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Autore: lmpaoli94    12/07/2020    1 recensioni
Bronx, anni 60’
Forse questa può essere la solita storia di odio razziale per la conquista di una libertà che è solo un’utopia.
Forse questo può essere un racconto come tanti altri che vengono pubblicati sperando che qualcuno lo possa leggere e capire il messaggio che si vuole trasmettere.
Ma alla fine quello che voglio è dire che il fatto che racconterò in questi capitoli ha una distanza di sessant’anni ma è così attuale che sembrerà di essere nel presente.
Perché anche se la schiavitù in Nord America e l’Aparthied in Sudafrica sono stati aboliti (apparentemente), i fatti che i due protagonisti desiderano portare a compimento lascerà in qualche modo riflettere, anche solo per pochi secondi.
Giusto per dire: ma davvero esiste tutto questo? Perché l’odio deve essere più forte su tutto? Perché impariamo a odiare? È la nostra mente che è malata?
Domande a cui personalmente non posso rispondere. Io mi limito solo a riflettere.
Per fare in modo come ciò possa avvenire.
Per fare in modo che un giorno di questi tutto il male dell’uomo non avvenga mai più.
Ma in fondo al mio cuore, questo è solo il mio desiderio… e il tuo qual è?
Genere: Angst, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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In qualche modo dovevo ricambiare il modo in cui mi aveva salvato dalla polizia e dalla furia omicida di quella donna.
Non riuscivo ancora a togliermi dalla mente il modo in cui si era rivolta a me.
Mi aveva paragonato ad un ragazzo inutile solo perché ero amico di un ragazzo di colore e questo non potevo sopportarlo.
La mia rivolta è stata dirompente quanto distruttiva, ma presto ne avrei pagato tutte le conseguenze.
Ma essendo in compagnia di questa ragazza che sembrava un angelo disceso dal cielo, volevo guardare la mia esistenza sotto un altro punto di vista.
Arrivato di fronte al palazzo dove abitava Trevor, un senso di nostalgia mi assalì improvvisamente.
Ero molto piccolo e giocavo da solo a pallone mentre i bulli di quartiere se l’erano presa con me perché ero indifeso e senza un amico.
Ma quando la situazione stava per degenerare, un ragazzo della mia età prese le mie difese cacciando malamente quei bulli.
Un uomo nero che aveva sgominato una banda di bulletti bianchi: la notizia si sarebbe sparsa in tutto il Bronx.
Però non volevo pensare alle dovute conseguenze, ringraziando quel ragazzo per avermi salvato.
“Che cosa ci fai da queste parti? Tu e gli altri ragazzi bianchi non potete giocare in una via dove abitano gente come noi.”
“Non so perché sono giunto fin qui. È stato un caso” mi limitai a dire.
“Comunque adesso è meglio che tu te ne torni a casa. Questo luogo è molto pericoloso per uno come te. Potresti imbatterti in altre cattive persone.”
Non sapendo però come sdebitarmi per il suo aiuto, mi limitai a domandargli il suo nome.
“Perché vuoi saperlo?”
“Così. Mi sembra una cosa carino e doverosa dopo tutto quello che hai fatto per me.”
“Lascia perdere. L’avrei fatto lo stesso anche se fosse stata un’altra persona.”
“Non ne dubito. Ho subito capito che eri un ragazzo dal cuore grande.”
Colpito dalle mie parole, alla fine il ragazzo si presentò.
“Trevor. Sono stato davvero contento di averti incontrato. Avrei preferito in un’altra occasione, però se il destino ci ha fatti conoscere, forse siamo…”
“No. noi due non possiamo essere amici.”
Anche se ero ancora molto piccolo (avevo all’incirca sette anni quando incontrai per la prima volta Trevor), capivo che i bianchi e la gente di colore non andavano d’accordo.
Ma questa faccenda non poteva andare avanti per sempre: era estremamente ridicolo.
“Ma tu sei l’unico amico che ho” ribattei con tono implorante.
