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Autore: LittleBunny    25/06/2020    1 recensioni
Passò un lungo istante in silenzio, prima di iniziare a dare delle, seppur lievi, testate sul suo armadietto, sotto lo sguardo incredulo di alcuni studenti che, dopo averlo guardato in maniera perplessa, decisero di allontanarsi.
Smise quasi all'istante, mugugnando parole incomprensibili, un unico pensiero ad invadergli la mente: era un'idiota.
Lo pensava già da un po' , ma ora aveva la conferma definitiva.
Era. Un. Totale. Idiota.
Come diavolo gli era saltato in mente di dire cose del genere ad uno che era il doppio di lui? Non gli bastava quello che stava passando con Flash, doveva per forza stuzzicare uno che poteva prenderlo a pugni, senza trovare la benchè minima resistenza?

[AU! SpideyPool]
Genere: Angst, Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Deadpool, Peter Parker
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Irresistible011 ● In questa fanfiction, NON si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a quello dei fumetti;
● I personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.



11° Capitolo.


Non sapeva bene quanto fosse rimasto lì impalato, forse secondi, minuti, ore?
Stava di fatto che il mondo iniziò lentamente a scorrere quando sentì il tocco di una mano sulla sua spalla.

"Ehi Pete." mormorò quello che si rivelò essere Harry, con un lieve sorriso "Che ci fai qui?"

Quella era proprio una bella domanda, se lo stava chiedendo anche lui.
L'amico sembrò accorgersi immediatamente che qualcosa non andava perchè sembrò guardarlo con un mix di confusione e preoccupazione.

"Dimmi un po' se non è il nostro Peter che è diventato super carino grazie a qualcuno." esclamò Mary Jane al suo fianco, con un sorrisone "Piuttosto, come mai sei qui? E dov'è-?"

Le parole della rossa le morirono subito in gola quando anche lei guardò meglio il suo amico.
Peter si chiese se sembrasse più patetico perchè puzzava di alcol, perchè era completamente bagnato o per la sua espressione, che sicuramente doveva sembrare ancora più patetica.
A farlo desiderare di scomparire all'istante, fu quando si voltarono a si accorsero che a pochi passi da loro c'era Wade, completamente all'oscuro della loro presenza, ancora appiccicato a Cassidy - era più la ragazza appiccicata a lui, che sembrava non volersi staccare ma, dopo ciò che aveva appena visto, non è che facesse poi chissà che differenza.
Istintivamente il moro posò lo sguardo sul suo amico, notando come il suo sguardo si fosse indurito e sembrasse sul punto di andare lì e prendere a pugni il canadese ma, fortunatamente ciò non accadde e, anzi, prese delicatamente il moro dal braccio e lo trascinò nella direzione opposta, seguito a ruota dalla sua ragazza.
A quel punto, il newyorkese non potè che tirare un sospiro di sollievo e ringraziare la maturità del corvino, che già se lo vedeva lì a litigare nuovamente col biondo o fargli una ramanzina alla ' te l'avevo detto ' : non ne aveva decisamente voglia, ora come ora.
Mentre si allontanavano velocemente, il ragazzo dagli occhi nocciola si voltò un'ultima volta per guardare il ragazzo lì, vicino al falò, così divertito e spensierato.
Sembrava non ci fosse posto per lui, lì in mezzo.
... Forse, non c'era mai stato.

****************

Oltre ad avere il cuore frantumato in mille pezzi per l'ennesima delusione d'amore e ad essere infuriato per ciò che aveva dovuto subire in quella serata, era attanagliato dai sensi di colpa per essere stato nuovamente un pessimo amico.
Dopo essere scappati a gambe levate dalla festa in completo silenzio - silenzio interrotto puntualmente dall'amica che borbottava cose come 'è proprio un idiota' e, puntualmente, veniva zittita da un'occhiataccia di Harry - i suoi amici lo portarono ai parcheggi, offrendogli un passaggio verso casa, che rifiutò più volte e non solo perchè non voleva rovinargli ulteriormente la serata ma, soprattutto, perchè non aveva voglia di interagire con nessun essere vivente, neanche se stesso se avesse potuto.
Così l'avevano caricato in un taxi - chiamato e pagato dall'amico, facendo sentire ancora più in colpa Peter - insieme alla raccomandazione di avvertirli quando fosse tornato a casa.
In quel tratto di strada che lo separava da casa sua, il cellulare non aveva smesso per un istante di vibrare, invaso di notifiche da parte dei suoi migliori amici, che sembravano sinceramente preoccupati per lui e gli chiedevano come stava, di avvisare quando fosse tornato a casa e che ci sarebbero stati se avesse voluto parlare di 'quello'.

