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Autore: Brume    26/06/2020    4 recensioni
Laurent Reve Grandier Jarjayes arriva in Normandia una sera di giugno.Dovrebbe fermarsi un paio di mesi, ma finirà per viverci.Devastato dal dolore, inizia a scrivere un diario, testimone di un viaggio fatto di ricordi, pensieri, sogni; vi riporterà i suoi pensieri, i suoi sogni, i ricordi e piccoli segreti -che non conosceva e man mano scopre- che lo aiuteranno a ricostruire la storia della sua famiglia ed a crescere, arrivando oltre a ciò che aveva immaginato.
NB I disegni sono realizzati da me con tecnica mista, acquarello , matita, china
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Oscar e Andrè'
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Stravolto.Mai aggettivo fu più azzeccato per descrivere Reve in quel momento. In cuor suo sapeva che prima o poi sarebbe successo, perchè quando parli con il cuore in mano, prima o poi i nemici te li fai, e ne aveva avuta prova qualche tempo prima...ma non credeva e pensava che tutto potesse succedere così in fretta, all' improvviso, in un momento in cui tutto era relativamente calmo. Eppure, era accaduto, e l'avevano organizzata proprio bene, questa retata. Il suo pensiero era rivolto alla moglie, ma anche ad Alexander e François... chissà come stavano, dove erano. E Alain? Girodelle?

Chi era, o erano, a volerlo arrestato o addirittura morto?

Reve pensava a questo, mentre cavalcava a spron battuto lungo vie che l' istinto gli suggeriva, fuori da sentieri conosciuti e frequentati.

Aveva deciso di andare verso sud, proseguendo per sentieri poco battuti e dormendo dove capitava senza mai dare nell' occhio; sarebbe tornato in Svizzera: in Italia era impensabile, essendoci di mezzo problemi di vario genere così come in Austria.

Era agitato e distrutto: aveva la felicità tra le mani, ed ora era tutto appeso ad un sottilissimo filo. Il suo cuore e la sua mente erano rivolti a Diane ed al figlio che doveva nascere.

Intorno ad un fuoco di fortuna, abbracciava le ginocchia posando il capo su di esse, lasciando che le lacrime corressero senza sosta sul suo viso sporco e stanco. Poi, preso il diario, cominciò a scrivere.

 

6 novembre 1820

Non ora, non ora.

Se esisti, Dio, fa che tutto vada bene; ora che ho trovato pace e felicità non portarmi via ciò che amo e ciò che ho fatto.

Non credo di aver mai fatto male a nessuno e ti prego di non portarmi mai ad imbracciare una pistola o un fucile, ma sappi che sarò pronto a farlo, se le cose si metteranno male.

Diane, amore mio, perchè sono partito senza di te?

Vorrei tornare indietro e prenderti, caricarti a cavallo, vorrei che tu fossi qui.

Ma le cose sono andate diversamente.

Spero che questo finisca presto e di rivederti: muoverò mari e montagne, ma tornerò da te e da nostro figlio.

Mamma, papà...aiutatemi.

 

 

Reve chiuse il diario, si guardò in giro e si preparò per la notte; ma aveva calvalcato per almeno 4 ore e non aveva idea riguardo a dove potesse trovarsi..ma bosco lo poteva proteggere, per un pò, sicuramente.Si appoggiò quindi ad un masso li accanto, e si addormentò, distrutto.

Il mattino si risvegliò poco prima dell' alba; buttò nella sacca la coperta e sellò il cavallo, quindi si guardò intorno e iniziò il suo cammino, prendendo per le redini l' animale. Si trovava in pianura, in un posto che non gli sembrava di conoscere; non vi erano abitazioni ma solo radure, boschetti e strade che parevano più sentieri.

Sospirò.

“Andiamo, forza e coraggio “ disse a sè stesso ed al cavallo, dopo avere percorso qualche centinaio di metri a piedi. Saltò in sella,vagò con lo sguardo lontano, e decise di continuare su quella strada, come se fosse in viaggio di piacere; la sua andatura era lenta e pacifica. Il cielo cangiante di azzurro e linee rossastre prometteva una giornata fresca e serena.

Fortunamente tutto proseguì liscio come pensava; percorse un paio d' ore e poi, intravisto un villaggio, girò intorno ad esso per capire se ci fossero pericoli e solo quando fu sicuro di non intravedere niente di strano vi entrò; aveva assolutamente bisogno di mangiare qualcosa.

Il villaggio era davvero piccolo, e la gente era indaffarata ad i soliti lavori, anche se nei campi non vi era molto da fare.Seduti sull' uscio di case vi erano massaie con i bambini e uomini intenti ad aggiustare finimenti, pentolami, e via dicendo. Si fece coraggio e chiese dove poteva trovare una locanda o una taverna; dopo alcuni sguardi diffidenti, riuscì finalmente ad avere una risposta.

