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Autore: heliodor    25/06/2020    1 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Una piccola rivincita
 
“Hai salutato le tue amiche?” le chiese suo padre mentre sistemava l’ultimo di dodici sacchi sul carretto. Era piccolo e stipato di roba non aveva più spazio all’interno, anche se avevano ricavato un paio di giacigli sulle case piene di ferri per forgiare le armi.
Valya si strinse nelle spalle. “Breye è andata a Palen a trovare una zia che sta male ed Enye da quando lavora alla conceria degli Allard ha pochissimo tempo.”
In realtà erano almeno cinque o sei Lune che l’amica la evitava. Ora che sapeva dei Chernin sospettava che avessero ordinato alla ragazza di non frequentarla più.
Il padre di Enye lavorava per i Garvin alla segheria e loro erano in affari con Myron Chernin.
Dannati Chernin, pensò Valya mentre buttava il sacco sul carro.
Mentre suo padre era voltato gettò una rapida occhiata all’interno per assicurarsi che il baule in soffitta fosse stato portato giù.
Riconobbe subito le pensanti borchie di acciaio e il lucchetto a cerniera che non era mai davvero chiuso e si sentì rassicurata.
Per un attimo ebbe un fugace ricordo di quando aveva impugnato quella spada, della sensazione di forza a potenza che le aveva trasmesso e del duello con Razen e di come lo aveva atterrato, per poi farsi cogliere alle spalle da quell’idiota di Brenn.
La prossima volta starò più attenta, si disse. Non mi coglierà di nuovo di sorpresa. Nessuno lo farò. Non se avrò quella spada.
La spada.
Per due giorni l’aveva desiderata e sognata. Si era svegliata di notte pensando che qualcuno l’avesse rubata o che fossero tornati i Chernin per prenderglielo.
In preda all’inquietudine era salita in soffitta e aveva controllato che fosse tutto al suo posto. Quando era tornata a letto si era riaddormentata serena.
Per un po’.
Il giorno dopo c’erano state troppe cose da fare per pensare alla spada. Suo padre aveva deciso di portare con sé tutti i ferri della forgia.
“A che serve portarceli dietro?” aveva chiesto Valya. “A Ferrador te ne daranno sicuramente di nuovi e migliori.”
Simm Keltel aveva brontolato qualcosa. “I miei ferri sono solo miei. Non li lascerò qui perché qualcuno li rubi e li usi per sellare i cavalli o estrarre qualche dente” aveva detto. “Sarebbe uno spreco inutile. Senza contare che ormai le mie mani si sono adattate a quelle pinze e a quei martelli. Ci metterei troppo a trovarne altri di simili e il tempo è quello che ci manca.”
L’altro pensiero che tormentava Valya era la guerra.
Da quando suo padre gliene aveva parlato non aveva pensato ad altro.
“Che cos’è l’orda? Chi è Malag? E cosa vuole da noi? Non era morto?”
Suo padre brontolava a ogni domanda.
“Ci sono state delle battaglie? Con dei morti? Hanno messo sotto assedio qualche città?”
“Senti Valya” disse suo padre spazientito. “Non lo so. Non so che cosa vuole Malag da noi. Probabilmente anche lui vuole la mia forgia.”
“Ma Bellir non lo aveva ucciso?”
Era una storia che tutti conoscevano e che le era stata raccontata molte volte. Malag era un arcistregone che si era ribellato e aveva radunato un esercito, ma poi era stato sconfitto da Bellir, il più grande eroe di tutti i tempi. Lui aveva affrontato Malag armato della spada forgiata dagli elfi e l’armatura costruita dai nani.
A Valya tutta la storia faceva ridere e le sembrava una favola da raccontare ai bambini, ma una cosa era certa: Bellir era esistito e aveva sconfitto l’arcistregone, che da allora era sparito per ritornare cento anni dopo.
Simm Keltel sospirò. “Si vede che non ha colpito bene” disse scuotendo la testa.
“Ma Bellir…”
“Quei sacchi non si porteranno da soli fino al carro” disse suo padre con tono perentorio.
Valya però voleva sapere e quando si fermarono per mangiare qualcosa, sedette a tavola e fissò suo padre con sguardo inquisitorio.
Simm inspirò una boccata d’aria. “Senti, io non ero nato all’epoca. Nessuno che incontrerai oggi lo era, ma il nonno di mio nonno sì, lui c’era.”
Valya si fece attenta.
“Non è andata proprio come raccontano le storie che girano” proseguì suo padre assorto. “Malag scatenò una rivolta nel continente antico. Città si sollevarono contro i loro governanti e li uccisero o esiliarono. Poi radunarono gli eserciti e marciarono verso le città vicine. Per liberarle, dicevano i ribelli. Per conquistarle e devastarle, fu quello che accadde in realtà. Fu allora che i mantelli neri di Malinor, quelli verdi di Nazedir e molti altri, si unirono in un’alleanza che non si vedeva dai tempi dei tiranni di Berger. Combatterono contro Malag e la sua orda e morirono. Quando tutto sembrava perso, apparve Bellir.”
