*coff coff*
Vi rubo giusto
pochi secondi!
Prima di
lasciarvi al continuo della storia volevo cogliere l’occasione per ringraziare
tutti coloro che seppur silenziosi hanno letto il capitolo.
Pin e Beatris
Hiwatari per le loro belle parole e Blue13 per averla
inserita tra le preferite. ❤
Ultimo, ma non meno importante, questo capitolo è dedicato a Beatris Hiwatari!
Un regalo di compleanno un po’ tardivo che spero
ti piaccia.
❤
E le stelle
stanno a guardare
~ Chi proteso al futuro...Chi ricaduto nel passato~
Tokyo, notte tra il 14 e
il 15 agosto
«Guarda il lato positivo! Non hai un fratello
iperprotettivo che decide di correre nei boschi con un fucile da caccia alla
ricerca del tuo futuro marito e padre della tua futura figlia prima del
matrimonio!»
Nataliya aveva osservato scioccata Mao ridere
allegramente alla sua stessa affermazione rivolta ad Hilary in quel tentativo
di consolarla verso il suo imminente passo.
«No, aspetta» la russa improvvisamente seduta
aveva posto le mani avanti cercando di capire l’evento «Lai…giusto?» al cenno
di assenso aveva continuato «Ha inseguito Rei con un fucile, quando hai detto
alla tua famiglia di essere incinta di Lin e di
volerti sposare?»
«Esattamente!»
Nataliya aveva strabuzzato gli occhi suscitando
le risate generali.
«Non ti meravigliare, ti assicuro che mi sarei
aspettata di peggio conoscendolo!»
Mao sorrise appagata alla vista di Hilary
piegata in due dal ridere, il piano architettato con le ragazze per tirarle su
il morale stava funzionando. Non importava star sveglie tutta la notte, come
aveva detto Mariam “un po’ di fondotinta e addio occhiaie”.
Seduta a bordo letto
lanciò uno sguardo in tralice alla spagnola nella sua posa scomposta alla
spalliera, distesa con le gambe alzate poggiate al muro sembrava la stessa
Julia di sempre, o quasi. Oltre all’essere diventata stranamente silenziosa
dopo la spedizione in cucina, aveva da svariati minuti lo sguardo fisso sul
polso immersa in pensieri tutti suoi.
Allungò
il piede dandole un leggero colpetto al gomito.
Julia
riscossasi le sorrise scuotendo la testa alla muta domanda, fingendo di
interessarsi al discorso per dissipare sospetti.
«Sono questi i momenti in cui gioisco di essere
figlia unica, eviterò stranezze al matrimonio! Emily, Hilary, Nataliya,
gioitene anche voi!» esclamò svagata Mathilda alzandosi per aprire la finestra,
iniziava a far caldo nella stanza e il drink bevuto enfatizzava quella
sensazione.
Julia
si ritrovò a immaginare Raul alla notizia del suo matrimonio con…Yuri.
Tra
tanta gente perché aveva pensato subito al russo?
C’erano diversi attori da poter nominare, tanto il grado di impossibilità
restava identico, eppure quel diavolo dai capelli rossi era tornato a
tormentarla dopo lo scambio di quattro frasi in croce.
Avrebbe
dovuto aspettarsela la sua presenza, era pur sempre amico di Kei.
L’improvvisa
risata di Hilary le scacciò via quei pensieri.
La
giapponese ormai in lacrime si contorceva sotto lo sguardo incapiente delle
altre cercando di dire qualcosa a Nataliya che sbatteva ripetutamente la testa sulle ginocchia piegate al
petto.
«Ti prego, raccontaglielo!» a fatica Hilary si
era fermata annaspando.
Nataliya smise di martoriarsi la fronte ormai
finita nel mirino della curiosità altrui, una volante scacciata di mano
indifferente come se stesse parlando della vita di qualcun altro «Hilary allude
al mio matrimonio, nulla di che! Mi hanno solo rapito il testimone dello sposo
il giorno delle nozze!»
«In che senso rapito il testimone?!» la domanda
posta da Emily rispecchiava l’interesse generale. La ragazza arraffata una
delle buste di patatine portate da Julia l’aveva ormai posizionata tra le gambe
incrociate, mangiandole con foga ogni qual volta si presentava un pettegolezzo
succulento.
Mariam smise di intrecciare i capelli alquanto
perplessa.
«A me lo hanno raccontato soltanto la sera, ma è
una cosa che accade a tutti!» la russa si interruppe lanciando un’occhiata
divertita ad Hilary che si stava scusando per il nuovo attacco di risa «Mentre
io ignara del tutto ero a casa a prepararmi, Sergej si è ritrovato una pistola
alla testa. Quattro individui vestiti di nero con tanto di passamontagna hanno
fatto irruzione nel monastero alle sei del mattino, hanno aggredito Yuri alle
spalle cloroformizzandolo e hanno minacciato Sergej di non sposarsi altrimenti
non avrebbe più rivisto il suo amico»
«C-cosa?» si lasciò sfuggire Mathilda al limite
dello shock nel silenzio generale proseguendo in un crescendo di ansia e
preoccupazione «Perché ce l’avevano con lui? Hanno chiamato la polizia? Chi
erano queste persone pericolose?!»
«Fortunatamente non hanno chiamato la
polizia oserei dire»
«Ma come?! Avevano rapito Yuri, perché non
chiamarla?»
Julia rimpianse la sua domanda fin troppo
apprensiva, era scattata seduta compostamente beccandosi un’occhiatina obliqua
da Mao che sembrava tanto volerle dire “Sei tornata a pensare a lui?”.
La risposta affermativa le faceva male, ma almeno le altre ragazze non avevano
visto la verità celata dietro il suo intervento.
Nataliya sospirò pesantemente.
«Boris, era tutto un suo scherzo. Ha ingaggiato
questa compagnia di attori per far provare a Sergej l’ultimo brivido
prima delle nozze. Lo sbaglio del trucco è stato lasciare il biglietto
minatorio scritto di suo pugno, Sergej e Ivan hanno riconosciuto immediatamente
la calligrafia»
«Poteva essere davvero l’ultimo brivido»
commentò sarcasticamente Mariam tornando alla sua treccia «Almeno è finito
tutto bene, no?»
«Oh sì, Boris aveva solo perso il numero dei
presunti rapitori per avvisarli della fine della messa in scena»
Le dita si fermarono nuovamente attorno alla
treccia.
«Stai scherzando?»
«No, purtroppo è la verità. Sotto minaccia di
Sergej, Boris e Ivan hanno girato mezza Mosca alla ricerca della compagnia
teatrale o di qualsiasi altra traccia. Penso di essere una delle poche spose
arrivata puntuale prima del resto degli invitati» la russa nonostante la
serietà che cercava di mantenere si lasciò andare ad una risata, al di là di
quell’intoppo alla fine dei conti era filato tutto liscio «Altro che ingresso
trionfale della sposa, dovevate vedere Yuri! Correva come un forsennato nella
navata mentre finiva di infilarsi la camicia nei pantaloni, seguito da Boris
che gli passava man mano giacca e cravatta. Poverino, l’avevano rapito in
pigiama»
«Quella scena non la dimenticherò mai» Hilary
rotolò su sé stessa in preda alle convulsioni cadendo giù dal letto fin sul
tappeto, incapace di smettere «Come non dimenticherò Boris rinchiuso nella
sacrestia, Yuri che tenta di abbatterne la porta e il sacerdote accanto che lo
supplica di non compiere omicidi nella casa del Signore»
«Non c’è che dire, meglio di un film» proferì
Emily recuperando l’ennesima patatina.
Julia rise a sua volta ingoiando l’improvvisa –
e a suo dire insensata – amarezza di non essere stata presente.
Tokyo, 15 agosto
Boris spalancò
le tende della stanza degli ospiti lasciando entrare il sole splendente alto
nel cielo.
Yuri accecato
mormorò parole sconnesse coprendosi il volto con il cuscino tirato via da sotto
la testa di Ivan.
A causa del
sovraffollamento della villa Sergej e la sua famiglia avevano avuto la loro
stanza – ma
due bambini in un letto non occupano nulla – mentre lui aveva dovuto
condividere un matrimoniale con Yuri e Ivan. La sua schiena indolenzita ne
pagava le conseguenze, oltre all’immane sudata.
Aprì il getto
gelato della doccia godendosi la sua inusuale puntualità. Erano rimasti svegli
a giocare fino alle quattro del mattino, la situazione era degenerata
velocemente nello strip poker in cui avevano barato tutti. Tutti tranne Takao,
infatti era stato l’unico a denudarsi.
Avvolto un
asciugamano attorno alla vita uscì in stanza dove i due compagni continuavano a
dormire, dirigendosi sul balcone dove continuò a spazzolarsi i denti investito
dalla soffocante afa estiva. Una smorfia gli deformò i connotati al contatto
cocente del sole sulla pelle, Tokyo era decisamente abolita come meta durante l’estate.
Gettò un occhio
al giardino sottostante pullulante di persone dove erano in corso gli ultimi
preparativi per la scenografia della cerimonia. L’odore penetrate dei fiori
misto ad erba bagnata si sentiva chiaramente anche dal secondo piano.
Un urlo
agghiacciante quasi non gli fece cadere lo spazzolino di sotto.
Boris inebetito
osservò la donna di mezza età urlare qualcosa in giapponese indicandolo, una
mano sul cuore e una sulla fronte a simulare uno svenimento. No, non era una
simulazione, a giudicare dalla gente accorsa era svenuta sul serio.
«Signora tutto
bene?» chiese sputacchiando dentifricio sulla ringhiera ottenendo solo una
scarica di insulti dall’uomo che la sorreggeva per le spalle.
«Calmino eh,
era solo una domanda di cortesia»
«Cosa sta
succedendo?»
Yuri sbiascicò
la domanda nell’intontimento del dormiveglia con la t-shirt di due taglie più
grandi appiccicata addosso nonostante il condizionatore ininterrottamente in
funzione all’interno. Assonnato inciampò nel lieve rialzo marmoreo della
portafinestra aggrappandosi a Boris per non cadere.
Svegliarsi di
soprassalto non era il miglior buongiorno.
«La signora quaggiù,
ha iniziato a urlare e poi credo ci sia rimasta secca»
Le dita smisero
di stropicciare gli occhi, man mano sgranati alla vista della coppia attorniata
da alcuni camerieri intenti ad agitare un ventaglio sul volto della donna, la
stessa incontrata il giorno precedente mentre era con Kei. Alternò lo sguardo
dal dramma inferiore al corpo dell’amico un paio di volte, bloccandosi ad
osservare la ringhiera traforata nel mezzo, poi il misero asciugamano.
«Dannazione!»
Boris venne
tirato dentro con uno strattone, spinto il più possibile all’interno lontano
dal balcone chiuso con foga e da ulteriori occhiate indiscrete.
