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Autore: Eevaa    26/07/2020    10 recensioni
A due anni dalla conclusione della Seconda Guerra Magica, Harry Potter decide di prendersi una pausa dalla vita frenetica dell'eroe. A sua insaputa troverà qualcuno che, come lui, sta fuggendo da un passato colmo di orrori.
Un viaggio. Una strada. Due persone che, per la prima volta nella loro vita, si ritrovano a camminare nella stessa direzione.
In un momento storico in cui viaggiare sembra solo un ricordo lontano, voglio portarvi in viaggio in una terra che tanto ho amato e che porto sempre nel cuore.
L'Irlanda.
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Disclaimer: Questa storia non è scritta a scopo di lucro. 
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte del loro universo sono di proprietà di J.K.Rowling.
Le seguenti immagini non mi appartengono e sono utilizzate a puro scopo illustrativo
Nessun copyright si intende violato.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.

 

–THE WILD ROVER–


 
CAPITOLO 2
 
Slàinte


 
"Dovunque tu stia viaggiando con zingari o re
Il cielo d'Irlanda si muove con te."
 
 

Era come seguire le nuvole.
Draco camminava svelto, cambiava direzione di tanto in tanto. Dava tregua al passo, poi accelerava.
Harry talvolta lo osservava perdersi con lo sguardo grigio tra le colline umide. L'oceano, quel giorno, sembrava tormentato come le sue labbra increspate all'ingiù.
Con il fiato pesante e le gote spruzzate dalla pioggia, Harry gli camminava di fianco lanciandogli sovente qualche occhiata e - qualora gli venisse la malsana idea di aprire bocca - si mordeva la lingua ricordandosi quanto il suo improvvisato compagno di viaggio fosse una spina nel fianco.
Meglio evitare di svegliare il can che dorme. O meglio, di far sfoderare alla Serpe la linguaccia biforcuta.
Viaggiarono a passo spedito per diverse miglia, assaliti dal manto blu dell'oceano a destra, dalle verdi distese a sinistra e con un tetto di nuvole grigie come coperta.
Solo qualche trattore, di tanto in tanto, disturbava il loro camminare costringendoli a farsi da parte sulle strade strette.

Harry aveva dovuto improvvisare un Incantesimo Idrorepellente agli occhiali per potersi permettere una buona visuale, e la mantellina blu notte sembrava offrirgli un viaggio asciutto. Al contrario di Malfoy il quale, ad ogni minima folata di vento, sembrava perdere sempre più pezzi di ombrello e – per sillogismo – anche la già piuttosto vacillante pazienza.
Con i jeans bagnati sotto le ginocchia e le scarpe scure inzuppate d'acqua e fanghiglia, Draco sembrava però prediligere la salvaguardia della propria chitarra piuttosto che provvedere a proteggere se stesso.
Fu proprio quando il suo esile riparo mostrò segni di evidente cedimento che egli scoppiò in borbottii e lamentele appena sussurrate. Harry giurò di non aver mai sentito il nobile rampollo del casato Malfoy lasciarsi andare a imprecazioni tanto scurrili.

All'ennesima bestemmia rivolta ai fondatori di Hogwarts, Harry decise di non essere più disposto a farsi rovinare la pace e la quiete dalla voce petulante del suo vecchio rivale scolastico e, avvicinandosi a lui di soppiatto, gli puntò la bacchetta contro mormorando un flebile ma efficacie Reparo.
Draco, avvertendo l'ombrello farsi più stabile tra le proprie dita, arrestò il suo cammino e colse Potter ancora con la bacchetta in mano e un'espressione vuota in volto.
«Non ti avevo chiesto di aiutarmi!» gli sibilò contro. Le dita gli divennero bianche da quanto strinse forte il manico dell'ombrello. «E poi, comunque, sta smettendo di piovere» concluse indispettito, con il viso arricciato dal risentimento.
Harry, a quelle parole, inarcò un gongolante sopracciglio.
«Guarda un po', come avevo detto io» pronunciò con estrema soddisfazione, decidendo saggiamente di tenersi il dito medio in tasca. E in bocca un infantile ma sempreverde “pappappero”.