-Sto bene, sono a casa - aveva scritto freddamente nel loro gruppo, appena uscito dal taxi - Penso che spegnerò il cellulare e lo metterò nel riso per via dell'acqua. Voi pensate a divertirvi, ok?-

Era orribile, aveva degli amici fantastici e non voleva assolutamente sapere di loro - almeno non in quel momento.
Sperò perlomeno che, nonostante il brutto inizio di serata, almeno per loro ci sarebbe stato un lieto fine.
Con passi lenti e con lo sguardo perso nel vuoto si ritrovò davanti al suo portone, giocherellando con le chiavi tra le dita, quasi come se fosse un anti-stress.
Si ritrovò a chiudere gli occhi, pensando a cosa avrebbe dovuto fare appena entrato in casa.
Non aveva infranto nessun 'coprifuoco' in quanto i suoi zii gli avevano dato via libera - visto quanto andasse bene a scuola, quanto fosse un bravo ragazzo e quanto poco uscisse di solito - perciò era sicuro che non ci fosse nessuno ad aspettarlo sveglio ma doveva fare completo silenzio mentre asciugava il cellulare con metodi casalinghi, metteva i suoi vestiti a lavare - sperando che con un lavaggio la roba sarebbe stata 'come nuova' - si faceva una doccia per eliminare quella pseudo fragranza di salsedine e birra e, dopo aver cancellato altre eventuali prove come sabbia e quant'altro, morire sul letto, deprimendosi su quanto schifosa fosse la sua intera esistenza.
Riaprì quindi gli occhi, inserendo la chiave per poi entrare, cercando di evitare il più piccolo rumore.
Quando richiuse la porta alle sue spalle, si ritrovò a pensare a quanto l'indomani avrebbe peggiorato la sua 'condizione psicologica', mentendo spudoratamente ai suoi zii.
Insomma, che altro poteva fare? Spiegargli che c'era stato un cambio di programma ed era finito in un party dove girava alcol, fumo e quant'altro? Quando l'unica regola che gli avevano imposto era proprio evitare quel genere di cose?
Non aveva scelto, eppure-

"Peter?"

Ad irrigidirlo così tanto da bloccare il flusso dei suoi pensieri, fu la voce di suo zio che lo accolse nel momento stesso in cui varcò la cucina.

"Zio Ben..." balbettò il moro in preda al panico "C-che ci fai qui ancora sveglio?"

"Non riuscivo a dormire." rispose l'uomo, ridendo in tono basso e pacato, per poi dargli una lunga occhiata con un sopracciglio alzato "Piuttosto, che ti è successo, figliolo?"

Il newyorkese passò un lungo istante di silenzio cercando di non iperventilare sul posto, per essere stato scoperto prima ancora di poter azionare il suo - non così tanto infallibile - piano.
Ovviamente, per completare la serata disastrosa in bellezza.

"I-io..." mormorò sempre più nervoso "So cosa può sembrare, ma non è così. Giuro. E' stato... tutta una serie di spiacevoli incidenti, dico davvero."

"D'accordo Peter."

"No davvero, io-"

A quel punto, Peter si bloccò rendendosi conto che con una calma invidiabile, mentre sorseggiava quello che dall'odore sembrava caffè, l'uomo non sembrava aver battuto ciglio sulla mezza spiegazione farfugliata del ragazzo.

"... tu mi credi?" disse, incredulo.

"Figliolo, ti ho praticamente cresciuto io e so che sei un bravo ragazzo." rispose l'altro, con una sincerità disarmante "Avrai sicuramente i tuoi buoni motivi, che mi spiegherai con più calma domani. Ora come ora, non mi sembri proprio in vena di parlare, dico bene?"

Il moro non gli rispose ma non riuscì a non rivolgergli un sorriso colpevole.
Era circondato da persone stupende e, in un modo o nell'altro, finiva sempre per approfittare di loro.
Notò subito dopo lo zio dargli un'occhiata indagatoria ai suoi abiti ed, immediatamente, il pensiero di aver rovinato, forse per sempre, degli abiti comprati praticamente nuova si fece strada in lui.

"Ti va qualcosa di caldo?"

Nuovamente, il parente disse qualcosa che Peter non si aspettava - non in un momento come quello, almeno - e, in poco tempo, gli avvicinò una tazza lievemente ricolma di caffè.

"Uh... sicuro?" chiese, alzando un sopracciglio "Pensavo che la zia avesse detto che avrei potuto berlo quando sarei stato più grande."

