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Autore: LondonRiver16    27/06/2020    5 recensioni
Sam e Gabriel avevano detto addio all’appartamento in Salisbury Willows tre anni prima. Ai loro occhi, l’opera di raggranellare i risparmi, chiedere un prestito, comprare un’abitazione con gli interni da ristrutturare e trasferircisi ben prima di aver allacciato le utenze era stata la promessa più consistente e tenace che avessero fatto l’uno all’altro, i voti anticipati di un matrimonio e di un futuro famigliare su cui non avevano ancora riflettuto in termini concreti. Non ancora, almeno.
Genere: Angst, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Claire Novak, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
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- Questa storia fa parte della serie 'Briciole di crostata sulle lenzuola'
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4. Cotone

 

Quando Sam tornò in cucina e si chiuse alle spalle la porta scorrevole con decisione, Gabriel non perse tempo per dargli addosso approfittando del tono acido che di solito riservava alla maionese impazzita.

- Sul serio, Sam? Ti sembra davvero il momento adatto a un tête-à-tête? - scattò.

Non si era spostato di un centimetro, notò Sam. Se ne stava appoggiato al davanzale della finestra che si affacciava sui campi immersi nel buio a est, con le braccia incrociate saldamente davanti al petto e il viso contratto nella stessa espressione adirata e nervosa che era riuscita a intimorire Claire. Se il disappunto di Sam non fosse stato altrettanto dirompente, grazie a quelle premesse il maggiore della coppia avrebbe già potuto cantare vittoria.

- Se proprio vuoi saperlo, non credo avrei potuto scegliere momento migliore - decretò Sam, senza arretrare di un millimetro dalla linea di fuoco e piantandosi dall’altro lato del tavolo prima di vibrare la propria replica. La stava trattenendo da quando l’ultima uscita di Gabe nei confronti della sorella gli aveva gelato lo stomaco. - Come ti è saltato in mente di trattarla in quel modo?

Sputò fuori quel rimprovero in un unico sibilo, sporgendosi verso il fidanzato fino al punto di doversi appoggiare al tavolo di legno massiccio della cucina con entrambe le mani. Perfino Gabriel, anche preso com’era dalla rabbia di quel frangente, ebbe modo di accorgersi che gli tremavano leggermente i polsi e operò la saggia decisione di chiudere gli occhi e immergersi in un respiro profondo.

- Sam - sospirò poi, tornando allo sguardo implacabile del ragazzo. - Si è…

Ma il giovane non gli concesse la possibilità di continuare.

- Gabriel James Hale, ti avverto, - lo interruppe, incredulo ma irriducibile, - osa dire qualcosa di anche solo vagamente simile a “Si è fatta mettere incinta” e io ti giuro su quanto ho di più caro che non basteranno tutte le serenate del mondo a farmi rimettere piede in questa casa.

Gabriel lo affrontò per quello che era: un colpo basso. Ma necessario. Sam non permise a se stesso di retrocedere da quella convinzione nemmeno quando riconobbe un guizzo di dolore nello sguardo attonito di Gabriel, che aveva appena serrato di nuovo le labbra fino a ridurle a una linea sottile dopo aver perso le parole.

Vedendolo ritrarsi, Sam addolcì il tono di voce di qualche punto decimale.

- Ascolta - esalò, sentendosi come se lo stesse riaccogliendo al tavolo degli adulti. - Capisco che tu sia scioccato e turbato. Lo sono anch’io, me lo aspettavo quanto te. Ma non è un buon motivo per trattare tua sorella come se avesse commesso un crimine violento. Perché forse non te ne sei accorto, ma hai usato il tuo attacco d’ansia per aggredirla. Non per cercare di capirla, di consolarla o di rassicurarla, che è esattamente ciò che dovremmo essere di là a fare. L’hai usato per urlarle addosso. L’hai spaventata, quando penso abbia già abbastanza ragioni per esserlo senza che suo fratello maggiore, che tra parentesi adora, si aggiunga al mix.

Per tutto il tempo utile affinché la predica facesse effetto, Gabriel se ne stette immobile e in silenzio come un ragazzino vittima di una sgridata molto più violenta. Sam aveva appena concluso il discorso in toni perfettamente ragionevoli quando il maggiore trasse a sé la sedia più vicina per crollarci sopra e seppellire la faccia tra le mani.

- Hai ragione. Cazzo, hai ragione - furono le uniche parole soffocate che emersero dal suo rifugio.

Ma furono più che sufficienti perché Sam capisse che Gabriel si era finalmente permesso di crollare e gli lasciasse il tempo che gli occorreva per riprendersi.