Draco, di tutta risposta, roteò talmente tanto gli occhi che, se solo fosse stato Moody, avrebbe potuto guardarsi alle spalle.
Ripresero a camminare a passo ancor più spedito, approfittando di quella tregua meteorologica per liberarsi dagli impicci di vestiario.
«Sai che dire grazie non è un crimine contro l'umanità?» lo redarguì Harry, non appena Draco appese l'ombrellino ai cordoni del proprio Quechua.
«Ti dirò grazie quando finalmente ti deciderai a ignorarmi» sbottò Malfoy senza voltarsi.

Fu il turno di Harry, per roteare gli occhi. Cosa avrebbe potuto sperare, in fin dei conti? Era Malfoy, una tigre ammaestrata avrebbe potuto dimostrarsi ben più mansueta di lui.
Ciò che lasciò Harry sorpreso – togliendo, naturalmente, tutto ciò a cui aveva assistito la sera precedente – era la completa assenza di insulti o scherni rivolti alla propria persona, da parte del suo vecchio rivale.
Un tempo Malfoy non avrebbe perso occasione di sfoderare sarcasmo e superiorità nei suoi confronti, invece era solo... un insopportabile e intrattabile essere umano, con gli occhi stanchi, il volto smagrito e la tendenza a chiudersi a riccio ogni qualvolta che gli si rivolgeva uno sguardo.
Niente spavalderia, niente presunzione, niente puzza sotto al naso, niente Malfoyismi.

Harry pensò di essere impazzito, ma poi convenne che quello impazzito fosse decisamente il suo compagno di viaggio. Il Draco Malfoy che conosceva non si sarebbe mai messo dei vestiti Babbani, non si sarebbe mai sporcato le scarpette, non si sarebbe spostato in nessun modo se non in una carrozza trainata da cavalli pomellati e, per l'amor di Merlino, non avrebbe mai cantato Country Road in un pub irlandese. Quindi sì, se c'era qualcosa che non andava era decisamente in Malfoy.
Ma, d'altra parte, la Seconda Guerra Magica aveva portato a delle conseguenze devastanti per molte persone. Non aveva idea di cosa fosse successo a Draco da dopo i processi a quella parte, ma la sua vita aveva preso una piega davvero inaspettata. E, a giudicare dal suo sguardo, non proprio serena.
Tuttavia, come promesso, Harry trattenne sul palato domande scomode e pensieri indiscreti, preferendo così la dolce e sicura via del mutismo.

Rotolarono verso sud lungo un sentiero stretto, circondato di soli prati, pecore dal muso nero e staccionate diroccate. L'odore di umido tra le narici, il soffio sottile del vento sulla fronte.
Sembrava che qualcuno avesse lanciato una freccia in cielo[1], e dalla punta di essa si fosse aperto un varco tra le nuvole. Un timido raggio di sole si posò sulle loro nuche sudate e li accompagnò lungo la via verso la baia.
I capelli di Draco scintillarono alla luce di mezzogiorno, così biondi da accecare, così chiari da sembrare bianchi come la sabbia di una spiaggia non molto lontana.
Harry sorrise alla vista dell'oceano e di quella caletta che aveva sempre visto sugli opuscoli degli ostelli, in Connemara.

Senza bisogno di mettersi d'accordo, entrambi arrestarono i loro piedi a ridosso del belvedere. Si persero entrambi con lo sguardo sugli scogli muschiati, l'acqua limpida e la natura selvaggia che la circondava.
Paesaggi che lasciano a bocca aperta, senza fiato nei polmoni. Harry, che vagabondava per l'Irlanda da più di due mesi, non aveva trascorso giorno senza meravigliarsi di quanto potesse essere un'autentica sorpresa.
«Ah... Mannin Bay! Le foto non le rendono giustizia!» si lasciò sfuggire Harry, completamente rapito dalla bellezza pittoresca del luogo.
E Draco, una volta tanto, non aprì la bocca solo per sputare veleno.
«Sarei curioso di vedere Dog's Bay. Voci narrano che sia ancor più suggestiva».
Harry si passò una mano tra i capelli, poi prese borraccia dallo zaino per potersi dissetare. Se quello che aveva accanto non fosse stato Draco Malfoy, gliene avrebbe offerto un sorso. Se ne guardò bene, risparmiandosi un'occhiata schifata e, probabilmente, qualche affermazione su eventuali malattie contenute nella propria saliva.