"E' solo una piccola goccia, non ti farà nulla ma... nel caso, teniamolo segreto alla zia, okay?"

Nonostante tutto, a quelle parole il minore si ritrovò a ridacchiare, posando poi lo sguardo sul liquido nero in fondo alla tazza, per poi avvicinarlo lentamente alla bocca.

"E'... strano." affermò il ragazzo, facendo una faccia indecifrabile.

"Lo apprezzerai di più da grande." affermò lo zio, prendendogli la tazza, mettendola subito a lavare "O forse no? Non so se augurartelo. Dopotutto, ne sono dipendente."

Il newyorkese si ritrovò a sorridere nuovamente alle sue parole - che aveva capito erano fatte apposta per tirarlo su di morale - poi, in completo silenzio, sotto lo sguardo dello zio, iniziò ad asciugare come poteva il suo cellulare e lo immerse in un bicchiere colmo di riso.

"...Non mi chiedi che sto combinando?" chiese il ragazzo, come a spezzare quello strano silenzio fra loro.

"Ragazzo, dopo che ti ho visto aggiustare un televisore all'età di 8 anni, non mi faccio più domande." rispose, con un sorriso affabile "Piuttosto, ti va di stare con me ancora un po'? Ho voglia di chiacchierare con te. Non ti devo fare nessuna ramanzina, promesso."

A quelle parole il minore non potè non annuire: dopotutto, almeno quello glielo doveva.

"Bene." esordì l'uomo, bevendo un altro sorso di caffè "Ti ho mai raccontato di come ho rischiato di chiudere la relazione con tua zia, in gioventù?"

Peter alzò un sopracciglio, molto confuso da quella rivelazione.

"Forse non ci crederai." continuò con la massima tranquillità "Ma da ragazzino ero parecchio ribelle, frequentavo pessime compagnie e facevo arrabbiare parecchio la zia ma mi perdonava sempre. Finchè un giorno non la feci infuriare seriamente, tant'è che mi diede un ultimatum. Diciamo che non ci sarebbe stata una 'prossima volta', se mi fossi comportato nuovamente male. Ero abbastanza ostile ma amavo, e amo ancora, May, quindi ci mettemmo seduti per trovare un compromesso che potesse far funzionare la nostra relazione."

Il newyorkese non sapeva cosa dire e non capiva il perchè di questo discorso proprio ora ma, con quel racconto, non potè non immaginarsi lo zio da giovane in una versione alternativa di Danny Zuko e la cosa lo fece sorridere indirettamente.

"Okay, ma questo bel racconto a lieto fine, perchè...?"

"Ora ci arrivo." promise lo zio "Con la zia andò bene ma ti posso assicurare che ho avuto esperienze di ogni tipo, ho tenuto strette le relazioni a me care ma anche chiuso quelle che non facevano per me. Posso farti l'esempio delle amicizie che frequentavo ai tempi di tua zia non erano pazienti e comprensivi come lei, non andavo più bene per loro e loro per me. Il punto del mio discorso è, caro Peter, nel corso della tua vita, avrai a che fare con tante, tantissime persone, a cui vorrai davvero molto bene. Ma bada, figliolo, ogni persona è unica nel suo genere e questo, a volte, crea dei contrasti quindi fai attenzione a non lasciarti sfuggire occasioni. Se hai l'opportunità e pensi che ne valga la pena, fai tutto il possibile per ritrovarti a 'metà strada' con la persona a cui tieni di più al mondo, di trovare un compromesso che faccia felici entrambi."

Fece una piccola pausa, posando anche la sua tazza a lavare, aprendo lievemente l'acqua del lavandino per lavare le due tazze, sotto lo sguardo attento del nipote.

"Tuttavia Peter, a volte non ne vale semplicemente la pena. Ci saranno persone che se ne vogliono approfittare, che vogliono buttarti giù con loro o, più semplicemente, per quanto ci si provi, non si può proprio trovare un modo per 'far funzionare le cose'. A quel punto, se fa troppo male, se non ce la fai più... lascia perdere. So che, detto così, sembra un discorso egoistico e insensibile ma, in momenti come questo, dovrai pensare a quello che va bene a te, quello che ti fa star bene. In sostanza, quello che voglio dire è, se pensi che una relazione, qualsiasi tipo di relazione, è troppo, non ce la fai più e non trovi altri modi per sistemarla... beh, non c'è nulla di male ad essere egoisti, in questi casi."

Il ragazzo rimase molto interdetto dopo quel discorso, non sapendo bene dove volesse andare a parare lo zio.
Non credeva di aver afferrato appieno il discorso ma si chiedeva se l'altro gli avesse fatto quel discorso, riferendosi in qualche modo a qualcuno di particolare.

