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Autore: Luana89    08/07/2020    0 recensioni
La vita spesso s’annoia, s’aggroviglia, si lega ai destini degli altri senza neppure lasciartelo intendere, se non quando ormai i giochi sono conclusi e le carte totalmente voltate. A volte districa quei nodi, slega quei destini, lasciandoti tornare a una placida e noiosa calma. [...] Il bigliettino stropicciato venne sospinto da una folata di vento più aggressiva delle altre, dimenticato su quella fermata che delineò tre destini. Indissolubilmente.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Gli occhi verdi si dissolsero come fumo lasciando il posto a una fermata dell’autobus, a un caldo atroce. Si rivide seduta a mangiare quel gelato, gustandolo con enfasi, e poi eccolo lì di fronte a lei. L’autobus passò, camminava tra le file di sedili occupati e i suoi occhi neri incrociarono quelli di Hansel.
Aprì le palpebre venendo bruscamente rispedita alla realtà, una realtà assonnata che gustò nella confusione di pensieri ingarbugliati e dal sapore dolciastro. La mano sotto le coperte accarezzò lo stomaco piatto e accaldato, era riuscita finalmente a dare una collocazione temporale a quella sensazione strisciante che non l’aveva più abbandonata dall’ultimo incontro con lo sconosciuto. Uno sconosciuto che adesso aveva un nome. Tate, per la precisione. Si mosse girandosi su un fianco, lo sguardo assente vagò per la camera adesso resa accogliente dalle proprie cose. Ci aveva messo una settimana ma finalmente era riuscita nell’impresa, nonostante il ritmo scolastico le fosse ancora vagamente estraneo. Non era più al liceo, lì ai professori non fregava nulla delle tue assenze né della tua attenzione durante la lezione, vi erano dibattiti interessanti e presto avrebbe preso posto nel giornale del campus, o per meglio dire stava facendo l’inferno a quattro mani per convincerli a prenderla; le sarebbe andato bene persino fare la sguattera lì dentro. La giudicava un’ottima esperienza visto ciò che sognava di fare una volta presa la laurea, ancora oggi non sapeva bene da cosa le fosse scaturito quel sogno. Anni prima il suo professore di lettere aveva detto alla madre che con quella parlantina, e quel suo esasperante cinismo, sarebbe stata una giornalista perfetta. Eppure lei dei pareri altrui se n’era sempre fregata, pensando costantemente di dover essere si qualcuno ma qualcuno di propria scelta. Qualcuno da guardare ogni giorno allo specchio sentendosene volta per volta soddisfatta. Magari un traguardo ambizioso per molti, ma costante nella sua vita, nel suo impegno a concretizzare i sogni di ragazzina con delle realtà.
Julia, o Jules come la chiamava il fratello, era la compagna perfetta. Ormai integrata in quella macina sempre attiva che era il campus, l’aveva praticamente spinta nella mischia spiegandole le nozioni base. L’unico difetto, se così vogliamo chiamarlo, era il suo essere tremendamente pettegola. Non che le dispiacesse, ma la sua natura un po’ chiusa le impediva di porre le domande che realmente le interessavano, un po’ per non apparire sospettosamente interessata e un po’ perché bisognava anche capire come porle. Per esempio, perché vi era quel palpabile astio tra Matthew e Tate? Questa tra tutte stava sicuramente sul podio, forse perché entrambi l’avevano incuriosita (e a tratti spaventata) con i loro approcci aggressivi l’uno verso l’altro. Nella fattispecie Matthew. Aveva appurato come gli anni cambiassero le persone, a volte in meglio e altre in peggio, di sicuro del diciassettenne romantico era rimasto ben poco. In quel campus il ragazzo deteneva un certo potere e una certa nomea, stando ai pettegolezzi faceva faville la notte nei corridoi dei dormitori femminili, così come in quelli maschili ma per motivi diversi. Era spesso il tormento delle povere matricole, che dovevano subire o i suoi scherzi o i suoi scatti irascibili.
