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Autore: alessandroago_94    17/08/2020    11 recensioni
Alex è un giovane uomo pieno di dubbi e di voglia di mettere in carreggiata la propria vita, che spesso gli appare senza senso. È infatti vittima di un’ossessione, quella riguardante una persona idealizzata, o forse un suo stesso personaggio inventato; il fantomatico G.
Alla ricerca costante di questa persona si aggiunge una ricerca interiore, quella riguardante sé stesso.
Nel frattempo, dall’altra parte del mondo, l’agente James Barley, prossimo al pensionamento, si ritrova immischiato in una vicenda quasi assurda. Immerso in una società dell’orrore dove regnano bugie e disonestà, e dove sono solo i soldi a fare la differenza tra gli esseri umani, indagherà a riguardo di una clinica privata in cui si effettuano strani e proibiti esperimenti.
Le due vicende si intrecciano, anche se non si incontrano mai definitivamente. Possibile che anche questo racconto sia tutta una grande bugia? Un Limbo, appunto. Un Limbo dei Bugiardi. Un luogo immaginario in cui regnano solo le maschere.
Genere: Azione, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo sedici

CAPITOLO SEDICI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Un’ingiustizia commessa in un solo luogo

è una minaccia per la giustizia in ogni luogo”.

Martin Luther King Jr.

 

“Il capolavoro dell’ingiustizia è di sembrare giusto

senza esserlo”.

Platone.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mi risveglio dolcemente, come se quella fosse una mattinata tranquilla. E infatti a tranquillizzarmi è il profumo delle lenzuola del letto, familiare.

Sono sicurissimo di essere a casa mia.

Non apro gli occhi fintanto che non mi torna in mente quel che ho vissuto la sera prima; ma è poi tutto vero? Oppure è stata un’allucinazione? Perché ora che spalanco gli occhi ecco che mi ritrovo, appunto, nella stanza da letto a casa mia.

L’unica nota che stona nella calma circostante sono gli occhi arrossati di mia moglie, che è seduta a mia fianco e mi fissa con preoccupata insistenza.

“Ehm…” tossicchio e borbotto, intorpidito.

“James, cosa è successo?” mi chiede subito.

“Cosa… è successo?” faccio da pappagallo, intorpidito e confuso per qualche istante. Poi, l’illuminazione. Cazzo, quelli mi hanno drogato, o che ne so… quanto sto male, mi sembra che la testa stia per esplodere.

“Mi hanno rapito” sussurro e balzo a sedere sul letto, poi prendo mia moglie per le spalle e la percuoto piano, come a volerle far credere cosa è successo. “Mi hanno rapito” ripeto ancora, lei sbigottita che mi guarda, “temevo per voi. Ma adesso che ti vedo so che è tutto a posto”.

“O quasi” dice Tiffany, “devi spiegarmi perché quegli uomini muniti di distintivo hanno messo a soqquadro la casa ed hanno portato via un plico di fogli. E perché quell’uomo laggiù ti aspetta…”. Allungo lo sguardo oltre il vetro della finestra e vedo quel demonio di detective che mi era stato presentato prima di addormentarmi.

Sento una rabbia insormontabile che accresce dentro di me.

“L’importante è che stiate tutti bene. Veglia sui ragazzi. Devo andare” scocco un bacio sulla fronte di mia moglie e mi getto a capofitto verso il piano inferiore, mentre il dolore alla testa svanisce man mano.

Apro la porta e mi trovo di fronte a due energumeni in divisa, di certo tirapiedi della Stradford.

“Dovete andarvene” intimo loro. Naturalmente non fanno una piega, solo uno dei due mi rivolge uno sguardo stanco, prima di volgersi di nuovo verso la strada.

“Basta con questa messinscena. Andatevene…”.

“E’ inutile che sbraiti, amico. Vieni in strada e ne parliamo”. La voce del detective reclama la mia attenzione, e poiché dai due gorilla non ne ottengo, gliela dedico per intero.

Gli vado incontro con fare minaccioso, esco dal giardino quasi di corsa e gli metto l’indice sotto al mento.

“Dovete andare via. È ora di farla finita, non starò mai al vostro gioco”.

“Io dico di sì, invece” l’uomo ghigna ed abbassa il mio indice con un movimento rapido della mano destra. “La tua missione, agente speciale Barley, è quella di rendere giustizia a chi non c’è più e di rendere migliore questo mondo. È una missione etica, come vede”.