"Non è importante se tu abbia capito ora quello che ti ho detto." disse Ben, come capendo cosa stesse pensando il nipote e, con un altro sorriso, dopo essersi asciugato le mani, gli scompigliò delicatamente i capelli "Da grande sono sicuro che capirai."

****************

Nonostante il caffè gli avesse lasciato un saporaccio in bocca, ammise che gli era servito per essere un pochino più lucido per tutto quello che aveva dovuto fare prima di andare a letto: aveva messo la sua roba a lavare, fatto una doccia, messo un pigiama, pulito qualsiasi residuo di sabbia, preso il bicchiere col riso e il cellulare per portarlo in camera, messo la roba a stendere e tutto in completo silenzio.
Si era appena seduto sul letto, quando sentì l'effetto della caffeina svanire e la stanchezza stravolgerlo in pieno.
Mentre posava gli occhiali sul comodino e si stendeva sul letto, i suoi pensieri ricaddero sul discorso avuto poco prima con lo zio e, successivamente, ricaddero su Wade e la serata appena trascorsa.
Si chiese che dovesse farci del rapporto col canadese, se fosse il caso di farla finita con quella stupida cotta e rimanere amici o chiudere definitivamente.
Ultimamente, con tutto quello che era successo fra loro, ogni tanto quel pensiero ritornava in mente.
Stare vicino ad uno come lui era un po' come andare sulle montagne russe: era in grado di farlo sentire al settimo cielo ma, quando meno se l'aspettava, lo faceva precipitare di botto giù.
Come quella sera...
Posando nuovamente lo sguardo sulla finestra, quasi si aspettava che, da un momento all'altro, apparisse come aveva fatto la volta scorsa, magari dandogli una spiegazione plausibile a tutto quello accaduto quella notte ma... c'era davvero una spiegazione che avrebbe voluto sentire su quanto successo?
Stanco, si ritrovò a sospirare, prima di chiudere gli occhi e cercare di dimenticare.
Dimenticare l'appuntamento disastroso.
Dimenticare come aveva posto fiducia sulle persone sbagliate.
Dimenticare il barbecue.
...Dimenticare Wade.
Tuttavia, sembrava che i piani dovessero andare diversamente.
Quando sembrava che si stesse per addormentare, sentì vari colpetti provenire dal vetro della sua finestra e , riaprendo gli occhi, si ritrovò il canadese volenteroso di entrare.
Lì per lì si chiese se fosse stato così traumatizzato da sognarsi il maggiore - un po' come successo tempo fa - ma, più sbatteva gli occhi e più la forma di Wade sembrava non voler sparire e, immediatamente, si risedette di colpo sul letto, sentendo il cuore andare in tachicardia dal panico e si rese presto conto di non voler proprio vedere l'altro, ora come ora.
Che diavolo gli avrebbe dovuto dire poi?
Effettivamente, perchè era lì?
... Che fosse venuto ad informarlo che si era fidanzato?
Scrollando le spalle, si ritrovò ad aprire molto lentamente la finestra, ormai arreso al suo destino.
Sperò, perlomeno, che se fosse stato il caso, avrebbe potuto mettere una pietra sopra ai sentimenti che aveva per l'altro.

"Waaah, era ora che mi aprissi Peach!" esclamò come se nulla fosse Wade, sgranchendosi le braccia appena fu entrato "Si può sapere che fine avevi fatto? Se ti annoiavi così tanto potevamo-!"

"Che ci fai qui?"

Il maggiore di bloccò per un lungo istante, guardandolo con fare confuso, e Peter si chiese se l'altro avesse notato quanto si fosse immediatamente distanziato o il tono freddo usato per parlare.

"...Come sarebbe che ci faccio qui?" chiese, alzando un sopracciglio "Avevamo un appuntamento, ricordi? Sono andato a prenderti le pizze e... Puuff! Sparito in bagno. Quanto cavolo erano distanti per farti arrivare fino a qui??"

"... Il bagno?"

"Sì, il bagno!" rispose con una certa convinzione "Non ti trovavo e Cassidy mi aveva detto che ti eri allontanato per cercare un bagno."

Ah, perchè la cosa non lo sorprendeva?

"Siccome non tornavi, mi ha convinto ad aspettarti vicino ad un falò e-"

"Okay, basta così."

Il moro si massaggiò le tempie, facendo un sospiro: non era sicuro di voler sapere il resto della storia.

"Wade, è stata... una lunga, lunghissima serata. E voglio solo dimenticare e dormire, quindi se non ti dispiace potrest-?"