«Che ti prende
Yu?!»
Yuri si passò
le mani tra i capelli rendendoli ancor più caotici, camminando incessantemente
avanti e indietro nel tentativo di riacquistare la calma. Boris approfittò di
quel momento per finire di lavarsi i denti e tornare in stanza.
«Sei uscito
mezzo nudo sul balcone che dà sul luogo della cerimonia! Su un balcone che non
è schermato da nulla!» Yuri si massaggiò le tempie indicando l’esterno «Senza
contare la telecamera del fotografo a cui probabilmente hai rovinato
l’inquadratura con un panorama non richiesto. Ma soprattutto, hai quasi
accoppato la signora Kazuko, la suocera di Kei!»
Un boato e il
rumore di legno rotto riempì tutta la stanza.
Ivan si svegliò
di colpo alla confusione chiedendosi sul momento se stesse ancora sognando.
Hilary,
bigodini in testa e abito da sposa sollevato quasi ad altezza bacino stava
inveendo contro Boris, trattenuta da Mao già vestita di tutto punto che cercava
di salvare lo strascico dell’abito dalla distruzione.
«Volevi far
fuori mamma il giorno delle mie nozze?!»
«Signorina
Tachibana devo finirle di aggiustare i capelli!»
La parrucchiera
entrò in stanza armata di pettine e fermagli vari applicati su tutta la maglia,
seguita da Mathilda ancora in camicia da notte con un braccio ricoperto da
diverse sfumature cromatiche di ombretti e rossetti. Un grido di sorpresa le
sfuggì alla vista di Boris protetto solo da un asciugamano striminzito,
coprendosi gli occhi per non vedere oltre finì con lo schiantarsi in pieno
contro le spalle della parrucchiera.
Ivan fissò Yuri
difronte a lui accasciato contro l’armadio, un braccio attorno alla vita
l’altro a sorreggere il capo in osservazione della loro camera divenuta in meno
di dieci secondo un mercato.
«Non ho fatto
nulla a tua madre, stavo per i fatti miei sul balcone!»
«Hanno dovuto
chiamare l’ambulanza! Non lo definirei niente a meno di tre ore dal
matrimonio!»
«Che colpa ne
ho io se tua mamma si scandalizza per poco?!» evitò per un soffio il vaso preso
dal comò e scagliato contro di lui, peccato per la vetrata retrostante andata
in frantumi «Per aver partorito te uno deve pure averne visto nella
vita!»
Mao lo guardò
scandalizzata bloccando le mani della brunetta per evitare di farle lanciare
altre cose, le spalle rivolte al russo sul letto che trovò interessante il
tubino color ambra aderente nei punti giusti.
Yuri contemplò
i vetri misti a pezzi di terracotta per terra evitando di avvicinarsi al
gruppo, era scalzo e le sue pantofole erano chissà dove in mezzo a quella
baraonda. Valeva la pena discutere con una donna in piena crisi isterica prima
delle nozze? No, se ne sarebbe stato lì ad attendere la fine del tutto.
Rumore di
tacchi nel corridoio e anche Nataliya ed Emily arrivarono attirate dalle urla,
arrestandosi sulla soglia sconcertate. Emily dopo un profondo sospiro prese
coraggio avvicinandosi ad Hilary paonazza in volto, pronunciando invano
smancerie per rassicurarla.
Un totale fallimento.
«Razza di
cavernicolo ma ti sembrano cose da dire?!»
«Si può sapere
cosa diavolo sta succedendo qui?!» l’urlo di Kei proveniente dal corridoio
interruppe tutti per qualche secondo, ma per l’appunto durò un attimo. Il ragazzo
giunto sulla soglia venne colpito in faccia dal quadro che Nataliya senza
pensarci due volte aveva staccato dalla parete.
Le mani
sollevate a coprire la bocca nell’immediata realizzazione del gesto appena
compiuto furono l’unico movimento nell’immobilità generale.
«Oh santo cielo… KEI! Non volevo colpirti così forte!»
Kei arretrò
tenendosi il naso, Nataliya lo attorniò nel tentativo di tamponargli il sangue
con un fazzoletto approfittando di quella debolezza per coprirgli gli occhi e
far segno alle ragazze di uscire alla velocità della luce.
La donna
sussurrò pentita mentre sollevava il mento del malcapitato.
«Non potevi
vedere la sposa prima delle nozze, ti chiedo scusa»
Yuri si
avvicinò all’uscio sentendo le sussurrate maledizioni di Kei mentre si
allontanava accompagnato da Nataliya. La confusione ormai scemata lasciò il
posto alla calma.
«Credo ci
servano scopa e paletta»
Ivan alzatosi
aveva affiancato il ragazzo dai capelli scarlatti in contemplazione toccando
con un dito la porta, arretrando con lui giusto in tempo per non farsela
cascare addosso.
«Yu, io credo
ci serva una stanza nuova»
«Grazie»
Kei premette
l’impacco di ghiaccio sul naso seduto imbronciato sul letto della sua camera, con
l’acidità rivolta alla donna ancora parzialmente udibile.
Nataliya gettò
i tamponi utilizzati nel cestino richiudendo la cassetta di primo soccorso, il
pensiero rivolto a Sergej nella speranza non stesse avendo problemi a vestire i
loro figli mentre lei era occupata a fare il suo lavoro anche in vacanza. Anja
e Dimitrij potevano essere delle pesti se si mettevano di impegno.
Rei seduto su
una sedia invece contemplava il russo da varie angolazioni facendolo
innervosire.
«Sei fortunato
dai, un po’ di trucco e non sembrerà nemmeno tu sia stato colpito»
Kei lo fulminò
con lo sguardo gettandosi disteso, erano appena passate le otto del mattino e
già non ne poteva più di quella giornata.
«Rei ha
ragione, poteva andarti peggio come Boris e il suo labbro gonfio dopo la furia
di Yuri»
Max cercò di
tirargli su il morale dandogli una pacca sulla spalla, rivolgendosi poi con un
sorriso alla ragazza «Vai tranquilla a finire di preparati, ci pensiamo noi a
non farlo avvicinare alla camera della sposa!»
Nataliya uscì
sollevata senza farselo ripetere due volte, raccomandando all’infermo di
restare con l’impacco altri dieci minuti onde evitare di presentarsi all’altare
con un naso nero.
«Allora, come
si sente il grande Kei all’idea di sposarsi?»
Un grugnito fu
tutto quello che Rei ricevette in risposta, la riservatezza vinceva ancora una
volta.
«The first step
is always the hardest!» l’immancabile proverbio in lingua straniera non
poteva manca il giorno delle nozze.
Rei ricordava
ancora il momento in cui i due amici si erano fidanzati ufficialmente. Takao li
aveva sorpresi insieme nel giardino del dojo e da lì avevano appreso che la
relazione andasse avanti già da tre mesi. Con molta probabilità sarebbe rimasta
segreta per svariato altro tempo se Takao non fosse uscito in veranda a
ficcanasare dopo la festa di compleanno di nonno Jey.
D’altro canto,
aveva capito benissimo il perché di tanta segretezza.
Hilary aveva
lasciato Takao per Kei.
Un leggero
bussare e il giapponese dei suoi pensieri fece capolino.
«Stamattina ho
bussato!»
Kei roteò gli
occhi esasperato, non ci doveva essere tutto quell’orgoglio nel fare una cosa
tanto ovvia.
Rei seguì il
nuovo arrivato e tutti si ritrovarono seduti sul letto.
Se gli avessero
detto al primo campionato mondiale che si sarebbero ritrovati tutti insieme a
festeggiare il matrimonio del componente più asociale, probabilmente non ci
avrebbe creduto. Tantomeno avrebbe creduto di fargli da testimone, fino
all’ultimo era stato certo che il ruolo sarebbe toccato a Takao, ma al di là
delle apparenze, Kei – anche se non lo avrebbe mai ammesso – voleva evitare il
colpo di grazia all’ex capitano.
«Staremo in
silenzio tutto il giorno?»
Rei sorrise
seguito da Max, Takao e i suoi soliti commenti erano le poche cose rimaste
invariate con il passare degli anni, come le risposte infastidite del membro
più riservato della squadra.
«Come fai ad
insegnare il kendo non avendo un briciolo di pazienza?»
«Sono un ottimo
insegnante!»
«Corrompi le
loro giovani menti, non c’è altra spiegazione»
«Però, hai
notato che bella parlantina ti è venuta fuori con gli anni?»
Kei allungò il
braccio colpendo Takao nello stomaco senza eccessiva forza.
L’ansia si era
attenuata, per quanto non lo desse a vedere stava letteralmente morendo dentro
all’idea di legarsi ad una persona per il resto della sua vita. I suoi amici
con quelle chiacchiere inutili lo stavano distraendo.
Amici, proprio i
suoi. Chi lo avrebbe mai detto.
Lui non aveva
chiuso occhio tutta la notte, anche dopo aver terminato l’ultima partita a
carte con i ragazzi. Rei al termine dei giochi come se gli avesse letto nel
pensiero, si era proposto di fargli compagnia occupando la stanza con le
migliori intenzioni ma, era crollato sfinito due secondi dopo.
Kei non se
l’era sentita di svegliarlo.
Rimasto solo
con i suoi pensieri, l’opzione di girovagare nella sua casa come un’anima in
pena aveva avuto la meglio. Per svariate ore aveva peregrinato nei corridoi,
scoprendo persino stanze dimenticate, imbattendosi in Daichi sonnambulo, udendo
rumori ambigui provenire da una delle stanze per gli ospiti e intravedendo un’inquieta
Hilary scendere verso la cucina alla fine del suo tour.
Si era
ritrovato al centro del grande scalone, salendo e scendendo i gradini
innumerevoli volte, corroso dal dubbio di esternare o meno a Hilary il suo
subbuglio interiore. Propendendo infine per aspettarla sul pianerottolo. Fingere
un incontro casuale così da non rimetterci la sua reputazione di uomo tutto
d’un pezzo.
L’incontro però
non era mai avvenuto, Hilary era salita circa mezz’ora dopo non notandolo
nell’angolo buio in cui era accucciato.
Kei non seppe
definire se apprezzò o meno la cosa.
Esasperato
dalla mancanza di sonno infine era sceso a sua volta in cucina, sorprendendosi
di trovarvi Yuri all’interno ancora sveglio alle prime luci dell’alba.
Il russo non
era entrato nelle ultime ore altrimenti l’avrebbe visto nel suo improvvisato
lavoro di sentinella, doveva essere rimasto nella stanza dalla sua precoce
ritirata della sera precedente. Del resto, non era mai stato portato per il
poker.
