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Autore: heliodor    09/07/2020    1 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Prima lezione
 
“Abbiamo vinto” disse Valya. “Li abbiamo uccisi.”
Aveva ancora lo scudo tra le mani e respirava a fatica. I colpi di Glem erano stati così forti che per un attimo aveva temuto che le spezzassero le braccia, ma aveva resistito.
Suo padre respirò a fondo, marciò verso di lei scuro in viso e le strappò lo scudo dalle mani.
“Per gli antichi Dei e tutti i demoni, che cosa pensavi di fare?”
Valya indietreggiò di un passo. “Volevo solo aiutarti.”
“Sei una stupida” disse dandole uno strattone così forte da buttarla a terra.
Valya gridò per il dolore e la sorpresa. Stava per protestare, quando vide suo padre correre verso il carro.
Il fuoco aveva raggiunto il legno e lo stava consumando. Simm Keltel si gettò contro le fiamme e strappò ciò che restava del telone di copertura gettandolo lontano.
Con una vecchia coperta soffocò le fiamme che stavano divampando sbattendola sopra con vigore. “Vieni a darmi una mano” le disse. “Svelta.”
Valya corse verso il carro e lo aiutò a portare giù quello che non era stato divorato dalle fiamme. Quasi tutte le casse erano intatte e persino qualche sacca, ma avevano perso tutte le scorte di cibo tranne quelle che avevano in un barile sul fondo del carro e i vestiti.
Quelli erano tutti bruciati. Non che fossero mai stati preziosi o eleganti, ma le seccava doverne fare a meno. Iniziava ad averne abbastanza della solita tunica chiara.
Il baule con la spada era sopravvissuto. Valya si accertò con delle rapide occhiate di nascosto che fosse intatto. C’erano solo delle leggere bruciature lì dove le fiamme avevano morso il legno, ma aveva resistito bene.
Anche Bel stava bene. Il cavallo era così mansueto che nemmeno le fiamme alte lo avevano spaventato.
Beato lui, pensò Valya.
Il sole stava sorgendo quando si concessero una pausa.
Simm sedette accovacciato nell’erba, lo sguardo fisso su Glem che ancora giaceva nell’erba.
“Sono i ragazzi di Marden” disse Valya.
Suo padre grugnì.
“Perché ci hanno attaccati? Che volevano da noi?”
“Bolk aveva un debito con loro” disse suo padre. “Forse il furto era solo una scusa per fargli dare un’occhiata all’interno.”
Valya si avvicinò al corpo di Perry, il ragazzo dai capelli grigi che aveva ucciso Bolk. Il viso era nascosto dai folti capelli che formavano una massa arruffata e sporca.
“Non fissarlo troppo” disse suo padre scalciando il cadavere. “O i demoni ti trascineranno negli inferi insieme a lui.”
Valya distolse lo sguardo. “Che facciamo adesso?”
“Ci rimettiamo in marcia.”
“Ma il carro è bruciato” protestò lei.
“Lo rimetterò a posto. Se starai zitta e farai quello che ti dico di fare.”
Valya serrò le labbra. “Tu sapevi che stavano arrivando, vero?”
Aveta notato il suo nervosismo dopo che avevano lasciato le Vecchie Pietre.
Suo padre grugnì.
“Dimmelo. Ho il diritto di saperlo.”
Simm Keltel si voltò di scatto, lo sguardo accigliato. “Tu non hai il diritto di sapere proprio niente.”
“Invece sì.” Indicò il cadavere di Glem. “Ti ho salvato io. Se non lo avessi colpito, ora saresti morto.”
“Se io non li avessi uccisi, saremmo morti entrambi. E anche quel dannato cavallo.”
Bel continuò a ruminare.
Suo padre marciò verso il carro e Valya lo seguì.
“Perché non mi dici mai niente?” gli urlò contro.
Simm Keltel appoggiò le mani sulla ruota annerita dal fuoco, come a volerne saggiare la consistenza.
“Se ti avessero ucciso che cosa avrei fatto io?” gli domandò, le lacrime agli occhi.
“Saresti andata avanti” disse suo padre senza voltarsi.
“Posso aiutarti, se mi insegni.”
Lui chinò il capo. “Non sei abbastanza forte.”
“Come fai a dirlo?”
“Lo so.”
