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Autore: MackenziePhoenix94    01/07/2020    0 recensioni
Seguito di: "The Dark Side Of The Moon"
“Vuoi aggrapparti a me?”
“Cosa?”
“Aggrappati a me” ripeté lui, questa volta sottoforma di ordine malcelato; Ginger aveva sempre odiato quel tono di comando che il giovane uomo usava spesso quando parlava, ma a Jen provocò l’effetto opposto e la spinse ad obbedire, benché sentisse improvvisamente le guance calde, in netto contrasto con l’acqua fredda che ancora non era stata scaldata dai raggi del sole: gli passò le braccia attorno al collo e si avvicinò un po’ di più, ma senza stringersi contro il suo corpo, altrimenti il rossore sarebbe diventato impossibile da nascondere “meglio? Adesso ti senti più sicura?”.
La giovane alzò lo sguardo e si rese conto che il viso di Roger era terribilmente vicino, come mai prima d’ora; si rese conto che i suoi occhi azzurri erano molto più chiari di quello che aveva sempre creduto, e si rese anche conto che sul naso e sugli zigomi aveva delle piccolissime lentiggini di cui aveva ignorato l’esistenza fino a quel momento.
Deglutì a vuoto nel vano tentativo di inumidire la gola che, tutto d’un tratto, si era fatta secca ed arida, e ciò non aveva
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Jennifer! Jennifer, il telefono sta squillando!”

“Rispondi tu, mommi, io adesso non posso. Mi sto mettendo lo smalto alle unghie” gridò Jennifer dalla sua camera da letto; non era vero, non si stava mettendo lo smalto alle unghie: in realtà, semplicemente, non aveva alcuna voglia di rispondere.

Quello, era uno dei giorni in cui non aveva assolutamente voglia di fare nulla.

La giovane tornò a fissare il soffitto della stanza, ma dopo una manciata di secondi venne richiamata dalla voce della madre adottiva.

“Jennifer!” gridò di nuovo Pamela dal salotto “rispondi al telefono, è per te”

“Non ora, mommi, ti ho detto che non posso proprio perché ho lo smalto che si sta asciugando e finirei solo per fare un enorme disastro. Chiunque sia, digli di richiamare più tardi” disse ad alta voce Jen.

‘O di non richiamare affatto’ pensò subito dopo con una smorfia, con le iridi verdi fisse sulle travi di legno del soffitto.

“Jennifer!” ripeté, ancora, Pamela esasperata “ho la cena che rischia di bruciare da un momento all’altro se non torno subito in cucina! Rispondi subito al telefono… Si tratta di una chiamata oltreoceano!”

“Va bene” si arrese alla fine la giovane, emettendo un sonoro sbuffo contrariato; nel momento stesso in cui la madre adottiva aveva pronunciato le parole chiamata oltreoceano, aveva capito chi era la persona che si trovava dall’altra parte della cornetta del telefono: Danny, il suo migliore amico.

Cinque giorni prima, Danny era partito per Amsterdam, per occuparsi della zia materna che, in seguito ad un brutto incidente domestico che aveva visto coinvolto il fondo scivoloso della vasca da bagno, aveva una gamba ingessata: essendo nubile, ed essendo Daniel il suo unico nipote, era ricaduto sulle sue spalle l’arduo compito di abbandonare Londra per occuparsi di lei fino al giorno in cui non avrebbe potuto togliere il gesso.

Lui era partito e Jennifer si era sentita completamente abbandonata.

All’aeroporto, al momento dei saluti, la ragazza non si era vergognata a versare lacrime ed a pregare il suo migliore amico di non partire, di non lasciarla da sola per settimane e settimane; il povero Danny, con a sua volta gli occhi lucidi, era stato costretto a sciogliere la presa e ad imbarcarsi con la promessa che sarebbe tornato indietro il prima possibile e che avrebbe telefonato ogni volta che gli sarebbe stato possibile farlo.

Ma ora… Ora Jennifer non aveva voglia di parlare con nessuno, neppure con il suo migliore amico di una vita.

Difatti, quando la giovane prese in mano la cornetta del telefono che aveva in camera tutto per sé, non gli lasciò neppure il tempo di parlare e lo precedette, mettendo le cose in chiaro.

