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Autore: Mahlerlucia    22/06/2020    1 recensioni
C’è un solo viaggio possibile: quello che facciamo nel nostro mondo interiore.
Non credo che si possa viaggiare di più nel nostro pianeta. Così come non credo che si viaggi per tornare.
L’uomo non può tornare mai allo stesso punto da cui è partito, perché, nel frattempo, lui stesso è cambiato.
Da sé stessi non si può fuggire.
(Andrej Tarkovskij)
[BokuAka || AkaUda]
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
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Manga/Anime: Haikyū!!
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life
Rating: arancione
Personaggi: Keiji Akaashi, Koutarou Bokuto, Tenma Udai (Kuroo Tetsurou)
Pairings: #BokuAka, #AkaUda
Tipo di coppiaShonen-ai, Yaoi
Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo

 
 
 
Spread your wings
 

 
… His boss said to him
Boy you'd better begin
To get those crazy notions right out of your head
Sammy who do you think that you are
You should've been sweeping up the Emerald bar…


 
“Hai parlato con Bokuto?”

“Cosa te lo fa pensare?”

“Non si risponde ad una domanda facendo un’altra domanda.”

Kuroo abbassò la testa, iniziando a muoverla più volte da destra verso sinistra e viceversa. Non aveva ancora deciso se valesse la pena di impelagarsi in una discussione con un ragazzo la cui massima ambizione di vita era quella di scrivere tonnellate di libri in cui poter racchiudere tutto quello che la realtà gli impediva di esprimere appieno. Era solito correggere Koutarou ad ogni suo errore e non si era mai fatto alcuno scrupolo a comportarsi allo stesso modo con lui, da sempre considerato come poco più di un mero provocatore.
Afferrò il bicchiere dentro il quale Akaashi gli aveva versato del succo d’arancia fresco, conseguenza della sua categorica scelta di non offrirgli mai bevande alcoliche. Ne bevve a fatica un paio di sorsi, sentendo la gola pizzicare già al primo contatto con quell’acidità con cui non aveva più avuto a che fare dai tempi delle pause di metà mattinata sui tetti della Nekoma.

“Vuoi dell’acqua?”

Caspita, che vista da falco. Altro che gufo...
Non era plausibile mostrarsi deboli di fronte ad un po’ di vitamina C indesiderata. Così, per dimostrare di non aver alcun problema con ciò che gli era stato offerto e – soprattutto – per non apparire eccessivamente scortese, trangugiò tutto il liquido rossastro nel giro di un paio di secondi.

“Non ti preoccupare. Piuttosto... quando hai intenzione di partire?”

Keiji decise comunque di tenere la bottiglia d’acqua naturale a portata di mano; la smorfia di disgusto messa in mostra un attimo dopo non gli era di certo sfuggita.
Si prese del tempo per togliersi la giacca e gli occhiali. Riempì il suo bicchiere e bevve senza alcuna fretta, come a lasciar intendere di non essere disposto a concedersi più del dovuto in quella sottospecie d’interrogatorio non programmato. Si schiarì la voce, alquanto divertito dallo sguardo scocciato dell’altro. Negli anni aveva compreso che coloro che si erano spesso presi gioco della bontà e della pazienza altrui, paradossalmente erano quelli che ne mostravano di meno in assoluto.

“Il tempo di sistemare le ultime questioni lavorative. Un paio di settimane al massimo.”

Kuroo aprì un mano e la poggiò bruscamente sul ripiano del tavolo, facendo rovesciare il calice. Si voltò verso la parete, fingendo d’interessarsi alle fotografie e ai piccoli riquadri appesi, con l’unico scopo di evitare di doversi scusare per quel suo gesto di stizza. Non che la questione lo riguardasse in maniera diretta, ma con ogni probabilità aveva già dato vita alla sua personale opinione sulle scelte di un ragazzo con cui era cresciuto, ma del quale doveva pur ammettere di essersi abbastanza disinteressato, almeno negli ultimi mesi.

“Quindi, fammi capire. Ti fanno un’offerta di lavoro all’estero e tu decidi di partire lasciandoti tutto alle spalle? Così, come se nulla fosse?”

