Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: Juliet8198    08/07/2020    1 recensioni
Vivevano in un sogno meraviglioso. In quel mondo fittizio, i due ragazzi potevano fare quello che volevano ed essere quello che volevano. Potevano toccare le stelle e vivere in fondo al mare. L'unico limite era la loro immaginazione.
Ma i sogni nascondono ciò che temiamo di più. Essi liberano le ombre che cerchiamo di reprimere nella parte più nascosta della nostra psiche.
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-Tutto questo...non è reale.-
-Lo so, ma tu lo sei. Noi lo siamo. Questo mi basta. Questa può essere la nostra realtà.-
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Park Jimin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le due scatole di legno scivolarono sul bancone fino a giungere al cospetto del negoziante. Questo, dopo aver passato lo sguardo su di esse con curiosa attenzione, piegò leggermente il capo. 

 

-Avete della merce decisamente interessante.- mormorò prima di porsi davanti alla scatola di Jein. 

 

Mentre ne sollevava il coperchio, la ragazza gli perforava le mani con il nervosismo del suo sguardo e il ragazzo ne studiava con circospezione ogni mossa. Il giovane dai capelli biondi immerse le dita all'interno dell'oggetto e le sollevò davanti al suo volto lasciando ricadere una cascata di gocce iridescenti, che ritornarono nel loro contenitore con un tintinnio irritato quasi come se fossero state disturbate dal gesto. Il giovane, allora, sollevò un angolo della bocca in una smorfia di muta ammirazione. 

 

-Lacrime... mi sono stati portati tanti oggetti ma queste... questa è roba rara. Un oggetto perso, o dimenticato. Per di più  in un arco di tempo così ampio. Hanno un valore quasi inestimabile.- affermò mantenendo gli occhi su quelle preziose perle trasparenti. 

 

-E qui? Troverò qualcosa di altrettanto unico?- chiese retoricamente spostandosi davanti alla seconda scatola, con un tono vagamente giocoso. 

 

Una volta sollevato il coperchio, passò qualche istante di nervosa immobilità. Il negoziante non diceva una parola, non muoveva un muscolo. Restava semplicemente lì, a contemplare il giglio dal colore così nitidamente e incorruttibilmente bianco. 

 

-Voi girate con roba che scotta.- esclamò infine dopo un lasso di tempo interminabile, richiudendo velocemente la scatola e ponendola lontano da sé. 

 

-Ma non siete giunti in un negozio qualunque.- continuò, riportando un sorriso sbarazzino sulle proprie labbra -Io ho il pagamento adeguato.-

 

Così come era arrivato, il giovane sparì in un batter d'occhio dietro al bancone, lasciando i due ragazzi in un perplesso silenzio. Mentre i minuti passavano e Jimin studiava l'ambiente circostante con minuziosa attenzione, Jein emise un sospiro. 

 

-Cosa pensi che sia questo posto?- 

 

Riportando lo sguardo sulla sua compagna, il ragazzo cercò di sondarne lo stato d'animo. Confusione, smarrimento, inquietudine e anche una leggere curiosità. Gli occhi di lei erano come pozzi profondi in cui lui aveva dovuto imparare a calarsi, sempre più a fondo e sempre più in basso, per riuscire a raggiungerne le acque. Eppure, sentiva che ancora qualcosa gli sfuggiva dalle dita. Il suo secchio non riusciva a toccare il fondale di quelle cavità, come se ancora non avesse accesso ad una parte di lei, una che era stata ben nascosta dalla luce del sole. Forse il viaggio che li attendeva gli avrebbe finalmente permesso di portare a compimento quell'esplorazione. 

 

-Pensate a questo posto come a una stazione dei treni.- 

 

L'improvvisa ricomparsa del negoziante fece trasalire i due ragazzi, che si allontanarono di qualche passo dal bancone. 

 

"Ma questo non può fare un'entrata normale, per una volta?" pensò Jimin, in un moto di irritazione. 

 

-Che cosa intende dire?- 

 

Jein fu la prima a riprendersi dallo spavento e si era già riavvicinata al ragazzo con il sopracciglio sollevato e un tono di scettico interesse. Il giovane dai capelli biondi, dopo aver poggiato una piccola scatola scura davanti a sé, portò le mani sotto il mento con il modo di fare di un bambino e il sorriso di un adulto terribilmente pericoloso. A Jimin quel tipo dava decisamente sui nervi. 

 

-Posti come questo o come la Luna, che avete già visitato, sono punti in cui migliaia di passeggeri passano brevemente per poter raggiungere le loro destinazioni. Sono come una specie di tappe obbligatorie dell'itinerario di ogni persona che compie questo tragitto.- affermò, mantenendo ostinatamente gli occhi in quelli di Jein. 

