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Autore: breezeblock    21/06/2020    4 recensioni
“Non dobbiamo mica dirglielo”, fece un passo verso di lui.
Scorpius si morse il labbro, dubbioso.
“Andiamo, non vorrai farmi fare una pessima figura che probabilmente finirà con il macchiarmi per sempre! Non potrò più uscire con nessuno, sarò la sfigata di turno che non sa nemmeno dare un bacio”. Iniziò a metterla sul plateale e Scorpius rise.
“D’accordo”, decretò alla fine lui, con fare arrendevole. “Ma solo perché così la smetti di dire sciocchezze”. Lily sorrise a quella risposta, quasi incredula che fosse riuscita nel suo intento. L’idea che lui le avesse confermato che non sarebbe mai rimasta sola, che quelle congetture fossero davvero sciocchezze la fece avvampare.
“Devo ancora baciarti e stai già arrossendo.” Constatò il ragazzo facendo un passo verso di lei e annullando la già precaria distanza.
Sequel di Muggle Studies. Si può leggere anche separatamente.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Luna Potter, Scorpius Malfoy | Coppie: Lily/Scorpius
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Muggle Studies - The Years '
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Bentrovate! Vi avevo detto che questo capitolo sarebbe stato l'ultimo, in realtà ho preferito spezzarlo e farne un terzo affinché la lettura di questo capitolo non sia troppo pesante e piena di informazioni. Spero vi piaccia! 
A presto.
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Soft Boy
 
 
Goddamn, man-child
You fucked me so good that I almost said "I love you"
You're fun and you’re wild
But you don't know the half of the shit that you put me through
 
 
 