Dopo avergli
augurato il buongiorno, Yuri gli aveva appioppato una tazza di tisana alla
valeriana augurandogli che almeno a lui facesse effetto. Le restanti due ore
Kei le aveva passate a bere la tisana e a chiedersi perché il suo amico fosse
rimasto sveglio tutta la notte rinchiuso in cucina con quella faccia da
funerale.
«Quando sei
all’altare pensa a Takao durante la tappa messicana»
Kei si ridestò
dai suoi pensieri al consiglio di Max, ricordava benissimo la tappa in
questione. Takao aveva fatto indigestione restando bloccato nei bagni dello
stadio, regalando l’incontro agli European Dreams non
presentandosi in campo.
«Ancora con
quella storia? Perché non può ricordare quando hai preso il microfono di dj man
facendo la tua dichiarazione d’amore a Mariam e lei è scappata via dallo
stadio?»
«Perché
dopotutto io il lieto fine l’ho avuto» l’americano ridacchiò all’espressione
indignata del giapponese, aveva colto perfettamente l’allusione. Mariam alla
fine aveva ricambiato i suoi sentimenti, lui aveva dovuto fare i conti con le
prese in giro per il restante campionato. In particolar modo con Boris che ad
ogni tappa riusciva a trovare un locale in cui comprare burritos
pur di offriglieli.
«Io non lo
chiamerei lieto fine con quell’arpia»
«La tua è tutta
invidia, sei rimasto l’unico single del gruppo»
Max si beccò in
pieno un cuscino ridendo come un pazzo, ricadendo sul letto proprio accanto a
Kei che si ritrovò incastrato in quella sciocca lotta infantile.
Rei scrollò le
spalle, avere ventotto anni non gli impediva di essere nuovamente un ragazzino
per qualche minuto.
Si gettò
addosso al trio unendosi alla mischia.
«No no, cara
mia tu ti sposi!»
Mao spinse
Hilary seduta con un tono che non ammetteva repliche.
Tornata in
stanza, la sua amica dopo i borbottii irati era piombata nel vivo di una nuova
e alquanto classica crisi pre-matrimonio a fasi alterne. Un attimo prima urlava
dalla felicità di volersi sposare, quello dopo poco mancava e piangesse
disperata all’idea di doverlo fare.
L’unica a non
badarci era la parrucchiera, lanciando rassicurazioni qua e là con movimenti
esperti avvolgeva i capelli in un’elaborata acconciatura sperando di non dover
rincorrere di nuovo in giro la sposa.
«Stai
tranquilla, un bel respiro profondo e vedrai che tutto andrà bene!»
Mathilda
inginocchiata davanti a Hilary stringeva le mani parlandole dolcemente, e il
suo tentativo di calmarla doveva aver fatto breccia profonda perché Hilary non
l’aveva più lasciata andare. Bloccandola lì, ancora in vestaglia.
«Hilary
lasciala, non sei mica l’unica a doversi preparare!»
Emily provò a
rompere la presa ferrea ma Hilary negò vivamente con la testa rischiando di
rovinarsi anche la capigliatura, Nel tentativo di cambiare discorso e sviarla
su altri pensieri aggiunse «Guarda il lato positivo, hai avuto modo di rifarti
gli occhi prima della cerimonia»
Hilary la
scrutò perplessa per qualche secondo prima di strillare «No Emily! Non dirmi
che dovrei essere felice solo per aver visto Boris mezzo nudo!»
«Il mio era un
suggerimento…ha un fisico niente male»
Mariam sorrise
chiudendo lo smalto, la novella sposa non sembrava concordare molto sull’ultima
esternazione.
«Tutto
sistemato! Tua mamma è in soggiorno perfettamente rinata e il tuo futuro marito
è in compagnia di volenterosi giovani che lo terranno lontano!»
Nataliya entrò
sorridendo affabilmente, pollice in su ed occhiolino per decretare la vittoria mentre
portava con sé i gemellini perfettamente pronti per la cerimonia.
«Zia Hilary!
Zia Hilary!»
Dimitrij e Anja
aggirarono la sedia saltellando e consegnando tutti contenti nelle mani della
futura sposa un foglio che sembrava aver attraversato la guerra.
Hilary osservò
il disegno lasciandosi sfuggire un sorriso, un uomo e una donna in abito bianco
erano rappresentati accanto a un castello sproporzionato rispetto alle figure
umane, mano nella mano con due enormi sorrisi. Il tutto contornato da fiori e
cuoricini volanti attorno agli sbilenchi ideogrammi della parola “Auguri”.
Sollevò lo
sguardo verso Nataliya accennando verso la scritta ma ella negò divertita.
«Io non
c’entro, hanno assillato Sergej stanotte per potare a termine la loro opera.
Abbiamo una stanza piena di fogli di esercitazione, se vi dovesse servire un
bigliettino d’auguri sapete a chi chiedere!»
«Ti piace?»
domandò Dimitrij speranzoso, faticando nel pronunciare quella domanda
accuratamente studiata per non essere posta in russo, come il “sei
bellissima” precedente dettole da Anja.
Hilary annuì
emozionata ai due portandosi una mano alla bocca.
«Dios mío, se lo fa mi rende
inutile tutto il lavoro!»
Julia, in piedi
tra la porta aperta del bagno privato e la stanza abbandonò l’arricciacapelli
precipitandosi sulla novella sposa prossima al pianto, più che consolandola,
minacciandola di non versare alcuna lacrima per non rovinare il trucco.
«Tesoro, Julia
ha ragione. Questi bimbi ti fanno un regalo e tu piangi?»
Mao le
accarezzò la guancia scoccandole un bacio di incoraggiamento.
La parrucchiera
uscita in fretta e furia per recuperare qualcosa di estremamente importante
nell’auto le aveva lasciato la possibilità di avvicinarsi all’altrimenti
intoccabile sposa. Scostandole una delle ciocche ribelli dal viso proseguì
dolcemente «Una volta detto il fatidico sì tutto andrà per il meglio!»
Nataliya annuì
concorde dandole man forte.
Per Mao era
stata una continua sorpresa quella ragazza. Hilary le aveva detto fosse ben
diversa dal gruppetto russo di sua conoscenza ma non aveva recepito appieno
quelle parole finché non aveva visto gli sprazzi di espansività nei loro
confronti, era di una sproposita dolcezza mista a un caratterino tutto pepe.
«Dopo aver
visto di cosa è capace Boris non sono tanto sicura di voler sposarmi con lui
nelle vicinanze!»
Nataliya
ridacchio dandole leggeri buffetti sulla guancia «Tranquilla, non combinerà
niente!»
Hilary sperò
vivamente che la ragazza avesse ragione, la notte precedente ci aveva riso su
durante la rievocazione dei ricordi delle amiche ma voleva evitare di avere
aneddoti simili da raccontare in futuro.
«Mao…»
L’interessata
si voltò perplessa al richiamo di Mariam, la donna le stava indicando la
piccola panca con il beauty-case pieno dei cosmetici della sposa dove sua
figlia pasticciava pacificamente indisturbata.
«LIN!»
Mao corse dalla
sua bambina togliendole tutto dalle mani ricevendo un colpo al cuore alla vista
del rossetto rosso spalmato sulla faccia in stile clown, micro-infarto
accentuato dalle strisce di ombretto azzurro sul vestitino candido.
Presa in
braccio la piccola peste corse con lei verso il bagno rischiando di spezzarsi
l’osso del collo nel mezzo dei suoi rimproveri. Inciampata nel filo
dell’arricciacapelli ormai cascato a terra nella stanza adiacente, aveva
afferrato il lavandino reggendosi per miracolo.
Julia dopo
essersi assicurata che l’amica stesse bene suo malgrado si era ritrovata
cacciata fuori dal bagno per lasciarle risolvere “questioni più urgenti”.
«Mao! Ci
entriamo in due in bagno!»
«Non posso
rischiare che dell’acqua cada sul filo rischiando di fulminarti! Giuro che
faccio in fretta! Oppure usa il bagno nella tua stanza, abbiamo finito di
aiutare Hilary!»
«Fulminata? Mao
ma non ti sembra di esagerare?!» Julia sbuffò bussando ripetutamente sulla
porta chiusa senza ottenere risultato «Soprattutto, io non ce l’ho un bagno
privato! Solo alcune stanze lo hanno a disposizione!»
«Ti hanno
rubato la scena» Mariam sorrise ironicamente a Hilary seguendo con gli occhi la
spagnola in pigiama intenta a raccogliere in giro abito, scarpe e tutto
l’occorrente per prepararsi altrove.
«Dove stai
andando ora?» chiese perplessa Hilary a Julia ormai fuori dalla stanza.
«Non lo so, nel
peggiore dei casi mi preparo nel corridoio!» fu la risposta mezza mozzata dalla
porta accostata da cui entrò trionfante la parrucchiera qualche secondo dopo.
Mariam pensò di
poter finalmente andare a prendere una boccata d’aria ma il singhiozzo di
Hilary la gettò nel panico, lo stesso in cui caddero tutte le altre. Supplicò
la ragazza di trattenersi data la loro truccatrice ormai sparita chissà dove,
ottenendo scarsissimi risultati.
«E se Kei
decidesse di non volermi più sposare?»
Mariam si
accasciò sconfortata sulla sedia, Hilary era ormai una valle di lacrime.
Yuri camminò
nei corridoi della villa alla ricerca di un bagno in cui poter finire di
prepararsi.
La sua camera
non aveva più una privacy causa porta ormai inesistente, ed il bagno privato
già occupato dagli altri due non aveva spazio per una terza persona a meno che
non avesse deciso di stare in piedi sulla tazza. Così, cappelli asciugati alla
cieca e abito elegante indossato aveva dato il via alla caccia al tesoro nella
villa, perché solo così poteva essere definita. Il sacro Graal in confronto era
una bazzecola da trovare.
Bagno introvabile
come la sua pace psicologica.
Solitamente la
doccia lo aiutava a riordinare le idee, o perlomeno a riflettere. Lasciarsi in
balia dell’acqua bollente era il toccasana che cercava, il metodo per lasciar
scivolar via le preoccupazioni di una notte insonne. Quella mattina non aveva
potuto concedersela, il box con i pannelli in cristallo temperato non schermava
un bel niente e la sua maschera risoluta era dovuta restare al suo posto.
Impossibile da abbandonare con il costante via vai di Ivan e la presenza
imperterrita di Boris intento a radersi davanti lo specchio.
Cosa normale in
altre circostanze, era una vita intera che condividevano tutto ma la vocina in
un angolino del cervello non cessava di sussurrare quanto necessitasse di quei
dieci minuti di privacy.
Riuscì
miracolosamente a bloccare uno degli inservienti che rispetto ai dieci
precedenti fu disposto ad aiutarlo indicandogli la porta alla fine del secondo
piano, da cui lui era appena sceso. Risalì le scale, oltrepassò la sua camera
sfondata in cui era entrato pure un piccione dal buco nella finestra, per
aprire infine, senza pensare, la tanto agognata porta.