 

Sì, a Jimin decisamente quel tipo non piaceva. Forse, il fatto che avesse la sua faccia lo irritava ancora di più. O forse era il fatto che sembrava provarci spudoratamente con sua moglie. 

 

-Normalmente, le coscienze dei viaggiatori vagano da sole e incappano incidentalmente in altre come loro solo in posti come questo.- continuò il giovane, avvicinando impercettibilmente il viso a quello di Jein, che sembrava non riuscire a distogliere lo sguardo da quello ammaliatore di lui. 

 

Facendo scivolare il braccio intorno alla vita della ragazza con lenta solennità per attirare l'attenzione del ragazzo di fronte a loro, sollevò sull'obbiettivo uno sguardo scintillante di sfida. 

 

-Dove vuole arrivare con questo discorso?- chiese con tono fintamente curioso. 

 

Invece di percepire il suo come un avvertimento, il negoziante sembrò prenderlo come un divertentissimo scherzo, tanto che iniziò a ridere squittendo acutamente come era solito fare lui stesso. 

 

-Ci sto arrivando. Mentre la maggior parte delle coscienze si incrociano fugacemente in posti come questo per poi continuare il viaggio da sole, voi siete una curiosa eccezione alla regola. Vi siete incontrati dal momento che il sogno è iniziato e avete proseguito insieme per tutto il tragitto.- 

 

Chiudendo le braccia con un enigmatico sorriso, il giovane contemplò i due appoggiandosi al bancone. 

 

-Siete una misteriosa anomalia.- affermò in assorta osservazione. 

 

-Ma bando alle ciance!- esclamò improvvisamente, rompendo la pesante atmosfera che si era venuta a creare. 

 

Come se nulla fosse successo, si aprì in un largo sorriso e con movimenti eleganti sollevò il coperchio della scatola scura, esponendo il contenuto ai due clienti. Appoggiate su un cuscinetto di pregiata seta che scintillava sotto le luci calde del negozio, stavano due chiavi dall'aspetto antico e vagamente raffinato. Le impugnature bronzee rimandavano un riflesso offuscato dal tempo ed erano modellate in motivi vegetali, legati a due nastri di colori diversi: nella prima blu, nella seconda argento. Le loro mani, che sembravano conoscere più di loro in quel frangente, afferrarono inconsciamente ognuna la propria chiave e la strinsero nel palmo, lasciando che essa li solcasse la pelle con i suoi decori. La prima finì nel pugno di Jein, la seconda in quello di Jimin. 

 

-A cosa ci serviranno?- chiese la ragazza con tono risoluto.

 

Il negoziante si appoggiò le dita sulle morbide labbra, distese in un nuovo sorriso enigmatico. 

 

-Spoiler. Non posso rivelarvi tutto subito. Dovrete scoprirlo da soli. Ma credetemi se vi dico che quando arriverà il momento, lo capirete.- rispose lui, lasciando che la sua voce si disperdesse nell'aria con la stessa misteriosa aura della frase appena pronunciata. 

 

-Ebbene, ora vi attende una scelta!- 

 

Spostandosi da dietro il bancone, il ragazzo biondo portò il corpo sinuoso vicino a due porte, invitando con la mano i due giovani. Una volta che vi si furono avvicinati, osservarono con circospezione le due superfici identiche. Una blu e l'altra argento. 

 

-Quale porta scegliete?- domandò il giovane con semplicità, come se avesse appena chiesto loro quanto riso gradivano nel piatto. 

 

La domanda sottintesa però era evidente: quale percorso volete compiere? 

 

Jimin, dopo un istante, aveva già preso la decisione. Facendo scivolare le dita in quelle della moglie, strinse la mano della ragazza che lo guardò con incertezza. Cercò di distendere i nervi in un sorriso rassicurante, prima di fare un passo avanti. Il pomello della porta blu ruotò senza problemi sotto alla sua presa, perciò il giovane si portò oltre la soglia senza indugio. Una volta che essa fu varcata, vide dietro di sé il negoziante. 

 

-Buona fortuna.- disse agitando impercettibilmente la mano, prima di sparire. 