“Non sono un agente speciale e non mi interessa” replico.

“Invece lo sei, amico” e ride.

“Poca confidenza!”

“Saremo colleghi per un po’, non vedo perché non stare rilassati nei momenti condivisi”.

Scuoto forte il capo.

“Devo picchiarti a morte per farti capire che non mi scasso più le palle per voi!?”

“Se lo fai, sei un uomo morto. Te e tutta la tua famiglia. Vuoi che tua moglie e quei due bei ragazzi non abbiano un futuro?”

“Stanno così le cose, allora?”

“Sì” annuisce, fregandosene di tutto, “dato che non la capisci con le buone, devi capirla con le cattive. E adesso andiamo in commissariato e vai a riprenderti il tuo distintivo; nel frattempo, parliamone”.

 

Sì, sono evidentemente sotto sequestro, e la cosa non mi piace.

Il detective guida la sua berlina nera, del tutto identica a quella in cui sono stato rapito la sera prima; potrei anche cercare di fare qualcosa, ma poi? A casa i bastardi vegliano sulla mia famiglia. Potrebbe accadere di tutto.

Potrei denunciare tutto questo ma non otterrei niente, ormai penso di aver perso il supporto di chiunque. È meglio tentare di stare al gioco.

“All’interno di quella clinica portano avanti costosissimi esperimenti sugli esseri umani. Il loro scopo è testare nuovi e costosissimi farmaci da immettere nel mercato farmaceutico. I pazienti vengono maltrattati e le violenze continuano da decenni, poiché tutto è gestito da alcuni vertici di altri Stati vicini, nel ruolo di attenti finanziatori. Il nostro scopo, d’ora in poi, sarà quello di mandare all’aria la faccenda, e neppure in modo tanto velato”, spiega il guidatore, risoluto.

“Quanto ti ha pagato la matta, per inculcarti questa storiella?” domando io, per nulla sfiorato da quel che ho appena sentito.

“Agente Barley, sai bene che sto dicendo la verità. Anche se non hai letto tutti i fascicoli riguardanti le precedenti indagini, hai ascoltato alcune registrazioni e letto alcune prove; sei a conoscenza del terribile inghippo svolto contro l’onorevole senatore Stradford, che aveva scoperto troppo, e ciò che è accaduto ad altre persone”.

“Lo so bene. Tuttavia penso che la signorina debba trovarsi qualcuno di migliore di me, per mettere a freno questa follia. Io sono inutile e impotente in tutto questo, non ha senso che mi raccontiate la vicenda”.

“Questo lo dobbiamo ancora vedere” gradualmente rallenta, mentre il commissariato si presenta alla nostra vista.

 

Mi muovo abilmente verso l’ufficio di Ramsey. Ho il sangue che mi frigge nelle vene, sento il mio viso arrossato, so che sto per esplodere.

Il mio superiore mi sta antipatico e so che non mi può vedere, ma di sicuro potrebbe darmi una mano.

Sono in una situazione spinosa e lui stesso non ha piacere che indaghi, giusto? Quindi, potrei anche provare a vuotare il sacco. Sono pur sempre tra i poliziotti.

Eppure, la mia intenzione svanisce quando mi ritrovo a non dover nemmeno dire una parola, poiché Ramsey mi attende nel mezzo della porta dell’ufficio e non appena mi scorge si affretta ad allungarmi il mio distintivo da agente speciale.

“Barley, non so a che gioco sta giocando, ma le garantisco che è un pessimo intrattenimento” dice.

Il suo viso è violaceo dalla rabbia, non l’ho mai visto in vita mia così arrabbiato.

Provo a dire la mia ma lui già mi volge le spalle e si chiude nel suo ufficio.

Bene, altri nemici dichiarati che vanno a sommarsi a tutto il restante casino. Cosa ho sbagliato, nella mia vita?

 

Torno in macchina e il detective è ancora al volante.

“Allora?” chiede, non appena mi accomodo a suo fianco.

Gli mostro ciò che vuole vedere.

“Ottimo” aggiunge, “adesso siamo pronti per andare a fare un bel patatrac in quel lager. Ci stai?”

Ha anche il coraggio di mostrarsi scherzoso, il fetente!