Il giovane editore diede un rapido sguardo al punto in cui aveva lasciato gli occhiali. Li afferrò e li indossò nuovamente. I suoi occhi erano stanchi per le lunghe ore passate davanti al computer, tra bozze da correggere, file da leggere e memorizzare, decaloghi da preparare per la collega che lo avrebbe sostituito e tutte le informazioni che gli sarebbero servite per adattarsi quanto prima alla vita londinese. Non avvertiva la necessità di focalizzarsi sul viso di Kuroo per fargli notare – con i toni più pacati possibili – che avesse già parlato più del dovuto, arrivando a conclusioni affrettate e che di certo non gli appartenevano. Sapeva di essere stato chiaro e diretto sia con Bokuto che con Udai, così come lo era stato anche con la sua famiglia. Non aveva nulla di cui rimproverarsi, se non la paura e il rammarico che inevitabilmente gli avrebbero fatto compagnia nel corso delle prime settimane oltre oceano.

“Non si tratta di lasciare nulla indietro, Kuroo-san. Andrò a lavorare presso una nuova sede della stessa casa editrice, per cui prevedo di tornare spesso in Giappone. Ho parlato con tutte le persone con cui dovevo e nessuno fra loro si è opposto. Nemmeno Bokuto.”

“Già. Però né io e né Kenma siamo stati consultati, ad esempio.”

Keiji strabuzzò gli occhi ponendo un dito al centro della montatura degli occhiali, riportandoli indietro. Posò i gomiti sul tavolo abbassando lo sguardo sulle sue stesse dita sottili. Tamburellò silenziosamente sul piano, per dare sfogo a quel momento di nervosismo dovuto al senso di colpa per non aver pensato anche agli amici a lui più cari. D’altro canto, doveva pur ammettere che un discorso del genere non se lo sarebbe mai aspettato da un personaggio come Kuroo Tetsurou; e proprio per questo, arrivò a pentirsi per averlo indubbiamente sottovalutato.

“Lo avrei fatto. O meglio, ve lo avrei detto... anche perché oramai la decisione è stata presa e comunicata.”

“Ma esci un po’ da questo ‘mondo degli affari’. Ma ti senti quando parli?!”

Le parole dell’ex capitano della Nekoma lo infastidirono a sufficienza da indurlo ad allontanarsi per andare a recuperare il telefono. Un gesto poco garbato da compiere in presenza di eventuali interlocutori, ma che lo avrebbe sicuramente distratto a sufficienza per evitare di rispondergli in malo modo.
Non aveva ricevuto nulla d’importante se non qualche notifica proveniente dai vari social e un messaggio di un collega che chiedeva a sua volta quando sarebbe partito.

“Kuroo-san, io ho sempre parlato in questo modo. Non stai scoprendo l’acqua calda.”

“No, al contrario. Questa è stata una doccia fredda. Per me, ma soprattutto per Kenma! Visto che hai il telefono a portata di mano, perché non lo chiami?”

Akaashi sospirò e si portò il telefono sotto il mento, cercando di mettere insieme i pezzi di quella conversazione che stava cominciando ad avere sempre meno senso. O forse ciò che Tetsurou stava cercando di rivelargli era molto più semplice di quello che stava provando ad immaginare: il suo ex setter non doveva aver preso particolarmente bene il fatto che avesse deciso di trasferirsi in Europa, seppur per motivi lodevoli. Ma allora, perché non farglielo presente in maniera più diretta?

“Quindi sei venuto qui per farmi intendere di non essere stato ‘leale’ con Kozume-san?”

“In realtà non lo sei stato nemmeno con me.”

Ah, ecco. Bingo!
Schioccò la lingua sulle labbra mentre scrollava la testa, completamente spiazzato da quello che aveva appena avuto modo di sentire. Non aveva mai riflettuto a sufficienza su quale potesse essere il suo ruolo all’interno delle loro vite, per quanto negli ultimi anni si fossero create delle inevitabili distanze dovute alle diverse scelte di vita. Ognuno di loro aveva preso la sua strada, seguendo il proprio istinto a partire dagli interessi e dalle occasioni sfruttate a dovere. Esattamente com’era capitato a lui.

“Mi spiace.”

