sabato ti andasse di venire con me a Hogsmeade. Se non hai nulla da fare, chiaro”. 

Veronica si sentì il cuore rimbalzare nel petto. “Oh. Ehm… Sì! Voglio dire… Non ho nulla da fare. Mi piacerebbe uscire con te”. 

Questa volta James si aprì in un sorriso entusiasta e Veronica non potè fare a meno di indugiare sul volto della mandibola forte e marcata e il fisico slanciato su cui la divisa faticava a nascondere i muscoli definiti.
“Ottimo! Allora ci mettiamo d’accordo. Scusa, ma ora devo proprio andare”.
James tornò quindi in campo dove la squadra si stava già radunando per gli allenamenti. 

Inutile dire che dopo quel breve scambio di battute Veronica fece fatica a concentrarsi sul suo libro e passò gran parte del tempo a tenere gli occhi puntati al cielo dove i giocatori volavano tra pluffa e bolidi, lo sguardo che vagava sempre alla ricerca di James, la cui voce urlava ordini e ogni tanto complimenti. Il vento si stava alzando, ma nemmeno il freddo di fine Ottobre l’avrebbe fatta desistere.

Fu uno strano bisbigliare dietro di lei che la distrasse però. Non si era accorta che dietro di lei si erano sedute due ragazze che conosceva di vista, una Grifondoro e una Corvonero, che parlavano fitto fitto tra di loro.
Veronica continuò a tenere lo sguardo basso, facendo finta di leggere, ma con le orecchie cercava di captare quello che le due si stavano dicendo. 

“Non riesco a credere che James voglia proprio uscire con lei”, disse una. 

“Veronica McLaggen. La chiamano Bocca calda, sai?” fece l’altra.
“Per quel video?”

“Sì”. 

“E’ una troia. Dicono lo faccia con tutti. Come fa a piacere a uno come James Potter?” 

“E se gli avesse fatto qualcosa?”
“Dici? Sarebbe capace?”
“Non sarebbe la prima volta che qualcuno usa una Pozione d’amore. In fondo, uscire con James Potter sarebbe un’ottima soluzione per la sua reputazione”. 

A quel punto Veronica richiuse con uno scatto il libro, si alzò e senza voltarsi indietro se ne andò dagli spalti il più velocemente possibile, le lacrime che le pungevano sul bordo degli occhi. 

“Tu ci vai alla festa di Halloween di questo venerdì?” 

“Uhm?”
Albus girò la testa verso Scorpius mentre passavano davanti al ritratto di Phineas Nigellus al settimo piano diretti verso l’aula di Divinazione. 

“La festa di Halloween?” ripeté Scorpius, con una nota vagamente scocciata nella voce.

“Ehm, non lo so. Perché?” 

“Così. Potrebbe essere divertente”. 

Un raggio di sole che passava attraverso le finestre umide colpì una parte del volto di Scorpius scoprendo delle striature quasi dorate tra i suoi capelli biondi, e illuminandogli gli occhi grigio-azzurri che guardavano Albus. Quest’ultimo provò una strana sensazione all’altezza dello stomaco e immediatamente spostò lo sguardo sui propri piedi. 

“Non lo so, sai che non mi piacciono le feste. E le folle”, disse il moro debolmente, mentre salivano le scale. 

“Lo so, ma è solo una festa. Possiamo bere qualcosa, così ti rilassi”, insisté Scorpius. “E’ solo per fare qualcosa di diverso”.
Albus non sentiva la necessità di fare qualcosa di diverso, poteva benissimo passare i suoi venerdì sera nel dormitorio da solo con Scorpius mentre gli altri erano tutti in giro. Però se Scorpius voleva… 

“Ci penserò”, disse. Avrebbe preferito non pensarci però perché sapeva come sarebbe andata a finire: i Potter attiravano sempre l’attenzione, per un motivo o per un altro, questo era qualcosa con cui doveva venire a patti visto il cognome che portava, ma ad Albus risultava difficile. E più cercava di nascondersi e non farsi notare più sembrava che la gente lo vedesse e lo indicasse. Non sapeva davvero che fare. Una festa piena di gente non gli sembrava quindi il posto migliore dove andare. Perché gli dava così fastidio? Forse perché non era James che si crogiolava in tutta quell’attenzione. Perché a Scorpius invece non dava fastidio? Anche lui non aveva un cognome qualunque. Forse pure peggio… I Malfoy, dopotutto... 

“Siamo arrivati”, disse Scorpius distraendolo dal quel sentiero di pensieri. Albus si riscosse e cercò di concentrarsi sulla lezione. 