“Non ne sono ancora tanto convinto”.

“Allora schiarisciti bene la voce, ti servirà alzarla, temo”.

“Ci servirà” replico.

“No, ti”, sottolinea, non senza un pizzico di sarcasmo, “questo è il tuo compito. Io ti agevolo, la signorina ti spiana la strada e apre le porte. Però i passi devi farli tu da solo”.

Digrigno i denti.

“Che cazzo di discorsi sono?!” sbotto, nervoso al solo pensiero di tornare da solo in quel covo di vipere.

“Sei tu l’agente speciale, non io o la Stradford. Sei tu che rappresenti la Legge e che andrai contro anche ai tuoi stessi colleghi, al fine di far regnare la giustizia. Quindi, i denti digrignali tra un po’, non ora”.

“Il mio ruolo non è più quello da agente, bensì da burattino”.

“Se così la vuoi vedere”.

“Mi sto incazzando. Sono pur sempre un agente, potrei arrestarti”.

“Provaci e ti spacco la faccia” ride, “comunque non ti conviene. I figlioli e la moglie li vuoi salvare oppure vuoi che finiscano a loro volta in quella clinica? Su di loro, così giovani, proverebbero tante novità…”.

“La mia famiglia non si tocca!” urlo.

“Allora fai il bravo. Stai svolgendo il tuo mestiere, ricorda, non stai facendo null’altro. Abbatterai la corruzione e porterai la giustizia” aggiunge, questa volta con serietà.

“E ricordati questo” mi indica un foglio sul cruscotto.

Mi allungo, lo afferro e non ho difficoltà a notare che si tratta di un mandato di perquisizione, firmato dal Governatore in persona.

“Fallo fruttare nel modo giusto” quasi sussurra, prima del lungo silenzio che ci separa dalla meta.

 

Accade tutto all’improvviso. Alice sparisce.

Sparisce e non torna più da me, non si sa più niente.

La sua casa resta vuota, i vicini sussurrano. Si tratta tuttavia solo di voci, nulla si sa di certo. Hanno visto lei e suo marito mentre facevano i bagagli, silenziosi; lei piangeva, pare. Il loro appartamento è stato messo subito in vendita e i bambini ritirati da scuola.

A quanto pare, sono tornati in Basilicata, la loro Regione d’origine.

Resto sulle mie e mi faccio gli affari miei, come mio solito. Il mio silenzio andrà per le lunghe, ancora non so che tra qualche anno verrò a sapere, casualmente da un cliente dei miei, che Alice è stata portata via con la forza dal marito che abusava di lei, poiché aveva scoperto che lo tradiva.

Anche quella sarà una voce solitaria sussurrata nel retrobottega, di quelle da chiacchieroni di paese che vogliono fingersi intenti a tirare avanti per loro stessi, quando invece hanno sempre le antenne puntate verso le vite dei vicini.

Non si verrà a sapere cosa faceva con me, né altri dettagli. Probabilmente aveva anche altri amanti occasionali. Tuttavia, questo sarà fonte di prossime riflessioni, soprattutto a riguardo di come io avessi interpretato la faccenda sessuale.

Quel sesso per lei era forse la ribellione all’uomo che le faceva male e che la opprimeva con violenza.

Non mi sentirò più capace di pensare allo schifo che a volte mi faceva quando mi veniva a cercare in modo così avido e lussurioso, e mi ritroverò a ricredermi su quel che adesso penso. Alice non era una pervertita assetata di cazzo, bensì una persona sola e in difficoltà che tramite il sesso esprimeva la sua richiesta di aiuto.

E ci sono tanti modi per chiedere aiuto senza dirlo espressamente, senza urlarlo e peggiorare la situazione. Forse per lei ero davvero importante, forse davvero per lei ho fatto molto, anche solo donandole quel momentaneo piacere carnale, che la liberava dal dolore quotidiano. Forse, appunto.

Un giorno la penserò così e mi chiederò che vita starà facendo, cosa sarà cambiato per lei. Se starà bene, tutto sommato.

Mi verranno in mente quei lividi che mi aveva mostrato con disperazione, a quel punto urlandomi in faccia quel che viveva, ma non ho avuto il tempo né per crederle né per razionalizzare. Alice era forte, lo è e lo sarà ancora.