“Danny, ascolta, sono contenta che ti stai divertendo tantissimo ad Amsterdam, anche se sei costretto ad occuparti di tua zia, ma… Ti prego, non prendertela, ma oggi non è affatto una buona giornata. Oggi non ho proprio voglia di ascoltare i tuoi racconti sui mulini a vento e sui… Sui campi di papaveri, d’accordo? Forse domani sarò contenta di ascoltarli, ma oggi… Oggi proprio no” disse tutto d’un fiato, in tono eccessivamente duro e freddo.

Le dispiaceva essere così dura nei confronti del suo migliore amico, ed apprezzava tantissimo i suoi sforzi di distrarla raccontandole, ogni singolo giorno, quanto bella fosse Amsterdam e l’Olanda in generale… Ma c’erano giornate in cui la sua mente andava indietro a ciò che era accaduto cinque mesi prima, ed allora tutto attorno a lei diventava grigio, perdeva importanza e voleva solo restare confinata tra le quattro mura della sua camera da letto (che improvvisamente si era fatta fin troppo grande e troppo spoglia per una sola persona) a fissare il soffitto, divisa a metà tra il desiderio di svuotare completamente la mente ed i ricordi che cercavano prepotentemente di tornare a galla a tradimento.

E quella… Quella era proprio una di quelle maledette giornate.

Dall’altra parte del telefono regnò il silenzio più assoluto per una trentina di secondi.

“Va bene, d’accordo… Però non ho idea di quando e come avrò la possibilità di dirglielo a Danny… Anche perché in questo momento sono abbastanza distante dall’Olanda e non ho idea di quando avrò la possibilità di tornarci”.

Jennifer socchiuse le labbra e spalancò gli occhi per l’incredulità.

Non ci poteva credere.

Non era possibile.

Non poteva essere vero, eppure era proprio così: la voce della persona dall’altra parte della cornetta del telefono non apparteneva a Danny, ma a Roger.

Quello era Roger.

“Roger?”.

La risata che seguì la sua domanda incredula sciolse ogni possibile dubbio: sì, dall’altra parte della cornetta del telefono c’era proprio Roger Waters.

“Ohh, mio… Mio…” balbettò la ragazza, tirandosi su a sedere a gambe incrociate sul materasso e sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro; anche se il bassista non era fisicamente davanti ai suoi occhi, le sue guance avvamparono ugualmente: ancora una volta, per l’ennesima volta, aveva fatto una figuraccia con lui… Fortuna che non le era scappato nessun insulto! “Roger… Mio dio… Scusami tantissimo, io… Io ero convinta che fosse…”

“Il tuo migliore amico?”

“Sì… Sì, proprio lui. Pensavo fosse Danny. Sai… Un paio di giorni fa è partito per L’Olanda perché sua zia è scivolata mentre stava uscendo dalla vasca da bagno e si è fratturata la gamba sinistra. Ora è praticamente costretta a letto  con il gesso e Danny, essendo il suo unico nipote, deve occuparsi di lei” rispose la ragazza, tormentandosi il labbro inferiore.

Ma per quale motivo gli stava raccontando tutto quello? Perché gli aveva spiegato la storia della gamba fratturata della zia di Danny? Che diavolo poteva mai fregargliene a Roger della gamba fratturata della zia di Danny?

‘Jennifer, smettila subito’ si disse mentalmente Jen, serrando gli occhi con forza ‘smettila immediatamente e cerca di riprendere il controllo finché sei ancora in tempo, prima di fare l’ennesima enorme figura di merda con lui. Vuoi davvero che Roger si convinca di avere a che fare con una completa cretina? È questo che vuoi? No, ovvio che no. Quindi, cerca di prendere un profondo respiro e di ritornare in te’.

“Ohh, beh… Mi dispiace per la zia del tuo migliore amico… Però, in compenso, posso dirti che l’Olanda è davvero un bel posto”

“Immagino di sì, visto che ha dei paesaggi da cartolina…” commentò lei, continuando a mordersi il labbro inferiore “è da tanto che… Che non ci sentiamo”

“Sì… Poco più di quattro mesi”.

Già.

Poco più di quattro mesi.

Jennifer deglutì un grumo di saliva e si passò la mano destra tra i lunghi capelli neri, lisciandoli.

“Come stai, Roger?” chiese, prima che lui potesse anticiparla rivolgendole la stessa domanda; si aspettava una risposta positiva, invece il giovane uomo emise uno sbuffo, seguito da una mezza risata sarcastica.

“Posso chiedere la domanda di riserva?”

“Perché? Che cosa è successo? Va tutto bene?”