La mano restò serrata
attorno al pomello d’ottone all’incrocio di quegli occhi smeraldini sorpresi.
Julia in piedi
davanti lo specchio stava finendo di acconciare i suoi capelli totalmente
castani ornati da riflessi biondi, raccolti in alto sulla testa e lasciati
ricadere in morbidi boccoli sino al collo.
«Non si bussa
più prima di entrare?»
«Mi spiace, ma
la mia stanza è stata letteralmente buttata giù e io cerco un posto dove
mettere il gel da più di un quarto d’ora» il nervosismo di Yuri era alle stelle
per quella situazione fuori dall’ordinario, come se vestirsi in completo
elegante con quaranta gradi all’ombra non fosse abbastanza sufficiente.
Julia si morse
le labbra per non ridere. Volutamente non era andata dietro ad Hilary ma il
riassunto di Mao le aveva dato un’idea molto chiara di quello che era successo.
Se a ciò aggiungeva il ricordo del matrimonio di Nataliya la difficoltà nel
trattenersi aumentava.
«Allora, posso
offrirti la condivisione di questo fantastico bagno» un sorrisino furbetto
mentre sistemava un ferrettino tra i capelli, uno slancio d’iniziativa che non
sarebbe dovuto venir fuori «Basta che ti decidi a chiudere quella porta, entra
oppure esci»
Esci, la sua mente
glielo stava praticamente urlando.
Yuri la porta
la chiuse assecondando quella vocina, la differenza stette nell’entrare e
nonostante fosse nel bagno padronale lo spazio era veramente esiguo davanti lo
specchio. Bloccato tra il lavandino e la vasca di primo acchito non aveva
notato la quasi nulla distanza con la ragazza che lo stava fissando con
intensità.
«Già che se qui
potresti aiutarmi con la zip»
Yuri poggiò la
boccetta di gel sul lavandino chiedendosi perché anche nei miseri giorni di
vacanza dovesse trovarsi sotto pressione. Julia si era voltata dandogli la
schiena fasciata nel suo lungo abito rosa antico dotato di ampio spacco
laterale. Tirò su la cerniera del vestito fin troppo lentamente ammaliato
dall’aderenza del corpetto, lasciando scivolare le dita sul tessuto ad opera
ultimata.
Senza
incrociare lo sguardo della ragazza annuì semplicemente al ringraziamento
allentando la cravatta grigia che lo stava soffocando.
Per lo meno
sperava fosse a causa del nodo la mancanza d’aria che provava.
Julia cercò il
rossetto corallo nell’astuccio osservando di sottecchi la cura maniacale con
cui Yuri stava spalmando all’indietro i capelli, reprimendo il brivido ancora
in circolo, corsole su per la schiena al tocco leggero. Troppi anni erano
passati per poter dire di conoscerlo ancora, o per affermare di averlo mai
veramente conosciuto, eppure quel formicolio alla bocca dello stomaco era
tornato prepotente quando l’aveva incontrato nella cucina qualche ora prima,
attirata da qualcosa che non avrebbe dovuto esserci.
Il loro
rapporto durante il quarto campionato era stato un enorme punto interrogativo,
definirsi semplici conoscenti non era stato corretto, amici sbagliato e
fidanzati azzardato. Era riuscita ad andare oltre la corazza di ghiaccio a cui
tutti si fermavano, scalfendola giorno dopo giorno, scoprendo altro dietro
quegli occhi gelidi e l’indifferenza verso il mondo. Aveva toccato con mano la
tristezza, quella sofferenza fino a quel momento sconosciuta che il russo si
portava dentro da tutta una vita e lo aveva ammirato per non essere annegato in
quel mare di disperazione. Non si trattava della “sindrome da crocerossina” come
Mao l’aveva definita. A lei Yuri era piaciuto davvero, e non solo
esteticamente. Certo, era rimasta stregata dalla chioma rosso sangue
contrastante con la pelle lattea e della bellezza di quegli occhi azzurri ma
c’era stato molto altro, iniziato per un caso fortuito ad inizio quarto
campionato.
Raramente
litigava furiosamente con Raul, seppur per delle sciocchezze, e quelle rare
volte perdeva letteralmente la testa. Quella sera gelida di febbraio,
incavolata nera era salita sul terrazzo dell’hotel di Oslo, sbraitando i motivi
della litigata e le eventuali risposte che solo in quel momento stuzzicavano la
sua fantasia. Come un’indemoniata aveva urlato al cielo, alla ringhiera, alle
mattonelle, ai generatori di corrente, a qualunque cosa le capitasse a tiro,
facendosi sfuggire pure un infelice osservazione sul russo. Solo dopo buoni
cinque minuti e dopo essersi resa completamente una pazza calciando qualunque
cosa l’aveva visto. Yuri per tutto il tempo della sua sfuriata era rimasto
seduto nella penombra del blocco metallico, il volto impassibile al pari di una
maschera di cera con lo sguardo gelido e tagliente rivolto su di lei.
“Un’isterica”, ecco come
l’aveva definita.
Gli aveva
chiesto scusa per la frase pronunciata, lui l’aveva totalmente ignorata quasi
ammazzandola nel lancio di Wolborg. Irritata maggiormente dal suo silenzio
quasi per indispettirlo aveva continuato il suo sfogo verbale finendo per
ritrovarsi senza voce seduta accanto a lui aspettandosi qualunque
punzecchiatura, frecciatina, risatina di scherno ma non un consiglio: “Parlane
con Raul, vi siete semplicemente fraintesi”
Nonostante la
sua concentrazione sul beyblade aveva ascoltato ogni singola parola di quello
che lei aveva detto, lasciandogli quell’unico parere prima di sparire oltre la
porta del tetto.
Le sere
successive lo aveva trovato sempre lì ed era nata quell’insolita e alquanto
bizzarra routine.
Cambiavano
nazione, cambiava l’hotel, ma lei arrivata la sera saliva sulla terrazza, si
sedeva accanto a lui e parlava del più e del meno mentre Yuri restava ad
ascoltarla. Alcune volte di argomenti insignificanti, altri più importanti come
la vendetta che in quel campionato lo aveva divorato lentamente rendendolo un
concentrato di odio, accecandolo al punto di fargli perdere la testa. Altre
volte ancora era riuscito a farlo parlare di sé, in altrettante volte a farlo
sorridere.
Yuri era un intricato
rompicapo, uno di quei puzzle che venivano comprati per svago e il più delle
volte abbandonati dopo svariati tentativi di insuccessi.
A Julia però,
le cose facili non erano mai piaciute, aveva messo tutto il suo impegno nel
cercare la chiave risolutiva di quell’enigma e pensava di aver finalmente
trovato la soluzione la notte del trionfo della Neoborg. Si era sbagliata.
Dopo il terzo
mese senza ricevere notizie aveva capito che la loro notte insieme era stata
solo una debolezza passeggera, almeno per il gelido russo.
Lei non l’aveva
mai considerata neppure un errore, si era davvero innamorata di Yuri sia nei
pregi che nei difetti.
L’incertezza
celata in un semplice gesto come un sorriso, l’ego megalomane che mostrava sul
campo, il menefreghismo usato come scudo, quell’orgoglio capace di fargli
smuovere mari e monti, la testardaggine di portare avanti i propri obiettivi a
costo di sbatterci la testa – o finire in coma provandoci -, la lealtà cieca
verso i suoi compagni, la malcelata timidezza nell’ammettere di voler loro bene
e la goffaggine nel lasciarsi andare a gesti affettuosi. Un mix di espressioni,
emozioni, sensazioni che una persona qualunque avrebbe faticato ad associare a
lui ma che a lei erano bastate per perdere la testa.
Julia era
riuscita faticosamente a dimenticarlo, se lo era imposto evitando anche di
partecipare ai successivi mondiali pur di non incrociarlo, per cosa poi?
Ritrovarsi a condividere il bagno con lui.
Su suo invito.
Continuava a
sentirsi maledettamente completa vicino a lui.
Yuri sciacquò
le mani soddisfatto del risultato non sapendo come spostarsi in quel misero
spazio per prendere l’asciugamano dal capo opposto del lavandino. Julia aveva
finito di truccarsi, in quei pochissimi accorgimenti non appariscenti che
mettevano in risalto la sua bellezza, ma concentrata a cercare qualcosa
nell’astuccio non lo stava aiutando a levarsi dall’impiccio.
Dopo la
richiesta della cerniera nessuno aveva spiccicato parola e lui di certo non
sarebbe stato il primo a farlo.
Cercò di
appiattirsi contro il bordo marmoreo della vasca per non disturbarla e
soprattutto non finire strusciato contro di lei, ma pessima si rivelò la sua
scelta quando sbilanciato all’indietro perse
l’equilibrio cadendo all’interno della vasca.
Istintivamente
aggrappato al primo appiglio disponibile che fu Julia.
La ragazza
ritrovatasi catapultata all’indietro si lasciò sfuggire un urletto finendogli
completamente addosso, il vestito più aperto del previsto sul davanti.
«Yuri cosa
cavolo stavi tentando di fare?!» urlò adirata mentre come una tartaruga
capovolta si dimenava cercando di risollevarsi, interrotta più volte dal dover
sistemare la gonna del vestito.
Yuri ruotò la
testa per non trovarsi ad inghiottire i capelli della spagnola, in quella
posizione ad elle capovolta sperava di non aprire accidentalmente il getto
dell’acqua mentre cercava una base d’appoggio.
Julia cercò di
issarsi con scarsi risultati.
«Volevo
asciugare le mani…dannazione! La vuoi smettere di muoverti su e giù?!»
«Sto cercando
di alzar-!» la frase troncata all’improvvisa realizzazione, le mani aggrappate
al bordo per sollevarsi un minimo per evitare quel contatto corporeo mentre
l’impaccio prendeva piede nella sua voce «Ti prego dimmi che quello che sento
premuto qui giù non è quello che penso!»
Yuri si ritrovò
ad arrossire rispondendo nel medesimo tono.
«Te l’avevo
detto di smetterla di dimenarti!»
Julia si gettò
di lato nella vasca rialzandosi ed uscendo alla velocità della luce,
fregandosene altamente di cosa avesse visto il russo in quel groviglio di
vesti.
Le mani sul
viso a tastare le guance bollenti, eppure non era lei quella a doversi sentire
in imbarazzo.
Yuri finalmente
libero riuscì ad alzarsi a sua volta trovandosi ad osservare la madrilena che
stava aprendo e chiudendo la bocca per parlare senza trovare le esatte parole,
evitando accuratamente di guardare in basso.
Sollevò e
abbassò il torace in affanno, gli occhi incatenati a quelli di lei, un
sussulto, quasi una fitta nel petto.