Keiji preferì non aggiungere altro, assumendo che non avrebbe avuto alcun senso rivangare sulle loro scarse frequentazioni degli ultimi tempi, così come appurare quanto fosse stato difficile comprendere i sentimenti e gli stati d’animo di un tipo taciturno come Kenma; non che lui fosse più semplice da comprendere, sia chiaro. Un incontro, una telefonata, qualche messaggio... sarebbe bastato poco per poter chiarire la situazione mettendo a fuoco i loro diversi punto di vista.
No, non ci aveva mai pensato e Kuroo si era recato da lui appositamente per fargli notare che questa negligenza nei loro riguardi non era stata particolarmente gradita. Insomma, avrebbero sicuramente sentito la sua mancanza, cosa che la sua tenace insicurezza non gli aveva mai permesso di realizzare appieno.

“Lo so che ti dispiace. Non sono venuto qui per ‘rimproverarti’, ma solo per farti capire che per noi gli amici sono importanti, soprattutto quando serve una mano per prendere delle decisioni importanti. Oltretutto Kenma stravede per il manga di Udai-san... quello che stavi editando, per intenderci. Che ne sarà della vostra collaborazione adesso? E del manga?”

“Il manga continuerà ad essere disegnato, editato e pubblicato regolarmente. Puoi dire a Kozume-san di non preoccuparsi per questo.”

Tetsurou storse la bocca guardandolo di sottecchi. Unì tutte le dita della mano tentando di mettersi a sedere in maniera più composta, accavallando persino le gambe. Aveva assunto quella sua tipica aura da leader con cui spesso Keiji lo ritraeva nelle sue reminiscenze, impostato e pronto a sparare a zero su chiunque gli capitasse a tiro. Iniziò a girarsi i pollici, lasciando ben intuire quanto fosse in attesa di ulteriori dettagli senza dover continuare a impastare quella discussione che sarebbe comunque dovuta arrivare a un punto di svolta.

“Kuroo-san, perché ti stai nascondendo dietro a Kozume?”

“Non mi sto nascondendo dietro a nessuno. Quello che ti ho detto corrisponde alla pura verità. E se proprio vuoi saperlo... sì, ho parlato anche con Bokuto. Quasi una nottata intera a sorbirmi le sue preoccupazioni per te con tanto di invocazione a tutti gli dèi esistenti.”

Akaashi balzò in piedi dalla sorpresa. Aveva ampiamente ipotizzato che Koutarou potesse essersi rivolto al suo amico di vecchia data per sfogarsi a proposito della sua imminente partenza, ma mai avrebbe potuto immaginare che fosse tanto preoccupato per lui. E per quale motivo nello specifico? Non si stava di certo recando in una zona a rischio o sotto assedio; non erano nemmeno in corso pandemie o altri pericoli legati alla salute.
Che facesse riferimento a noi due? Alla nostra storia? Al nostro futuro? Perché andare a parlare di una cosa tanto delicata e personale a Kuroo e non venire direttamente da me? Bokuto-san... continui e continuerai ad essere sempre un gran mistero per me!

“Ti stupisce la cosa, eh?!”

“Di che preoccupazioni stati parlando? Cosa ti ha detto di preciso?”

“Ehi, calm down! Mi sembra più che comprensibile il fatto che sia preoccupato per te e per quella che sarà la tua vita a Londra. Sarai solo e dovrai usare una lingua diversa, no?! Anche il cibo sarà diverso... anche se non penso che si riferisse solo a questo.”

“E a cosa? Ti avevo chiesto di essere più chiaro!


Kuroo sollevò gli occhi in maniera teatrale, osservando come le mani dell’editore avessero impattato più volte contro il legno, palesando tutta la difficoltà che impedivano all’ex setter di tenere a bada al sua agitazione.
Cercò a sua volta di trattenere un sorriso di soddisfazione personale, ma la tentazione di stuzzicarlo divenne troppo forte per poter resistere.

“Boh, mi ha chiesto come sono i ragazzi e le ragazze inglesi. Aveva un po’ di paranoie per cose di questo tuo tipo. Ma io ho cercato di tranquillizzarlo; gli ho fatto presente che può fidarsi di te e che non è escluso che possa accadere anche il contrario. Per cui anche lui dovrà stare attento se ci terrà alla sua pellaccia.”