Quel giorno mi piacerà immaginarla divorziata e in compagnia dei suoi figli e di un uomo che sa valorizzarla e rispettarla. Sì, sarò convinto che sarà finita così.

Ma per adesso mi limito al silenzio, non pongo né mi faccio domande. Nel mio non volermi fidare di nessuno, non so dare fiducia né sviluppare il mio senso empatico. Mi sto ancora autodistruggendo.

Con la consapevolezza interiore che non rivedrò mai più Alice, di questo ne sono convinto, ma per ora non mi dispiace la cosa. Ancora non sono abbastanza maturo per uscire dal mio guscio e capire la varietà di situazioni che questo mondo crea; sono ancora troppo egoista, credo che tutto ruoti attorno al mio compiacimento personale e del resto me ne frego.

 

Con la donna scomparsa, scompare all’improvviso uno dei personaggi rivelazione della mia trama.

A colmare questo vuoto inatteso, c’è Mario, che diventa sempre più apprensivo con me. Me lo ritrovo dappertutto, vestito impeccabile e dallo sguardo duro e freddo come il ghiaccio, ma che si scioglie non appena le sue narici giungono vicino alla mia pelle e ne percepiscono l’odore.

La nostra pelle ci chiama.

Ne approfittiamo di ogni secondo libero per farlo, in casa sua o in casa mia, o nel retrobottega. Anche in questo caso il sesso diventa una forma di comunicazione; anche per me, che anche se non voglio riconoscerlo mi ritrovo a essere un po’ spaesato, come se un tassello della mia storia personale si sia appena volatilizzato.

Tra l’uomo e sua moglie le cose non vanno, non si parlano più e dormono in letti separati. I figli, che hanno più o meno la mia età, vanno dalle morose e non tornano nemmeno più a casa, stanchi dei loro continui litigi. L’azienda non va bene e la crisi si fa sentire. Ma quando le nostre pelli si incontrano esplode quell’armonia che entrambi non ci aspettiamo.

Mario prende a un certo punto un sopravvento tale da eclissare, seppur per poco, la scomparsa di Alice.

“Tutto questo non è giusto” riesco infine a dire un giorno, quando tra le coperte del suo letto singolo riesco a staccarmi dalle sue labbra.

“Perché?”

La sua domanda è stanca e per nulla sorpresa.

“Perché questo è il posto di tua moglie”.

“Lei mi ha perso da tanto tempo, non l’ho mai amata. L’ho sposata perché ero convinto che tutto sarebbe andato per il verso giusto e che saremo stati felici, ma non è stato così”.

Tocco la sua mano sinistra e sfioro il nodo nuziale, come a volergli ricordare le sue promesse.

“Le parole dette sull’altare vengono ripudiate in un attimo solo, Alex, amore. Credi che l’infedeltà sia solo mia? Tutti fanno così, prima o poi, anche se c’è chi sa nasconderla bene”.

Rinfrancato dalle sue parole, torno a baciarlo con forza.

“E se torna?” Sorride.

“Se torna, amen. Non mi importa più. Questa è casa mia e io do il mio cuore a chi mi pare…”.

 

Il tempo scorre e fluisce rapidamente, tra coccole e amplessi.

Dice di amarmi, ma quando scatta l’ora in cui la moglie potrebbe rientrare, fa presto a tornare di ghiaccio e a cacciarmi via di casa. Tuttavia, so che l’indomani tornerà a cercarmi.

Anche io divento freddo, perché penso che le persone siano tutte così, false e bugiarde, traditrici e fedifraghe, solo intente a compiacere loro stesse e la loro carne. Non hanno morale, non la conoscono. Ma io non sono tanto diverso e nella mia umanità mi do parecchio da fare, purtroppo e per fortuna.

Il sesso con persone sposate è un rischio, non è corretto e viola ogni forma d’onore, ma in fondo appunto ciascuno fa quel che gli pare, nella sua vita.

Torno a casa che sono sereno, nonostante tutto, e non mi importa molto. Cerco solo di non pensare troppo.

Eppure, per la prima volta, prima di andare a dormire mi sento sporco. Lordato da quel che faccio e da quel che gli altri mi invitano a fare. Qualcosa dentro di me tentenna, inizia a frammentarsi, a spaventarmi. Un buco nero che però cerco a tutti i costi di evitare.

Lotto ancora e arduamente per non pensare.

   
 
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