Afferrò il
polso del braccio puntato minacciosamente verso di lui, scostandolo quanto
bastava per mandare a quel paese l’ultimo briciolo della sua ragione. Non aveva
saputo resistere, le sue labbra attratte da una forza magnetica erano premute
contro quelle di Julia in quel contatto soffice.
Il déjà-vu
ritornò prepotentemente a galla, spedendolo indietro di anni, alla stessa
avventatezza del sé ragazzino incapace di controllare le proprie pulsioni.
Anche la prima
volta era stato così, tutto all’improvviso, la scintilla scoccata sul momento
aveva bruciato completamente il suo autocontrollo.
Come allora lo
schiaffo che si era aspettato di ricevere non arrivò mai.
Dopo i primi
secondi di immobilità Julia ricambiò il bacio, la schiena schiacciata contro il
bordo del lavandino, le palpebre abbassate per assaporare ogni singolo attimo.
Divincolatasi dalla presa del russo venuta meno sul polso fu libera di lasciar
scorrere le mani tra i capelli cremisi, dita appiccicaticce attraversarono la
patina di gel mandando all’aria l’accurato lavoro precedente.
Yuri aveva
chiuso gli occhi con lei, le mani dapprima sulla vita erano scese lentamente
lungo i fianchi spostandosi poi sulla schiena, le braccia completamente avvolte
attorno al busto della ragazza che solo in quel momento capì quanto gli fosse
realmente mancata.
Si separò da
lei quel tanto necessario a riprender fiato e osservarla negli occhi, dove
poteva giurare di aver intravisto la stessa identica confusione.
Cosa stavano
facendo? Era tutto tremendamente sbagliato ma dannatamente bello.
Julia maledì sé
stessa per non riuscire a resistere. Un passo, le sarebbe bastato un passo per
andare via.
Il respiro di
Yuri ad un centimetro dal suo, la gamba premuta a stretto contatto contro la
causa di quella situazione incasinata e la stretta confortevole le remarono contro.
Ridusse la distanza approfondendo il bacio, bocche dischiuse in un contatto più
passionale del precedente.
Rinchiusa in un
abbraccio quasi stritolatore.
Yuri non voleva
più perderla, cercava di colmare in quell’abbraccio tutto il tempo perduto
conscio di non poter risolvere così i loro problemi, ma la vena razionale aveva
smesso di funzionare. Tutto quello che desiderava era rimanere più tempo
possibile in quel limbo in cui si sentiva bene.
Erano anni che
il suo cuore non batteva in quella maniera.
Accentuò ancor
di più la presa assaporando il bacio ma il cigolio dei cardini bloccò entrambi.
Fermi davanti
la porta aperta da chissà quanto c’erano le due piccole pesti.
Anja aveva le
manine premute sul visino con due occhioni verdi enormi e un’espressione
estasiata mentre Dimitrij non chiudeva la bocca per la sorpresa.
Un battito di
ciglia e i due scoperti corsero via sotto lo sguardo atterrito di Yuri, un
ultimo sguardo fugace alla madrilena prima di correre nella medesima direzione
per impedire il propagarsi di inutili pettegolezzi da quei chiacchieroni.
Come gli era
venuto in mente di baciarla?
Julia trovatasi
da sola chiuse la porta con la serratura scivolando contro essa, lo sguardo
perso sulle piastrelle.
Sapeva di dover
darsi nuovamente un’aria presentabile, ma ricomporsi emotivamente le risultava
abbastanza complicato.
Era stata
pronta ad affrontare l’indifferenza, lo sguardo di superiorità, magari anche
qualche frase sprezzante.
Non si era
preparata per un bacio.
«Emily siamo
sollo all’inizio»
Mathilda passò
un fazzoletto alla ragazza scoppiata in lacrime al suono della marcia nuziale.
Mao era accanto all’altare come testimone della sposa e il compito di consolare
Emily era toccato a lei.
La sorellina di
Max di appena dieci anni aprì il corteo spargendo i fiori sul tappetto mentre
il fratello orgogliosamente seduto in prima fila assillava Takao, Daichi e il
professor Kappa su quanto lei fosse bellissima.
Mariam per
uscire dall’imbarazzo delle attenzioni attirate dal compagno era arretrata di
quattro file prendendo posto accanto alla ragazza in lacrime, chiedendosi
perplessa perché stesse piangendo.
«Guarda com’è
agitato Hiwatari»
Rick se la
stava ridendo della grossa nella fila dietro le ragazze bisbigliando e
commentando ogni azione di Kei con Lai. Lo sposo infatti era rimasto immobile
davanti l’altare senza batter ciglio, la mano di Rei sventolata ogni tanto
davanti al volto per assicurarsi stesse ancora respirando.
Raul guardò
dubbioso la sorella arrivata all’ultimo secondo prender posto accanto le altre,
domandandosi come avesse fatto ad arrivare in ritardo data la sua velocità nel
prepararsi agli spettacoli.
Julia inspirò
profondamente, decidendosi forzatamente a guardare verso le panche dall’altro
lato del tappeto alla ricerca di una testa rossa facilmente individuabile. Il
cuore ancora le scoppiava nel petto, in quella gioia carica di retrogusto
amaro. Il dubbio di essere l’ennesimo momento di debolezza a cui Yuri si era
lasciato andare senza aspettarsi nulla in particolare.
Avrebbe dovuto
far finta che nulla fosse successo, il matrimonio di Hilary non aveva bisogno
di inutili scenate e lei dopo quel giorno infondo non l’avrebbe più rivisto.
Trovò Yuri
chinato a confabulare con la bambina che sembrava avere tutta l’intenzione di
andare a giocare con i petali dei fiori disseminati in giro.
Anche lei
avrebbe voluto avere quell’età, avrebbe sofferto meno.
Yuri sentendosi
osservato alzò gli occhi incrociando per un breve istante quelli della
madrilena prima che l’ingresso di Hilary venisse annunciato.
«Quello è
rossetto?»
Al sussurro di
Ivan, credette di essere morto. Il cuore aveva smesso di battere, d’istinto
aveva abbassato lo sguardo sulla camicia candida coperta dalla giacca nera
analizzandone ogni centimetro di tessuto.
«Sì, ho avuto
un incontro molto ravvicinato con una delle amiche scolastiche di Hilary»
Alla risposta
di Boris il battito cardiaco tornò stabile, l’interrogatorio era l’ultima cosa
che desiderava ricevere in quella mescolanza di sentimenti.
Perché aveva
baciato Julia? Non lo sapeva nemmeno lui.
Come avrebbe
dovuto comportarsi? Non ne aveva la più pallida idea, poteva essere nato tutto
dalla mera eccitazione del momento e lui inutilmente si stava facendo problemi.
«Volete far
silenzio?»
Nataliya intimò
loro di tacere, ammaliata dall’abito bianco di Hilary. Gli strati di tulle
della gonna vaporosa ricreavano le onde del mare donandole movimento ad ogni
passo, mentre il corpetto era arricchito da decorazioni in pizzo migliorato da
punti luce e un profondo scollo a V.
Boris appoggiò
il fischio d’apprezzamento sfuggito a Claude.
«Kei, ti prego
respira»
Rei supplicò
l’amico parlando tra i denti mentre sorrideva all’ingresso della sposa.
Si scambiò
un’occhiata preoccupata in tralice con Mao, Kei era diventato più bianco della
sua camicia assumendo una leggera sfumatura violacea.
Il torace
immobile come ogni altra componente del suo corpo.
«Io…Io non
posso farlo»
Rei afferrò il
braccio del ragazzo prima di vederlo darsi alla fuga, affiancato da Mao che
prontamente si era avvicinata dall’altro lato.
«Sì che puoi!»
un sussurro inferocito rivolto allo sposo prima di sorridere a trentadue denti
all’amica ormai arrivata.
Kei restò
pietrificato ad osservarla, stentava a riconoscere la sua Hilary in quel
vestito.
Tutti gli
invitati sparirono ingurgitati da una quella massa oscura in cui era lei
l’unica luce.
La sua donna
bellissima.
Si sentiva
pervaso dalla stessa eccitazione prima di un incontro, solo quintuplicata e in
grado di togliere il fiato. Lei era lì, solo per lui. Lei aveva deciso di
passargli la vita accanto.
La terra gli
mancò sotto i piedi come se stesse saltando nel vuoto.
Mao l’aveva
portato alla realtà spintonandolo leggermente verso la sposa.
Dopo i primi
passi titubanti, inspirò a fondo porgendo il braccio alla donna, riacquistando
tutta la sua sicurezza quando le sue mani l’afferrarono.
Hilary gli
sorrise, gli occhi lucidi per l’emozione.
Kei si calmò,
poteva farcela.
Brooklyn
accomodato su una delle ultime panche, aveva trovato posto di fianco ad
un’anziana zia della sposa con cui dall’inizio della cerimonia conversava di
uccelli.
Garland in
piedi accanto a lui scambiò un’occhiata a disagio con Ming Ming,
Mystel e Mozes, i
dipendenti dell’azienda Hiwatari li stavano guardando male e poteva benissimo
dar loro ragione.
«Gli avevo
detto di non portarsi briciole di pane» bisbigliò sconfortata la ragazza.
Brooklyn
continuò ad accarezzare l’uccellino posatosi in grembo, incurante dell’altra
decina di piccioni volteggianti sulle loro teste che di tanto in tanto gli si
posavano sulle spalle.
«Beato lei che
si diverte» dichiarò Hitoshi poco più indietro
osservando preoccupato i volatili e il suo vestito nuovo, rimpiangeva già la
partenza rimandata per gli scavi archeologici in Grecia.
«Abbiamo visto
questi ragazzi crescere, è sempre una gioia ammirare i forti legami che sono
riusciti a instaurare grazie alla passione comune per uno sport» il sorriso
dell’ormai prossimo alla pensione presidente della BBA non riuscì a contagiare
appieno il più grande dei Kinomiya, al contrario del nonno che nonostante la
veneranda età appoggiava ogni singola parola applaudendo vigorosamente insieme
agli altri invitati.
Era comunque il
matrimonio di due suoi nipoti acquisiti.
Lin, le
treccioline nere sobbalzanti ad ogni movimento, si avvicinò a Mao con il
piccolo cuscinetto delle fedi.
Un sorriso
trionfante al complimento fattole dalla mamma dopo aver consegnato gli anelli,
accanto alla quale restò incuriosita ad osservare i due sposi.
Hilary afferrò
la mano di Kei, stringendola per non lasciarsi sopraffare dall’emozione. Fu
grata di ricevere la medesima stretta.
«Kei, vuoi
accogliere Hilary come tua sposa, promettendo di esserle fedele sempre, nella
gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarla e onorarla tutti
i giorni della tua vita?»
Hilary gli
accarezzo il dorso incoraggiante, le labbra curvate all’insù in un timido
sorriso in grado di dissolvere il freno della sua lingua.