“Riesco a reggere la spada. E se tu mi insegnassi…”
“No” esclamò suo padre con tono esasperato. “Non ti insegnerò niente. Discorso chiuso.”
“Ti odio” gridò Valya.
“Me ne farò una ragione.”
“Tu credi che io sia debole.”
“Lo sei” fece Simm senza guardarla.
“Se tu mi dessi una spada, una delle tue, potrei diventare forte.”
“Le mie spade sono per veri guerrieri. Non per quelli come te.”
“Ma tu ne hai tante, in quei bauli. Potrei prenderne una…”
Suo padre si voltò di scatto e le afferrò la gola. “Hai preso una delle mie spade? Le hai toccate? Dimmelo.”
“No” disse liberandosi con uno strattone. “Non ho mai toccato le tue maledette spade” mentì.
Ne ho usata una, pensò. E se ora l’avessi tra le mie mani, ti farei vedere di cosa sono capace.
“Meglio per te” disse suo padre tornando a concentrarsi sulla ruota.
Valya corse al corpo di Glem e gli sfilò la spada ricurva dalla mano vincendo la repulsione. Strinse l’elsa fino a sentire dolore e tornò verso suo padre coprendo la distanza che li separava con passi lunghi.
“So usarla questa spada” gridò prima di tirare un fendente al fondo del carro. La spada scheggiò il legno strappandone via un pezzo.
Suo padre la guardò senza mutare espressione. “Sei contenta adesso? Ora mettila giù o ti farai del male.”
“No” gridò Valya. Gli puntò contro la spada. “Prendi la tua arma e ti dimostrerò che la so usare.”
Suo padre la fissò con aria divertita. “La mia arma?”
“Ne hai una in quel carro o no?”
“Per te non servono quelle spade. Come ti ho detto, sono per veri guerrieri.”
Valya agitò la spada nell’aria. “Allora ti farai molto male, Simm Keltel.”
Lui annuì annoiato e fece due passi di lato, chinandosi. Quando si rialzò aveva tra le mani lo scudo col quale Valya aveva colpito Glem. “Questo basterà per te.”
Valya grugnì. “Se è quello che vuoi, bene.” Alzò la spada sopra la spalla e spostò il peso sul piede sinistro, quello più avanzato.
Suo padre alzò lo scudo. “Allora? La spada ce l’hai tu. Penso che tocchi a te attaccarmi.”
“Sto valutando la tua difesa” disse Valya.
“Valutala in fretta perché ho voglia di rimettermi in viaggio per Ferrador.”
Il suo avversario si limitava a tenere lo scudo sollevato in modo da proteggere la spalla sinistra, ma quella destra sembrava scoperta.
Valya decise di attaccare da quel lato. Roteando la spada sopra la testa avanzò decisa e con un balzo tirò un fendente che tagliò in due l’aria.
Suo padre scivolò di lato evitando l’attacco.
“Tutto qui?”
Valya ruotò col busto e l’attaccò col taglio della spada. Suo padre deviò il colpo con lo scudo. L’impatto fu così forte che gli riverberò nel braccio.
Strinse i denti e cercò di aggirare suo padre sul fianco sinistro, ma lui assecondava le sue mosse proteggendosi con lo scudo.
“Così non vale” protestò Valya. “Non stai combattendo secondo le regole.”
“Regole? Quali sarebbero?”
Valya si lanciò in avanti e calò un fendente diretto al collo dell’avversario. Suo padre fece un passo di lato e deviò il colpo inclinando lo scudo.
Valya perse l’equilibrio a causa dello slancio eccessivo e quasi ruzzolò a terra. Fece due o tre passi a vuoto prima di raddrizzarsi a voltarsi.
Suo padre non si era mosso.
“Le regole” disse Valya col fiatone. “Dobbiamo combattere, altrimenti che duello è?”
“Stiamo combattendo, no? Tu attacchi e io mi difendo.”
“Tu non ti difendi affatto. Non ci provi nemmeno.”
“Vuoi che faccia sul serio?”
Valya sentì la rabbia crescere. “Voglio che tu stia zitto una buona volta.” Si lanciò verso suo padre mulinando la spada a destra e sinistra.
Lui fece un passo indietro evitando il primo fendente e poi un rapido passo in avanti. Valya aveva alzato di nuovo la spada e non poté evitare l’impatto tra lo scudo e il suo petto.
La forza fu tale che le tolse il fiato. Le gambe cedettero di schianto e lei si ritrovò con la schiena a terra a fissare il cielo.