Il trentaduenne sapeva che le emozioni da cui Gabriel si era lasciato dominare davanti a Claire erano il riflesso di unangoscia antica, viscerale, e del suo riemergere in superficie senza alcun preavviso. Sam sapeva che avrebbe avuto conferma di quanto fossero buone le intenzioni di Gabriel, una volta che il suo compagno fosse tornato in sé. Fu per questo motivo che attese pazientemente di vedere di cosa Gabriel avrebbe avuto bisogno e si fece trovare saldo dai suoi occhi stanchi quando questi tornarono a cercarlo.

- A parte per quanto riguarda il fatto che mi adora - aggiunse a quel punto il trentasettenne, laconico in quel lampo di sarcasmo autodistruttivo. - Non credo proprio.

L’espressione devastata che si fece largo sul volto della persona che amava non appena quell’accenno di sorriso mesto svanì decretò la fine dell’approccio rigido di Sam.

Maledizione, pensò il ragazzo, nell’atto di abbandonare la sua postazione di attacco per circumnavigare il tavolo e mettersi a sedere sulla sedia accanto a quella di Gabriel. Un momento più tardi, la sua mano stava stringendo la spalla del maggiore per dargli conforto e attirare la sua attenzione.

- Sei stato il primo a cui ha voluto dirlo - gli fece considerare non appena poté rivedere l’ambra delle sue iridi, in tono decisamente più lieve di un minuto prima. - Non l’ha ancora detto a sua madre, ma ha scelto di confidarsi con te. E se è delle conseguenze della tua scenata che ti stai preoccupando, sappi che quello che Claire prova nei tuoi confronti non è il tipo di fiducia o ammirazione che si possa mandare all’aria con un unico passo falso. Credimi, so quello che dico. Si dia il caso che anch’io abbia un fratello maggiore per cui stravedo da quando avevo quattro anni. E Dean non è uno stinco di santo, me ne ha fatte di tutti i colori, ma questo non toglie che darei la vita per lui.

Parlò piano, con calma e considerazione, perché non sussistesse alcun dubbio sul fatto che credeva profondamente in ciò che stava dicendo. Gabriel se ne accorse e parve giovarne, perché accennò un sorriso un po’ meno avvilito del precedente. Quindi prese un altro respiro profondo e si strofinò gli occhi con i palmi delle mani prima di abbandonare le braccia sul tavolo.

- Con noi. Ha scelto di confidarsi con entrambi - lo corresse poi, non senza un’oncia di orgoglio.

Sam gli restituì lo stesso sguardo furbo, lieto di sentire la tensione dissolversi nell’atmosfera ora quieta e riscaldata dal canto placido dei grilli.

- Perché sa che io so come gestire te e la tua, diciamo, personalità dirompente - replicò, sul pezzo.

- Quanto è vero - mormorò Gabriel, mentre quasi sovrappensiero intrecciava le dita a quelle di Sam e si avvicinava la sua mano alle labbra per posargli un bacio casto sulla parte interna del polso.

Mentre lo lasciava fare e si godeva quel piccolo ma incommensurabile gesto d’affetto, Sam decise che non aveva senso aspettare oltre.

- Gestiremo questa situazione insieme, ma lo faremo come si deve - stabilì, sapendo di parlare per entrambi. - Per il bene di Claire. D’accordo?

Gabriel si limitò ad annuire, grave, e a prendere l’iniziativa nel rimettersi in piedi per primo. Vedendolo dirigersi verso la porta dopo averlo ringraziato con una stretta affettuosa al braccio, Sam lo seguì, ma rimase a qualche passo di distanza una volta che entrambi sbucarono nuovamente in soggiorno. La stanza era illuminata dalla luce calda e aranciata della lampada in piedi che sostava nell’angolo alle spalle di Claire.

- Claire… - chiamò debolmente Gabriel, deglutendo per combattere il nodo in gola, non appena sua sorella alzò lo sguardo su di loro.

Dopo aver sorbito alcuni sorsi della sua camomilla, la ragazza aveva appoggiato la tazza sul tavolino ed era scivolata fuori dall’abbraccio di cotone delle sue scarpe di tela leggera per potersi portare le ginocchia al petto e rimanere lì, coi pallidi piedi nudi sui cuscini del divano, in silenzio e in attesa della prossima frana che avesse voluto crollarle addosso e testare i suoi nervi. L’occhiata che rivolse al fratello aveva un pizzico della riottosità latente tipica del carattere di Claire, ma ciò che spezzò il maggiore dovette essere il bagliore di timore che riconobbe negli occhi chiari della ragazza nell’istante il cui il suo sguardo passò da lui a Sam, per poi tornare indietro. Dio, era stato lui a costringerla a ritrarsi in quel modo?