“Bellir” esclamò Gladia. “Il più grande guerriero di tutti i tempi. Dopo Ambar il Nero e Margry Mallor.”
“Nessuno di loro è mai esistito. Sono leggende.”
“Ma Bellir era reale, no? Lo sanno tutti.”
“Tutti non sanno niente” disse suo padre alzandosi.
“E poi che cosa accadde?”
Simm scrollò le spalle. “Bellir sfidò Malag a duello e lo sconfisse. Fine della storia.”
Non era finita affatto, si disse Valya, se Malag è ancora vivo.
“Aspetta” disse rivolta al padre. “Devi raccontarmi il resto.”
“Il resto di cosa? È tutto qui.”
“No” fece Valya. “Cosa successe a Bellir dopo il duello?”
“Scomparve subito dopo. Alcuni dicono che morì.”
“Ma…” tentò di protestare.
“Ti ho detto tutto quello che so di lui” disse Simm tagliando corto. “Ma quando saremo a Ferrador potrai chiedere a un erudito di corte se ne sa di più. Loro sanno tutto.”
“Un erudito” disse Valya. “Glielo chiederò, se ne troverò uno.”
“Bene” fece Simm soddisfatto. “Ora trova il tempo per portare le lenzuola al pozzo e lavarle per bene. A proposito, dove hai messo quelle che hai lavato l’altro giorno?”
Valya si alzò di scatto. “Ci vado subito” disse correndo verso la porta.
 
Per tutto il tragitto verso il pozzo pensò a Bellir e alla sua impresa. Immaginò l’eroe nella sua armatura scintillante, la spada magica degli elfi nella mano destra e uno scudo nell’altra.
La spada degli elfi, si disse. Ovvio che Bellir abbia ucciso Malag. Il più forte degli stregoni non poteva niente contro una spada magica. Malag però è ancora vivo. Se avessi anche io una spada magica potrei sfidarlo a duello e ucciderlo.
Immaginò lei stessa nell’armatura scintillante che era stata d Bellir, la spada nella mano. Solo che non era la spada dell’eroe, ma quella che aveva trovato in soffitta.
Chissà se è ancora nel baule? Si disse. Appena tornata a casa troverò una scusa per dare un’occhiata al carro e…
Era quasi arrivata al pozzo e le braccia le facevano male per il peso del cesto di lenzuola. Aveva recuperato quello abbandonato per strada due giorni prima e lo aveva aggiunto a quello.
Li laverò tutti e due, pensò Valya. Così mio padre non si accorgerà che li avevo lasciati per strada.
Il pozzo era un foro scavato nel terreno sopra il quale era stata eretta una struttura di tronchi di legno a cui era arrotolata una carrucola che terminava con un secchio.
Afferrò il secchio con la mano destra mentre con l’altra si reggeva alla struttura per non rischiare di cadere di sotto. Non era moto profondo, ma una volta il figlio degli Allard vi era precipitato per gioco e si era fratturato una gamba.
Manovrando la carrucola fece per posizionare il secchio sopra il pozzo, quando con la coda dell’occhio notò un’ombra che le scivolava al fianco.
Fece per girarsi di scatto perdendo la presa sulla struttura di legno. Per un attimo rimase in equilibrio sul pozzo, il baratro nero sotto di lei che sembrava un enorme animale pronto a divorarla.
Ecco, si disse. Adesso ci cadrò dentro e mi farò male. Papà si arrabbierà moltissimo perché non potrà andare a Ferrador come aveva progettato, il debito non sarà pagato e io finirò a fare la serva per…
Una mano l’afferrò per il braccio e lei smise di essere in bilico sul pozzo. Valya si aggrappò alla mano e con una spinta decisa riguadagnò il solido terreno.
Si concesse un sospiro di sollievo prima di alzare gli occhi verso il suo salvatore e corrucciarsi.
Il viso rotondo di Ros Chernin, l’espressione imbarazzata, lo fissava accigliato. “Stavi per cadere” disse con voce appena udibile.
“Per colpa tua” ringhiò Valya. “Che vuoi? Perché mi segui?”
 Ros impallidì. “Non ti stavo seguendo, lo giuro. Passavo per il sentiero e ti ho vista per caso che stavi andando al pozzo.”
“Quindi mi spiavi?” gli chiese con tono accusatore.
“No” esclamò Ros. “Non lo farei mai.”
“Sei un Chernin. Saresti capace di tutto.”
Ros abbassò gli occhi. “Mi spiace che la pensi così.”