«Sì»
Rei
internamente gridò vittorioso osservando distrattamente le file degli invitati
dove un riluttante Boris stava dando dei soldi a un gongolante Ivan. Pure ad un
matrimonio scommettevano?
«Hilary, vuoi
accogliere Kei come tuo sposo, promettendo di essergli fedele sempre, nella
gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarlo e onorarlo tutti
i giorni della tua vita?»
«Sì, lo voglio»
voce tremante e occhi lucidi.
Il pianto
disperato di Emily accompagnò le parole della ragazza facendola sorridere, nel
silenzio prima dell’inizio della musica si era sentita distintamente la sua
esclamazione «È ancora così giovane!»
Il cerimoniante
la scrutò perplesso, nemmeno la mamma della sposa si era commossa a tal punto.
«Per il potere conferit-»
«Qui non esiste
la norma “Se qualcuno è a conoscenza di un impedimento per questo
matrimonio, parli ora o taccia per sempre”? Insomma, quella roba lì per le
opposizioni»
Kei fulminò
Daichi con gli occhi, cosa frullava in quella testa bacata per interrompere
così il suo matrimonio?
Max aveva
tappato tempestivamente la bocca del ragazzo più giovane mentre Takao agitava le
braccia nel panico facendo intendere di non centrare nulla.
«Io lo affogo
nella piscina» fu il sibilo di Hilary mentre cercava di mantenere la calma.
«Imbecille»
mormorò Mao schiaffandosi una mano sulla fronte, stava andando tutto liscio
perché dovevano esserci sempre i piantagrane ad ogni matrimonio?
«Imb-cosa mamma?»
Sbarrò gli
occhi accucciandosi all’altezza della bambina.
«Tesoro no, non
ripetere. Quella è una brutta parola»
L’officiante
invitò il ragazzo a farsi avanti, egli sgusciato via dalla presa di Max si
avvicinò al centro del tappetto sotto le occhiatacce saettanti della sposa.
«Ora
l’ammazzano» commentò mesto Raul all’orecchio della sorella sporgendosi di lato
per migliorare la sua visione.
«Se non lo
fanno loro, lo farò io»
«Dunque, perché
crede questi due ragazzi non debbano unirsi in matrimonio?»
Daichi gonfiò
il petto, aspetto baldanzoso nonostante le velate minacce provenienti dai
genitori di Hilary alla sua sinistra. Occhi chiusi con fare onnisciente.
«Perché un uomo
non può mica sposare un’ochetta»
Hilary rossa
come un peperone sentì il fumo uscirle dalle orecchie, Daichi le stava facendo
fare la figura dell’allocca davanti a una miriade di persone. Stava per
saltargli letteralmente al collo ma la scarpa tacco tredici fu più lesta di
lei.
Colpito alla
nuca Daichi ricadde a terra svenuto.
Mariam
impassibile si avvicinò recuperando la calzatura, trascinando via il ragazzo
inerme per la collottola «Scusate l’interruzione, proseguite pure»
Il cerimoniere
tossicchiò ricomponendosi, nei suoi anni di carriera quello era il matrimonio
più strampalato a cui avesse preso parte.
«Per il potere
conferitomi vi dichiaro marito e moglie! Ora, lo sposo può baciare la sposa»
Lo scroscio di
applausi partì accompagnando la musica nuziale, vincendo il suo imbarazzo Kei
baciò Hilary più a lungo di quanto avesse inizialmente programmato di fare
beccandosi le ovazioni e le battutine ironiche di diversi blader.
Sergej in
modalità iperprotettiva cercò di coprire gli occhi dei suoi bambini sotto lo
sguardo divertito di Nataliya, vedevano loro due baciarsi tutti i giorni non ce
n’era necessità.
«Papà sposta la
mano! Voglio vedere il bacio tra lo zio Kei e la zia Hilary!»
Anja riuscì a
scrollarsi di dosso il padre salendo in piedi sulla panca per ammirare la scena
al meglio, seguita nell’esempio dal fratellino.
«Dovreste avere
altri interessi a quell’età»
La piccola nel
suo abitino azzurro pastello mise il broncio esclamando risentita «Non è di
certo il primo che vediamo!»
Sergej non
riuscì a indagare oltre, il suo ex capitano aveva iniziato a tossire
convulsivamente, piegato in due sulla panca.
«Yuri vuoi un
bicchiere d’acqua?»
Boris lo guardò
preoccupato battendogli la mano sulla schiena, aveva notato un colorito cereo
dall’inizio della cerimonia ma non pensava fosse davvero malato.
«No tranquillo,
tutto bene»
Yuri cessò la
sua squallida finta sollevato di essere riuscito a interrompere il discorso,
meno contento di avere gli sguardi di metà invitati puntati addosso, compreso
quello di Julia.
Qualche minuto
dopo per sua somma gioia la cerimonia finì attirando l’interesse altrove ma la
paura l’assalì nuovamente nel vedere Sergej abbassato a parlare con Anja.
Aveva fatto
promettere ai due nipotini di mantenere il segreto ma erano pur sempre bambini,
poteva scappare involontariamente qualcosa se ritornavano sull’argomento
precedente.
«Scusami, li
prendo in prestito»
Mathilda restò
di stucco ad osservare le sue mani vuote, i conetti di carta ricolmi di riso le
erano stati praticamente rubati sotto il naso.
Julia
sistematosi il gancetto delle scarpe era tornata da lei chiedendole che fine
avessero fatto.
La ragazza si
limitò ad indicare mesta verso la panca dei russi.
Yuri con la
refurtiva ottenuta si era fiondato accanto alla bambina, scusandosi velocemente
con Sergej per l’interruzione.
«Anja non avevi
detto di voler lanciare il riso agli zii?»
La piccola
trillò allegra saltellando in approvazione, Yuri le sorrise di rimando
prendendola in braccio ed esclamando con una felicità che non gli apparteneva
«Andiamo allora!»
Boris inarcò un
sopracciglio perplesso, una mano sulla fronte dell’amico per assicurarsi non
stesse delirando per la febbre.
«Yu, sei sicuro
di star bene?»
«Benissimo!»
Sergej
l’osservò fuggire via, disperso all’interno della calca formatasi attorno ai
novelli sposi.
«Dovevamo farlo
visitare dopo la botta in aeroporto»
Hilary sorrise
al settimo cielo davanti all’obbiettivo stranamente accompagnata da suo marito,
mentre Mao di tanto in tanto continuava a toglierle riso dall’acconciatura.
L’ala di
giardino retrostante alla villa era stata adibita per la festa ma la
disposizione del ricevimento richiedeva lo smantellamento dell’area cerimonia
per poter includere tutti. Così gli invitati si erano spostati nel lato già
ultimato e come da tradizione, secondo le usanze giapponesi, lasciavano uno per
volta la busta con il proprio dono nel piccolo banchetto appositamente
allestito.
Hilary si
costrinse a sorridere e ringraziare anche lo scombussolato Daichi, i suoi
genitori seduti accanto alla cesta l’avevano pregata con gli occhi.
Alcuni dei
ragazzi iniziarono ad accomodarsi ai rispettivi posti dei tavoli circolari
caratterizzati per la maggior dall’accorpamento di due squadre di blader, fatta
eccezione per i russi già numerosi di per sé e la squadra di Takao.
Anja proseguiva
a trascinare in tondo il povero Yuri, facendosi aiutare a raccogliere il riso
da terra per tornare a lanciarlo allegramente sugli sposi mentre il restante
gruppo dei russi era intento a confabulare in un angolo all’ombra di un albero.
Sergej con in
braccio Dimitrij
scosse la testa rassegnato alla vista di Boris intento a riciclare i cartoncini
del riso per ricavarne una busta. La notte precedente aveva praticamente perso
del tempo inutile a spiegar loro le usanze giapponesi nei regali di nozze.
Per
tre volte aveva ripetuto che le banconote dovevano essere nuove, appena prese
dalla banca, consegnate in numero dispari così come doveva essere dispari la
cifra.
Boris
invece non solo usava della carta straccia per imbustarli, aveva inserito all’
interno dei rubli con la scusante “Prima o poi verranno in Russia, gli
serviranno” scrivendone il corrispettivo in yen sulla busta.
Nataliya
esaminò preoccupata il volto della signora Tachibana fissata con quelle
tradizioni al bel ventimila yen scritto sulla carta, la donna
ammutolitasi era divenuta bianca come un cadavere.
Kei aveva
scoccato un’occhiata omicida al russo mentre Hilary insieme a suo padre
cercavano di far riprendere la madre dal suo stato catatonico agitandole le
mani sul viso.
Ivan lasciò il
proprio dono dileguandosi in un lampo prima di essere visto.
«Questo
matrimonio comincia a piacermi!»
Gianni squittì
allegro alla vista delle diverse posate e stoviglie varie sul tavolo, degne di
una festa d’alta classe. Inoltre, chiacchierando con i futuri suoceri di
Hiwatari aveva scoperto la loro passione per l’Italia e il resto della
cerimonia basato proprio sullo stile occidentale del suo paese.
«Mon Dieu, moriremo
prima di vederne la fine»
Olivier
scrutava sempre più avvilito il cospicuo menù, sostenuto nella sua disperazione
da Ralph.
Andrew non li
stava minimamente ascoltando, troppo preso nell’indagare ogni minimo movimento
al tavolo dei russi situato a un metro di distanza.
«Andrew la tua
sta diventando un’ossessione, è sposata fattene una ragione» il tedesco annui
al cameriere facendosi versare il primo di una lunga serie di bicchieri di
vino, avrebbe dovuto avere tanta pazienza per non spingere la testa dell’amico
nel piatto.
«Sto cercando
di capire come mai le donne bellissime finiscano con tipi…così» una nota
acida calcata sull’ultima parola.
Mathilda si
lisciò le pieghe del pantalone lanciandogli un’occhiataccia di rimprovero.
«È scortese
quello che hai appena detto, Nataliya è una donna dolcissima e anche mentre
eravate ad Amsterdam aveva solo bellissime parole per parlare di Sergej, penso
conti questo nella loro relazione non il tuo giudizio»
Andrew si fece
piccolo sulla sedia, aveva dimenticato di dividere il tavolo con l’ex squadra
Barthez e di non essere solo uomini. Gli antichi dissapori iniziali fra loro
erano svaniti da anni, ma proprio la partecipazione comunitaria ad un
campionato gli diede la certezza di aver fatto arrabbiare la ragazza, cosa
estremamente rara.
Cercò di
annientare la tensione cambiando discorso.
«Aaron! Prima
mi stavi dicendo di aver cambiato sport, in cosa ti diletti?»
«Pugilato»
Andrew rise
falsamente sentendo morire lentamente la sua autostima, di primo acchito non
aveva notato i muscoli preminenti acquisiti dal ragazzo.