- Claire, mi dispiace - si affrettò a dire allora, annichilito da quella reazione. Le si fece più vicino lentamente, parlando col cuore in mano mentre approcciava l’ansa del divano nella quale lei si era affossata. - Non avrei dovuto permettermi di parlarti in quel modo. Non ho idea di cosa tu abbia passato nelle ultime settimane né di quello che stai passando ora. So solo che mi sono appena comportato come un coglione. Se può consolarti, Sam mi ha tirato le orecchie a dovere. Credi che… potrai perdonarmi?

Vedendolo inginocchiarsi di fronte a lei e poi sedersi sui talloni per permetterle di guardarlo negli occhi senza dover alzare la testa, come Gabriel era solito fare quando lei era una bambina alle prese con le assurdità incomprensibili del mondo dei grandi e lui era spesso il suo unico ponte verso la salvezza, Claire non riuscì a trattenere un mezzo sorriso.

- Spero te le abbia tirate molto forte - bisbigliò, con l’aria di chi avrebbe potuto scoppiare a piangere se solo si fosse permessa di aumentare il volume.

Gabriel assentì, accennando a sua volta un sorriso contrito.

- Fino a farmi lacrimare.

- Bene - replicò Claire, guardandolo dritto negli occhi.

Non servirono più di tre secondi perché la ragazza si slanciasse in avanti per abbracciare il fratello e seppellire il viso nell’incavo del suo collo. Gabriel ebbe appena il tempo sufficiente a ritrovare l’equilibrio e a circondarla a sua volta con le braccia, prima di rendersi conto che il colletto della sua maglietta di cotone era umido e che il corpo di Claire era scosso dai singhiozzi trattenuti fino a quell’istante.

- Ehi, ehi, ehi - sussurrò allora, carezzandole la schiena tremante con estrema delicatezza. - Sorellina…

Cercò di trovare le parole adatte a calmarla, ma Claire lo batté sul tempo, mormorandogli all’orecchio: - Ho paura, Gabe.

Nel silenzio di cristallo del salotto, anche Sam udì quelle parole e il brivido che gli corse lungo le braccia fu simile all’impulso primordiale che portò Gabriel a consolidare l’abbraccio. Puro e semplice istinto di protezione.

Entrambi non poterono esimersi dal porsi mute domande: di cosa aveva paura Claire, nello specifico? Di quella che sarebbe stata la reazione dei suoi genitori alla notizia? Della gravidanza in sé e per sé e delle possibili complicazioni? Del futuro? Delle conseguenze sociali ed economiche dell’essere una studentessa ventunenne rimasta incinta dopo un rapporto occasionale? O quella che aveva parlato era già una madre che temeva per suo figlio? Le interpretazioni di quella frase avrebbero potuto andare avanti all’infinito. Da cosa dovevano proteggerla?

Da tutto, si rispose mentalmente Sam. Non importa cosa accadrà, la proteggeremo da tutto.

Dopo pochi secondi, ci pensò Gabriel a dare voce ai loro pensieri in comune.

- Andrà tutto bene, leoncina - assicurò il maggiore, premendole le labbra appena sopra la fronte in un gesto di conforto che aveva sempre fatto miracoli con Claire.

Dopo qualche respiro profondo, era decisamente tornato in sé e ora stava offrendo a sua sorella la stessa resistenza ferrea colpevole di aver salvato la vita di Sam, anni addietro. Sam stesso diede il merito a quella sua magia intrinseca quando Claire lasciò che Gabriel le prendesse il volto tra le mani e le asciugasse le guance bagnate di lacrime con i pollici.

- Ci sono qua io, d’accordo? E insieme faremo sì che vada tutto bene, come sempre - la blandì, il tono di voce simile a quello di una melodia tranquillizzante. Incitato da quegli occhi chiari concentrati sui suoi, sorrise incoraggiante. - Puoi dirmi tutto, lo sai? Se vuoi parlarne ancora… o se preferisci che restiamo qui in silenzio, va bene. Va bene tutto. Sono qui.

- Siamo qui - precisò Sam, sedendosi a pochi cuscini di distanza con gli avambracci sulle ginocchia.

Gabriel annuì, ringraziandolo con lo sguardo.

- E non andiamo da nessuna parte. O perlomeno, non io. Sono troppo pigro per muovere il culo, specialmente alla mia età e di venerdì sera.