 
Josephine Malfoy se ne stava seduta nel vialetto di casa assorta nella lettura di un romanzo babbano. A momenti lei e la sua famiglia si sarebbero diretti dai Potter per la consueta cena di Natale e quello fu il primo anno in cui non ne aveva nessuna voglia. 
Appena scesi dal treno avevano avuto solo modo di passare velocemente a casa e cambiarsi, perché la cena era stata posticipata a quello stesso giorno a causa del viaggio improvviso di Hermione che sarebbe seguito il giorno dopo. Se qualche anno prima Josephine soffriva molto per quelle partenze improvvise impostale dal ministero, ormai si era abituata, anzi chiedeva alla madre con molta curiosità di che creatura magica si stesse occupando al momento. Perciò la sera del venti dicembre se ne stava ad aspettare che il resto della famiglia fosse pronta. La portata principale quella sera sarebbe stata sicuro fatta di fuoco e fiamme. Quasi la divertiva quell’aria tesa che aleggiava fin da quando erano scesi dal treno e i suoi genitori squadrarono Scorpius dall’alto in basso in cerca di una spiegazione plausibile per ciò che gli era successo. E di sicuro l’interrogatorio non sarebbe finito lì, dal momento che suo fratello si rifiutò di parlare con loro. A volte le sembrava che l’unica con un minimo di cervello in quell’improbabile gruppetto Potter-Granger-Malfoy fosse solo lei. 
Indossava un vestito corto di velluto nero con le maniche lunghe che si aprivano ai polsi e dei collant altrettanto neri. I capelli castani scendevano selvaggi lungo la schiena e un filo di matita nera ornava quei suoi penetranti e freddi occhi grigi. Ai piedi indossava un paio di converse che aveva comprato con la madre qualche settimana prima al centro di Londra. Ad ornare il suo viso c’era un orecchino pendente a forma di luna e un chocker nero altrettanto di velluto che le incorniciava il collo sottile. 
Se non fosse stato per i capelli, il fisico snello e longilineo e per la passione smisurata per la conoscenza, la madre non avrebbe mai detto che le assomigliasse in alcun modo. Jo aveva lo sguardo un po’ impertinente e furbo di Draco. Il suo caratterino frizzante poi era una vera maledizione per Scorpius, anche se Draco ed Hermione riuscirono a constatare che con gli anni i due fratelli erano riusciti a trovare un modo di esistere senza calpestarsi i piedi a vicenda. Con il passare degli anni Jo divenne una ragazzina che preferiva osservare piuttosto che parlare a vuoto e sprecare del fiato per questioni che non richiedevano neanche la minima attenzione. Per questo agli occhi di molti era inavvicinabile. Per i corridoi di scuola si era addirittura sparsa la voce che fosse un animagus e che riuscisse a trasformarsi in un serpente in grado di stritolare i poveri malcapitati nelle sue spire e lei si divertiva da morire a sentire quelle voci, non cercava minimamente di metterle a tacere, perché Jo, come sua madre e suo padre prima di lei, era già un passo avanti a tutti, anche oltre le malelingue che nonostante ci provassero sempre, colpa del retaggio della sua parte Malfoy, non riuscivano a confinarla in uno stato di natura diverso da ciò che le era proprio.
“Sei pronta Jo?”, Draco varcò la soglia di casa mentre si infilava una giacca blu scura. 
“Arrivo al punto e ci sono”, le rispose lei con ancora lo sguardo sul libro.
A quasi 44 anni suo padre le sembrava sempre un ragazzino. Non aveva messo su nemmeno un chilo, i capelli biondissimi dissimulavano la presenza di quelli bianchi e il filo di barba tra il biondo e il bianco più che invecchiarlo lo rendeva al passo con i tempi. Hermione gli stava dietro, ed era seguita da Scorpius che procedette a testa bassa verso la macchina. Sua madre era splendida come sempre, il tubino bianco che indossava le evidenziava il corpo tonico e la giacca nera la rendeva se possibile ancora più elegante. I capelli li aveva raccolti in una coda alta e gli orecchini brillanti le illuminavano il volto. Il rumore dei suoi tacchi echeggiò in quella fredda serata invernale. 
Scorpius cambiò solo la sua camicia con una praticamente uguale e si coprì con un maglione blu abbastanza largo, i pantaloni erano dei jeans strappati sul ginocchio. 
Entrando in macchina, Jo capì che quella che le si prospettava davanti sarebbe stata una serata tutt’altro che divertente. Il silenzio era se mai possibile assordante. Entrambi i suoi genitori avevano il volto livido e continuavano ad osservare Scorpius dagli specchietti. 
Lei però, che lo aveva visto salire sul treno in quel modo partendo da Hogwarts, lo aveva praticamente costretto a dirle cosa fosse successo, perciò sapeva già tutto quello che c’era da sapere. Isolarono una cabina per parlare senza che nessuno li infastidisse e lui le spiegò tutto dal principio.
“Sinceramente sono colpita.” Scorpius le gettò addosso uno sguardo truce per la scelta accurata delle parole.
“Non lo credevo capace di una cosa del genere”, continuò lei facendo finta di non accorgersi dello sguardo del fratello.
Scorpius sospirò pesantemente. “Sono un idiota”.
“Su questo non dissentirò”, sentenziò lei.
Arrivarono a casa Potter in meno di quindici minuti. La prima ad entrare fu Hermione, che abbracciò Harry calorosamente e Ginny altrettanto, una volta entrata. Draco ed Harry si scambiarono un segno d’assenso con la testa e poi una leggera pacca sulla spalla.
“Scorp! Cosa hai fatto alla faccia? Stai bene?”
“Se tu ed Hermione riusciste a svelare questo arcano come i bei vecchi tempi ve ne sarei grato”, commentò suo padre. Harry lasciò entrare i ragazzi e chiuse la porta dando una veloce occhiata ad Hermione. Lei lo stava già guardando con il volto apprensivo, in cerca di risposte che però sapeva bene non avrebbe trovato nel suo migliore amico. 
 
 
 