Brooklyn
sorrise al bambino russo, Dimitrij titubante si era avvicinato
attirato dal particolare uccellino dalle piume rossastre che beccava semini sul
suo palmo.
Lo
invitò ad allungare la manina per accarezzarlo.
Julia
adagiate le posate era scoppiata a ridere ascoltando i discorsi di Garland, una
mano sulla bocca per inghiottire il boccone prima di rivolgersi a lui.
«Brooklyn dimmi
che sta scherzando e non volevi davvero lanciare i semi per uccelli al posto
del riso!»
Il
ragazzo si morse le labbra alzando le spalle colpevole.
«Te l’avevo
detto, fortunatamente Ming Ming gliel’ha sequestrati»
«Ci mancava
solo l’invasione di pennuti dopo l’uscita infelice di Daichi» sbottò la ragazza
tagliando con foga la fetta di prosciutto nel piatto «Lavorare nello zoo ormai
ti ha dato alla testa»
«Non
prendertela con me se sei arrabbiata con il tuo fidanzato»
Raul strabuzzò
gli occhi lasciandosi scappare la forchetta.
«Tu e
Daichi…state insieme?»
«Sì da qualche
mese, ci siamo rivisti ad un incontro di beneficenza dove ho dovuto affiancarlo
nella presentazione e da lì abbiamo iniziato a frequentarci»
Julia si portò
il bicchiere alle labbra pensierosa, persino la piccola bertuccia era cresciuta
trovando qualcuno con cui condividere il suo cuore.
Perché per lei
era così difficile?
«Sopprimetemi»
Boris strizzò
gli occhi verso l’intelaiatura del gazebo sentendosi un raviolo cotto al
vapore, quella copertura di stoffa e acciaio non li stava proteggendo ma
uccidendo lentamente.
Nataliya era
scappata in bagno per rinfrescarsi da ormai dieci minuti, probabilmente
rifugiata sotto il condizionatore all’interno della villa.
Ivan si era già
tolto la giacca e rimboccato le maniche della camicia senza trovar pace,
collassato con la faccia sul tavolo circolare, punzecchiato ogni tanto da Anja
a cui Sergej cercava di far mangiare qualcosa con scarsissimi risultati dato il
piatto ancora pieno.
Yuri la testa
reclinata leggermente sullo schienale oltre a lasciarsi morire per l’alta
temperatura era concentrato a studiare i commensali a due tavoli di distanza.
Una fitta alla bocca dello stomaco all’ennesima risata della madrilena.
I pensieri di
Yuri tutt’altro che idilliaci.
Ok il
divertimento, la compagnia, la vena umoristica di Garland… ma perché diavolo
Julia doveva stargli così appiccicata? Gli aveva persino appoggiato la testa
sul braccio ad un certo punto!
Con disappunto
notò di provare la stessa rabbia corrosiva che l’aveva portato quasi a
disintegrare Apollon e il suo possessore durante la sua vendetta un decennio
prima. Aveva messo una pietra sopra il coma forzato in cui era stato spedito
dopo aver ottenuto la sua rivincita, ma sentiva di star ricascando in quel
baratro oscuro dove non riusciva a controllare le proprie emozioni troppo a
lungo sigillate.
Boris in quella
occasione aveva dovuto urlare ad incontro in corso di darsi una calmata
avvicinandosi il più possibile a lui per farlo ragionare, sottolineando alla
fine come si fosse lasciato divorare dall’odio. Ed era vero, lui durante lo
scontro non era riuscito ad immaginare altro che i corpi esamini dei due
compagni e il macchinario ospedaliero a cui era stato attaccato per oltre un
mese. Era ricascato nel pericoloso stile di gioco della Borg.
Wolborg stesso
aveva assunto un bagliore di rimprovero nei suoi confronti.
La maschera di
terrore del volto di Julia sugli spalti all’improvvisa distruzione di parte
dell’arena di gioco era però stato il colpo di grazia alla sua furia.
Si era
improvvisamente placato pensando a come dovesse essere sembrato un mostro ai
suoi occhi, al disgusto che avrebbe visto a fine incontro.
Quando la
bufera di neve da lui generata si era placata, nella lenta discesa dei fiocchi
di neve a stento aveva avuto il coraggio di guardare nuovamente verso di lei.
Julia nonostante tutto, scossa ancora dai tremiti, del freddo? Della paura?
Aveva sorriso incoraggiante intuendo probabilmente che la tempesta fosse
passata. Presentandosi ugualmente con sua somma sorpresa nel loro angolo
segreto la notte stessa.
Senza
pregiudizi, senza collera né repulsione, solo con quella singola ingenua
domanda: “Cosa ti è successo per diventare così?”
Inspiegabilmente
l’aveva accontenta, provato dalle emozioni della sfida forse parlare era
davvero quello di cui aveva realmente bisogno, ciò nonostante, si era sentito
in colpa per aver profanato quella innocenza con il racconto della sua vita che
non aveva nulla da invidiare a un film horror, benché alcuni particolari più
pesanti li avesse volutamente omessi.
Julia aveva
intrecciato la mano con la sua per tutto il tempo.
«Yu, mi stai
ascoltando?»
No Sergej,
perché Garland le ha appena passato un braccio attorno alle spalle?
«No, sto
pensando alla felicità dei pinguini in Groenlandia. Cosa mi hai chiesto?»
«Ma chi è la
più bella principessina di tutta la Russia?»
Un brivido
corse lungo la spina dorsale di Yuri nell’udire la vocina zuccherosa di Boris,
restava ancora interdetto dinanzi a quelle improvvise smancerie.
Anja rise
allegra per il solletico al pancino scuotendo le manine in difesa.
Sergej sospirò
sconfortato con la forchetta a mezz’aria, Boris si era fatto ingannare dal
faccino supplicante di sua figlia che ormai distratta dallo zio non avrebbe più
mangiato nulla. Preferì tornare all’argomento precedente prima di sgozzare
l’amico.
«Hai visto
Dimitrij? Kei e Hilary stanno iniziando a far le foto ma non so dove si è
cacciato»
«Sta giocando
con un uccellino sotto il tavolo dove sono gli spagnoli»
Sergej lo
ringraziò alzandosi per recuperare il secondo figlio che terminato il suo
piatto non ci aveva messo molto a sparire.
Boris abbandonò
il suo gioco con Anja guardando di sfuggita nella medesima direzione, tornando
a fissare Yuri indagatore.
Qualcosa non
l’aveva convinto, ed era certo non fosse l’ex blader della Bega in sé la fonte
di quello sguardo predatore quanto piuttosto la compagnia conquistata.
«Stai guardando
Garland come se volessi ucciderlo» un bisbiglio appena udibile per non far
cadere un segreto di cui era soltanto lui a conoscenza da anni.
Sapevano bene
entrambi il motivo del suo improvviso odio.
Yuri però non
era disposto ad ammetterlo, lui non aveva alcun diritto di essere geloso.
«Takao abbassa
quelle mani!»
Il flash
immortalò Hilary schiaffeggiare il più volte campione del mondo nella foto
ricordo con il resto dei Bladebreakers.
Kei premette le
dita sul setto nasale e serrò gli occhi pur di restare calmo.
«Max mi ha
fatto inciampare!»
«Anche se fosse
vero, non è colpa mia se le hai toccato il sedere!»
Mao ricadde
sulla prima sedia nelle vicinanze fisicamente esausta, i tacchi le stavano
martoriando i piedi e oltre a star dietro agli sposi le toccava pure correre
dietro alla figlia iperattiva.
Avrebbe
ringraziato suo fratello e la splendida idea di farle assaggiare del vino
lasciandogliela in casa per una settimana.
«Giornata
estenuante?»
Invidiò la vena
pimpante di Micheal fresco come una rosa. Vero, erano le tre del pomeriggio, il
pranzo era ancora agli inizi ma lei aveva esaurito tutta la sua riserva di
energia.
Indicò
amareggiata senza parlare l’angolo adibito per gli scatti, lasciando a lui il
compito di giudicare.
Il professor
Kappa nel mezzo tra Hilary e Takao cercava di riappacificare gli animi, Kei
approfittando della confusione era fuggito via per evitare altre fotografie –
Rei lo stava cercando – Daichi era tornato a mangiare mentre Max cercava di consolare
la mamma della sposa scoppiata in lacrime per il matrimonio che stava subendo
interruzioni continue.
«Ammetto che è
un matrimonio un po’ caotico»
«Un po’?»
Mao scettica
trangugiò il contenuto del bicchiere situato al posto del fratello, vuoto al momento
come il resto del tavolo che era stato assegnato alla squadra americana e
cinese. Lo riempì nuovamente per brindare con Micheal e accontentare il
fotografo che nell’attesa aveva iniziato a girare fra i tavoli scattando a
destra e a manca.
«Non capisco se
sono io ad aver bevuto troppo o lì c’è del fumo che sale»
La ragazza
seguì la traiettoria verso il tavolo dei Bladebreakers con l’aggiunta del resto
della famiglia Kinomiya e il presidente Daitenji, dove al momento c’era solo
Daichi intento a ingozzarsi e ripulire anche i piatti dei suoi vicini. In quel
caldo torrido non vide nulla di anormale, la percezione dell’ambiente
circostante con le alte temperature spesso giocava brutti scherzi alla vista.
«Magari Daichi
sta evaporando come la sottoscritta»
«Oh, tuo marito
è riuscito a recuperare lo sposo!» Rick sopraggiunse alle spalle facendola
sobbalzare all’improvvisa pacca sulla spalla, il contenuto del bicchiere quasi
rovesciato sul vestito.
Lo fulminò con
lo sguardo asciugandosi il braccio stizzita.
Le fotografie
ripreso senza particolari intoppi, se non si consideravano gli imbucati.
Era stato
deciso di farle seguendo una divisione per squadre ma nessuno la stava
rispettando.
Max aveva
trascinato e dato un bacio a Mariam in quella con i Bladebreakers – facendo
morire di vergogna la ragazza non incline alle effusioni pubbliche -, Lin era piombata nel mezzo della foto dell’ex squadra Bega
dove era stato trascinato un ricalcitrante Hitoshi,
Nataliya senza sapere come si era trovata nella foto con gli European Dream e nello scatto successivo Andrew era
misteriosamente oscurato dalla massa di Sergej.
La foto con i
genitori della sposa e nonno Hito incavolato era
stata la più problematica: nella prima Hito aveva
iniziato a sbraitare ascoltando Ivan discutere con i compagni su un
risarcimento in denaro che sarebbe spettato loro in seguito all’ultima
deposizione contro Vorkov, la seconda volta dietro Kei era spuntata la testa di
Boris con un sorriso folle – Yuri l’aveva trascinato via scusandosi con la
donna che stava per avere il terzo infarto della giornata –, nella terza la
mamma di Hilary riversava tra le braccia del marito e tutti erano terrorizzati
per il grido di Mathilda.