Si perse poi con lo sguardo nella mappa sgualcita. Trovò senza difficoltà il luogo citato da Malfoy.
«Di questo passo ci arriveremo nel pomeriggio. Ma ho una certa fame, potremmo fermarci a mangiare qualcosa. C'è un pub a cinque minuti da qui, così dice il cartello» propose Harry, indicando con un gesto del mento alcuni cartelli direzionali a lato del sentiero. Richiuse quindi la mappa e la ripose nello zaino insieme la borraccia.
Draco inarcò un sopracciglio. Aprì la bocca come per dire qualcosa ma attese qualche secondo, giusto per ostentare di nuovo estrema riluttanza.
«Cosa ti fa pensare che io voglia mangiare con te?» domandò infine, optando per un ordinario capriccio.
Harry non lo degnò di uno sguardo e, dopo essersi sistemato lo zaino sulle robuste spalle, proseguì il cammino con il sorriso sulle labbra.
«Che con tutta probabilità è l'unico pub nel raggio di chilometri. E sento il tuo stomaco brontolare».

Tra qualche sbuffo di Draco – totalmente ignorato da Harry – e una manciata di curve in mezzo al nulla, si ritrovarono in un paesino di quattro case e una chiesetta bianca. E un pub, naturalmente.
Gli irlandesi sarebbero capaci di costruire un pub anche in un isolotto solitario in mezzo all'oceano.
Quando aprirono la porta del locale, un vecchio campanello arrugginito risuonò sopra di loro. Un'anziana signora con una crocchia in testa li accolse zoppicante e, con estrema cortesia, li invitò a sedersi dove più ritenevano gradevole.

L'atmosfera era tipica, folcloristica, c'era odore di fritto e una musichetta tradizionale in filodiffusione. I tavoli in legno scuro rovinato erano ricoperti da una sottile patina appiccicosa e gli sgabelli rotondi, traballanti, avevano tutta l'aria di essere stati riparati almeno una cinquantina di volte a testa. Non vi erano altri commensali, oltre a loro. Solo un vecchio ubriaco al bancone del bar, probabilmente già alla terza pinta della mattinata.

Harry si sedette a un tavolino in un angolo accanto alla finestra e Draco, riluttante, rimase impalato in piedi con le labbra strette e lo sguardo tagliente.
Dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio, Harry si lasciò andare in uno sbuffo contrariato.
«Ripeto: non ho alcuna intenzione di mangiarti, né di attirare giornalisti. Ma, se non ti sei ancora stufato di montare quel cipiglio burbero nei miei confronti, puoi anche sederti là in un angolo da solo. Cielo, Mal... Mamphies» si corresse Harry, ricordandosi che forse in luogo pubblico fosse più opportuno appellarsi a lui con il nome Babbano. «Possibile che tu non riesca nemmeno a fingere di essere civile?»
Draco sospirò, poi scivolò sullo sgabello con la stessa aria di chi sta per andare al patibolo.
«Non ti ho chiesto io di seguirmi» puntualizzò lui. Lasciò cadere lo zaino a terra e incrociò le braccia, imbronciato come un bambino in castigo.

L'anziana proprietaria, nel frattempo, li raggiunse con le due birre scure ordinate appena all'ingresso e due menù che avevano tutta l'aria di aver visto la prima guerra Babbana.
«Non ti sto seguendo, dannazione!» sussurrò Harry, esasperato, non appena la signora si allontanò. «Stiamo andando nella stessa direzione».
«Ma non è necessario parlarci, giusto?» sibilò Malfoy aprendo il menù e portandoselo davanti agli occhi, abbastanza vicino da nasconderci il volto dentro.
«Sei impossibile!» ringhiò Harry. Diede un colpo sul menù di Draco con il proprio, costringendolo ad abbassarlo.
Egli lo squadrò trattenendo il fiato e, con tutta probabilità, anche qualche ingiuria. Poi, d'improvviso, la sua espressione mutò in una smorfia di percepibile angoscia. «Senti, Potter... sono sconvolto quanto te, ok? Di tutto mi sarei immaginato eccetto che trovarti qui a zonzo della fottuta Irlanda. Non era nei miei piani quello di trovare un...» si interruppe Draco, guardandosi bene di pronunciare la parola “mago”. «Uno come noi. Tu, primo tra tutti».