"Dimenticare? Che vuoi dire??"

Istintivamente, il biondo annullò la distanza fra loro e il newyorkese arricciò il naso, sentendo provenire da lui un odore che conosceva ormai piuttosto bene.

"Hai... bevuto un sacco di birra, pare." borbottò, senza riuscire a nascondere uno sguardo disgustato "Hai guidato fino a qui ubriaco?"

"Ubriaco? Io? PFF. Ci vuole di più per stendermi." ribattè il canadese, convintissimo della cosa "Ad ogni modo, non cambiare discorso, principessa! Ti ho mandato anche un sacco di messaggi e-"

Si bloccò, notando nel comodino il cellulare completamente immerso nel riso.

"... E' una nuova moda?" chiese, alzando un sopracciglio.

"Solo un metodo casalingo per asciugare il cellulare, con la speranza che sopravviva."

"... Come 'asciugare'? Che diavolo hai combinato?" esclamò Wade, sempre più confuso, per poi irrigidirsi, come se avesse intuito qualcosa "Ti hanno fatto qualcosa? Dimmi chi è stato, che gli sfondo il cu-"

"WADE, NON E' QUELLO IL PUNTO."

Cadde nuovamente il silenzio fra loro e Peter si morse il labbro inferiore, cercando di controllarsi : non poteva di certo urlare in piena notte.

"... Non è questo il punto." ripetè, in tono di voce molto più basso "Anche se fosse successo realmente qualcosa, non mi sembra che a te importi qualcosa."

"Sai Petey, non capisco se sono io che ho bevuto più di quanto credessi o sei tu che stai parlando più arabo del solito perchè, davvero, non ti capisco!" rispose il più grande, grattandosi la guancia "Ti ho scritto, ti ho cercato per mezzo party, beccando il tuo 'amichetto' che, ew, lasciatelo dire è sempre più irritante e- che dicevo? Ah sì, e lui mi ha detto che eri tornato a casa e ho pensato fosse tutto strano, insomma mi guardavano male e- e- non ho capito niente! E ora anche tu mi parli così e- insomma. Con la tua bella boccuccia potresti spiegarmi ad uno scemo come me che è successo per farti correre a gambe levate dal party?"

"... Io..."

Il moro tacque, passandosi nervosamente una mano fra i capelli, sapendo benissimo che fosse arrivato il momento di dire la verità.
Come poteva non fare altrimenti? Non è che potesse spiegare il perchè il bacio con quella ragazza l'avesse shockato così tanto, se non dicendogli quello che provava.
 E non poteva proprio evitare di omettere proprio quella parte, per cui...

"Sono... successe delle cose e..." disse in un sussurro, arricciandosi una ciocca di capelli fra le dita "ma... la cosa che mi ha ferito di più è che..."

Si fermò, abbassando lo sguardo.

"Diciamo che... era abbastanza palese che non ti importasse della mia presenza lì."

Era un vigliacco.
Un vigliacco che non sapeva neanche affrontare la cruda e dura verità ma la sua bocca non sembrava voler collaborare, come ad impedirgli di dire quelle parole che gli avrebbero fatto rimembrare ciò che avrebbe voluto dimenticare.

"... Non mi importerebbe?"

A ridestarlo dai suoi pensieri quella frase ripetuta e si rese presto conto della schiena appoggiata all'armadio e dell'impossibilità di scappare via, visto le braccia dell'altro attaccate al legno.
L'atmosfera fra loro divenne improvvisamente strana e a Peter mancò il fiato, completamente impossibilitato dal fare qualsiasi cosa.
Fu una cosa molto lenta e silenziosa - silenzio interrotto da dei borbottii indefiniti provenienti da Wade - ma, in qualche modo, le loro labbra si unirono in un delicato bacio a stampo.
Il moro era davvero spiazzato da quel gesto completamente inaspettato e, a fine di quell'atto - che, nonostante fosse arrivato in maniera molto lenta, finì in maniera molto veloce - lo guardò con occhi sbarrati, sentendo il cervello come se si fosse resettato completamente.
Quindi lo fissò, inerme, sperando che l'altro potesse spiegargli il perchè di quel gesto.
Dare un senso a quella situazione.