Erano tre mesi che Lily e Scorpius stavano praticamente vivendo una seconda vita. C’era quella di sempre, quella in cui erano entrambi cercatori di due squadre avversarie, quella in cui Scorpius eccelleva in pozioni e in ogni altra materia (ma mai quanto Albus) e quella in cui Lily aveva qualche lezione da recuperare con Jo. I due avevano deciso di non dire nulla a nessuno, ma Lily non riuscì a tenere il segreto troppo a lungo con Josephine. Lei la capiva al volo, non aveva bisogno di starla a scrutare fino a che questa non cedesse, i suoi occhi erano uno specchio di acqua limpida in cui la piccola Malfoy si ritrovava sempre alla fine di quelle perle azzurre. Non c’erano segreti a frapporsi tra loro e di certo Scorpius non poteva diventare il primo. Era contenta per la sua migliore amica ma non riusciva a capire il motivo per cui i due volessero tenere nascosta la cosa. Una sera nella sala comune dei Grifondoro, Jo era accovacciata vicino al caminetto e la luce rossa delle fiamme si rifletteva nei suoi occhi di neve. Lily era seduta sul divanetto rossiccio di fronte a lei, fintamente assorta nella lettura di un romanzo preso in prestito in biblioteca. 
“Lo sai vero, che questo non porterà a nulla di buono?”, Josephine non aveva staccato gli occhi dalle piccole fiammelle che si inseguivano nel camino.
“Che intendi dire?”, Lily aveva ancora gli occhi sul libro.
“Che non capisco perché vi ostiniate a vedervi così, di nascosto, invece che godervi una relazione come farebbero dei normali adolescenti”. Non aveva tutti i torti.
“Perché è divertente”, fu la prima cosa che le venne in mente. Finse un sorriso. 
In realtà la ragione fondamentale era la paura di dover ammettere a tutti, ma soprattutto a loro stessi, che quello che stavano facendo aveva più importanza di quella che gli avevano dato quando era cominciato tutto. 
Si incontravano spesso nella Stanza delle Necessità, tra tutti il luogo forse più sicuro di Hogwarts, e se avevano voglia di provare quel brivido di trasgressione capitava si amassero in biblioteca, nella sezione proibita. Era evidente che entrambi possedessero una vena poetica che invece di consumarsi nei baci silenziosi e soffocati si accendeva ancora di più proprio grazie all’impossibilità, secondo la loro visione, di uscire allo scoperto. 
Scorpius non le aveva ancora parlato delle sue intenzioni, non che lei avesse le idee chiare, comunque. Quella sensazione di forte nostalgia aveva iniziato a presentarsi anche nei momenti in cui lui era con lei e le rimaneva attaccata addosso come un paio di jeans zuppi d’acqua rimangono attaccati alle gambe. Lily Luna aveva sempre avuto l’impressione che Scorpius, non lo avrebbe mai potuto avere del tutto. Quello che c’era nel mezzo dei baci e del sesso, era tutto ciò a cui di più aveva anelato, ma che al tempo stesso iniziava a temere perché si era convinta che da quel mezzo lei ne sarebbe uscita comunque perdente. 
Quello era il suo ultimo anno e il ragazzo non le sembrava avesse delle idee molto chiare sul futuro. Ogni volta che tentava di fargli domande, specie quando se ne stavano abbandonati su un letto o su un pavimento freddo, lui cambiava sempre discorso, spesso facendola sorridere per qualche stupida storiella del giorno o distraendola a suon di baci. Non che a lei dispiacesse poi, rimandare quel discorso. Se avesse potuto lo avrebbe rimandato all’infinito, beandosi nel limbo dell’incoscienza lì con lui. 
“Sai, a volte non bisogna per forza fare gli adulti, specie quando non lo si è”. 
Quello che Josephine le voleva dire era quello che infondo già sapeva. Lei cercava sempre di essere più grande di quello che era, cacciandosi in situazioni poco conformi al suo essere una giovane ragazzina spensierata. Quella storia con Scorpius andava avanti da tre mesi e si erano già complicati la vita rendendo le cose molto più difficili di quanto non lo fossero. 
Ma Lily sapeva altrettanto bene che la paura ingigantisce anche le ombre più piccole, rende complicate e contorte le cose semplici, distorce la verità e stende sulla realtà delle cose un filtro freddo, diverso. Questo lo sapeva anche Josephine, che infatti non si aspettò una risposta.
 
 
 