Malfoy concluse quel discorso con un'arrendevolezza disarmante. Di quello sguardo tagliente e fiero non era rimasto nulla, se non una supplica.
E, a quel punto, a Harry fu chiaro come il sole che anche quella di Draco fosse una vera e propria fuga. Una fuga da tutto ciò che erano stati. Comprese d'improvviso la sua riluttanza nel voler avere a che fare con il proprio passato. Tuttalpiù che i loro burrascosi trascorsi fossero una parentesi piuttosto complicata, di quel passato.
Harry, rigido come un tronco, tentò invano di scrollare le spalle. Per quanto detestasse ammetterlo, Malfoy non aveva affatto torto. Ma la Guerra era finita da due anni, oramai, e forse quella era l'occasione più giusta per poter chiudere un piccolo cerchio, di poter mettere a posto qualche tassello. Nonostante quell'occasione gli fosse capitata tra capo e collo senza preavviso.

Così, dopo una lunga e gelida pausa, Harry provò con tutto se stesso ad addolcirsi. E pulirsi la lingua dai pregiudizi.
«Non era nemmeno nei miei piani, credimi. Se sono qui e non circondato dalla gente che conosco, un motivo ci sarà, no? Questo è stato un curioso e sadico scherzo del destino, probabilmente. Ma, già che siamo in ballo, possiamo fare in modo di rendere la cosa più... piacevole? Galway dista ancora due giorni di cammino. Magari potrebbe persino venir fuori qualcosa di... ehm... interessante
Forse era stata una mossa stupida, a giudicare da come le insopportabili sopracciglia di Draco si erano piegate e corrucciate sulla sua fronte spaziosa.
«Interessante? Avrei detto potenzialmente fatale, ma non vorrei mai correggere l'Eroe» strascicò quest'ultimo, alzando però l'angolo della bocca in quello che era un ghigno degno del suo nobile cognome.

Per la prima volta, in quella giornata, Harry riconobbe lo smorfioso Serpeverde dei primi anni di scuola. Solo... un po' più maturo. E con i capelli meno laccati.
«Allora,» disse Harry dopo un lieve colpetto di tosse, «che ne dici di una tregua?»
Draco lo fissò imperscrutabile. Avrebbe dato qualsiasi cosa, Harry, pur di poter entrare dentro quella testa bionda e decifrarne i pensieri.
Poi, dopo una buona manciata di densissimo silenzio, Malfoy sollevò la propria pinta al centro del tavolo senza troppo entusiasmo.
«Beh... slàinte[2]»pronunciò, in attesa che Harry lo emulasse.
Quest'ultimo, sorpreso, non si lasciò sfuggire quello storico momento e accettò il brindisi con un sorriso tirato.
«Slàinte».

La vecchia proprietaria del pub prese le loro ordinazioni e, sorprendentemente, non dovettero attendere molto prima di essere serviti. Il cibo, a differenza di ciò che si sarebbero aspettati, era ottimo.
Harry ordinò un piatto di fish and chips, Draco uno spezzatino alla Guinness con patate e carote.
Non parlarono molto durante il pasto, si limitarono a commentare una partita di rugby in diretta sul vecchio tubo catodico vicino al bancone. Harry non smise di sorprendersi di quanto il suo vecchio compagno purosangue conoscesse il mondo Babbano e, in particolare, gli sport. Probabilmente, frequentando pub irlandesi da più di nove mesi, si era fatto una cultura di quel tipo.

Quando Draco terminò la pinta con una lunga sorsata, Harry si ritrovò a sorridere. Beccandosi di tutto punto un'occhiataccia inquisitoria.
«Non ti facevo un bevitore di birra scura» spiegò Harry con un alzata di spalle.
«Beh, non lo ero. Ma è un po' di tempo che non frequento più posti da champagne e Acquaviola, sai com'è...» rispose Draco, in un tono a metà tra l'ovvio e l'indispettito.
«Intendevo che mi sembravi uno da idromele» puntualizzò Harry, tranquillo. Draco si portò una mano al petto e sgranò gli occhi con teatrale indignazione.
«Potter, ho comunque una dignità».
Entrambi soffocarono una risata nel naso.