"Uh, sai di caffè." esclamò, dandogli una leggera pacca sulla spalla, allontanando subito i loro visi "Maaaa avevo proprio bisogno di cambiare sapore, se capisci cosa intendo~"

Peter continuò a tacere ma presto iniziò a sentire una pesantezza assurda alla pancia, come se gli stessero strappando le viscere dal corpo.
Immaginava che per il biondo, un bacio del genere non fosse niente di che - avrà sicuramente fatto molto, molto altro - ma sapere che non avesse significato niente per l'altro, lo faceva stare male, facendogli provare una sensazione parecchio soffocante.
E poi, cosa voleva dire con 'cambiare sapore'? Si riferiva a quanto era successo con Cassidy?
... Già.
Perchè baciarlo se poco prima aveva baciato un'altra?
Sapeva bene che molte sue relazioni fossero state superficiali, ma doveva sapere benissimo che lui non fosse uno da baciare qualcun altro , tanto per.
Perchè non aveva pensato ai suoi sentimenti? Perchè aveva reagito senza pensare alle conseguenze delle sue azioni?

"... Petey..."

Sentendosi chiamare, posò lo sguardo sull'amico e notò che anche lui ora sembrava parecchio spaesato, per non dire spaventato, e pareva parecchio pallido mentre lo fissava con occhi sbarrati.
Inizialmente, pensò che si fosse reso conto del suo gesto e se ne fosse pentito ma presto, il newyorkese si sfiorò le guance e si rese presto conto perchè il biondo sembrava così tanto scosso: stava piangendo.
Come il moro si rese conto che aveva iniziato a piangere, presto trasformò quelle delicate lacrime in veri e propri singhiozzi disperati.
Si era reso conto che stava piangendo letteralmente di fronte all'amico e rischiava di svegliare i suoi con quel pianto ma, più cercava di trattenersi, più quel senso di disperazione aumentava, facendolo stare peggio.

"Okay, uh, okay." balbettò Wade, che sembrava andare più in panico dell'altro "Io... io... mi dispiace, okay? Ti prego, non stare male, io- uh, non sono buono a risolvere queste cose- sei- sei tu quello bravo a parlare, a dire la cosa giusta al momento giusto- e - e- se non parli, non posso capire come aiutarti e-"

In tutta risposta, il moro tremante gli mise le braccia sul petto, allontanandolo da sè debolmente: non voleva essere toccato.

"... Va bene, mi sposto, okay...? Ma tu stai tranquillo, va bene...?" mormorò in un filo di voce "Anzi, è stata, è stata una cattiva, cattivissima idea venire qui. Tu non volevi vedermi e io ho... frainteso cose e- uh, ora me ne vado, mh?"

Quando vide l'altro allontanarsi ulteriormente, istintivamente allungò verso la sua mano, stringendola con fare tremante.
Era strano non volere nessuno vicino ma, al contempo, non volerlo vedere andare via?

"... D'accordo Peter..." disse l'altro, ricambiando il gesto, stringendogli la mano "Se è questo che vuoi, starò qui. Non ti preoccupare. Pensa solo a calmarti."

E Wade mantenne la sua promessa, rimanendo con lui tutto il tempo necessario.

****************

Quando il moro si risvegliò il giorno successivo, un terribile mal di testa lo accolse insieme al gonfiore agli occhi, quasi come se l'intero universo gli dicesse che quel giorno era meglio stare a letto.
Si mise a sedere con grossa difficoltà e, confuso, si guardò intorno, cercando di fare mente locale su quanto fosse successo la sera prima.
Mentre aveva avuto un'imbarazzante crisi con tanto di lacrime e singhiozzi vari, Wade era rimasto lì, attendendo che si fosse finalmente calmato e l'aveva portato a letto, rimanendo con lui tutto il tempo, perchè Peter continuava a volere che rimanesse con lui.
... Dio, che imbarazzo.
Come se non bastasse, l'amico sembrava davvero in preda al panico e genuinamente preoccupato da morire per lui, senza contare che sembrava non avere la più pallida idea su perchè e cosa avesse fatto soffrire il newyorkese,
Forse... Forse meritava una minima spiegazione.
Ieri non era riuscito a spiegarsi ma magari al telefono, si sarebbe sentito più sicuro.
... Aveva già detto che si sentiva un vigliacco, sì?
Dopo un enorme sospiro, prese il suo cellulare e lo accese, constatando fortunatamente che non sembrasse avere nulla di rotto.
Insomma, non aveva proprio nessuna scusa per non chiamarlo.
Fece un lungo respiro profondo, preparandosi mentalmente a quella chiacchierata, per poi comporre il numero.

"Oddio, Petey, che succede??" esclamò con voce acuta il canadese, agitatissimo.

"Uh.. ciao?" rispose il moro, a disagio "... Volevo, emh, solo sentire come stavi."

"... Beh, è un orario un po' assurdo per chiedermi come sto, ti pare?"