“Andate da Gilbert, laggiù. Ha buon vino e sempre qualche piatto sul fuoco, se avete da pagare” disse un vecchio dalla barba bianca. “ da dove provenite, signore?”

“ Da Pas de Calais. “ rispose Reve “ e devo raggiungere la Svizzera. I miei genitori stanno molto male”

Il vecchio lo squadrò da capo a piedi; Reve restò calmo.

“Andate là, e buona fortuna. ” disse

“Grazie, monsieur...”

“... Cristian Lefevre” rispose l' uomo.

“Grazie, Monsiur Lefevre.” disse Reve; quindi condusse il cavallo verso il posto che gli avevano indicato, lo legò ad un anello a muro, e cercò di darsi una ripulita come poteva.

Non vi era nessuno a parte l' oste, un uomo corpulento con baffi e barba nera che coprivano gran parte del suo viso bianco e rosso.

“Buongiorno signore” disse, asciugando un bicchiere e appoggiandolo sul bancone, in attesa di una risposa.

“buogirono a voi. Vorrei della birra e se possibile mangiare qualcosa” chiese Reve

“Avete da pagare”?

“ Certamente” disse mostrando qualche moneta che lanciò sul banco.

“Ne bastano due. Sedetevi, vi porterò del latte caldo , del pane e della frutta che ho in casa, se vi accontetate” rispose l' oste.

“Va benissimo, vi ringrazio” rispose Reve, andandosi a sedere al primo tavolo che trovò, senza nemmeno togliersi la giacca. Appoggiò i gomiti sul tavolo e prese la testa tra le mani; si toccò il viso, sentì la pelle ruvida e secca e la barba, si sfregò gli occhi. Era stanco, e una giornata doveva ancora iniziare.

“siete in viaggio da molto?” chiese l' uomo, servendogli la colazione. Reve alzò il viso e guardò l'oste.

“Si. Devo tornare in Svizzera, i miei genitori stanno molto male. Ieri sera devo aver perso l' orientamento....” disse lui afferranso subito il pane

“Perchè dite così? Siete sulla strada giusta:, anche se non vicinissmo al confine.

“ Era buio, ed ero stanco...probabilmente non mi sono accorto....! “ rispose, sorridendo “ devo arrivare in Svizzera il prima possibile e sto cercando la strada migliore.

La recita andava avanti bene.

l' oste, in assenza di altri avventori, prese una sedia e si mise accanto a Reve.

“Sentite: a un paio d' ore da qui vi è un altro paese, dove potrete trovare un servizio di diligenze. Sarete pià comodo e potrete raggiungere i vostri cari senza problemi. Purtroppo qui non abbiamo stanze, ma se volete rendervi presentabile posso farvi preparare una tinozza , nella stanza sul retro. Potete anche radervi, se volete. “

Reve ci pensò su, perchè ormai sospettava di tutto e tutti, ma decise di accettare: sicuramente avrebbe dato meno nell' occhio se avesse mantenuto un certo ordine. Alla fine decise di prendersi del tempo e disse all' uomo di preparare il bagno.

“Sono proprio conciato , eh?” pensò ad alta voce.

“Pare sia stato inseguito dal diavolo, Monsieur. Non si preoccupi. Qui ce ne stiamo zitti, qualunque sia il motivo del vostro viaggio a me non importa. Non ha l' aria di essere uno di quelli” rispose l' oste, che aveva ripreso a trafficare tra botti di birra e formaggi.

Reve rimase basito.

“scusate, cosa intendete ?” chiese.

“non sembrate un aristocratico , quindi a me va bene così. Da queste parti, se ne troviamo uno, lo appendiamo all' insegna della taverna” rispose, severo.

Reve lo fissò, serio. Poi sorrise e scosse la testa.

“no, non sono un aristocratico” rispose con un filo di voce e aggiunse “ha visto beme. Le sarò grato, per la comprensione e l' aiuto” . Lasciò altre monete sul tavolo.

L' oste le prese e le nascose in tasca.

“Andate: credo sia pronto “ disse “ e prendetevi cura di voi. Avete l' aria di essere un brav' uomo. Quando avete finito, vi porterò il cavallo nel retro”.

Reve non poteva credere alle sue orecchie.

Certo, era sempre all' erta, ma solo per un attimo decise di fidarsi, e si rilassò dentro quel bagno caldo.

Gli tornò in mente Diane; sembravano passate settimane, invece era trascorso qualche giorno. Avrebbe voluto scriverle, ma come? Dove poteva indirizzare la corrispondenza? Forse era troppo pericolo, farlo ora.