A pranzo terminato, si concedettero un caffè espresso prima di andarsene, e ambedue dovettero concordare sul fatto che fosse quasi più imbevibile di una sorsata di Ossofast. Pagarono il conto e, prima di uscire, Draco si prese qualche minuto per fare una telefonata dal cabinato vicino al bagno.
Harry uscì dal locale e trovò uno splendido pomeriggio soleggiato. Le nuvole si erano diradate e vorticavano sopra di lui in una danza veloce come un reel[3].
L'aria profumava di fresco, di nuovo, di primavera. Si sentì contento, soddisfatto, molto più sereno di quando era entrato.
Forse sarebbe stato un viaggio meno drammatico di quello immaginato quella mattina, sotto la pensilina di Clifden.
Draco lo raggiunse con lo zaino in spalla e la custodia della chitarra in mano, anch'egli con un aspetto forse un poco più rilassato.

«Dovrò fermarmi a Roundstone stasera, a pochi chilometri da Dog's Bay. Mi fanno suonare in un locale» annunciò quest'ultimo, dopo alcuni minuti di cammino.
Harry annuì, curioso. Probabilmente era stato quello il motivo della sua telefonata e della conseguente soddisfazione in volto. Si domandò quale fosse il suo modo di lavorare, con quale cadenza di spostasse, in che modo recuperasse le date, ma decise di non porre troppe questioni a riguardo.
«C'è posto negli alloggi del locale?» domandò Harry. Non aveva programmato dove dormire ma, secondo i suoi calcoli, la zona era pressoché quella.
«Per me sì, visto che ci lavoro. Per te... beh, credo non ci sia problema. Roundstone non mi dà l'idea di un posto dove si ammazzino per il turismo».
Harry sorrise tiepidamente.
«Perfetto».

 


 

Camminarono più lenti rispetto alla mattinata, forse frenati dalle pance piene e dal piacevole clima soleggiato. Si addentrarono tra le lunghe distese erbose e i sentieri scoscesi, lasciandosi così la costa alle spalle per qualche chilometro.
Al loro passaggio, qualche contadino alzò loro una mano in cenno di saluto. Baciati dal sole e dalla fresca brezza primaverile, viaggiarono in silenzio godendosi il paesaggio di quei luoghi incontaminati. Si immersero nel verde e nella natura calma e tranquilla.
Harry si sentiva in pace con se stesso, in quei luoghi. Gli donavano serenità, mente libera e vitalità.
E ne era sempre certo: dopo ogni fitta pioggia, il cielo tornava sempre sereno. Due, tre volte al giorno.

«Sei bravo» disse, dopo più di un'ora e mezza di camminata in religioso silenzio. Draco, di rimando, gli lanciò un'occhiata confusa.
«Eh?»
«Sei bravo, a suonare. Non sapevo che sapessi farlo» ammise Harry, trovando nel verde delle colline il coraggio di addentrarsi in quell'argomento.
Draco alzò le spalle, silenzioso, con lo sguardo fisso ben all'orizzonte
«Non sai molte cose di me, Potter».

Lontano, tra le colline, il blu stava facendo capolino ai loro occhi.
Harry sorrise mesto. Aveva ragione: non sapeva assolutamente nulla su di lui, su quello che era diventato. Forse non aveva saputo mai niente, in fin dei conti l'aveva conosciuto solo per la facciata da bulletto aristocratico. Non si era soffermato troppo su quello chi fosse per davvero, nemmeno quando aveva passato l'intero sesto anno a pedinarlo per la scuola.
Ci aveva riflettuto troppo tardi su quello che era accaduto. Solo quando si erano salvati la vita a vicenda si era fermato a riflettere che, sotto sotto, Draco Malfoy potesse aver sofferto troppe pene di quella Guerra vissuta dalla parte sbagliata. Per quel motivo aveva testimoniato a suo favore a processo.
Ma, soprattutto in quel momento, non aveva la più pallida idea di come avesse vissuto e di cosa fosse diventato in quei due anni di latitanza dal Mondo Magico.
«No, infatti» si limitò a rispondere Harry, domandandosi se fosse giusto pretendere di farlo parlare di sé, dopo tutto quello che era accaduto.
Ma, in tutti quegli anni, Harry non aveva mai imparato del tutto a tenere a freno la propria curiosità. Ron gliel'aveva detto, una volta, che era davvero incredibile come loro Grifondoro avessero l'insana propensione - testualmente - a farsi i cazzi degli altri.