“Troverai altri pari che vorranno essere tuo amico. Noi non possiamo.”
Mentre la rabbia si riversò nelle mie vene, lo minaccia dicendogli che aveva paura ed era un codardo.
“Solo perché siamo di un colore diverso, perché mi respingi?”
“Perché finiremo in guai seri tutte e due!”
“E con ciò? Non pensavo che essere amico di qualcuno fosse un peccato.”
“Ascoltami ragazzo, non rendermi le cose ancora più difficili…”
“Steve. Il mio nome è Steve.”
“Ok, Steve… Lascia subito questo quartiere prima che qualcuno ti veda. Subito.”
Ma prima che me ne potessi andare, gli feci una domanda che lo lasciò momentaneamente spiazzato.
“Tu crederesti nella nostra amicizia, Trevor?”
“Come?”
“So che può essere molto prematuro dire questo, ma non voglio pensare che tu sia un ragazzo come tanti che vive nel Bronx proprio come me. Noi due possiamo essere diversi… ma molto simili.”
“Ma cosa vai dicendo?”
“Tu credi negli esseri umani, Trevor?”
“Adesso che razza di domanda mi fai?”
“Tu limitati a rispondere… Allora?”
Rimanendo a fissarmi spaesato per alcuni secondi, alla fine riuscii a scoprire che anche Trevor credeva in un mondo migliore.
Un mondo sociale dove non ci sarebbero state barriere.
Un mondo dove la pace si sarebbe diffusa ovunque, debellando per sempre le guerre e la fame.
“Sì, io credo negli esseri umani… Perché noi dobbiamo avere il coraggio di esseri umani… e non persone spregevoli.”
Udendo la sua risposta che mi aveva convinto sul suo modo di essere, mi diressi verso di lui per stringergli la mano e sorridergli di mia volta.
“Allora vedi che non siamo così diversi noi due? Il colore della pelle non deve essere un muro, ma una sorta d’incontro in cui noi possiamo essere simili. E sono sicuro che potremmo diventare grandi amici.”
E difatti, da quel momento, io e Trevor siamo stati inseparabili.
Anche se i nostri genitori non approvavano la nostra amicizia e avevano fatto di tutto per dividerci, siamo sempre rimasti insieme. Nel bene e nel male.
Ma adesso che le nostre distanze stavano diventando sempre di più insopportabili, dovevo in qualche modo ricucire il legame d’appartenenza che avevo con lui.
< Steve, va tutto bene? > mi domandò Tania riscuotendomi dai miei pensieri.
< Come, scusa? >
< Siamo arrivati al palazzo di mia zia. Ti ringrazio molto per avermi accompagnata fin qui. >
< Figurati. È stato un piacere. >
Invitandomi nell’appartamento di sua zia per prendere un tè p un caffè, mi limitai a dire che sarei rimasto qui ad aspettarla, prima di farla uscire definitivamente dal Bronx.
< Ne sei sicuro? Guarda che se il problema è mia zia… >
< No, Tania. Tua zia non è un problema > la interruppi < Voglio solo rimanere qui e salutare un mio vecchio amico. >
Capendo la mia richiesta, Tania mi salutò con un sorriso promettendomi che non sarebbe rimasta a lungo da sua zia.
< Non ti preoccupare per me. Tu prenditi tutto il tempo necessario. >
< D’accordo. E grazie ancora. >
Mentre la giovane ragazza stava salendo l’appartamento per niente intimorita d’incontrare qualcuno, chiamai a gran voce il Signor Bell mentre stava sistemando alcune pratiche del palazzo.
