CAPITOLO NOVE
“Solo chi è leale con
sé stesso
può esserlo con gli
altri”.
Erich Fromm.
In centrale, Ramsey mi
attende trepidante.
“Allora?”
Cavolo, sembra che
abbia pensato solo a questo caso. Sono costretto per forza di cose a mostrarmi
impotente.
“Niente, ancora non emerge
nulla. Anche a seguito delle recenti indagini è rimasto tutto invariato
rispetto alle precedenti deposizioni”.
“Il caso può quindi dichiararsi
chiuso?”
Non capisco se è una
domanda o un’affermazione, oppure entrambe. L’uomo mi riserva uno sguardo in
bilico tra l’indagatore e l’ironico, mi sento trapassato dai suoi occhi chiari.
Per un istante mi passa
per la mente che sappia dell’incontro che ho avuto con la signorina Stradford,
ma poi realizzo che ciò è impossibile, altrimenti mi avrebbe già messo alla
barra fin dall’inizio.
“In realtà, devo
tornare di nuovo in quella clinica psichiatrica. Non mi hanno convinto per
nulla” provo a dire, dopo un breve tentennamento durante il quale ho sudato
freddo.
Per fortuna, Ramsey non
è onnipresente. Non sa di quel che è accaduto poco fa. Bastano i miei toni
gentili e sottomessi a farlo rilassare.
“Ci torni, allora”
replica, più tranquillo, “ma ancora una volta le ripeto di chiudere in fretta
questa pratica. Non c’è niente da aggiungere alla vicenda”.
Di uomini come Mario e come S è pieno il mondo.
Mi sono sempre chiesto il motivo della mia passione per gli
uomini, soprattutto se maturi e realizzati; ma, attenzione al particolare, più
o meno dell’età di mio padre. È imbarazzante quando ci penso, terribilmente
imbarazzante.
Mio padre è da sempre stato un uomo assente, e la differenza
generazionale si avverte. Ci sono quarant’anni a dividerci, appartiene appunto
a un’altra schiera di persone che hanno vissuto una parte di Storia d’Italia
differente dalla mia.
Sono cresciuto con il cellulare tra le mani, il computer
sempre acceso e i videogames che funzionano tutta la notte, fino all’alba.
Appartengo alla generazione di quei ragazzi sbandati che non hanno punti di
riferimento; non ho fratelli, non ho amici, non ho parenti.
Anche lui ha vissuto un periodo simile negli anni Settanta,
però era uno sbandamento diverso; c’era tanta droga, le famiglie iniziavano a
mostrare i sintomi di ciò che sta succedendo ora, eppure c’erano i fratelli e
una valanga di coetanei pronti a capirti e a sostenerti.
Adesso io vivo in solitaria in questo limbo di niente, dove i
coetanei sono pochissimi e la realtà circostante è composta da persone over
sessanta. Il computer, il cellulare e la playstation hanno preso il posto dei
giovani ormai assenti.
I fratelli e i coetanei di allora sono diventati vecchi,
molto spesso senza avere figli. Rami secchi dell’albero della vita.
La mia è una famiglia di merda, una come tante. Però i miei
non si sono mai separati; traditi di sicuro, ma alla fine la quotidianità ha
vinto sulla sfera più istintiva del bisogno d’appagamento sessuale. Quindi,
almeno, non ho vissuto il dramma di un divorzio in tenera età.
Comunque so bene quel che vuol dire essere soli al mondo, o
per lo meno sentirsi tali; è proprio questo senso di apatia che la società mi
riserva a farmi sentire solo una sterpaglia inutile, una pecora che bela e basta.
Pare incredibile che siamo oltre sette miliardi, mai così
tanti esseri umani fino ad ora, eppure sia così difficile trovare una persona
vera, in mezzo a questa moltitudine. Forse non la troverò mai, sarò sempre
solo, mi crogiolerò nella compagnia virtuale.
Mi piace però pensare che un giorno troverò una sola persona,
un’anima gemella, con cui condividere qualcosa. Sì, me lo auguro, anche se so
che ciò è impossibile. Non si cambia l’essenza di cui siamo composti, se siamo
fatti così, così restiamo.
Forse sono fatto per la solitudine, per restare sospeso nel
tempo.
Il Destino, sempre disposto a farsi beffe di me, ha messo sul
mio cammino una giovane donna; Alice.
Alice, il nome della protagonista nel Paese delle Meraviglie.
Un nome semplice, eppure così affascinante.
Anche lei è una persona semplicissima, molto alla mano,
simpatica e vitale. Ma soprattutto anche lei è come tutti noi, in fondo;
indossa una maschera.
Siamo tutti un po’ bugiardi, no? Almeno qui è così. Per i
miei genitori e per i pochi conoscenti io sono il più etero del mondo, idem
Mario, e S appare come il più generoso. G come il più sincero e scaltro. In
realtà siamo tutt’altro, e pure Alice è una conferma di ciò.
La dolcissima donna, madre di tre splendidi bambini, è
affabile e troppo gentile per passare inosservata, anche per un tipo come me,
che le signorine non le guarda proprio.