«E’ un bambino viziato, si dice che per poco non perse il diploma per colpa di una bravata.» Così aveva esordito Julia, stuzzicando la curiosità della compagna. Dar credito ai pettegolezzi era una roba stupida, eppure c’era qualcosa in lui che le faceva decisamente presupporre quelle non fossero semplici chiacchiere da bar. A volte supponeva che il ‘’suo’’ Matthew, quello dei ricordi romantici, non fosse altro che un riflesso di ciò che poi era davvero. Come se con lei avesse sempre e solo mostrato un singolo lato di se stesso, restava da capire se quel lato esistesse o meno.
«Nel fine settimana stiamo organizzando una festa nei dormitori, per le nuove reclute.» Hansel sentì la voce e il braccio circondarle le spalle, sollevando il viso ebbe modo di focalizzarsi solo sugli occhi verdi e quel sorrisino perennemente malizioso. C’era un limite comunque alle fortune che Dio, se esisteva, avrebbe dovuto dare a certi individui. Non puoi essere bello, ricco, e pure un asso nello sport. Insomma, almeno gli scarti vogliamo lasciarli ai comuni mortali?! Non si ritrasse comunque a quel tocco, a che pro? Non era ipocrita, le piaceva, ne era ancora tremendamente attratta ed entrambi adesso erano più adulti. Più consapevoli.
«Mi hai mai visto perdermi una festa?» Julia spostò i capelli biondi dalla spalla con aria di sufficienza, era da sempre l’anima delle feste che fossero gli stupidi compleanni dell’asilo o quelli più smaliziati dell’università, trovava comunque il modo di spiccare come un faro accecante. Questo le aveva sempre portato problemi nelle amicizie col gentil sesso (che di gentile in certe occasioni non aveva nulla). A una donna se porti via le attenzioni, hai portato via qualsiasi traccia di empatia potesse mai avere. Eppure con Hansel sembrava diverso, quella ragazza poco mondana e poco avvezza alla competizione. Forse perché consapevole di valere anche lei, di poter piacere e la prova era il fatto che il capo della squadra di football della columbia non le staccava mai gli occhi di dosso. L’anno precedente persino la stoica Julia era caduta nella tela di quel bel ragnetto dall’apparenza innocua, salvo poi rendersi conto d’essere come tutte una tacca in più nel suo letto. Non che poi cambiasse molto, il suo cuore era già impegnato nonostante tenesse quel segreto come se ne valesse della sua stessa vita. Ed era un po’ così. Se voleva mantenere il suo status, se voleva che i genitori continuassero a mantenerla fino alla fine degli studi, doveva mettere a tacere la sua parte emotiva a costo di sputarvi sangue nel farlo.
«Ehi, terra chiama Julia?» Si ridestò rendendosi conto d’essere appena arrivata nell’aula, Matthew era sparito ed Hansel la fissava dubbiosa. Sorrise irriverente come suo solito prendendola sottobraccio. La lezione di quel giorno era puramente facoltativa, per questo l’aula non era gremita come al solito e si potevano trovare studenti di ogni anno seduti a partecipare. Una risata goliardica attirò l’attenzione di Hansel, Jonathan seduto su uno dei lunghi banchi sembrava nel pieno di una conversazione interessantissima con.. Tate. Si bloccò come trattenuta da qualcosa, notando come l’altro non ridesse né apparisse divertito anche se lo scintillio nei suoi occhi nocciola appariva meno apatico del solito. Dio, ma aveva un palo perenne su per il culo? Lo pensò ma non lo disse mentre colmava le distanze trascinata dall’amica.
«Siete qui anche voi per il professor Bernard?» Annuirono entrambe di fronte quell’ovvietà, Bernard era abbastanza conosciuto nell’ambiente e avrebbe tenuto lezioni di comunicazione mediatica aperte a chiunque fosse interessato. Per Julia sembrava più un passatempo, o come aveva detto lei ‘’una scusa per osservare le chiappe più belle del campus’’ riferendosi all’uomo che di anni ne aveva certamente tanti quanto quelli del padre, ma supponeva fossero sottigliezze. Ma Jonathan? E Tate?
«Piuttosto voi due che ci fate qui?» Tate la fissò con insistenza, mettendole nuovamente addosso quella sensazione apparentemente inspiegabile e dannatamente eccessiva. Se Matthew solleticava il suo stomaco, Tate ne spalancava una voragine nera e profonda.