“Se dovessi scegliere tra il mondo magico e quello dei babbani, quale sceglieresti?”
Scorpius era sdraiato sull’erba alta vicino ad Albus, che invece era appoggiato a un albero con un libro aperto sulle ginocchia secche. 
Avevano deciso di godersi la bella giornata invernale durante quell’ora libera. Erano in pieno dicembre e anche se il sole splendeva alto in cielo, i suoi raggi non riscaldavano poi così tanto. 
I mantelli e i maglioni pesanti erano le uniche cose che contrastavano quel freddo. 
Albus fu distratto da quella strana domanda e sollevò solo per un secondo gli occhi dal libro per guardarlo accigliato. Il biondino aveva entrambe le braccia sollevate e piegate dietro il collo, le gambe incrociate che si muovevano a destra e a sinistra seguendo un ritmo sconosciuto al suo compagno.
“Dipende”, gli rispose infine. Il tono era concentrato. I capelli leggermente ondulati erano cresciuti dall’estate precedente e stando piegato su quelle pagine ingiallite gli scendevano sulla fronte e si muovevano un po’ selvaggi seguendo il vento. 
“Da cosa dipenderebbe?”, Scorpius sorrideva al cielo. Il suo amico riusciva ad appigliarsi a qualsiasi cavillo.
“Beh, se avessi qualcuno dietro la schiena a puntarmi una bacchetta minacciandomi con un Avada Kedavra allora penso proprio che una scelta la farei”.
“Se non ci fosse qualcuno a minacciarti non la faresti?”, Scorpius era divertito dalla fantasia dell’amico, e dal fatto che come il Serpeverde esemplare che era non avrebbe fatto alcuna scelta se non obbligato da forze maggiori che, nelle sue fantasie, cercavano sempre di torcergli qualche capello.
“E perché dovrei? Sono un mago e questo è il mio mondo”. Albus era un po’ contrariato per l’interruzione di Scorpius e il fatto che gli avesse fatto una domanda a suo dire stupida lo irritava ancora di più. 
Per Albus era parlare di ovvietà. Scorpius non parlò più per qualche minuto e lui tornò sul suo libro, che riprese a sfogliare con avidità. 
“Si, ma tuo padre ha passato molto tempo con i babbani, infondo è parte anche di te”. Il biondino lo interruppe nuovamente e Albus sospirò, alzando gli occhi al cielo. Scorpius continuava a fissare un punto indefinito sopra di sé e dalla sua insistenza l’amico capì che voleva sul serio parlare di qualcosa che lo stava turbando. Quindi chiuse il libro e mise tutto sé stesso in quel discorso che prima ascoltava svogliatamente solo da un orecchio. 
“Certo ma allora? Tua madre è nata babbana e adesso è viceministro della magia, direi che la sua scelta l’ha fatta comunque”. 
“Si, credo che tu abbia ragione. Ma non pensi mai che noi possiamo essere qualcosa di diverso da loro? Volere cose diverse?”
“Questo è auspicabile, non credi? Altrimenti io avrei già fallito da un pezzo”.
Scorpius rise di gusto. 
“Hai pensato a cosa fare finita la scuola?”
“Continuerò con le lezioni di pozioni per l’insegnamento. Quella cattedra ha già il mio nome sopra, non credo di voler fare niente di diverso. E tu?”
“Non hai mai pensato come sarebbe continuare a studiare nel mondo dei babbani?”
“Intendi l’università?”
“Esattamente”.
“No, certo che no, non credo mi serva l’università per ottenere la cattedra in Pozioni”. Albus gli rispose seriamente, perché la sua dedizione per quella materia era infinita. 
Scorpius sorrise di cuore e “No, certo che no”, gli rispose. 
Albus osservò l’amico mordersi nervosamente il labbro inferiore. Il suo sguardo si era spento da quando avevano iniziato quella conversazione. Solo che Albus non era molto bravo a sollevare il morale, era piuttosto la confortante spalla su cui piangere con cui era facile lasciare sfogare le emozioni senza turbarne il percorso. Lui aveva sempre creduto fosse infinitamente meglio assecondarle che reprimerle, perché era il modo più veloce per sbarazzarsene e andare avanti. In quel momento però, gli sembrò che Scorpius non desiderava nient’altro che una rassicurazione. 
“Penso solo che se è quello che vuoi fare, non dovresti temere il giudizio dei tuoi, mi sembrano comprensivi”.
“Non è di loro che mi preoccupo”.
“E allora di cosa?”
“Di me stesso.” Scorpius si sollevò con il busto, dandogli le spalle. 
Albus aggrottò le sopracciglia perché non aveva capito dove volesse arrivare.
“Voglio entrambe le cose. Non mi basta una casa a Londra per sentirmi parte del loro mondo. Voglio di più”.
“Beh allora credo che tu abbia già fatto la tua scelta”.
Scorpius inspirò ed espirò profondamente, chiudendo gli occhi di fronte al tempo inclemente d’inverno. Si sentiva come dilaniato ed entrambe le parti di sé stesso lottavano per prevalere sull’altra. Non si era mai vergognato delle origini di sua madre, al contrario aveva fatto crescere le sue radici su quel mondo, che infondo gli era sempre piaciuto. La magia era sbocciata in lui con naturalezza, perché era così che le cose dovevano andare, e da allora era sempre stato orientato ad esplorare quella parte di lui, sopprimendo l’altra. Ma c’era ancora molto che lo affascinava di quel mondo, molte erano le cose che voleva disperatamente imparare. La sua sete di conoscenza non si fermava agli incantesimi e alle pozioni, che comunque aveva imparato senza sforzarsi troppo, forse grazie alla sua preziosa eredità che si muoveva in lui ad ogni respiro. Voleva imparare di più, voleva trovare un equilibrio, un modo di esistere che fosse solo suo, che non seguisse le orme di qualcun altro. Fu solo nel momento in cui Albus gli rispose, che cominciò seriamente a capire che non ci sarebbe stato un modo di evitare la scelta, e che compierla avrebbe significato perdere qualcosa. 
Gli occhi di Lily gli si piantarono in testa e non lo lasciarono per il resto del giorno. 
 