“Più o meno… In questo momento sono bloccato nella mia camera d’albergo… In convalescenza dopo due settimane trascorse in ospedale”.

La giovane avvertì un tuffo al cuore: Roger aveva appena trascorso due settimane in ospedale e lei non ne aveva la più pallida idea; doveva essere accaduto qualcosa di grave e serio se era stato costretto a rimanere bloccato per ben due settimane nella stanza di un ospedale.

“Ohh, mio dio, Roger… Ma questo… Questo… Cosa è successo? Perché sei stato costretto ad andare in ospedale? Hai avuto un incidente sul palco? Qualche fan troppo scatenato ha lanciato qualcosa sul palco?”

“No” rispose laconico il bassista “magari fosse andata in questo modo. È una storia un po’… Un po’ imbarazzante da raccontare”.

Jen corrucciò le sopracciglia perplessa, provò a pensare a cosa potesse essere accaduto di così imbarazzante a Waters, ma non le venne in mente nulla… Come poteva trattarsi di una cosa imbarazzante se lo aveva costretto ad un ricovero forzato di quindici giorni?

“Ti va di raccontarmi che cosa è accaduto? Ovviamente non sei costretto a farlo, se non vuoi”.

La ragazza si aspettava che il bassista sorvolasse sull’intera faccenda, evitando di risponderle, ed invece la sorprese raccontandole con esattezza ciò che gli era accaduto pochi minuti prima di uscire sul palco per dare inizio ad un nuovo concerto.

“Io ed i ragazzi siamo andati a cena in un ristorante in cui servivano pesce crudo e… Diciamo che ho avuto la brillante idea di mangiare, completamente da solo, un intero vassoio di ostriche… Che poi, in un secondo momento, si sono rivelate di una qualità non proprio eccelsa. Per mia enorme sfortuna, me ne sono reso conto solo il giorno dopo, quando ho iniziato a sentire delle fitte dolorosissime all’altezza del fegato, poco prima dell’inizio dell’esibizione”

“Ohh, mio dio, e quindi avete annullato tutto e ti hanno portato subito in ospedale, immagino”

“Non proprio”

“Non proprio? In che senso?”

“Nel senso che in teoria la cosa più giusta da fare, quella che gli altri volevano fare, era proprio quella… Ma in pratica io ho insistito per esibirmi ugualmente, ed ho costretto il medico, che abbiamo appresso per ogni evenienza, a somministrarmi una dose di antidolorifico forte… Molto, molto forte. E lui l’ha fatto”

“E… E come è andata l’esibizione?”

“Ottima domanda, vorrei saperlo anch’io per primo. Ero così imbottito di antidolorifico che non ricordo praticamente nulla. Nick mi ha detto, senza mezzi termini, che sembravo strafatto. Sì, ho cantato, ho suonato, ma non ricordo praticamente nulla di tutto ciò… E quando il concerto è finito, ho fatto appena in tempo ad andare nel backstage e sono crollato a terra. Da quello che so, hanno chiamato subito un’ambulanza… I ricordi che ho, iniziano da quando ho aperto gli occhi in una stanza d’ospedale e da quando ho avuto una lunga conversazione con un dottore” spiegò Waters con un profondo sospiro.

Jen piegò le labbra in una smorfia.

“Ed il dottore che cosa ha detto? Che ti sei preso una intossicazione alimentare?” domandò subito dopo, scegliendo l’opzione più ovvia: se la sera precedente si era abbuffato senza alcun ritegno di pesce crudo, poteva essere solo una intossicazione alimentare.

Il bassista emise un gemito.

“Magari… Magari fosse stata solo una intossicazione alimentare come quella che Nick si è beccato cinque anni fa in Francia… Purtroppo non sono stato così fortunato: mi sono beccato una bella epatite. Ecco perché avevo quelle fitte lancinanti al fegato e perché sono stato costretto a stare così tanto tempo in ospedale… E perché sono tutt’ora in convalescenza, rinchiuso in questa maledetta camera d’albergo. Ho mangiato un vassoio di ostriche e ci ho guadagnato una bella infiammazione al fegato, ti rendi conto? Ho trascorso cinque giorni a vomitare e con la febbre alta”

“Roger, io… Non so cosa dire… Mi dispiace tantissimo, posso solo immaginare quanto sia stato orrendo… Ma adesso… Adesso come ti senti?”