«Lavoro per la radio del campus, sono lezioni che reputo utili.» Il tono sembrò ammorbidirsi mentre giocava con una matita, scarabocchiando distrattamente sul taccuino. «E Jonathan è qui per i punti di merito, ovviamente.» Ne era orgoglioso a giudicare da come accolse la spiegazione, ma d’altra parte era Jonathan, perché se ne dovrebbero stupire? Era entrato lì grazie a una borsa di studio sportiva, stava nella squadra di nuoto e a quanto pareva aveva tutta l’aria di voler continuare su quella strada.
«Hansel, è rimasto il posto libero accanto a Tate, siediti così siamo vicine.» Non si era neppure resa conto che i due fratelli l’avevano già abbandonata al suo destino, piazzandosi una fila avanti, mentre gli occhi di Tate la fissavano adesso beffardi. Inarcò un sopracciglio con l’aria polemica, ma a quanto pare lo stronzetto arrogante non era dell’umore tant’è che si limitò ad abbassare il viso escludendola completamente dalla propria vista.
«Sei anche tu al secondo anno?» Le loro braccia si sfioravano in base ai movimenti. Movimenti che Hansel tentava di minimizzare e circoscrivere al semplice atto di respirare.
«Si, frequento ingegneria.» Come se avesse previsto la seconda domanda stoppò sul nascere rispondendo quasi automaticamente, eppure il tono piatto lasciava presupporre non fosse poi così impaziente di proseguire i suoi studi. D'altronde potevano forse biasimarlo? La facoltà scelta dalla madre non si confaceva per nulla al suo animo, né alle curiosità e a ciò che più gli piaceva, ma pur di tenere buona quella stronza avrebbe fatto l’inferno. In questo modo era riuscito a ottenere un posto in radio, e fare ciò che davvero lo divertiva.
«Io frequento la facoltà di giornalismo..»
«Lo so.» Si stoppò un istante forse distratto dall’espressione preoccupata della ragazza, e con una mezza risatina ironica proseguì. «Julia non è il tipo che sa tenere la bocca chiusa. Parla spesso di te.» Il modo in cui l’aveva detto sembrava voler sottintendere un ‘’malauguratamente’’ che Hansel non gradì per niente, decidendo quindi di ignorare del tutto quel microcefalo senza alcuna grazia o delicatezza. Eppure la lezione andava avanti, era coinvolgente, ma non abbastanza da impedirle di sentire le loro braccia sfiorarsi finché non si rese conto d’avere la pelle d’oca lungo tutto il braccio. I loro occhi si incrociarono incatenandosi, e l’ambiente tutto attorno sembrò perdere consistenza. Che diavolo le succedeva? Si sentiva come una scimmia scema preda dei propri impulsi. Eppure continuava a essere confusa, era attrazione? Paura? Ansia? La prima poteva essere comprensibile, visto l’elemento che le si era seduto accanto. Non aveva nulla da invidiare agli sportivi, anzi forse erano loro a dover invidiare quel metro e ottantasette di spalle larghe e muscoli ben definiti. O forse era Hansel che avrebbe presto dovuto consultare un endocrinologo per i suoi, inspiegabili quanto fastidiosi, problemi ormonali.
Lo sguardo di Tate scivolò sulle loro braccia e Hansel desiderò sprofondare nell’abisso più profondo della vergogna, interruppe subito quello scambio imbarazzante d’attenzioni fiondandosi col naso sugli appunti. Diventando magicamente la studentessa più attenta di quella classe.
 
«Le senior non ti hanno ancora ‘’accolta’’ a modo loro?» Jonathan masticò voracemente il pezzo di mela fissando Hansel con un ghigno, accanto a lui Matthew e Julia.
«Dovrebbero farlo? Che ci provino.» Non si sarebbe fatta martirizzare da quelle sadiche, che se avevano lo stesso ‘’umorismo’’ dei ragazzi avrebbero dovuto dare decisamente una ripassata al vocabolario.
«Oh andiamo, sono degli scherzetti innocenti, è giusto che voi matricole vi prestiate al gioco.» Matthew scosse le spalle, la sua era una logica inoppugnabile. O almeno così pensava, nonostante lo sguardo sprezzante di Hansel dicesse l’esatto opposto.