 

Scorpius era appena uscito dall’aula di Rune Antiche e scendeva velocemente le scale diretto alla prossima lezione. La sera stessa si sarebbe incontrato con Lily nella Stanza delle Necessità e già la sua mente si proiettava qualche ora nel futuro. Gli sembrava che il tempo con Lily si dilatasse in un futuro sempre prossimo e mai del tutto realizzabile, come se anche i momenti passati con lei, fossero già nel passato e non vedesse l’ora di ricominciare tutto daccapo il giorno dopo. Non riusciva a godere del presente, perché perennemente distratto dall’unica paura che cominciò ad attanagliare le sue notti da quando aveva iniziato ad uscire con lei. Che poi, uscire è una parola grossa, che spesso presuppone che la relazione, se così la si vorrebbe chiamare, non sia un segreto da custodire gelosamente. Lui di fatto non usciva con Lily. Quello che stavano facendo era come se non esistesse agli occhi del resto della scuola, del resto del mondo. E se quella consapevolezza li accendeva ancora di più, c’era qualcosa nel retro della sua mente che lo faceva procedere con sempre più cautela anche quando erano insieme. Constatare che quello fosse il suo ultimo anno poi, era il fardello più pesante di tutti. 
Non riusciva a non pensarci, mentre la baciava e assaggiava ogni sua porzione di pelle di cui ormai conosceva tutte le sfumature, tutte le imperfezioni. Ogni bacio, ogni esalazione, ogni orgasmo era scandito dal ticchettio delle lancette nel suo cuore e non riusciva a farle tacere. Con lei c’era solo il passato, niente futuro.
Eppure, non poteva farne a meno. La curiosità che provò qualche mese prima, all’inizio di tutto, non si era estinta con quella prima volta. Dopo di allora, c’erano state una serie di prime volte che gli fecero capire che non ne avrebbe avuto mai abbastanza di lei e con questo anche la convinzione dolorosa di essersi perso molto in quegli anni, di non averle dato lo spazio nel suo cuore che si meritava, su cui comunque c’era da sempre scritto il suo nome sopra. 
Lily quello spazio se l’era conquistato a furia di stoccate di sorrisi, baci, morsi e risate e lui era rimasto a guardare. Come quando apprese la notizia della sua entrata nella squadra di Quidditch, come quando scoprì fosse una strega (perché si, lui era presente persino in quel momento). Lui l’aveva sempre guardata ma mai vista completamente. E aveva sempre più la sensazione che quell’esplorazione sarebbe potuta anche durare una vita. Ma c’erano anche altre cose che gli premeva di fare, che voleva scoprire. Non poteva e non voleva fermarsi lì. Per questo ad ogni passo che compiva per quelle scale, Scorpius iniziava a sentirsi un passo in più lontano da lei.
Arrivò al piano terra e lì ci trovò Malcom Greene con il suo solito gruppetto di amici Corvonero. Era al suo stesso anno e non è che non erano mai andati d’accordo, ma c’erano volte in cui le prime impressioni erano proprio quelle giuste. E Scorpius di impressioni su di lui ne aveva avute di pessime fin dal primo anno.  
Quando scoprì che fu proprio con Greene che lei perse la verginità non poté negare di aver provato appena una punta di fastidio. E non perché la sua prima volta non fu con lui, anche perché con lui c’erano sempre state una serie di prime volte se possibile ancora più profonde di quelle, ma perché Greene era proprio un coglione e forse lei non lo aveva mai realizzato del tutto.
“Scorp, hai intenzione di andare a lezione di Trasfigurazione oggi?”
“È quello che dovresti fare anche tu mi pare”, gli rispose secco. Scorpius non si era fermato, al contrario procedeva a passi sicuri e oltrepassò lui e i suoi amici. Greene alzò di poco la voce affinché potesse sentire. 
“Non ne ho molta voglia. Magari puoi passarmi gli appunti”. I suoi amici cominciarono a ridacchiare.
“Sai che non lo farò”, nel rispondergli si voltò e lo scrutò con sguardo truce. 
“Peccato, magari chiederò aiuto alla piccola Potter, o forse le darò io qualche ripetizione”. Malcom generò alcune risatine generali, e parlò più al suo gruppo che a lui, ormai di spalle. Ignorava che ci fosse del coinvolgimento tra loro perciò parlò senza pensare.
Senza pensare, appunto, fu quello che fece anche Scorpius, che si voltò repentinamente e lo raggiunse a grandi falcate, per poi non lasciargli nemmeno il tempo di muovere un muscolo. Gli diede un pugno in pieno viso che, preso alla sprovvista, lo fece cadere a terra e perdere del sangue dal naso. Scorpius sentì un dolore lancinante alle nocche, che subito si fecero livide. Malcom rimase a terra per qualche secondo, toccandosi apprensivamente il naso con la mano sinistra, che si sporcò di sangue.