“Meglio, ma non ho molto appetito… Sai, penso di avere perso un paio di chili perché adesso sono costretto a mettere la cintura ai pantaloni, altrimenti mi cadono”

“Faresti meglio a mangiare qualcosa, altrimenti finirai per sparire sul serio prima o poi” Jennifer si sorprese da sola della propria audacia; pensò di essersi spinta troppo oltre (infondo la sua conoscenza con Roger era terribilmente superficiale; poteva contare sulla dita di una mano le volte in cui avevano parlato insieme… Escludendo la disastrosa prima volta in cui aveva collezionato una figura di merda dietro l’altra in rapida successione), e si sorprese una seconda quando il giovane uomo reagì con una battuta, anziché mostrarsi risentito o irritato per quella confidenza improvvisa.

“Ohh, l’appetito sarebbe l’ultimo dei tuoi pensieri se avessi passato quello che ho passato io nelle ultime settimane, Jennifer. Basta frutti di mare, per me. Ho chiuso definitivamente la mia storia d’amore con le ostriche ed il pesce crudo in generale… Come tutti i grandi amori è stata breve, intensa e mi ha fatto soffrire terribilmente… Molto più di quello che avrei voluto, visto che ne sto ancora pagando le conseguenze e dovrà passare un po’ di tempo prima che se ne andranno del tutto. Tu come stai, Jennifer?”.

Eccola.

La fatidica domanda che tanto temeva era arrivata.

I suoi sforzi erano serviti solo a posticiparla di un poco, ed alla fine era arrivata lo stesso.

Come stava? E come diavolo doveva stare?

A giorni andava abbastanza bene, a giorni andava meno bene… Ma nella maggior parte delle settimane era uno schifo.

Un vero e proprio schifo.

“Ohh, sai com’è… Il tempo qui a Londra non aiuta molto con l’umore” commentò la ragazza, guardando in direzione della finestra su cui batteva la pioggia “basta lanciare un’occhiata al cielo coperto di nuvole ed il tuo umore è rovinato per il resto della giornata”

“La prossima settimana, quando finalmente finirà la mia convalescenza forzata, torneremo a casa… Magari potremo vederci qualche volta” propose il bassista, dopo qualche secondo di silenzio.

Il cuore della giovane perse un battito ed il rossore sulle sue guance divenne più acceso.

Fissò il materasso con gli occhi sgranati, senza vederlo veramente, con le parole di Roger che continuavano a riecheggiarle nella testa.

Lo aveva detto davvero? Aveva sentito bene, oppure le sue orecchie le avevano giocato un bruttissimo scherzo a causa dell’emozione?

Roger aveva detto che la settimana successiva avrebbe fatto ritorno in Inghilterra e che voleva incontrarla?

Voleva incontrare lei, proprio lei!

Jennifer scosse la testa con vigore, costringendosi a tornare fermamente con i piedi per terra prima di ritrovarsi a galleggiare nell’universo.

‘Non essere ridicola e non farti strani pensieri, Jennifer. Roger non pensa davvero quello che ha detto, andiamo. Si tratta solo di una di quelle frasi di circostanza che si dicono in situazioni come questa. Lui non ha detto che vuole incontrarti, ha detto che potreste incontrarvi qualche volta. Sai benissimo come funziona: frasi come questa non hanno mai un vero seguito, vengono dette solo come forma di cortesia. Punto. Ritorna immediatamente con i piedi per terra prima che ci pensi la realtà a farti schiantare al suolo. Non sei più una bambina, non sei più una bambina, non sei più una bambina. Basta’.

“Certo” rispose infine, fingendo un buonumore che non aveva “potremo vederci ogni tanto, sarebbe bello. Scusami, Roger, ma adesso devo propri andare: mommi sta terminando di preparare la cena, ed ha bisogno di una mano. Resterei ancora al telefono con te, ma purtroppo…”

“Non preoccuparti” la rassicurò il bassista “non voglio farti passare un brutto quarto d’ora per colpa mia”

“Spero che ti riprenderai in fretta e che andrà tutto bene con il volo di ritorno. Passa una buona giornata, Roger”

“Anche tu, Jennifer, e… Jennifer?” Roger richiamò la sua attenzione un attimo prima che buttasse giù la chiamata, e la giovane riappoggiò la cornetta all’orecchio destro, chiedendosi cosa si fosse ricordato di doverle assolutamente dire.

“Sì?”

“Quelli in Olanda non sono papaveri. Sono tulipani”.
   
 
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