Peter rimase un po' confuso, per poi guardare l'orologio sul suo comodino : le 5.40 del mattino.
Effettivamente, a vedere ora, fuori dalla finestra, il sole stava sorgendo in quel momento.

"... Perdonami, eeerrmmmh." borbottò , in preda all'imbarazzo per la gaffe "Mi sono svegliato e la prima cosa a cui ho pensato è stata di... chiamarti, ecco. Ieri non... ci siamo 'salutati' nel migliore dei modi e-"

"Peter, risparmia le belle parole, so benissimo di aver commesso un enorme cazzata ieri."

Il ragazzo tacque, stringendo istintivamente il cellulare per poi deglutire.
Intendeva quello successo con quella ragazza? O con lui quella notte?

"Ho frainteso i... emh, segnali che mi mandavi e- cioè, so che è colpa mia, sei sempre carino e io- insomma- non dovevo fare quello che ho fatto, ti piacciono le ragazze e immagino che il tuo gesto ti abbia-"

"No aspetta." lo bloccò subito il newyorkese "Pensi che sia stato quello il motivo? Per, emh, quello che è successo?"

"... Non è così...?"

Dal tono palesemente confuso, il moro istintivamente sbuffò frustrato.

"Okay, Petey, allora." esclamò in tono demoralizzato il biondo, facendo sussultare l'altro "Sono confuso, okay? Non ci sto capendo più niente. Lo sappiamo tutti che sei quello più intelligente, ti andrebbe di spiegarmi cosa ti ho fatto? Giuro, vorrei capire e sono troppo stanco per ragione, quindi se la facessi in termini più semplici possibili ti sarei grato."

Il minore riflettè alle sue parole, sentendosi un po' in colpa nei confronti dell'altro.
L'aveva fatto soffrire, era vero, ma non sembrava che se ne fosse reso conto e aveva scontato abbondantemente la pena, prendendosi cura di lui la sera prima.
... A proposito, chissà quando era tornato a casa?

"... Anche io sono stanco e non mi va di parlare di quella sera... quindi... quindi... cerca di prestare attenzione, perchè cercherò di essere sintetico, okay?"

Calò il silenzio e Peter iniziò a domandarsi se fosse caduta la linea.

"Wade?"

"AH sì, ci sono, scusa." esclamò, per poi sbadigliare sonoramente "Ho tipo, dimenticato che non potevi vedermi annuire. Vai pure avanti.

Il newyorkese si ritrovò a sospirare ancora.

"Allora... non ero entusiasta di andare al party."

"Ma dai?" esclamò l'altro sarcasticamente.

"... Ma, insomma, sembrava che ci tenessi ad andarci e ho provato ma è stato un fiasco. Sono stato male ma, ancora peggio, mi hanno tirato un brutto tiro e- diciamo che per una serie di cose sono finito in acqua. Per questo sono stato via per tanto e-"

"Ah-ah! Quindi c'è davvero qualcuno a cui devo rompere il culo."

"Wade, non la finiamo più se mi interrompi ogni due secondi." esclamò esasperato il più piccolo.

"Ops, pardon."

"... Dunque, dicevo." mormorò stancamente "A quel punto me ne volevo andare ma... umh."

Fece una pausa, mordendosi il labbro inferiore.
A quanto pareva, neanche parlarne al telefono rendeva le cose più facili.

"Petey?"

"... Ti ho visto e... sembrava che ti fossi dimenticato di me, che non ti fossi accorto che ero svanito e- ci sono rimasto male. E ho visto delle cose che- beh- uh, a quel punto sono arrivati Harry e Mary Jane e mi hanno convinto a tornare a casa. Poi a casa è successo-"

Si ritrovò ad arrossire, nonostante la situazione, a quel ricordo.

"... Emh, diciamo che unito a quello successo e a come è successo... pensavo non fossi tanto serio e-"

"Aspetta, aspetta, aspetta, aspetta." lo bloccò nuovamente "Non so bene che è successo alla festa, fra quei cretini e- e- boh, non pensavo di essermi comportato così male e, anche ora non capisco bene che ho fatto ma- insomma. Ero , forse sono ancora, un po' brillo e magari ho fatto qualche cretinaggine che non ricordo. Strano però, ero abbastanza lucido e- sto divagando. Ma non ho capito l'ultima cosa. Che volevi dire che 'non pensavi fossi serio'?"

"... Beh..." borbottò Peter, in preda all'imbarazzo "Sei abituato a baciare tante persone e-"

"Petey, mi stai dando della zoccoletta?" ribattè l'altro, senza trattenere un certo risolino nella voce.

"COSA? NO." esclamò in tono più acuto del previsto "E' che so bene che sei una persona con - uh- più esperienza di me e quelli sono magari gesti che... si fanno con più facilità, senza pensare."