«Dove hai imparato?» domandò quindi dopo un'altra manciata di minuti. Sperò che l'argomento musica non fosse poi così insidioso da affrontare.
«Ho ricevuto un'educazione da nobile. Da piccolo ho dovuto imparare a suonare il pianoforte, il violino e la chitarra classica, oltre che a danzare, dipingere, cavalcare, tirare di scherma magica e un'altra infinita serie di quelle che, una volta, ho avuto la brillante idea di definire “delle gran rotture di palle”. Mi sono così guadagnato un bel Gratta e Netta in bocca da mia madre».
Draco concluse quel discorso storcendo le labbra in un sorriso furbo. Harry non poté fare a meno di pensare che quella era la primissima volta che Malfoy gli raccontasse qualcosa di sé. Senza pavoneggiarsi o insultarlo, ovviamente.
«Non so fare niente di tutto ciò che hai elencato» mormorò Harry, sorpreso da quante cose sapesse invece fare Draco. Non aveva idea di come fosse messo con le altre arti e sport da lui elencati, ma dubitava che una voce simile potesse essere “insegnata”. Per quanto detestasse riconoscerlo, Malfoy aveva innanzitutto del gran talento.
«Non ne avevo dubbi, con quegli zotici con cui sei cresciuto...» strascicò lui, vanificando tutto l'impegno che ci aveva messo per non sminuirlo.
Ma, in fin dei conti, non è che stesse sminuendo Harry in prima persona, quanto più i Dursley. E “zotici” era uno dei termini più carini per definirli.

Harry, però, si rese conto di non aver affatto mai parlato con Malfoy dei suoi zii.
«E tu come fai a sapere-»
«Oh, andiamo! La tua biografia è disponibile in sette differenti versioni cartacee, e un giorno sì e uno no negli ultimi vent'anni sei comparso sul Profeta» gesticolò Draco con ovvietà, e Harry si sentì imbecille.
A volte dimenticava di essere una delle personalità più influenti di tutto il Mondo Magico, e desiderava davvero che prima o poi se ne dimenticassero anche tutti gli altri.
Senza contare che alcune di quelle biografie fossero assai fuorvianti, ad esempio quella uscita durante il quarto anno a Hogwarts. Quella canaglia – per non essere volgari - di Rita Skeeter aveva esercitato fin troppa influenza sugli editori.
«Mi sorprende che tu ti sia preso la briga di leggere certe cose!» lo redarguì scherzosamente Harry. 
Draco alzò il mento in cenno di superiorità, poi ribattè con lo stesso tono con il quale rispondeva alle domande dei professori durante le lezioni. Ossia con estrema, estrema saccenteria.
«Conoscere il tuo nemico è il miglior modo per sconfiggerlo».
«O aiutarlo» puntualizzò Harry.
Malfoy impallidì e assunse tutta l'aria di uno che si è appena soffocato con la propria lingua.
Touché.

"Il cielo d'Irlanda ha i tuoi occhi se guardi lassù,
ti annega di verde e ti copre di blu,
ti copre di verde e ti annega di blu."



Giunsero nei pressi di Dog's Bay intorno alle quattro e mezza del pomeriggio, e un estatico spettacolo della natura li attese oltre il promontorio.
Se non fossero già stati di poche parole, si sarebbero trovati ammutoliti da tale bellezza. Sembrava una cartolina, una di quelle che Harry aveva ricevuto tutte le estati da Hermione e la sua famiglia durante le loro traversate del mondo.
La sabbia era bianchissima, ma una delle peculiarità dei paesaggi irlandesi era senza dubbio la brillantezza dell'erba verde in contrapposizione con i colori dell'oceano. Come se le colline si tuffassero e venissero inghiottite dalle acque limpide.
E le nuvole, basse e dense, completavano quel quadro già di per sé perfetto.
«Wow».
«Immensa».

Harry e Draco sostarono qualche minuto sull'alto del promontorio a godersi la vista e, senza bisogno di parole, decisero di incamminarsi insieme lungo il sentiero che portava alla baia, concedendosi una lunga piacevole camminata sulla spiaggia bianca.
Giunti quasi al termine, Draco decise che quello fosse un buon momento per una breve pausa. Poggiò lo zaino e la custodia della chitarra in bilico sopra esso, poi si sedette sulla sabbia con le braccia aggrappate alle ginocchia.