“Cosa vuoi dire con ‘potrebbe accadere anche il contrario’?”

“Oh, Akaashi Keiji. Sei troppo intelligente per farmi credere di non aver compreso. Hai bisogno di conferme?”

Il diretto interessato tornò a sedersi socchiudendo le palpebre e sistemandosi ancora una volta gli occhiali. Le lenti erano appena appannate, probabilmente a causa di quelle lacrime che stava cercando di arginare ad ogni costo. Figurarsi se poteva approvare l’idea di farsi vedere senza difese dal migliore amico del suo compagno.
Provò in tutti a modi a ricomporsi, mostrando un lato apparentemente sereno che di certo in quel frangente non rispecchiava la realtà del subbuglio emotivo che si muoveva inesorabile nel suo cuore.

“Non succederà. Io mi fido ciecamente di lui!”

“Lui ha usato le stesse parole. Diciamo che diffida più delle persone che potresti incontrare che di te, ovviamente.”

Riflettendoci, non c’era da stupirsi di fronte alle sue parole. Il problema principale stava nel fatto che per Koutarou ci sarebbe voluto del tempo per accettare e per abituarsi a questo cambiamento radicale. La sua vita si era sempre divisa tra lui e i Black Jackals, in modo piuttosto equo. Se una delle sue due uniche certezze fosse venuta a mancare – anche se solo per qualche tempo – le motivazioni che lo spingevano ad alzarsi dal letto ogni mattina sarebbero necessariamente crollate, assieme ai conseguenti obbiettivi che si era prefissato.
Una lacrima rotolò lungo la sua guancia tradendolo nel momento meno opportuno. Tetsurou se ne accorse e si apprestò a strappare un foglio dal rotolone di carta da cucina presente affianco al lavello. Non di certo la migliore delle soluzioni, ma non disponeva di altro materiale per poterlo consolare al meglio. Per il resto preferì tacere, attendendo che fosse lui a parlare per dar finalmente sfogo alle sue paure. D’altronde, se lo sarebbe meritato.

“Io sono stato indeciso fino all’ultimo. Non sapevo se fosse il caso di partire o meno. Si tratta pur sempre di un’occasione di lavoro importante e rifiutarla... beh... di sicuro non avrebbe fatto piacere alla mia famiglia. Ho pensato subito a Koutarou, ma anche a quella parte di lavoro che avrei lasciato qui. Sembravano tutti... non dico entusiasti, ma almeno concordi sulla mia partenza.”

“Costringerti a restare sarebbe stato un po’ come tarparti le ali. Credo che nessuna delle persone a cui sei più legato lo vorrebbe, Bokuto in primis.”

Tarparmi le ali.
Kuroo aveva spesso e volentieri adoperato la parte più sciocca del suo esuberante carattere per dare un’idea superficiale di sé ai suoi conoscenti; ma a discapito di questo, Keiji aveva sempre saputo che dietro a quei sorrisi di circostanza e d’imposizione si trovava un ragazzo molto attento e cordiale nei confronti di tutto ciò che lo circondava. La sua presenza nel suo piccolo appartamento a quell’ora tarda della sera ne era la palese dimostrazione.

“Kuroo-san... grazie per le tue parole. E scusami per essere sembrato aggressivo poco fa.”

“Nah, non ti preoccupare. State reagendo tutti e due fin troppo bene.”

“Sei serio?”

“Devi essere tu quello serio quando sarai là. Spacca il culo a tutti!”

“Kuroo-san...”

“Ok, era per dire, sir! In bocca al lupo per tutto.”

“Grazie, davvero.”
 