 

Diane, mi manchi tantissimo. Cosa starai facendo ora? Stai bene? Ho ancora nelle narici il profuo della tua pelle, e nelle orecchie risuona la tua risata argentina... verrò a riprenderti, lo giuro, fosse l' ultima cosa che faccio! E insieme scopriremo chi ha voluto questo....” pensò Reve “Dovevo fermarmi solo qualche settimana.... invece eccomi qui.... madre, padre, aiutatemi, ve ne prego!!!”

 

Eh già...erano passati 4 anni ed era una persona completamente diversa, sia nel fisico che nell' animo; si era trasformato in un bellissimo uomo nel corpo e nello spirito, anche se in quel momento Reve non era esattamente al massimo della forma.

Dopo essersi rilassato un pò, si lavò e infine prese lo specchietto li vicino, si osservò e ammise a sè stesso che sembrava davvero scappato dal demonio, altrochè!

Decise di darsi una regolata, fare la barba e tornare accettabile; si lavò e poi cambiò gli abiti mettendo qualcosa di più semplice e che non lo facesse sentire nè un damerino nè un borghese e

poi, soddisfatto, legò i capelli ancora bagnati , sistemò la sacca e aspettò l' oste seduto su una vecchia panca del giardino sul retro.

“Siete pronto? “chiese l' uomo

“Si, Monsieur....non so come ringraziarvi, sono in debito con voi.” disse

“Lasciate stare” si schernì l' uomo “ piuttosto, adesso statemi a sentire:manca ancora un bel pezzo prima che possiate arrivare ad Auxerre, dovrete oltrepassare almeno 4 villaggi, piccoli paesi nei quali consiglio di non fermarvi: Perthes, Arbonne e Ury sono covi di monarchici.

Ad Auxerre andate all' hotellerie Sauver: è di mio cugino. Ditegli che vi mando io. “

“non so davvero cosa dire...mi ricorderò di voi, Monsieur!” rispose Reve salendo a cavallo e riprendendo il suo cammino.

 

 

***

 

Dopo un tempo che pareva interminabile ed avere oltrepassato campi, piccole colline, vallate e foreste, finalmente Reve arrivò alle porte di Auxerre: cresciuta sul fiume Yonne, era decisamente una bella cittadina di origine medievale e nella quale vi era abbazia dedicata a Saint- Germaine, mèta di pellegrinaggi . Reve si guardò in giro, si mischiò ai pellegrini e gironzolò per la città, alla ricerca dell' hotellerie Sauver. Dopo un tempo che pareva non passare mai, finalmente vide l' insegna di legno, ed entrò; era molto diversa da quella locanda di campagna. Una cameriera chiese se volesse pranzare, ed è ciò che fece perchè dopo giorni e giorni a cibarsi di ciò che trovava (si era perfino costruito una piccola trappola, come gli aveva insegnato suo padre, per catturare qualche animaletto) non vedeva l' ora di mettere nello stomaco del cibo decente.

“Vorrei anche una camera. Mi manda Gilbert” disse alla cameriera quando gli portò il pasto .

“dovete parlare con Monsieur Sauver, lo chiamo subito” rispose la ragazza, girandosi verso il bancone e facendo un cenno verso l' uomo addetto alla mescita del vino.

“Buongiorno, ditemi” chiese l' uomo, arrivando al tavolo facendo zig zag tra i clienti.

“ Buongiorno, mi manda Gilbert. Avete una camera per un paio di notti? Ho da pagare” chiese Reve, mostrando il denaro .

L' uomo annuì. “Quando avete finito il vostro pranzo venite al banco, vi condurrò nella vostra stanza. Avete anche un cavallo?”

“Si, Monsieur. L' ho legato qui fuori” rispose Reve

“Manderò il garzone a prenderlo e lo porterò nelle stalle; vi costerà qualche soldo in più” disse Gilber.

“Per me va bene. Merci” rispose , riprendendo a mangiare la sua zuppa e guardandosi intorno.

 

***

Reve fu condotto in una stanza al primo piano ,che dava sulla strada, con una finestra che gli mostrava l' andirivieni delle persone ed il traffico cittadino. Era una stanza modesta ma con tutte le comodità, compresa una toilette nascosta da un paravento, un piccolo camino, un letto comodo e una poltrona. Finalmente, dopo 13 giorni di viaggio, era riuscito mangiare decentemente e ora non voleva far altro che mettersi a mollo nella tinozza; ma il sonno prese il sopravvento e come appoggiò la testa sul cuscino, cadde stremato in un sonno profondo.

 

 

Dormi, figlio mio. Riposati. Una lunga strada di attende. Io e tuo padre staremo al tuo fianco ad ogni tuo passo” .

 

 

 

 

 

 

 

 


 

   
 
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