«Denudarmi di fronte a una folla, non è ciò che definirei scherzetto innocente, sai?» Mise su il suo miglior sorriso angelico, e il ragazzo la guardò come se volesse farle lui stesso cose poco innocenti. Hansel sembrava il suo punto debole, sin da quando era un ragazzino dalla testa calda si era mostrato completamente soggiogato da quei modi e da quegli occhi così diversi tra loro. Nonostante ai tempi fosse una quindicenne con più grilli per la testa che altro, era riuscito a colpirlo a fondo e lì era rimasta col passare del tempo.
«Puoi denudarti per me, se vuoi.» Julia tossì sputacchiando l’acqua e scusandosi in maniera poco sincera, fissando in tralice la scenetta e l’espressione spiazzata di Hansel che non perse tempo a riprendersi.
«Oh, Reed, certe visioni proibite te le devi guadagnare.» Sorrisero nello stesso istante, ancora una volta quell’attrazione che come una legge inviolabile tornava a far capolino tra loro, elettrizzando l’aria. Le piaceva il modo in cui il ragazzo corrispondeva a quelle battutine, sempre al passo e mai indietro. Alcuni studenti avevano già piazzato le prime scommesse su quanto ci avrebbero messo a far coppia all’interno del campus, o su quanto ci avrebbe messo Matthew a farsela ma di queste ultime perle Hansel non era a conoscenza, con sua somma fortuna.
 
La voce di Tate alla radio riempiva la sala comune della loro camera, Julia non si perdeva neppure uno dei suoi interventi radiofonici, persino quello che era una semplice replica, con sommo stupore di Hansel che aveva forse giudicato male il loro rapporto a causa di quel primo approccio un po’ irruento.
«Ha del potenziale, e una cazzo di voce da urlo, senza queste due componenti dubito lo avrebbero preso alla radio del campus.» Capitan ovvio osservò le unghie, tenendo sospesa la lima, come a voler capire se fossero perfettamente simmetriche.
«Siete molto amici?» La bionda sorrise inarcando un sopracciglio.
«Vuoi sapere se me lo sono scopato?» Abbassò appena il tono della voce, come se le stesse confidando chissà quale segreto.
«Lo hai fatto?» Il tono di voce apparve calmo, perché avrebbe dovuto prendersela nel caso in cui fosse sul serio accaduto?
«Potrebbe avere ogni ragazza, ma la sua fama lo precede e molti si tengono alla larga. Nessuno abbraccerebbe dei problemi volontariamente, tranne che per una notte e via.» Il silenzio che derivò venne spezzato dalla monotonia del suono di quella lima sulle unghie perfette.
«Che tipo di fama?» Stavolta la curiosità non poté essere camuffata, mentre istintivamente le si avvicinava cercando di carpirle quante più informazioni possibili.
«Se ne dicono troppe, lo sai com’è no? Qualcuno piazza in giro una diceria, vera o falsa che sia, e poi nei corridoi viene storpiata. Se ne aggiungono altre, in un circolo vizioso.» Scrollò le spalle con indolenza accanendosi sul pollice che a quanto pare non ne voleva sapere di rispettare la sua concezione di forma. «C’è chi dice sia un pazzo violento, a quanto pare al liceo ha ucciso di botte un suo compagno. E i rapporti con Matthew si sono deteriorati.» Okay, troppe informazioni e una più assurda dell’altra.
«Che diamine c’entra Matt?» Julia spianò la fronte sorpresa.
«Non lo sai? Erano migliori amici, al liceo dico..» il corpo di Hansel ricadde contro lo schienale del divano, come stremata dalla caterva di informazioni appena assimilate. Ricordò una vecchia conversazione avuta con Matthew, ricordò il ragazzo fosse in vacanza con alcuni amici una sorta di viaggio-premio per la promozione appena ricevuta. E adesso capiva anche il perché avesse incontrato entrambi quel medesimo giorno, seppure in luoghi differenti. Magari ai tempi Tate stava raggiungendo l’amico, era consapevole del fatto che Matt uscisse la sera a differenza sua che nello sfolgorio dei quindici anni aveva un coprifuoco restrittissimo come ogni bambinetta del cazzo che si rispetti.