"Okay, questo mi ferisce." mormorò, con un sospiro rassegnato "Pensi che farei qualcosa come questa con facilità?"

Il newyorkese ripensò a quanto fosse bastato il gioco della bottiglia per far in modo che il biondo baciasse qualcun'altra.
... Ma non voleva assolutamente nominare la cosa, ora come ora.

"Uh, più o meno." borbottò, un po' irritato a quel ricordo.

"... Okay, è vero. Sono un po' sciacquetta." confermò l'altro "Ma non era stato questo il caso. Cioè, non con te."

"Wade, hai presente che dopo che mi hai baciato hai commentato sul fatto che almeno avevi cambiato sapore o qualcosa del genere?"

"... Petey, pensi che ti abbia scambiato per un collutorio?" ribattè ancora, ridacchiando nuovamente e, a sto giro, irritò non poco il moro.

"Senti, non lo so che diavolo si dice in un momento del genere ma so per certo che quello non fossero propriamente le parole adatte in quella situazione." rispose in tono sempre più irritato "E anche ora non mi sembri tanto serio."

"Principessa, sono più serio di quanto tu creda ma, ammetterai che sono sempre stato strano forte e non ho chiuso occhio e mi hai chiamato ad un orario improponibile ma che comunque ti sto parlando perchè ci tengo, anche se ho un modo folle di tenere alle persone?"

Il minore sapeva che l'altro non aveva tutti i torti, ma era troppo stanco e il suo mal di testa non aveva fatto che aumentare nel poco tempo che aveva parlato con l'altro, quindi non era per niente in condizione di fare la persona matura, ora come ora.
Non gli restava altro che sbuffare con fare infastidito, non trovando nessuna argomentazione valida per ribattere.

"Ammetto che mi sono un po' perso e penso che molte cose tu non me le voglia dire... ancora." disse pensieroso il maggiore "Però ad una cosa devi rispondere."

"A cosa?"

"Siamo più o meno d'accordo che non ho avuto i modi, il- uh, tatto giusto? Ma... Se l'avessi avuto?" chiese, con sincera curiosità "Se avessi dimostrato che fossi stato serio, sarebbe cambiato qualcosa? Vuoi che la prossima volta ti porti dei fiori, ti faccia una richiesta scritta o-"

"Dio, quanto sei cretino." sbottò il più piccolo, esasperato "Ovvio che sarebbe cambiato. Sarebbe cambiato tutto."

E a quel punto, Peter si rese conto cosa avesse appena detto.

"... Mh, interessante~"

Mai il newyorkese avrebbe voluto sotterrarsi come in quel momento.

"Peach, ci sei ancora?"

"Vorrei dire di no." borbottò, in completo imbarazzo "Perchè con te divento sempre più stupido?"

"Non saprei, ma credo sia contagioso." esclamò l'altro in tono allegro, quasi raggiante "Seeeeenti, avrei un'idea. Ora siamo stanchi, fusi, isterici eeee non mi vengono altri aggettivi, quindi mi fermo qui. Ma magari non sarebbe male parlarne... Faccia a faccia? Chiarire definitivamente? Non ti dico ora, magari dopo aver riposato o fra qualche giorno o- quando preferisci. Basta che tu... stia tranquillo, ecco."

Peter rimase in silenzio per un lungo istante, cercando di cacciare via la vergogna per quanto ammesso poco prima e per tutta quella situazione in generale, per poi riflettere sulle sue parole.
Avevano bisogno di parlare di tante, tante cose ma, soprattutto, in completa tranquillità.

"... Sì, penso anche io."

Avrebbero dovuto chiarire, in bene o in male, una volta per tutte.

// Scusate l'ennesimo ritardo! ;_;
Ero convintissima di riuscire a pubblicare per i primi di giugno... Ed invece, eccomi quasi a luglio. ;7;
Comunque... Ragazzi, vi rendete conto che, oltre ad essere quasi alla fine (il prossimo è l'ultimo capitolo) è passato un annetto dalla pubblicazione?**
E' un anno che state seguendo questo mio progretto e siete aumentati sempre più! (Fra le gente che ha messo la storia nei preferiti, ricordata, etc. siamo a circa una quarantina di persone che leggono **)
Come al solito, ringrazio la mia amica Alice per le correzioni e per tutta la sua pazienza.
Che dire? Ci vediamo fra un mesetto (e stavolta dovrei essere anche puntuale, visto che il prossimo pezzo è un po' più breve (?)) con la fine di questa fanfiction. <3
   
 
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