“Se parlerai ancora una volta di lei o con lei giuro che ti faccio a pezzi”. Il respiro era affannato, gli occhi lucidi e lo sguardo stravolto per quel gesto che non pensava fosse capace di fare. 
Scorpius si allontanò quel poco che bastasse per concedergli di rimettersi in piedi. Malcolm lo guardò con un sorriso beffardo. Scorpius si aspettava che contrattaccasse invece il Corvonero lo squadrò. E siccome pochi erano intuitivi come i ragazzi blu e argento la realizzazione a cui arrivò lo fece scoppiare a ridere.
“Potevi dirmelo subito che vai a letto con lei, sai? Forse con le buone avrei capito di più”.
Scorpius si voltò di scatto e si allontanò.
Malcolm pensò che la vendetta in stile Corvonero doveva essere servita fredda.
La stessa sera Lily trovò il Serpeverde già nella Stanza delle Necessità, che aveva ricreato la camera da letto di Scorpius a Londra. Lily si guardò intorno incuriosita da quell'aspetto diverso e poi lo raggiunse sul letto, dove lui se ne stava seduto a gambe incrociate a fissare le lenzuola. La piccola Grifondoro si tolse tutti i vestiti e si sedette di fronte a lui. Scorpius notò solo in quel momento la sua completa nudità. Non si palesò nessuna voglia nel suo sguardo, solo affetto, vicinanza.
“Sei nuda”.
“Che occhio”, gli rispose con un sorriso malizioso.
“Non voglio attentare alle tue virtù, tranquillo. È che mi sento più vicina a te così”, riprese lei.
Scorpius la osservò per un istante, lo sguardo serio. Poi scese dal letto lentamente e iniziò a spogliarsi, per infine tornare seduto di fronte a lei.
“Cosa hai fatto alla mano?”
“Niente”.
Lily alzò un sopracciglio contrariata. “Sul serio credi ancora di potermi fregare?”
Qui l’unico ad essere fregato era lui, pensò.
La ragazza gli prese la mano e vide i lividi sulle nocche, poi lo guardò di nuovo in attesa di una risposta. Non aveva messo le lenti quella sera; in realtà erano giorni che non le metteva, inventando sempre scuse sul fatto che le avesse dimenticate. La verità era che aveva smesso di provare imbarazzo con gli occhiali quando lui era con lei. Specie perché un giorno erano sul punto di farlo e lei stava per toglierli.
“Che fai?”
“Tolgo gli occhiali”.
“Questo lo vedo, perché?”
“Perché sono scomodi e..brutti”.
“Preferisci non vedere nulla pur di credere di essere bella senza? Tu sei bella sempre.”
Sei bella sempre. Glielo disse come poteva dirle che aveva del dentifricio agli angoli della bocca. Sciolto e naturale come se stessero parlando di cosa avessero mangiato a cena.
“Sei bella sempre.”
Da quel giorno quasi non li tolse più.
“Ho dato un pugno a Greene oggi”.
“Cosa? Perché?” era scioccata. 
“Perché se lo meritava”.
Quella era una tipica frase da Serpeverde che la fece sorridere. Non chiese nient’altro, perché infondo aveva già capito tutto, o quantomeno poteva immaginarlo. 
“È questo che ti turba?”
Scorpius scosse la testa lentamente. “No, te l’ho detto, se lo meritava. Lo rifarei mille volte se necessario”.
“E allora cosa c’è? Sembri..distante”.
Scorpius sapeva che la ragazzina di fronte a lui avesse ragione. Però non era ancora pronto a rivelarle ciò a cui stava pensando, voleva rimandare al più tardi possibile il giorno del suo giudizio. 
Perciò respirò profondamente e per la prima volta nella sua vita riuscì a mentire. Si sporse verso di lei e la baciò a lungo, forte e poi piano, scivolando sul suo collo e sul petto, fino a che non si sdraiò completamente su di lei.
“E adesso, sono distante?”, gli chiese sulle labbra, mentre definiva i suoi contorni con le mani e le divaricò le gambe con dolcezza. Lily sorrise e inarcò la schiena per quel piacere che ancora non poteva essere suo ma che ormai aveva impresso nella memoria muscolare. 
“Molto distante”, scherzò e Scorpius, che nel frattempo era sceso più in basso sorrise sulla sua pelle facendola rabbrividire. Il ragazzo allora si sollevò sul busto e si sedette lasciando le gambe affusolate lungo le lenzuola e la condusse sopra di lui tenendola dalla schiena. Lily gli stava a cavalcioni e si ancorò con le mani sulle sue spalle. Il ragazzo incastrò i loro corpi in un’unione perfetta, iniziò a lasciargli baci umidi sul collo mentre lei dettava il ritmo di quella danza simbiotica. 
“E ora?”, la voce strozzata.
“Non sei mai troppo vicino”, era la verità e lui lo sapeva benissimo. Soffocò quel pensiero sulle sue labbra e non dissero più nulla. 
Solo che, quasi al culmine Scorpius mugugnò qualcosa che lei non riuscì a motivare del tutto, presa dal momento. Quella parola gli ronzò in testa per il resto della nottata e per i giorni a seguire.
“Scusami”.
 