“Che vuoi? Ho da fare.”
Lui risollevò la testa. “Stavo proprio venendo da te. Da tuo padre. Da voi. Alla forgia, insomma” disse annaspando.
“Non abbiamo niente per te alla forgia. Nemmeno porti la spada.”
“Non saprei come usarla” ammise lui. Sollevò un braccio. “Non sono molto forte. Non come Rezan e Blenn.”
Valya si innervosì sentendo i loro nomi. “Non mi parlare di loro. Lo sai che mi hanno aggredita l’altro giorno?”
“Rezan dice che ti ha sconfitta a duello. Ha detto che ti avrebbe tagliato un orecchio se degli stranieri non ti avessero aiutata.”
“Non è vero” esclamò Valya con veemenza. “Io ho sconfitto lui e lo avrei umiliato come meritava se Blenn non mi avesse colpita alle spalle.”
Ros la guardò stupito. “Tu hai battuto Rezan?”
“Ti sorprende?” fece Valya compiaciuta. “Sono diventata forte con la spada.”
“Rezan è stato addestrato da Elyas Kroft” esclamò Ros come se quello spiegasse tutto.
“Non ho idea di chi sia.”
“È uno dei migliori maestri di spada di Talmist. Mio padre gli ha dato più di mille monete per le lezioni di spada di Rezan.”
“Ha sprecato i suoi soldi” disse Valya sempre più compiaciuta. “Maestro o no, io l’ho battuto.”
“Ti credo” disse Ros.
Valya si accigliò. Si era aspettata una protesta da parte sua o che avesse preso le difese del fratello. “Tu mi credi?”
Ros annuì deciso. “Rezan è un bugiardo, ma è anche maldestro quando mente. Scommetto che potrei smascherarlo facilmente, ma” scosse la testa. “Non so se mi converrebbe mettermi contro di lui.”
“Non mi interessano le vostre faccende” disse Valya spazientita. “Venivi alla forgia per minacciarci come ha fatto tuo padre l’altro giorno?”
Ros scosse la testa con vigore. “No, io” esitò. “So che cosa ha fatto mio padre. Ha minacciato metà Cambolt di chiudere le sue attività se avessero continuato a dargli lavoro. E una volta l’ho sentito parlare con Fen Allard riguardo al padre di Enye.”
“Lo immaginavo” disse Valya con rabbia. “Quell’uomo ce l’ha con noi. Ma non durerà a lungo.”
“Io non lo trovo giusto” si affrettò a dire Ros. “Tuo padre è una brava persona e non merita di perdere la forgia.”
“È una questione che non ti riguarda e che risolveremo da soli, come abbiamo sempre fatto.”
“Lo so.”
“Se lo sai perché sei qui?”
Ros arrossì.
Valya lo fissò con astio. “Allora che vuoi da me, Chernin?”
Ros infilò una mano sotto la tunica e ne tirò fuori un sacchetto. Dopo un istante di incertezza glielo offrì.
Valya guadò il sacchetto con sospetto. “Che c’è lì dentro?”
Ros deglutì a vuoto. “Duecento monete.”
Valya si accigliò.
“Prendile” disse il ragazzo. “Le avevo messe da parte un po’ alla volta, ma sto per partire e dove andrò non mi serviranno.”
“Perché me le stai offrendo?”
“Con queste potrete pagare parte dei debiti. Non è molto ma è tutto quello che posso darvi. Per scusarmi con voi per quello che ha fatto mio padre.”
Valya fissò il sacchetto con gli occhi socchiusi, la rabbia che le montava dentro e le faceva battere forte il cuore. Lo strappò di mano a Ros.
Lui la fissò sorpreso e fece un passo indietro. “Accetti le mie scuse, Valya?”
“Le accetto, sì” disse lei soppesando il sacchetto nella mano. La stessa che aveva usato per duellare con Rezan e batterlo. “Ma non i tuoi sporchi soldi, Chernin.” Era un’occasione unica per prendersi una piccola rivincita su quelle persone e non voleva sprecarla. Con un gesto studiato e plateale tese la mano verso il pozzo e vi gettò dentro il sacchetto.
Ros aprì la bocca per dire qualcosa ma sembrò ripensarci. Scosse la testa. “Perché lo hai fatto?”
“Tornatene a casa, Chernin e dì a Rezan, ai tuoi fratelli e a tuo padre che la prossima volta che mi vedranno dovranno trattarci con il rispetto che meritiamo. Noi Keltel siamo fatti così.”
Non attese la risposta di Ros. Prese il cesto con le lenzuola e si allontanò dal pozzo. A suo padre avrebbe detto che c’era troppa folla. In quel momento voleva solo godersi la magnifica sensazione che stava provando.
Avrebbe ricordato a lungo l’espressione sconcertata di Ros Chernin.

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