***

Keiji aveva esplicitamente chiesto ai suoi genitori di non disturbarsi per venire a salutarlo in aeroporto. Sarebbe passato lui da casa il giorno prima, in modo tale da non far perdere loro importanti appuntamenti di lavoro. In realtà, voleva principalmente evitare che il contesto familiare s’immischiasse con quello della sua vita privata, compresi i suoi amici più cari.
All’aeroporto internazionale di Narita erano presenti, oltre a Bokuto, Kuroo, Kozume e Hinata. Considerando le aspettative del momento, erano già in troppi e non sarebbe stato semplice salutarli come avrebbe dovuto e, soprattutto, voluto. Si presentarono tutti con largo anticipo per avere più tempo a disposizione da poter passare con quel caro amico che per loro c’era sempre stato, seppur racchiuso in un mondo tutto suo, unico e particolare. Hinata si era preso il disturbo di comprargli un pensierino; una banalità agli occhi degli altri, ma molto importante per chiunque avesse mai amato la pallavolo: un piccolo portachiavi con le sembianze di un gufo, in memoria dei vecchi tempi. Kenma gli portò un tablet che gli aveva rilasciato la Bouncing Ball Corp; lo invitò ad usarlo per seguire le sue dirette streaming e per tenersi in contatto con lui tramite Skype o altri programmi utili per effettuare videochiamate. Kuroo gli regalò una felpa di almeno una taglia più grande; non fece sconti di alcun tipo, rimarcando quanto a suo gusto personale l’editore si vestisse in maniera fin troppo seriosa per avere solo ventidue anni.

“Grazie ragazzi, sono dei pensieri davvero speciali.”

“Ok, ora che abbiamo fatto il nostro dovere Boucy Ball e Gamberetto vengono con me. Sapete tutti che non sopporto i finali strappalacrime, vero?! Fai buon viaggio e spicca il volo pure a Buckingham Palace! Voglio leggere il tuo primo libro nel giro di un anno al massimo, siamo intesi?”

“Oh Bro’, non mettere ansia a Keiji. Una ‘missione’ per volta.”

Prima di voltarsi cercando di trascinare con se i suoi kōhai di un tempo, Testurou si limitò a mettere in mostra un occhiolino di accordo e saluto, senza aggiungere altro. Il momento che attendeva i suoi amici sarebbe stato emotivamente intenso per entrambi. Kenma lo seguì senza troppi indugi, nascosto sotto il cappuccio della sua felpa per non essere riconosciuto come il Kodzuken che tutti i gamer conoscevano. A tal proposito, si era già infognato all’interno di un livello a tre cifre di chissà quale nuova ed imperdibile saga. Hinata si era più volte voltato salutando a gran voce e con ampi gesti delle mani. All’ennesimo richiamo di Kuroo, si accorse che proprio al suo fianco stava passando una persona che gli parve di conoscere da sempre, salvo i capelli molto più lunghi rispetto a come li ricordava.

“Udai-san! Il Piccolo Gigante!”

Tenma avvertì un brivido lungo la schiena nel sentirsi appellare in quel modo. Era passata un’eternità dall’ultima volta che aveva sentito quel soprannome che ormai era rimasto negli archivi della sua memoria adolescenziale.
L’intera comitiva di amici non riuscì ad evitare di girarsi e ad alzare lo sguardo su di lui. Persino Kenma mise in pausa la sua console per capire se Shōyō si stesse riferendo proprio a quella persona di cui gli aveva tanto parlato.

“Ah... ehm... ciao Hinata-san.”

Non si negò, nonostante si trovasse in quel luogo di ritrovi e di saluti per ben altri motivi. Il più giovane gli si parò davanti mostrando un entusiasmo a cui il mangaka non era affatto abituato. Gli chiese come procedevano le cose con la stesura del suo lavoro, quali fossero i suoi progetti e se avesse un team per il quale faceva il tifo. Quando rispose che simpatizzava per i Black Jackals – anche a causa del suo editore – il ragazzino dai capelli arancioni iniziò a saltellare come un matto dando spettacolo gratuito in quell’ampia sala d’aspetto aeroportuale.

Keiji e Koutarou osservarono il tutto a qualche metro di distanza. Poco dopo decisero di appartarsi in uno dei bagni più nascosti per potersi salutare come avrebbero voluto sin da principio.

“Keiji, li togliamo questi, che dici?”