 

 

La radura in cui emersero era diversa da quella in cui si trovavano in precedenza. Era più oscura, più fredda e sembrava meno ospitale nei loro confronti. I nodosi alberi erano talmente alti da dare l'impressione di raggiungere il cielo e sostituirlo con le loro folte chiome. La luce del sole non illuminava il loro cammino come era stato in precedenza. Sembrava che essa non riuscisse a penetrare la fitta cappa di rami, foglie e tronchi che popolavano l'ambiente, perciò il sentiero che presero a percorrere rimase immerso in una semioscurità che di tanto in tanto infondeva loro brividi lungo la schiena. Prima di intraprendere il loro cammino, i ragazzi si erano infilati al collo i nastri recanti le chiavi, perciò ad ogni passo che compivano i due oggetti rimbalzavano sul loro petto colpendoli con la loro pesantezza. 

 

L'unico suono che accompagnava il loro percorso, oltre al tonfo sordo delle chiavi contro il loro sterno, fu l'accartocciarsi degli arbusti sotto i loro piedi. Per il resto, il loro tragitto fu immerso nel più totale silenzio, in cui si infilava la fredda umidità del sottobosco e l'odore stantio di muschio. 

 

Quando, finalmente, iniziarono a intravedere la luce del sole, videro che essa si posava insistentemente su una gigantesca parete di pietra chiara. No, non un parete. Una cinta muraria. Quando i loro piedi furono abbastanza vicini, i due ragazzi sollevarono lo sguardo sull'altezza della costruzione. 

 

-E ora?- 

 

La voce di Jein si perse nel vuoto, mentre la sua testa china verso l'alto cercava di stimare l'altezza del muro. Sembrava più o meno come un palazzo di quattro piani, ma non poteva esserne sicura non avendo termini di paragone con cui confrontarlo. Era alto, questo era certo. 

 

Il secondo problema era l'ampiezza. Voltandosi a destra e a sinistra non fece altro che vedere la pietra chiara distendersi all'infinito, allungando le sue braccia molto oltre lo sguardo della ragazza. 

 

-C'è una porta.- 

 

La voce di Jimin le fece riportare gli occhi davanti a sé. Ebbene, era vero. C'era una porta nel bel mezzo del muro. Ma chiamarla semplicemente "porta" sembrava quasi un'offesa. Era una superficie alta almeno la metà della cinta di solido acciaio levigato, recante un'enorme maniglione circolare, un tastierino numerico e quello che sembrava un lettore palmare.

 

Deglutendo inconsapevolmente, la ragazza si avvicinò alla maniglia, ma nel momento in cui tentò di farla girare, il metallo non si mosse. Invece, una voce elettronica emerse da chissà quale anfratto. 

 

-Riconoscimento numerico. Digitare il codice.- 

 

Jein sollevò gli occhi al cielo, cercando inconsapevolmente la fonte della voce con una smorfia scettica. 

 

"Seriamente? Come dovrei indovinare la combinazione?" 

 

Sbuffando, si massaggiò la fronte avvicinandosi al tastierino. 

 

"Va bene, ce la possiamo fare. Se questa è la mia parte di sogno, deve per forza essere un numero legato in qualche modo a me." 

 

Iniziò a sfiorare i tasti con le dita finché non comparve nello schermo la sua data di nascita. 

 

Errore

 

-Cavolo.- 

 

"Va bene, riproviamo." 

 

La data in cui aveva conosciuto Kippeum. 

 

Errore 

 

La data in cui sua madre aveva perso il lavoro. 

 

Errore 

 

"Oh andiamo, potresti darmi un indizio!"

 

Riprese a digitare, combinazione dopo combinazione. Nulla. 

 

La data in cui aveva iniziato la scuola. La data in cui aveva iniziato a lavorare. Niente. 

 

La data in cui Kippeum le aveva fatto il suo primo regalo. 

 

Errore

 

Con un lungo sbuffo esasperato, fece cadere la testa contro il freddo metallo, emettendo un tonfo che rimbombò su tutta l'ampia superficie. Con la faccia spalmata sulla porta, si voltò verso il ragazzo accanto a lei che dall'inizio di quel supplizio non aveva emesso una parola. Questo, sollevando le spalle, la guardò con un sorriso innocente. 

 

-Non guardare me, non ho gli strumenti per aiutarti.- 

 

Mentre un lampo di irritazione prendeva piede nella sua mente, si bloccò, spalancando gli occhi. 

 

-Forse ti sbagli.- mormorò con crescente decisione. 

 

Le dita si appoggiarono nuovamente sui tasti e scivolarono velocemente digitando i numeri nella sua testa. 

 

Password corretta 

 

Con un sorriso fiero, sentì il suono elettronico che le indicava di avere avuto successo e sollevò lo sguardo orgoglioso.

 

-Beh? Che cos'era alla fine?- chiese Jimin, divertito nel vederla gongolare dalla soddisfazione. 