L’ho vista per la prima volta mentre comprava alcune verdure
fresche da me, e da quel momento in poi è diventata una cliente fissa. Mi
accorgevo del fatto che fosse strano, che all’improvviso quella donna si fosse
affezionata così ai miei prodotti biologici, almeno fin quando, un giorno, da
soli…
Alice mi avvinghia con forza.
Altroché la verginella che vuole apparire, la signora tutta
casa, chiesa e famiglia! Una furia, per quanto concerne il sesso.
E non importa che lei abbia oltre dieci anni in più di me; è
testarda come un mulo.
Per quanto riguarda il sesso, non ho mai detto no a nessuno.
La bacio e la stringo forte a me, ricambiando la sua stretta
quasi ferrea.
Perché mi sto comportando così ancora una volta? Avevo detto
basta già il mese scorso, capendo quanto fosse pericoloso ciò che stava
accadendo. Però tutto ciò è qualcosa di rapido, il sesso è solo l’incontro tra
due corpi che non si amano, è solo l’espressione della brama di carne, di
sapori, di odori. Niente che riguardi l’animo, niente che pesi sulla coscienza.
A volte mi chiedo quanti corpi potrò possedere durante la mia
vita, e quante anime. Corpi di certo tanti, tutti quelli che desidero. Anime,
be’, di quelle sicuramente nessuna.
L’amore non esiste, è stato sepolto assieme al concetto di
Dio.
Concluso l’amplesso, svolto nel retro del piccolo negozietto
dei miei genitori, dove vendo i prodotti dei miei campi, ci rivestiamo con
grande fretta e la paura di essere scoperti da un momento all’altro. Lei estrae
dalla borsa un piccolo specchio e si affretta a pettinarsi i lunghi capelli
castani.
“Devi smetterla di venire qui”.
Il mio risuona come un ordine freddo, glaciale, laconico.
“Lo sai che non riesco a stare senza di te” replica lei, la
voce a sua volta dura. Poi, si volge verso di me e mostra il suo visetto da
santa, rotondeggiante e dalla pelle bianca come il latte.
“Non dire cazzate”.
Faccio per tornare alla mia postazione di lavoro, poiché
ormai il momento più vuoto della giornata, quello successivo al mezzogiorno,
sta per terminare. Non provo niente, se non un forte senso di vuoto interiore.
Alice però si allunga verso di me e mi stringe un braccio con
risolutezza.
“Alex, tu mi vuoi bene?”
Che domanda di merda.
Il bello è che sorriso amaramente, appena la ascolto. Non so
un cazzo di questa qui, potrebbe essere una persona chiunque; il nostro è solo
sesso fisico, null’altro ci lega. E sarà meglio che torni dalla sua famiglia.
“No” le rispondo, poi strattono la sua mano e le do
finalmente le spalle, tornando a lavorare. So che uscirà dalla porticina del
retro, e puntualmente tornerà quando sarà ancora vogliosa.
Mentre mi accingo a servire il primo cliente del pomeriggio,
ricordo quel sonoro no che le ho sbattuto in faccia. Io non la amo. Però non le
voglio neanche male, e neppure mi è indifferente.
Temo di averla ferita.
Mi consolo pensando solo che, in fondo, avrei ferito solo una
delle tante dannose maschere che infestano questo mondo. Non ho rimorsi
particolari.
Ecco, vedete come sono? Sono un mostro, sotto quel velo da
vittima con il quale mi ricopro. Non so se la mia vita la sto sciupando, o se
il tormentato racconto di essa ha un senso oppure no. Non so niente, non sta a
me deciderlo. Soprattutto, credo che non tocchi a me giudicarla.
Sono solo fatto così, e cambiare ciò che si è, come ripeto
spesso, è impossibile o quanto meno difficilissimo.
Sono immerso costantemente nel limbo dell’umanità, un limbo
fatto di bugie e di bugiardi, appunto, dove la lealtà è ormai merce rara e si
paga solo a caro prezzo. Benvenuti all’inferno!
E adesso potete capire perché all’inizio di tal trama io mi
pronunciai sancendo che da una fine può esserci un nuovo inizio, la vita intesa
come un cerchio. È vero, perché io d’ora in poi posso solo imparare a fare
meglio, a migliorarmi e a diventare una persona migliore rispetto alla merda
che sono. Se fino ad ora la mia esistenza è stata solo un flash di nulla e di
scopate varie, adesso sono pronto a risorgere dalla mia miseria e a provare di costruire
qualcosa di buono.
Cerco i sentimenti che ancora vivono dentro di me, sepolti
dalla noia di vivere. Alex il nullafacente, il vagabondo, quello che sa solo
imboscarsi e che è sempre solo (e lo sono davvero, nel mio cuore) è pronto
finalmente a mettersi alla prova. Lo desidero più d’ogni altra cosa.
Andare oltre alla mia attuale povertà interiore, mentre
raschio il fondo del barile.
Almeno questo è il mio punto di partenza. E la mia meta? Dio solo
la conosce. E il cammino per raggiungerla, qual è? Devo ancora scoprirlo…