 

Due giorni dopo Scorpius si trovava al campo di Quidditch per gli allenamenti. Era rimasto d’accordo con Albus che si sarebbero direttamente trovati al binario per tornare insieme a casa. Lily era con Jo, concentratissima a batterla in una partita agli scacchi dei maghi in Sala Grande insieme a Louis Weasley che controllava che le ragazze non barassero. 
Malcom Greene nel frattempo era diretto da Albus perché aveva deciso che quello era il giorno in cui avrebbe servito la sua vendetta.
Quello che successe dopo accadde tutto molto in fretta.
Albus sulle prime non ci credette. Ma chissà perché una voce nella sua testa lo convinse ad agire. Il giovane Potter non era un granché con le azioni. Preferiva molto spesso le parole o non parlare affatto. Agire poi, muoversi verso qualcosa o qualcuno con quella decisione, non era proprio da lui. Ma la rabbia cieca che lo assalì in quel momento era così incontrollata che le gambe si muovevano veloci senza nemmeno pensarci, e i suoi continui inciampi sul terreno sembravano storia vecchia. Scorpius stava rientrando dal campo ed era ormai in prossimità del ponte che lo collegava alla scuola.
“Albus!” era contento di vederlo. “Che ci fai qui? Non dovevamo vederci al binario?”
Il suo migliore amico non gli rispose. Si avventò su di lui in un secondo e Scorpius fu preso così alla sprovvista da scivolare e cadere a terra. 
“Che cazzo fai?” gli chiese il biondino ancora scioccato e dolorante dalla caduta. Albus non si schiodava però e lo bloccò a terra. 
“No! Tu che cazzo fai!”
Albus gli urlò praticamente addosso e cominciò a dargli dei pugni con una tale forza che stupì entrambi, la vittima e il carnefice. Scorpius avrebbe potuto tranquillamente invertire le posizioni e farlo calmare con una strattonata ma decise di non fare nulla. Rimase a subire i colpi del suo migliore amico che lo trattenne in una morsa quasi letale, come il piccolo serpente che era. 
Il biondino era sicuro di meritare tutto quell’odio e Albus era altrettanto sicuro. Non si sentì mai più tradito di così.
La squadra Serpeverde nel frattempo fu colta di sorpresa e per un momento non fece nulla, perché stentavano a credere che quel fuscello di Albus fosse capace di tanto. Poi però vedendo che Scorpius non reagiva intervennero e li separarono.
“Fai schifo!” fu l’unica cosa che Scorpius riuscì a sentire, ancora steso a terra con il volto tumefatto e il sangue che gli colava da un labbro.
 