 

Con una smorfia incredula, la ragazza riportò gli occhi su di lui. 

 

-La data in cui ho conosciuto i BTS.- rispose, alzando le mani al cielo. 

 

-Riconoscimento palmare. Appoggiare la mano sul lettore.- 

 

L'aria di trionfo abbandonò velocemente il viso di Jein al suono della voce metallica. Con una leggera incertezza, avvicinò la mano allo scanner e vide una luce verde attraversare la superficie. 

 

-Scan eseguito. Riconoscimento vocale. Pronunciare il proprio nome.- 

 

Alzando il sopracciglio con insistenza, la ragazza sollevò nuovamente lo sguardo al punto indefinito da cui proveniva l'altoparlante. 

 

-Chang Jein.- 

 

Silenzio. 

 

-Chang Jein. Accesso negato.- 

 

La giovane spalancò gli occhi sollevando i palmi in aria. 

 

-Stai scherzando? Questa è la mia parte di sogno! Non puoi negarmi l'accesso!- 

 

-Accesso negato.- ripetè indifferente la voce metallica. 

 

Percependo una sottile risatina alle sue spalle, Jein si voltò verso il ragazzo che tentava malamente di nascondere una smorfia. 

 

-Ah, lo trovi divertente? Provaci tu allora!- esclamò, incrociando le braccia sotto al seno. 

 

Dopo un istante di perplessità, Jimin si aprì in un'espressione furba e si avvicinò alla grande porta sollevando lo sguardo. 

 

-Park Jimin.-

 

Di nuovo, ci fu il silenzio. 

 

-Accesso consentito.- 

 

Sotto gli sguardi strabuzzati dei due la porta emise un sonoro rumore idraulico, come se dei grossi pistoni si fossero finalmente distesi, e la superficie scattò impercettibilmente verso di loro staccandosi dalla parete. 

 

Jein, osservando la porta che aveva preso ad aprirsi di propria iniziativa, sollevò per l'ultima volta gli occhi al cielo. 

 

-Seriamente?-

 

 

LEZIONI DI PSICOANALISI

Ok ragazzi, stiamo entrando nel vivo della storia, perciò chiunque è curioso di conoscere di più sulla teoria psicoanalitica che mi ha dato l'ispirazione per ciò che succederà da ora in poi, la lezione inizia ora. 

Per chiunque non sia interessato, faccio solo un piccolo annuncio. Dato che ho notato che alcuni lettori faticano a stare dietro a due aggiornamenti a settimana, per ora mi limiterò a farne uno fisso al mercoledì (scanso equivoci). Fatemi sapere se questa modalità vi piace oppure preferivate come prima. 

 

Dunque, iniziamo. Come vi avevo anticipato, questa storia si basa sulle teorie di Freud, perciò faremo un breve riassunto della sua visione dei sogni e della struttura della psiche (chiedo scusa al popolo di EFP che non riuscirà a vedere le immagini). 

 

 

 

Per Freud la mente era come un iceberg. La punta che è fuori dall'acqua, la parte più piccola dell'iceberg, è la parte conscia, quella dei nostri pensieri consapevoli. La coda nascosta sotto l'acqua, la parte assai più grande, è l'inconscio, un insieme di pensieri, desideri e impulsi di cui non siamo consapevoli e a cui normalmente non abbiamo accesso. 

Ora, cosa c'entrano i sogni in tutto questo? Normalmente, a dividere conscio e inconscio c'è la Guardia, quella che in questo capitolo è rappresentata dalla cinta muraria con la porta blindata. La Guardia impedisce fondamentalmente ai pensieri inconsci di salire in superficie, per permetterci di avere una psiche equilibrata. Quando siamo addormentati però la Guardia si abbassa o si allenta, perché la nostra attenzione è minore. Quindi, i nostri pensieri inconsci riescono ad uscire e "salire in superficie" travestiti da sogni. 

 

 

 

Quello, invece, che Jein e Jimin stanno cercando di fare è il percorso opposto. La loro parte cosciente sta scendendo in profondità verso l'inconscio e per questo ha incontrato la Guardia. 

 

 

 

Ora, immaginate cosa ci dice di Jein il fatto che la sua guardia sia un'enorme cita muraria con un portone degno del caveau di una banca, perfettamente chiuso anche se è addormentata e che non solo non lascia uscire niente ma non lascia neanche ENTRARE niente. Detto ciò, traete voi le vostre conclusioni. Ma tenete bene a mente quello che ho detto, perché in futuro ci tornerà utile.

   
 
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