Harry si tolse le scarpe e fece un paio di risvolti ai jeans per poter camminare nell'oceano. Inutile dirlo, si maledisse persino in Serpentese per la decisione presa.
«Ahh! È gelata!» gridò. Ci entrò dapprima in punta di piedi, poi si immerse fino alle caviglie.
«Ma non mi dire!» gli urlò Draco di rimando, scuotendo il capo in un modo che Harry tradusse come “idiota di un Grifondoro”. E non aveva nemmeno tutti i torti.
Camminò avanti e indietro nell'acqua per qualche minuto, e Malfoy lo osservò con un'espressione tra il confuso e il giudicante. Solo quando Harry iniziò ad avvertire insensibilità alle dita dei piedi prese la saggia decisione di tornarsene a riva.

Si sedette a un metro di distanza da Draco e, dopo aver osservato che nessuno li stesse osservando, prese la bacchetta e si asciugò i piedi con un incantesimo sussurrato. Il tepore che avvertì lo fece sentire meglio.
Si godettero il vento e il rumore delle onde in completo silenzio, riposando le proprie gambe stanche dopo tutte quelle ore di cammino. Il vero problema, a quel punto, sarebbe stato trovare le forze di rialzarsi e compiere quegli ultimi chilometri che li separavano dalla meta.
Dopo una buona mezz'ora di risposo, Harry prese dallo zaino la macchina fotografica polaroid acquistata in un negozietto Babbano a Portobello, poco prima di partire. Scattò una foto della spiaggia deserta e del tramonto che oramai, lento e inesorabile, stava dipingendo i cieli d'Irlanda.
Draco, curioso e spiazzato da quel gesto, gli puntò gli occhi addosso per osservarlo.
Quando uscì la fotografia, Harry se la mise subito in tasca per farla sviluppare al buio per qualche minuto e poi, infine, la estrasse per contemplarla. Era strano, dopo tutti quegli anni di magia, guardare fotografie immobili. Eppure aveva un qualcosa di estremamente romantico il fatto di poter catturare un istante e uno soltanto.

Non sapeva suonare, tirare di scherma magica o dipingere, ma almeno nella fotografia Babbana non se la cavava affatto male. Soddisfatto porse la polaroid a Malfoy il quale, taciturno, se la rigirò tra le mani con espressione vuota.
Harry, in quel momento, realizzò che non sarebbe mai riuscito ad abituarsi a quel Malfoy così indecifrabile. Non era riuscito a farlo il sesto anno, e non ci sarebbe riuscito mai.
Era stato molto più semplice avere a che fare con il bulletto viziato, piuttosto che con un ragazzo in profonda crisi da Marchio Nero. E tantomeno sarebbe stato facile rapportarsi con quell'uomo con la barba incolta, l'aria misteriosa e lo sguardo perso.

«Sei strano, Potter» disse infine lui restituendogli la foto, perdendosi poi con gli occhi all'orizzonte.
Da che pulpito, pensò Harry. Poi si rese conto che anche per Malfoy non dovesse essere semplice avere a che fare con un Harry Potter solo e vagabondo tra le brughiere irlandesi.
«Disse l'uomo con la chitarra!» controbatté Harry ridacchiando e Draco, lasciando cadere la testa tra le ginocchia, non riuscì a nascondere un sorrisetto.
«Touché» disse lui e, dopo essersi sgranchito le lunghe e magre gambe, si alzò senza troppa fatica. «A tal proposito, è ora che io vada. Mi aspettano alle sette per suonare».
«Ok» rispose Harry e, detto ciò, si issò anch'egli percuotendosi le gambe e il sedere per togliersi la sabbia dai jeans.
Draco corrugò la fronte.
«Non devi venire adesso anche tu per forza, sai? Anzi, credo che mi sentirei meno a disagio se tu non... mi ascoltassi» sussurrò, distogliendo lo sguardo.
«L'ho già fatto ieri sera! E poi devo accertarmi di avere un alloggio» spiegò Harry con semplicità. Afferrò il proprio zaino rosso mattone e se lo issò sulle spalle. Verso sera, chissà come, sembrava sempre più pesante.
«Si, ma... oh, che te lo dico a fare, tanto farai di testa tua e ti nasconderai sotto al tuo dannato mantello pur di farti due risate!» sbottò Malfoy. Prese a camminare velocemente sulla spiaggia senza nascondere una certa irritazione.