Gli tremavano ancora le mani. Era nel corridoio e faceva avanti e indietro cercando invano di calmarsi. Alcune lacrime gli sfuggirono sul viso, aveva lo sguardo sconvolto.
“Albus! Che ci fai qui? Il treno partirà a momenti”. 
Leta Scamander si avvicinò a passi svelti verso di lui, incuriosita da quella presenza insolita. La scuola era già del tutto vuota. Non appena vide le sue nocche leggermente insanguinate spalancò gli occhi dallo spavento.
“Stai bene? Che è successo?”
Albus la stava guardando come un babbano avrebbe osservato un fantasma. Era ancora profondamente scosso. Leta era la figlia di Luna Lovegood e Rolf Scamander, il nipote di Newt. Tutti i Potter conoscevano la storia degli Scamander e conoscevano bene Luna, che era anche la madrina di Lily. Gli occhi della ragazza erano di un nocciola intenso e i capelli color miele sembrava che brillassero di luce propria. Era al settimo anno e apparteneva alla casa dei Tassorosso. L’unica cosa che Albus conosceva bene di lei era il profumo di ciliegie che si portava sempre dietro. Da quella vicinanza gli arrivò dritto nelle narici e solo in quel momento si ricordò del suo filtro d’amore.
“È stato un incidente”, si limitò a dire poi, ripresosi da quelle considerazioni illogiche.
La ragazza tirò fuori la bacchetta. “Certo...come si chiama questo incidente?”, sorrise lievemente. 
Albus rimase impassibile. 
Poi con un colpo di bacchetta, Leta pronunciò un incantesimo che Albus non aveva mai sentito prima e le mani tornarono come nuove. 
“Come hai...grazie”.
“Di nulla”.
Albus rimase ad osservarla attentamente, non sapendo bene cosa dirle. Non era abituato a tutte quelle emozioni tutte in fila e tutte in una volta. 
La ragazza gli sorrise e poi fece per allontanarsi e proseguire nel suo percorso, qualunque fosse stato prima di incrociare i suoi passi.
Forse fu perché quella era la giornata dei fatti e non delle parole, ma Albus più la osservava allontanarsi più non riuscì più a contenersi.
“Leta mi chiedevo se..” alzò un po' la voce per richiamare la sua attenzione e per farla voltare. Il viso era paonazzo.
La ragazza però lo colse nuovamente di sorpresa. Si voltò e lo sovrastò con il suono delicato della sua voce.
“Il primo sabato dopo le vacanze di Natale. Così magari mi racconti dell’incidente”, il suo sorriso era pieno e quasi non lo accecò.
“Si..certo..d’..d’accordo”.
“Buon Natale, Albus”, la ragazza era già di spalle quando glielo disse, ma lui era sicuro dalla sua intonazione che stesse ancora sorridendo.
“Buon Natale Leta”.
 
 
 
Al binario Lily e Jo rimasero sconvolte nel vederlo conciato in quel modo. 
“Scorpius Hyperion! Che cazzo è successo?” nel tono di Josephine Scorpius parve riconoscere sua madre. Erano davanti al treno, Lily quasi non riusciva a respirare.
“Chi ti ha ridotto così?” chiese solamente, con la voce rotta.
“Non adesso, Lily”, rispose lui a testa bassa. Poi salì sul treno. La ragazza fece per seguirlo ma Jo si frappose fra loro.
“No! Hai già fatto abbastanza, non credi?”, Josephine sputò del veleno che non credeva nemmeno di avere. Lily capì che non lo intendesse davvero e che la sua furia fosse dettata dallo shock del momento. E come biasimarla? Era sempre di suo fratello che stavano parlando.
Lily annuì e salì dopo di lei. Li vide scomparire nel corridoio del treno e si allontanò a cercare Albus. Quando lo trovò gli chiese se sapesse cosa fosse successo a Scorpius e tutto quello che lui riuscì a dire senza nemmeno guardarla in volto fu "Tu meglio di tutti dovresti saperlo".
Josephine seguì il fratello in una cabina. “Mi spieghi che è successo?”
“Non ora Murph…”, Scorpius sprofondò in una sedia con le mani sul viso ancora dolorante. 
“Non ti azzardare a chiamarmi Murphy, adesso dimmi cosa è successo. Dal principio”. Sua sorella chiuse la cabina a chiave con la bacchetta, poi si sedette di fronte a lui e attese che parlasse. 



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*Leta Scamander è un personaggio inventato, come lo è Malcom. 
  
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