Il tentativo di Gabriel di farla ridere funzionò a sufficienza, abbastanza perché Claire gli mollasse una manata scherzosa sulla spalla, salutasse le lacrime e si rimettesse comoda sul divano. Quindi si prese un minuto per ricomporsi e biascicò qualche ringraziamento per rasserenare i due ragazzi.

- C’era… c’è un’altra cosa di cui vorrei parlarvi - proseguì una volta che i singhiozzi si furono placati una volta per tutte.

Dalla sua espressione sembrava che si sentisse combattuta, ma che alla fine fosse giunta alla conclusione che ormai era in ballo e non c’erano più ragioni per non tirare fuori tutto ciò che era venuta a confessare. Sia Sam che Gabriel la osservarono mordicchiarsi le unghie per qualche secondo, in attesa che la smettesse di tenerli ulteriormente sulle spine.

- È il motivo per cui ho voluto aspettare che potessimo vederci tutti e tre assieme.

- Va bene - la assecondò Gabriel. - Quando vuoi. Se vuoi. Senza problemi.

Sam gli lanciò un’occhiata obliqua, chiedendosi se quell’accenno di sproloquio fosse un segno più o meno lampante della sua crescente agitazione. Che cos’altro teneva in serbo Claire per quella serata? Gabriel aveva già l’aspetto di un uomo a cui gioverebbero due o tre dosi di valeriana.

- C’è una ragione per cui ho aspettato tanto a dirlo - sospirò infine la ragazza, giocherellando con l’orlo del proprio vestito. - E per cui ho voluto dirlo a voi per primi. Voglio darvi più tempo possibile perché possiate rifletterci bene anche prima che lo sappiano mamma e papà e iniziate a parlarne anche con loro. Voglio darvi la possibilità di discuterne in qualità di coppia - specificò, dedicando qualche secondo a guardare negli occhi ognuno di loro, come se volesse che quel messaggio ancora criptico penetrasse a fondo.

Entrambi i ragazzi dovettero concederle un cenno di assenso prima che lei seguitasse.

- Per prima cosa, dovete sapere che non abortirò. Ho deciso così.

Sia Sam che Gabriel accettarono con una giusta dose di serenità il verdetto di quella che fin dall’inizio avevano considerato una scelta di Claire e di nessun altro.

- D’accordo - ribatté Gabriel, laddove il suo compagno si limitò a un sorriso quieto.

La ragazza parve farsi forza della loro rinnovata calma.

- E quello che volevo chiedervi è… - andò avanti, mordicchiandosi le labbra prima di arrivare finalmente al dunque. - Vorrei chiedervi se potreste considerare l’idea di adottare voi il bambino. E crescerlo. Insomma, di fargli da genitori. Di essere i suoi genitori, completamente - chiarì, ed era talmente presa dal tentativo di arrivare fino in fondo al discorso che si era preparata da non notare il modo in cui la stanza sembrava essersi capovolta sotto i piedi di suo fratello e suo cognato.

- Io non posso crescerlo - perseverò, ignorando il loro stupore. - Non posso tenerlo con me. Voglio continuare a studiare con tutta me stessa e sarebbe ingiusto per lui, o lei, avere una madre che non gli dia tutta l’attenzione che merita e così… così impreparata alla vita.

Percependo una nota greve di biasimo, Gabriel le appoggiò una mano sul ginocchio.

- Claire…

Ma lei insistette, imperterrita e agguerrita nel suo aggrapparsi così saldamente alla speranza.

- Lo darò in affido comunque, d’accordo? In ogni caso, non esiste che resti con me. L’ho già escluso dal mio ventaglio di possibilità - decretò, deglutendo, e guardandola lottare per non commuoversi Sam pensò che, convinta o meno che si ritrovasse a essere, quella non sarebbe stata una resa facile per nessuna donna al mondo.

- Ho solo pensato… quanto sarebbe bello se questo bambino potesse comunque rimanere in famiglia? - spiegò Claire, lasciandosi scappare un sorriso stracolmo di aspettative. - Verrebbe cresciuto da due delle persone migliori che conosco e io non potrei fargli da madre, ma da zia sì. E forse a voi non dispiacerebbe l’idea? Non lo so, ragazzi. Non vi ho mai nemmeno domandato se vorreste un figlio, se lo vorreste davvero, ma dovevo chiedervelo - ammise. - So che è qualcosa di grosso, okay? Ma dovevo provarci. Potete solo promettermi che ci penserete? Che ne parlerete?

Il modo in cui si stava mordendo il labbro inferiore a sangue spinse Sam a non farla attendere un secondo di più.