Harry non comprese quell'atteggiamento ma, beh, era oramai appurato che la comprensione non facesse parte di quel loro strano e forzato rapporto.
«Sarebbe questo il tuo problema? Che io rida di te o ti giudichi? Ho tante di quelle cose per le quali giudicarti, ma il tuo lavoro non è uno di queste. Solo mi lascia... sorpreso» spiegò Harry inseguendolo.
Draco si lasciò scappare una risata sarcastica e velenosa.
«Oh, certo, vuoi forse dire che non hai ancora inviato un gufo al resto del Trio delle Meraviglie per informarli?»
Fu il turno di Harry, quello, di ridere in modo nevrotico.
«E quando avrei avuto l'occasione di farlo? Comunque, no. Non dirò mai a nessuno di averti incontrato, se questo ti preoccupa» cercò di tranquillizzarlo, nonostante il suo tono fosse più esasperato che empatico.
«Molto premuroso da parte tua» sibilò Draco, con la voce pregna di sarcasmo.

Harry, d'improvviso, si fece molto più serio.
«Ovviamente mi aspetto che tu faccia lo stesso».
Draco frenò la sua camminata e lo deliziò di uno sguardo completamente sorpreso. Evidente che avesse appena compreso che la permanenza di Harry in Irlanda fosse un affare ben più privato di quanto immaginato.
Dopo un intenso, lungo sguardo, Malfoy assottigliò gli occhi e storse le labbra in un sorriso al limite della malizia.
«Abbiamo un patto, allora».
Poi, veloce come lo era stato prima, si incamminò lungo il sentiero oltre la strada in direzione Roundstone.
Harry, nella vita, non si sarebbe mai aspettato che sarebbe potuto scendere a patti con Draco Malfoy. Eppure quella era una delle cose più interessanti che gli fossero successe da lì ai due anni precedenti.
Una scossa di adrenalina gli percorse la schiena, forte, intensa.
Potenzialmente fatale.



 
"Il cielo d'Irlanda a volte fa il mondo in bianco e nero,
ma dopo un momento i colori li fa brillare più del vero."
[Il cielo d'Irlanda – Fiorella Mannoia]


Continua...

[1] Citazione al brano “Fiume Sand Creek” di Fabrizio De Andrè.
[2] Slàinte: è il brindisi degli irlandesi in lingua gaelica, si pronuncia “slancha”, e tradotto è un po' come “salute” o “cheers”. Dovete sapere che in Irlanda non si parla solo la lingua inglese ma, specialmente nelle campagne, alcune persone anziane parlano ancora prevalentemente il gaelico.
[3] Reel: danza popolare irlandese che si balla su degli standard musicali folcloristici. Esempio: 
https://www.youtube.com/watch?v=HgGAzBDE454

ANGOLO DI EEVAA:
Goodmorning folks!
Innanzitutto voglio ringraziare tutti coloro che mi hanno seguita in questo viaggio, sono davvero felice che l'inizio di questa storia vi sia piaciuto e spero tanto che anche i prossimi capitoli siano di vostro gradimento. 
Che dire... Harry e Draco hanno intrapreso questo viaggio e, finalmente, si sono presi una piccola tregua dal loro burrascoso passato. Entrambi, a quanto pare, hanno qualcosa da nascondere :) hanno ambedue le loro ragioni e motivazioni per essere finiti lì, e verranno ben delineate nei prossimi capitoli.
Anche per quanto riguarda la scelta lavorativa di Draco, c'è una ragione molto più profonda del "sapevo suonare e quindi sono qui", ma verrà spiegata più avanti.
Che dire, vi sono piaciuti i luoghi che ho descritto in questo secondo capitolo? Ve li siete figurati bene nella mente? Ve l'assicuro, sono meravigliosi e purtroppo le foto non rendono affatto giustizia. 
Avviso: chi mi conosce già lo sa, ad agosto sono sempre solita prendermi una pausa estiva e anche quest'anno credo proprio che mi prenderò una piccola pausa dalle pubblicazioni, anche perché (spero ed incrocio le dita) forse partirò per il mare e mi risulterebbe difficile starci dietro. Domenica prossima pubblicherò regolarmente, ma poi starò ferma fino al 30 agosto. Seguiranno notizie più dettagliate :)
Folks, siete pronti a proseguire il viaggio? A domenica prossima! Un abbraccio,
Eevaa




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