«Non dovevi fare la doccia tu? Sembri un cadavere.» Julia reclinò il viso fissandola divertita, l’amica non le diede il solito filo da torcere limitandosi ad alzarsi e dirigersi in camera propria per prendere un cambio.
Le dinamiche piramidali e sociali di quel luogo, a cui Hansel aveva pensato di sfuggire, le piombarono inconsapevolmente addosso cinque minuti dopo mentre stava ritta di fronte la porta del bagno, osservando la scritta che lo dichiarava inagibile. Il consiglio chiedeva alle studentesse di scendere al piano inferiore per lavarsi, avendo già provveduto a sgomberare per una singola ora il piano maschile, in modo che si potesse usufruire del servizio.
«Ma non funziona seriamente un cazzo in questo posto?» Con eleganza diede un calcio alla porta incenerendo il cartello con un’occhiata di fuoco. Seguendo un bivio inconsapevole fissò la porta della propria camera e infine i vestiti che teneva in mano, rimandare o seguire le istruzioni? Due minuti dopo scendeva le scale con aria per nulla contenta e soddisfatta. Il corridoio dei ragazzi le apparve vuoto, in linea con la dicitura del cartello, eppure passando davanti ad alcune porte era sicura d’aver sentito borbottare. Non se ne curò entrando finalmente nel bagno, osservando le docce comuni con espressione affranta, per poi poggiare i propri effetti su uno sgabello iniziando a denudarsi nel piccolo spogliatoio. Ci avrebbero messo molto a ripristinare i servizi al loro piano? Ma soprattutto Julia ne era consapevole? Non le aveva detto nulla, era probabile di no. L’acqua bollente mitigò il suo disappunto strappandole un sospiro di piacere, sentiva i muscoli del collo completamente contratti e forse a causa dello scroscio insistente non sentì la porta aprirsi e richiudersi, fu solo quando una sagoma le apparve di sfuggita che si decise a voltarsi convinta di trovare un’altra ragazza alle prese con il medesimo problema. Ciò che vide le fece pentire amaramente non solo d’essere nata ma anche d’essere stata proprio concepita da qualsiasi entità superiore prima della sua stessa nascita. Lo sguardo scivolò sul corpo nudo di Tate che la fissava tra lo scioccato e il divertito.
«Non pensavo fossi una sottospecie di pervertita a cui piacciono le ammucchiate nella doccia.» La mano della ragazza scattò ad afferrare il bagnoschiuma scaraventandoglielo contro, furono solo i provvidenziali riflessi del ragazzo a salvarlo da un trauma cranico assicurato.
«Che cazzo ci fai qui dentro?» La voce inviperita di Hansel era così bassa da infrangere le barriere del suono, ma al contrario.
«Dovrei essere io a farti questa domanda, non so se hai notato ma questo è il bagno dei ragazzi.» Sillabò le ultime parole come se avesse di fronte una povera demente, mentre apriva il soffione di una delle docce piazzandosi sotto. Hansel era scioccata dalla sua aria strafottente e completamente a proprio agio in una situazione così assurda e imbarazzante. Per non parlare del fatto che gli occhi continuavano a caderle in mezzo alle cosce. Era una pervertita? Probabile, ma chi cazzo non lo farebbe?  «Hai finito di guardare? Mi sento molestato.» Incredula soffiò una risatina isterica chiudendo gli occhi e scuotendo il capo.
«Tu sei.. dio che schifo.» Pressò le palpebre con le mani pensando velocemente a cosa fare.
«Le senior ti hanno dato il loro personale benvenuto a quanto pare, e come te a chissà quante altre che arriveranno qui in settimana.» Spalancò gli occhi iniziando a fare mente locale, erano state loro. Come diamine aveva fatto a cascarci come un’idiota? Fortuna che si vantava del suo QI, ma quale quoziente intellettivo? In testa aveva delle fottute scimmie ritardate.
«Piantala di fissarmi.» Chiuse l’acqua afferrando velocemente un telo con la quale si coprì, sentiva la pelle ribollire e più sotto il sangue divenire incandescente, non capiva però se per la rabbia o per la presenza dell’altro.