- Questo possiamo promettertelo - disse, scambiandosi uno sguardo carico di significati con Gabriel, che si strappò a forza dal proprio sbigottimento e annuì.

- Ci penseremo e ne discuteremo - acconsentì, serio, prima di sganciare la bomba del negoziato. - A patto che la mamma e Frank vengano a sapere del bambino entro pochi giorni. Non si meritano di essere tenuti all’oscuro su una cosa del genere, Claire - aggiunse quando lei deviò lo sguardo altrove. - Saranno sorpresi, certo, e forse anche un po’ allarmati, ma non hai niente da temere da loro e lo sai.

Lo sguardo con cui la ragazza tornò a considerare lui e quella prospettiva gli diede ragione.

- Affare fatto - accettò, umettandosi le labbra. - Se sarai con me quando glielo dirò.

Evidentemente onorato, Gabriel sorrise.

- Puoi starne certa, sorellina. Non ti perderò di vista neanche per un secondo.

Lei sbuffò in una mezza risata.

- Altre condizioni, despota?

- Ovviamente. Mi conosci - ribatté Gabriel, facendo cenno a Sam di allungargli una delle coperte accatastate nella cesta di vimini lì accanto e provvedendo ad adagiarla sulle gambe intirizzite di Claire una volta che il trentaduenne ebbe provveduto. - Dovrai mettere da parte l’orgoglio e le stronzate e lasciare che noi tutti ci prendiamo cura di te a dovere, nei prossimi otto mesi più che mai.

Comprensibilmente esausta, Claire non oppose resistenza. Anzi, si sistemò la coperta in grembo come se non fosse stata in attesa d’altro che di quel piacevole calore.

- Grazie - disse, includendo sia il fratello che Sam nella propria riconoscenza. - A tutti e due. Per tutto.

Qualche ora più tardi, dopo aver placato il rinnovato appetito di Claire con della sostanziosa zuppa d’orzo e aver guardato tutti assieme quello che Gabriel aveva definito “uno dei film più confortevoli del decennio” – Questione di tempo di Richard Curtis –, Sam si ritrovò con l’ingrato compito di decidere se fosse il caso di svegliare i due fratelli Hale per convincerli ad abbandonare il tepore del divano e a trascorrere il resto della notte in un letto che potesse chiamarsi tale.

La stanza degli ospiti era pronta per accogliere Claire da un paio di giorni e non c’era alcun dubbio che Sam preferisse dormire assieme a Gabriel, piuttosto che saperlo in salotto e avere la certezza che avrebbe passato il giorno successivo con la schiena dolorante.

Alla fine non fu la tenerezza che i due fratelli appisolatisi una sulla spalla dell’altro gli ispiravano a trattenere Sam dall’allontanarli dai rispettivi universi onirici. Piuttosto, fu la certezza di aver bisogno di qualche ora per riflettere in pace e solitudine, agitandosi tra le lenzuola con tanto trasporto che sì, forse Gabriel avrebbe dormito meglio su quel divano troppo soffice.

Fu con passo felpato, quindi, che Sam andò a controllare che anche la porta sul retro fosse stata chiusa a chiave e che distese una coltre in più sulle ginocchia di Gabriel e sulle spalle di Claire prima di dirigersi verso la camera da letto padronale al piano superiore.

Un bambino. Un bambino da crescere assieme a Gabriel. Un bambino a cui fare da padre.

Dio, non avrebbe chiuso occhio per settimane.

 

 

 

 

 


Angolino dell’autrice

Ciao a tutt*!

Mi presento qui in palese ritardo rispetto al solito e per questo mi scuso. La vita ha deciso di essere particolarmente frenetica, in questo periodo. Non me ne lamento, però mi dispiace che questo influisca sui tempi di aggiornamento e vi chiedo scusa *lancia in aria sacchettini di bignè alla crema*

Come sempre ringrazio chi segue la storia e chi ha recensito lo scorso capitolo, vale a dire lilyy, strugatta, Ciuffettina e _AnnairA_ *distribuisce valanghe di crostatine alle fragole*

Non vedo l’ora di conoscere la vostra opinione su questo capitolo, che ha rivelato ciò di cui avrei voluto rendervi partecipi fin dall’inizio!

Ci sentiamo nelle recensioni, per chi vorrà. Intanto, vi mando un abbraccio e vi do appuntamento a presto ^-^

 

P.S. Se vi capita di avere bisogno di avere un po’ più di luce e serenità nella vostra vita, vi consiglio di guardarvi Questione di tempo. È un film magico che fa risplendere l’anima in tutta semplicità.


   
 
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