< E tu che diavolo ci fai qui? >
< Ho accompagnato una mia amica che ho conosciuto poco fa’. So solo che si chiama Tania ed è venuta qui per trovare sua zia che non vede da molto tempo. >
< Frequenti ancora gente diversa da te? >
< Esatto. Ma da quello che lei può pensare, non è una ragazza di colore. >
< Mi stai forse dicendo che una ragazza bianca… >
< Non darà alcun fastidio. È buona come il pane. >
< E tu come pensi di saperlo, sciocco? L’hai appena conosciuta! >
< So che posso essere molto avventato, ma cosa potrebbe fare di male? >
< Magari lei niente… Ma se qualcuno del palazzo la incontra, ci vado di mezzo io. Sei stato uno sconsiderato ad averla portata fin qui. Richiamala subito! >
< Non posso bussare alle porte di tutti gli appartamenti. >
< Come si chiama sua zia? >
< Non lo so. Non me la detto. >
Completamente furioso con me, il Signor Bell pregava che non potesse succedere niente di preoccupante, mentre mi domandava se non avevo altro da fare che aspettare quella ragazza.
< Mi hanno cacciato dal lavoro solo perché ero un amico di Trevor > risposi con tono tenue < Perché la gente si comporta con tanto odio? Non capisco. >
< Ragazzo, non credi che ne abbiamo già parlato fin troppo. >
< Lo so. Ma io voglio capire… >
< Non puoi capire come va il mondo. Nessuno lo sa. >
< Questo quartiere è la mia maledizione: non posso essere amico di chi voglio. >
< Credi forse che se tu fossi altrove la situazione sarebbe diversa? >
< Sicuramente spererei di non vivere in un quartiere malfamato e pieno di criminalità come il Bronx. >
< Va bene, lasciamo perdere il quartiere in cui vivi: il razzismo ormai si è dilagato ovunque. Sono pochi i bianchi che si mescolano con i neri senza avere problemi. Un bianco e un nero non possono vivere in armonia insieme. Né se sono amici né se sono legati in altro modo. >
< Voi gente di colore dovreste smettere di vederci come schiavisti, mentre noi bianchi dovremmo fare tutto per rendere le vostre vite sopportabili e non come una condanna. >
< Mi dispiace per quello che credi Steve, ma l’uomo di colore vi vedrà come la razza che distrgge: voi bianchi ci avete strappato le nostre case. Noi non dovremmo abitare in America, ma in Africa… Hai mai visto il film Malcolm X? >
< Sì. Alcuni mesi fa’. >
< In quel film si dicono un sacco di cose giuste sul fatto delle nostre case e delle nostre abitudini. L’attore Denzel Washington che interpreta l’uomo dei nostri diritti aveva ragione nel dire che questa terra non ci appartiene e non ci apparterrà mai. Purtroppo Steve è la realtà dei fatti. >
< Ma se noi provassimo a cambiare… >
< Tanti personaggi ci hanno provato prima di te: Malcolm X e Martin Luther King tra questi. Ma ormai il razzismo è impresso nella mente di troppa gente ed è un fatto incontrollabile. Tu puoi provare a rendere il mondo migliore… Ma per quanto tempo? >
< Finché ne avrei le forze > risposi con tono convinto.
< No. finché sarai vivo… perché alla prima occasione, ti uccideranno. >
Quelle parole, piene di ragione e di dolore, suscitarono in me un senso di paura e inquietudine che a malapena riuscivo a controllare.
Secondo le mie idee e la mia voglia di fuggire da questo quartiere per cercare una libertà e una pace tra la razza bianca e quella dei neri, mi avrebbe portato ad un destino che poteva rivelarsi alquanto tragico per me.
Non credendo però che i fatti che si susseguirono potessero essere una realtà troppo evidente, improvvisamente alcuni disordini scossero l’intero quartiere mentre urla concitate e spari di armi da fuoco risuonavano nella mia mente.
Non riuscendo a capire che cosa stava succedendo, vidi inizialmente un po’ di gente che stava fuggendo disperatamente da una carica violenta che sembrava invisibile.
Ma appena un orda di uomini incappucciati e armati fino al collo si avvicinarono verso il palazzo dove stavo aspettando la mia amica, il terrore divenne un fatto così chiaro che per poter capire quello che sarebbe successo dopo, sarebbe stato troppo tardi.
   
 
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