«A breve arriveranno altri ragazzi, gli allenamenti di football e nuoto finiscono quasi alla stessa ora. Vuoi sul serio rimanere qui?»
«Oh merda..» mormorò quelle parole e forse fu il tono che strappò una risatina a Tate, la prima che aveva modo di concederle e che la distrasse. ‘’Per l’amor del cielo Hansel, concentrati, sei nella merda’’ lo ripeté alla se stessa che probabilmente sarebbe dovuta entrare in analisi di lì a breve, sentendo dei rumori provenire da fuori la porta. La disperazione schizzò alle stelle, se l’avessero trovata lì sarebbe stata la fine. Già si vedeva etichettata come la pervertita delle docce, o peggio come la cogliona vittima delle senior. Fissò Tate in maniera disperata e inaspettatamente lo vide muoversi avvolgendosi un telo sui fianchi mentre il secondo, appena più piccolo, lo piazzò sopra la sua testa oscurandole la visuale.
«Seguimi.» Lapidario nel tono non le diede il tempo di ribattere trascinandosela dietro con i vestiti sottobraccio. Fuori la porta Hansel riuscì a sentire dei fischi divertiti, a testa bassa vedeva le scarpe dei ragazzi. Quanti erano? Contò circa dodici piedi, quindi sei persone. Sei fottute persone che non riuscivano a vederla in viso ma che sicuramente iniziavano a domandarsi chi fosse.
«Dovevi sceglierti proprio la doccia per scopare? Potevi trattenerti un po’, almeno avremmo avuto un bel vedere.» Le risatine sguaiate la tramortirono, soffocò la voglia di strapparsi quell’asciugamano dalla testa e prenderli tutti a scudisciate.
«Che posso dire, è una ragazza calda e le piacciono i posti strani.» Le risate aumentarono d’intensità ma la presa delle sue mani divenne più serrata e il tragitto ricominciò  a passo adesso decisamente svelto fino alla camera del ragazzo. Ebbe appena il tempo di entrare e sentire la porta chiudersi a chiave che stava già con l’asciugamano in mano, a mo di arma, e lo sguardo inviperito.
«Una tipa ‘’calda’’? Vuoi vedere quanto sono calda, Tate?» Il ragazzo più che spaventato sembrava divertito, a braccia incrociate la fissava come fosse una specie di giocattolino della quale desiderava capire le dinamiche.
«Dovresti dirmi ‘’grazie’’, o in questo momento saresti lo zimbello del campus. E credimi, i pettegolezzi non te li scrolli di dosso facilmente.» A quelle parole Hansel perse l’uso delle proprie, ricordando il discorso fatto con Julia. Aveva ucciso sul serio un suo coetaneo? Quindi era in una stanza, completamente sola, con un potenziale omicida? Matthew si intromise negli anfratti della sua mente, perché diamine non era entrato lui in doccia? Quantomeno sarebbe morta si d’imbarazzo, ma sempre meno. Lo sguardo si spostò a osservare il fisico ben piazzato che dava sfoggio di se, le due linee inguinali si perdevano oltre il bordo dell’asciugamano, facendole domandare perché la vita avesse deciso di accanirsi con lei in questo modo. Che tipo di karma era mai questo?
«Posso cambiarmi da qualche parte.. da sola?» A capo chino lasciò cadere qualsiasi voglia bellicosa, seguendo la direzione di quel braccio che la condusse direttamente alla camera del ragazzo. Fece girare due volte la chiave nella toppa, per sicurezza, ignorando la grassa risata che sentì rimbombare attraverso, accasciandosi sul letto. Le mani sostenevano il viso che temeva potesse staccarsi per la vergogna, il detto ‘’perdere la faccia’’ non le era mai sembrato così calzante. Inoltre una parte del suo cervello, quella lesa era ovvio, non la smetteva di rimandarle flash di quel corpo nudo e bagnato. Hansel non si era mai considerata una pudica, né una figa di legno. Aveva perso la verginità a diciassette anni, e si reputava una ragazza come tante dai sani appetiti sessuali, ma in quel momento sentiva d’essere più una specie di maniaca che altro. Cinque minuti dopo uscì in pigiama e completamente ricomposta, sul viso dal cipiglio fiero nessuna traccia del tracollo isterico a cui s’era abbandonata pochi secondi prima. Tate sedeva su uno sgabello, bevendo una birra e solo in quel momento la ragazza si permise d’osservare la sua ala ‘’comune’’, composta da un evidente minibar e un biliardo posto proprio al centro, a contornare il quadretto un divano dall’aria costosa e alcuni quadri appesi alle pareti. Chi era il suo compagno di camera?