Si concesse due respiri prima di alzarsi.
“Resta giù” disse suo padre con tono annoiato.
“No.”
“È meglio per te.”
“Lo so io cosa è meglio per me.”
“Sono tuo padre.”
“Te ne ricordi solo quando devi sgridarmi.”
Suo padre ghignò. “È perché passi la maggior parte del tuo tempo a fare qualcosa che ti fa meritare quei rimproveri.”
Valya si accigliò. “Idiota.”
“Provocarmi non ti servirà.”
Scattò in avanti, la spada abbassata e quando fu a un passo da suo padre tirò un fendente a mezza altezza con tutta la forza che aveva.
L’avversario intercettò il colpo con lo scudo, ma la lama penetrò per un palmo nel legno. Per un istante rimasero immobili, lei con il braccio alzato e suo padre con lo scudo retto da entrambe le mani.
Valya fece per tirare, ma la spada si era conficcata in profondità nel legno.
Suo padre ghignò e con uno strattone deciso gliela strappò di mano.
“Sembra che il nostro duello sia terminato.”
Valya urlò e corse verso di lui. In quel momento voleva solo afferrarlo e scaraventarlo a terra. Aveva dimenticato perché era arrabbiata con lui. Qualunque fosse stato il motivo, ora non le importava più. Voleva solo che la smettesse di prendersi gioco di lei.
Simm Keltel mosse un passo di lato e con una mossa veloce le afferrò il polso, tirando dopo aver fatto leva sul bacino.
Valya perse l’equilibrio e inciampò nei suoi piedi, ruzzolando a terra. Quando tentò di rialzarsi, si ritrovò a fissare la punta della spada di Glem.
Suo padre la fissava perplesso. “Sei morta.”
Valya fece per dire qualcosa ma lui l’anticipò chinandosi e prendendo il suo naso tra l’indice e il pollice. Lei allontanò la mano stizzita e cercò di rialzarsi ma le gambe le cedettero e ricadde sulla schiena.
Era esausta e faticava persino ad alzare la testa.
“Hai finito?” chiese lui annoiato.
“No.”
Suo padre grugnì.
“Insegnami a tirare di spada.”
Lui scosse la testa.
“Solo qualche mossa.”
“No.”
“Una sola. Myron Chernin ha pagato per far dare lezioni a Rezan.”
“Paragonarmi a quello lì non ti aiuta” disse lui divertito.
Valya si mise a sedere con e gambe incrociate. “Perché non vuoi insegnarmi?”
“Non ho niente da insegnarti. E sono un pessimo maestro.”
“Ma tu sei un grande guerriero. Tutti parlano della tua impresa a Mashiba, con Yander, Aramil, la Stella Nera e tutti gli altri.”
Suo padre scrollò le spalle. “Sono solo leggende. Non ho mai compiuto quelle imprese.”
“Non è vero.”
Lui andò verso il carro e iniziò a sciogliere le redini di Bel.
Valya lo seguì. “Che fai adesso?”
“Libero questa povera bestia.”
“Perché?”
Suo padre indicò il cavallo di Glem. “Quella lì è meglio. Ci porterà a Ferrador più in fretta.”
“E Bel?”
“Lo lasciamo qui.”
Valya lo guardò inorridita. “Non puoi farlo.”
“Lo sto già facendo” disse suo padre arrotolando le redini.
“No” protestò. “Morirà se lo abbandoniamo qui in mezzo alla pianura.”
“C’è tanta erba da mangiare. E tornerà a casa da solo.”
Valya si frappose tra lui e il cavallo. “Non te lo permetterò.”
“Gli sto facendo un favore.”
“Portiamolo con noi” disse Valya pensando in fretta a una soluzione.
Suo padre scosse la testa. “Sarebbe un peso. Ed è inutile.”
“Invece no” disse Valya. “Bel ci ha portati fin qui. È un buon cavallo.”
“Quello di Glem è migliore.”
“Sì, ma è meglio averne uno di riserva. Se dovesse succedergli qualcosa, potremmo tornare a usare Bel.”
Suo padre emise un sospiro rassegnato. “Ti occuperai tu di lui. E quando arriveremo a Ferrador ce ne libereremo.”
“Gli troveremo un buon posto dove stare” disse Valya accarezzando la schiena del cavallo.

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