Era stata una bella serata per Teddy e Vicky. I coinquilini di Teddy erano fuori tutti quanti, Elijah era di turno in ospedale e quindi i due avevano potuto godersi una cena romantica e stare insieme senza avere nessuno tra i piedi. In quel periodo stava diventando sempre più difficile trovare del tempo per sé, con il lavoro di lui in ospedale, l’Accademia di lei, e nessuno dei due aveva il vantaggio di una casa propria. Per fortuna gli incantesimi per silenziare e chiudere le porte tornavano utili, ma a nessuno dei due piaceva indugiare troppo nel sesso sapendo che o i genitori di Vicky o i coinquilini di Teddy avrebbero potuto sospettare qualcosa. 

E quindi avevano atteso quella serata come un bambino attende Natale: avevano cucinato della pasta, avevano mangiato con calma, pulito i piatti ma soprattutto avevano parlato. Teddy le aveva raccontato di alcuni pazienti in ospedale e di Tanya, di come gli aveva scritto quel messaggio e di come poi - dopo il rifiuto - non si era più fatta sentire. Vicky aveva riso. Non era certo gelosa di Tanya, non le andava di certo di litigare per lei.
E lei gli aveva raccontato di quello che facevano all’Accademia, dello spettacolo di Mamma Mia che dovevano preparare per Natale, dei suoi compagni di corso, che passavano più tempo a competere tra di loro, di come percepisse che le ragazze fossero gelose di lei perché era più brava di loro - non che Victoire se ne sarebbe vantata però era un dato di fatto - e di come sembrava che i ragazzi passassero gran parte del tempo che trascorrevano con lei a flirtare che non a conoscerla. Teddy rise. Non era geloso, non aveva motivo di esserlo. 

Loro erano quel tipo di coppia: sicuri del sentimento che l’uno provava per l’altra senza doverselo costantemente ripetere e senza l’ansia di allontanarsi o perdersi. Avevano l’un l’altro e questo bastava loro per affrontare qualunque cosa.

Poi, dopo cena, si sedettero sul divano per guardare un film ma finirono per pomiciare tutto il tempo e del film non videro quasi nulla. 

Ci fu anche il sesso, naturalmente, e dopo quello si addormentarono abbracciati senza troppa fatica.
Quando Vicky si risvegliò nel buio della stanza si ritrovò un po’ confusa. Allungò un braccio nel lato del letto accanto a sé e lo trovò vuoto. Freddo.
Aprì gli occhi, gonfi e appiccicosi dal sonno e intravide una luce provenire dal corridoio. Non ci indugiò troppo, pensò di girarsi e tornare a dormire ma poi uno strano suono la fece scattare, un suono soffocato, strano. Per nulla confortevole. 

Si alzò e, stropicciandosi gli occhi per abituarli alla luce, uscì in corridoio e andò dritto verso il bagno dove vide la luce e la porta aperta.

“Teddy”, mormorò debolmente con voce infantile posando gli occhi sul suo ragazzo che se ne stava con la testa china dentro la tazza del water. Le ci volle qualche istante per capire che cosa stesse succedendo.
Teddy, le mani aggrappate alla tazza, vomitò in un misto di suoni di gola e respiri irregolari. 

“Teddy!” ripeté la ragazza, questa volta più forte, accorrendo in suo soccorso. Ma non appena lo raggiunse raggelò: nel water, oltre alla cena consumata poche ore prima, c’era del sangue, più sangue che cena.
E no, non le serviva una laurea in medicina per capire che quello non era normale. 

“Vic!” la chiamò Teddy debolmente e se Victoire non lo avesse visto muovere le labbra probabilmente non lo avrebbe sentito. Fu allora che si accorse di quanto stava male, quando incrociò il suo volto pallido e bagnato di sudore, i capelli non più di quel biondo paglia acceso che esibiva sempre ma un castano spento, cinereo. “Vic. Port… Portami in ospedale”. Le disse prima di crollare contro le piastrelle del bagno, gli occhi talmente pesanti da non riuscire più a tenerli aperti. 


*** 


So che vi avevo promesso un capitolo drammatico oggi, ma alla fine ho sentito la necessità di fare un altro capitolo di passaggio, anche perché stavo un po’ trascurando i ragazzi a Hogwarts e dimenticando un po’ le loro storie e non mi andava. 

Nel prossimo quindi scoprirete cos’è questo capitolo drammatico che comunque ho già introdotto alla fine di questo. Scusate per il cliffhanger (ma in realtà non sono nemmeno troppo dispiaciuta XD). 


Prima di andare, vi lascio con le foto del prestavolto di Scorpius Malfoy :)


Scorpius 1

Scorpius 2


E come sempre fatemi sapere che ne pensate, nonché segnalatemi eventuali errori che trovate.

Alla prossima,

C.


   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Il cactus infelice