«Spero non parlerai con nessuno di questo incidente.» Si schiarì la voce che le uscì più supponente di quanto avrebbe voluto, si stava sul cazzo da sola quando lo faceva figuriamoci a chi la subiva.
«Se avessi voluto farlo non ti avrei salvato il culo, che per inciso merita.» Il sorrisino di scherno venne coperto dalla bottiglia bevuta avidamente.
«Sei consapevole di quanto questa frase suoni come una molestia sessuale?» A onor del vero non s’era di certo tirata indietro quando sotto la doccia aveva fatto una completa radiografia al ragazzo, che stranamente non glielo rinfacciò limitandosi a una scrollata di spalle indolente.
«Se avessi voluto approfittarne lo avrei fatto, cosa che non è. Né sarà mai.» Quel tono lapidario punse sul vivo la sua vanità, portandola a ridere scioccata scoccandogli un’occhiata infuocata.
«Cos’è, sono al di sotto dei tuoi standard?» Era assurdo, voleva mozzarsi quella lingua che la stava trascinando come un automa all’infantilismo adolescenziale. La risposta arrivò come uno schiaffo.
«Lo sei, per l’appunto. I flirt di Matthew per me sono scarti, non ho alcun piacere a mischiarmi con questi.» L’aveva appena definita scarto? Si grattò l’orecchio fingendo di sturarlo, come se non avesse capito bene le sue parole, muovendo qualche passo nella sua direzione.
«Per tua informazione io non sono lo scarto di nessuno, esimio coglione borioso.» Tate stirò le labbra in quello che pareva un sorriso stupito.
«Sembri persino intelligente, nonostante gli ultimi avvenimenti, il mistero si infittisce.» Bevve ancora dalla bottiglia sotto lo sguardo ormai furente di Hansel.
«Non trovi patetico gettare fango su qualcuno, che non è neppure qui a difendersi?» Perché diamine stava difendendo Matthew adesso? Forse perché ne sentiva la necessità, o forse per il puro piacere di contraddire quella faccia di merda.
«Sa perfettamente cosa penso di lui, non ne sarebbe stupito se fosse qui. Magari incazzato, in fondo sarebbe piaciuto a lui soccorrerti nella doccia e posso scommettere che non ti sarebbe dispiaciuto.» Quelle insinuazioni sessuali iniziavano a starle strette, respirò profondamente pressandosi la base del naso con due dita, annuendo col capo.
«C’è stato un minuscolo momento in cui ho pensato tu potessi essere una persona decente, non buona, non fantastica, ma decente. Quel momento si è appena frantumato.»
«Questa rivelazione scioccante non mi farà dormire tutta la notte. il tono laconico e palesemente falso le mise le ali ai piedi mentre usciva come una furia sbattendosi la porta alle spalle. Il corridoio era fortunatamente deserto, e con la stessa rapidità salì i gradini fiondandosi nella propria camera, poggiandosi al muro con una mano al petto. Era stata la serata più assurda, ridicola e tossica della sua vita, e tutto per colpa di quel primate incapace travestito da modello pezzente. Che diamine di problemi aveva? Perché non poteva reagire come ogni persona normale? Hansel non riusciva a credere che i dialoghi presenti ancora nella sua memoria fossero avvenuti seriamente, in più si sentiva tormentata da quegli occhi neri e perennemente apatici, come fosse rivestito di materiale isolante e nulla lo scalfisse. Tipico dei sociopatici, o forse erano gli psicopatici? Uno valeva l’altro, era comunque un pazzo a suo dire e Hansel decise in quel momento che probabilmente stargli lontano, come desiderava anche Matthew, non era una cattiva idea.
  
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