Koutarou si preoccupò di privarlo dalle sue lenti e di riporgliele in tasca, in modo che non fossero dimenticate da nessuna parte. Posò entrambe le mani sul viso del compagno e lo attirò a sé, evitando accuratamente di fargli male. Lo baciò dapprima in modo timido, quasi con rammarico; ma quando l’editore riaprì gli occhi, non poté fare a meno di perdersi in quel verde acqua che lo aveva stregato sin dal loro primissimo incontro, avvenuto ben otto anni prima. Le labbra si posarono sulla sua bocca, mentre la lingua chiedeva il permesso per potersi intrufolare almeno un’ultima volta prima di vederlo salire su quel dannato aereo che lo avrebbe condotto dall’altra parte del mondo. Keiji non oppose la benché minima resistenza, buttandogli a sua volta le braccia al collo e attirandolo ulteriormente a sé. Si fece sollevare e adagiare sul marmo posto tra i lavelli, senza mai interrompere quel contatto intimo e particolarmente sentito in quel contesto che avrebbe preceduto un saluto mai desiderato.
Le mani dell’ace scivolarono sotto la sua giacca, andando a cercare immediatamente uno spiraglio per poter proseguire quell’incontro ravvicinato con il suo corpo. Lo baciò sul collo, affondando i denti nella sua pelle morbida e provocandogli fremiti di piacere che lo fecero gemere flebilmente. Keiji avrebbe evitato volentieri di fermarlo, se solo non si fossero trovati in un luogo pubblico e non ci fosse stato un volo intercontinentale ad attenderlo di lì a poco.

“Koutarou, forse è meglio se ci fermiamo... l’aereo...”

“Pensa se dovessi perderlo!”

“So bene che non ti dispiacerebbe affatto, ma ho dei doveri.”

“Io non sono un tuo dovere?”

“No, tu sei un piacere. Il più grande piacere che abbia mai avuto nella mia vita.”

“’Kaashi!”

Bokuto tentò di coprire le guance divenute color porpora a causa di quel bellissimo complimento che aveva appena ricevuto proprio dal ragazzo che amava con tutto sé stesso. Keiji sorrise nel vederlo così in imbarazzo; afferrò entrambi i suoi polsi e poggiò la fronte alla sua. I loro occhi s’incrociarono e si persero ancora una volta nella loro misteriosa, quanto privata, dimensione fatta di devozione e progetti comuni. Sfiorò quella pelle abbronzata di cui aveva imparato ad amare l’odore, posandovi appena le labbra per rilasciare un fugace bacio d’arrivederci.

“Bokuto-san, puoi venire a trovarmi quando vuoi, davvero. Però non ti distrarre dalla pallavolo. Lo sai che io farò il possibile per poter seguire tutte le partite del campionato. Nemmeno il jet lag mi fermerà.”

“Il jet set?! Cos’è?”

Jet lag, non jet set. È un disturbo generale dovuto al fuso orario. Tra Tokyo e Londra ci sono ben otto ore di differenza.”

“E chi è in testa?”

“Tokyo.”

Beam! Vedi che vinco sempre io, Keiji?”

L’editore gli portò ancora una volta le braccia intorno al collo, per poi far risalire le mani sino ai suoi lunghi capelli pettinati alla solita maniera. Gli carezzò la nuca e lo baciò con ardore sulle labbra. Quando si staccò socchiuse gli occhi e sorrise, cercando di dar vita alle parole che avrebbe tanto voluto dirgli in quel momento.

“Sì, sei tu l’unico, vero vincitore indiscusso.”

Hey, hey, hey! Ho vinto il fidanzato più bello e dolce del mondo.”

“Non esageriamo.”

“Non sto esagerando! Ti amo Keiji-chan!”

“Anch’io ti amo, Koutarou!”
 
***

Tenma fece appena in tempo a salutare il suo mentore, consegnandogli una cartelletta contenete le bozze relative al capitolo che aveva terminato quella notte stessa. Gli chiese la cortesia di rivedergliele per un’ultima volta, prima di passare definitivamente il testimone alla nuova editrice. Akaashi non riuscì a rifiutare la proposta, per quanto avvertisse la necessità di creare un distacco fisico ed emotivo con quel ragazzo dal cuore d’oro e dal talento inestimabile. Quello che era successo in quel locale solamente un paio di settimane prima era rimasto ben impresso nella mente di entrambi e con ogni probabilità li avrebbe tormentati per un tempo sufficiente.
Si salutarono con una vigorosa stretta di mano, onde evitare che i presenti potessero far commenti sull’autenticità del loro rapporto che da tempo era andato ben oltre il mero ambito lavorativo.

L’ultima chiamata proveniente dagli altoparlanti invitò Keiji a raggiungere il terminal cinque, quello che lo avrebbe condotto sul suo velivolo. Sì voltò ancora una volta per salutare con un cenno della mano e con un sorriso che ogni volta riusciva a stupire chiunque per la sua autenticità.
Koutarou cadde in ginocchio ed iniziò a piangere a dirotto. Kuroo si occupò di lui mentre Udai provò a distrarsi dal momento e dalle sue stesse lacrime soffermandosi su quelle dita ancora macchiate d’inchiostro. Le stesse che si erano impegnate a scrivere quella lunga lettera di ringraziamento nascosta tra i fogli che gli aveva appena consegnato.

Grazie di tutto, Akaashi-san!
Buona fortuna.
 
 
 
… Spread your wings and fly away
Fly away far away
Spread your little wings and fly away
Fly away far away
Pull yourself together
'Cause you know you should do better
That's because you're a free man! 










 

Angolo dell’autrice


Ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno voglia di leggere e recensire questa mia mini-long! :)

Questa sarà una mini-long di 4 capitoli che vedrà come protagonisti i due ex pallavolisti della Fukurōdani catapultati nel loro contesto ‘futuro’, quello in cui ci ha portato Furudate con gli ultimi capitoli del manga. E così, Bokuto è un giocatore di punta dei Black Jackals, Akaashi è lavora presso una casa editrice che si occupa della pubblicazione settimanale di manga e Tenma Udai – il nostro meraviglioso ‘terzo incomodo’ – è il sensei di cui si occupa Akaashi. Non mancheranno brevi apparizioni degli altri giocatori dei Jackals che conosciamo, di Kenma, Kuroo, Tsukishima e cenni alle rispettive famiglie (così come le avevo intese nella precedente raccolta dedicata alla BokuAka dal titolo ‘A mano a mano’). Spero che l’esperimento possa essere di vostro gradimento! :)

Capitolo 4 – Spread your wings
Ultimo step, reso anche in maniera meno “angst” rispetto a quello che avevo pronosticato in un primo momento.
Sono partita dalla famosa discussione che doveva esserci tra Keiji e Kuroo, come si era già intuito alla fine del terzo capitolo. Il discorso dell’ex capitano della Nekoma è stato un po’ più contorto del previsto, dato che quello che ci era rimasto davvero male per non essere stato interpellato (e per timore di perdere un caro amico) è proprio lui. Usare Bokuto come “scudo” sarebbe parso troppo semplice e scontato, così ha optato per Kenma, che ovviamente continua a starsene ben rintanato nel suo mondo virtuale.
Nell’ultima parte siamo a Narita, sede del più grande aeroporto internazionale della capitale nipponica. Ho deciso volutamente di non far intervenire troppa gente per i saluti ad Akaashi (avevo pensato a Konoha e a Tsukki, ma sarebbero risultati fuori contesto). Hinata e la sua esplosione di vitalità fanno già per tre! XD
I saluti finali sono suddivisi tra Bokuto e Udai. Il primo ha bisogno di un ultimo “contatto ravvicinato” con il suo amore in partenza, mentre il secondo decide di comune e tacito accordo di non oltrepassare il confine del rapporto amichevole e lavorativo con il suo (ex?) editore. Chissà cosa ci sarà mai scritto in quella lettera... lascio tutto in sospeso per un’eventuale spin-off (ma non prometto nulla perché sono già full in quanto a progetti e idee, in questo fandom e non solo).

Il titolo generale della mini-long riprende quello della canzone degli Oasis ‘Don’t go Away’ .
Il titolo del quarto capitolo riprende quello della canzone dei Queen‘Spread your wings’ (della quale riporto parte della prima strofa e il ritornello, rispettivamente all’inizio e alla fine del testo).
Il testo è scritto in terza persona e al tempo passato.

Grazie a tutti coloro che hanno letto, recensito e apprezzato questa mini-long un tantino incasinata! **

A presto,

Mahlerlucia
 


 
   
 
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