«Al fuoco!»
Kei toltosi la
giacca si era precipitato verso il tavolo dei Bladebreakers per cercare di
spegnere le fiamme aiutato da Hitoshi prima
dell’arrivo della sicurezza con un estintore.
Daichi rimasto
interdetto sulla sedia spinta via dal tavolo, aveva ripreso a mangiare la sua
fettina di pane a incendio domato.
Charlotte, la
sorellina di Max, aveva abbracciato spaventata la prima persona accanto a lei,
ossia Ivan che lasciandole a disagio pacche sulla sua testa cercava di calmarla
chiedendo aiuto con gli occhi ai suoi compagni. Yuri gli aveva sorriso con una
faccia da schiaffi sparendo con la scusa di avere sete, Boris gli aveva fatto “ciao
ciao” con la mano nell’identica espressione del compare e Sergej era stato
troppo impegnato a discutere con Nataliya per prestargli attenzione.
Gli uomini
della sicurezza mostrarono al proprietario di casa la lente d’ingrandimento,
usata da nonno J per leggere meglio, lasciata sul menù dove il sole battente
aveva fatto il resto.
«E tu seduto lì
non hai sentito puzza di bruciato?!» domandò Kei a Daichi rimettendosi la
giacca del completo semibruciacchiata rassicurando nel mezzo il nonno dell’amico
che continuava a scusarsi. Il ragazzo scosse la testa masticando in apprensione
per gli occhi ametista che desideravano porre fine alla sua vita, ringraziando
mentalmente l’esistenza dei bambini sua ancora di salvezza.
«Zio Kei, noi
non ce la facciamo la foto?»
Dimitrij
la manina attorno al pantalone aveva fatto abbassare Kei alla sua altezza
sussurrandogli la domanda. Sospirando pesantemente il ragazzo l’aveva preso in
braccio facendo segno a Hilary di seguirlo.
Sua
moglie si era rilassata capendo le intenzioni, aveva dato la manina ad Anja che
trotterellando allegra aveva chiamato a raccolta tutta la parentela.
Per
evitare ulteriori disordini il fotografo aveva deciso di accelerare i tempi
immortalando più persone insieme. Boris posizionato dal lato di Kei dopo Sergej
e consorte non seppe se ridere o meno della situazione squadrando Raul accanto
a lui.
Yuri,
un braccio attorno alla sposa, l’altro attorno a Julia provò l’irrefrenabile
istinto di staccare a morsi la giugulare del fotografo che aveva collocato la
spagnola fra lui e Ivan “per questioni di bilanciamento”.
«Adesso mi
raccomando, sorridete!» il fotografo euforico tornò verso il treppiedi
incurante di alcuni dei commenti sarcastici degli ex blader alle sue spalle per
quella richiesta, russi e sorriso non era certo la miglior combinazione in una
frase.
Yuri li aveva
sentiti bene, così come le dita sottili della madrilena leggermente premute sul
fianco, il profumo alla pesca più penetrare alla frase sussurrata.
«Che io
ricordi, hai un bel sorriso»
Il problema lì
per Yuri non erano i ricordi ma capire che razza di relazione avessero loro
due.
L’aveva
baciata, una donna che per quanto ne sapesse poteva essere pure fidanzata – o
peggio, sposata – e non avevano ancora chiarito quanto successo.
Autoconvincersi fosse un bacio passeggero non aveva funzionato, non dopo averla
vista scherzare con Garland.
Anja in braccio
a Hilary si era voltata posandogli un bacino sulla guancia, sorridendo
incoraggiante al secondo incentivo del fotografo.
Quella bambina
alle volte sembrava leggere nel pensiero.
Yuri curvò le
labbra all’insù facendo esultare il fotografo, non poteva deludere la bambina.
Sì, certo,
aveva sorriso per Anja.
L’urlo poco
ortodosso di Julia che consigliava di immaginare Kei con un vestito da
fenicottero rosa non c’entrava nulla.
Kei ripercorse
mentalmente tutti i modi in cui si poteva uccidere una persona.
Lo aveva detto
ad Hilary di fare una festicciola intima senza invitare nessuno, il suo sesto
senso aveva avuto ragione ancora una volta.
Dopo la lenta
agonia delle fotografie, in cui lo avevano praticamente obbligato a sorridere –
cosa che non gli riusciva molto bene se gli veniva ordinata – pensava che il
peggio fosse passato. Oltre il triplice rischio infarto della suocera, la
figuraccia ottenuta con Daichi davanti ai suoi dipendenti e un incendio
scampato, cos’altro poteva succedere?
Il fischio del
microfono gli perforò i timpani, l’acuto di Lai era giunto troppo vicino
all’oggetto, quale grande gioia avere una delle casse proprio accanto al
tavolo.
I tre cinesi
urlarono ancor più a squarciagola frasi del tutto prive di senso in una lingua
che con molta probabilità era il dialetto della loro zona.
«Ancora
convinta sia stata una buona idea creare questa rimpatriata?» sibilò fra
i denti fissando dritto davanti a sé, il fotografo/avvoltoio li stava
inquadrando.
Nella testa
ipotetiche immagini di un futuro non molto lontano in cui brandendo una
bottiglia spaccata avrebbe attentato alla vita di quei pazzi.
«Non molto…però
non sono solo le persone che ho voluto invitare io a dare i problemi! Voglio
ricordati in particolar modo Boris» sorrise forzatamente anch’ella verso la
videocamera, cercando disperatamente i due testimoni per un aiuto.
Essi erano
spariti nel nulla.
«Sai che ti
vediamo comunque?»
Emily scostò la
tovaglia guardando sotto il tavolo dove si era nascosta Mao.
La donna gli
intimò di far silenzio richiudendo il suo nascondiglio, non sarebbe uscita di
lì per i prossimi cent’anni.
Mathilda si
accomodò accanto facendo un cenno verso il tavolo «È ancora lì sotto?»
Emily annuì
rigirando gli spaghetti nella forchetta, allungando il piatto verso la ragazza
che terrorizzata negò con vemenza «No no no, basta! A fatica ho finito il mio!»
Rick si pulì
con il tovagliolo assecondando l’occhiata supplicante di Emily, non gli piaceva
il cibo andato sprecato ma sfruttato a quella maniera si sentiva tanto la
pattumiera del tavolo. Capiva perché tutti gli altri sembravano aver le pulci
addosso e si dileguavano appena terminavano la loro porzione.
«La figuraccia
la stanno facendo loro, smettila di fare la codarda»
Mao gli tirò
una gomitata sul ginocchio restando al coperto, era comunque la sorella di Lai
e amica di Gao e Kiki, lo sapevano tutti. Quei tre stonati come campane si
erano messi a cantare a squarciagola canzoni d’amore per gli sposi, la bella
intenzione c’era ma non l’applicazione.
Rei coprendosi
parzialmente il volto si avvicinò al tavolo, i tre gli indicarono
contemporaneamente in basso dove ben presto si infilò per far compagnia alla
moglie.
«Quanto durerà
ancora questa tortura?»
Emily scosse la
testa non sapendo rispondere alla domanda di Ozuma
fermatosi accanto a loro depresso più che mai. Mathilda ruotò il polso
mostrandogli l’orologio segnare le sei del pomeriggio.
«Considerando
quanto siano brilli e che stanno cantando da mezz’ora direi molto poco, ho
visto Boris allontanarsi in compagnia di Max con dei palloncini in mano»
proferì sistemandosi i bottoncini della camicetta color pesca sui pantaloni
neri a sigaretta.
«Māmā hé bàba?»
Lin arrampicatasi
su una delle sedie li osservava con i lacrimoni agli occhi, alla voce della
figlia Mao era riapparsa brevemente trascinando anche lei nel suo rifugio
facendo prendere un colpo ad Ozuma che aveva visto
due braccia sbucar fuori dal nulla.
Rick raccolse
piatto e posate decidendo di finire quel pasto al tavolo degli Scudi Sacri, non
poteva stare seduto tutto storto a causa dell’allegra famigliola.
Anja saltò
allegramente nella pozzanghera mano nella mano con Dimitrij.
Il
prato era pieno di chiazze d’acqua a causa dei palloncini che Boris e Max
avevano fatto scoppiare sui cantanti improvvisati scatenando risa generali,
almeno finché Boris inavvertitamente non aveva colpito la mamma della sposa.
Sembrava
avercela con lei quel giorno.
Una base di
musica leggera riempì l’aria dopo il supplizio canoro precedente, segnalando
l’ingresso degli sposi e il loro cambio d’abito.
«Quindi, secondo
le usanze questo è il vestito tradizionale e poi ne sta anche un altro?»
Ivan scrutò
incredulo e divertito al contempo il nuovo vestiario, fotocamera del cellulare
alla mano per immortalare Kei nel suo kimono. Quanto si sarebbe divertito a
mandargli quelle foto nei prossimi mesi.
«Esatto, per
accontentare tutti alla fine hanno creato un mix di tradizioni. Kei è comunque
russo e non praticante della loro religione, non avrebbe avuto senso sposarsi
secondo rito shintoista. Quindi, hanno optato per la cerimonia in stile
occidentale che qui si svolge in questo modo»
Nataliya
continuò a tenere sotto controllo a distanza i suoi bambini, provando
contemporaneamente a scippare il cellulare dalle mani del ragazzo, Quei
poverini già stavano vivendo un matrimonio da incubo non serviva
ricordarglielo.
Ivan saltò
verso il lato opposto del tavolo.
Boris fece
soltanto finta di acchiapparlo dicendo con rammarico di non esserci riuscito,
chiedendo poi con fare svagato «Conosci parecchie cose…quando non tentate di
creare una squadra da calcio studi la cultura di altri popoli?»
Sergej gli
mollò una pedata secca sotto al tavolo, indicandolo e mimando un taglio sul
collo.
Nataliya con il
sorriso più falso che le avesse mai visto si rigirò il coltello fra le mani, la
lingua passata tra le labbra «Sai, ho passato quarantotto ore a chiacchierare
con Hilary e a fare la conoscenza delle altre ragazze. Qualcuno si è
dimenticato di me in aeroporto»
Yuri seguì il
battibecco non curandosene particolarmente.
Julia era
sparita dalla circolazione da una buona mezz’ora, il secondo servito in tavola
ancora intatto al suo posto. Non avevano ancora parlato, lui non riusciva a
prendere in mano l’iniziativa e lei era continuamente circondata da altre
persone.
L’unica
consolazione era sapere non fosse appartata con Garland da qualche parte… e lui
non doveva nemmeno farseli quei problemi!
«Yuri aiutami!»
Sollevò il
mento dal palmo alla richiesta dell’amico battendo gli occhi un paio di volte
per capire come il coltello fosse finito incastrato sulla sedia del ragazzo, a
pochi centimetri da quanto di più caro Boris avesse al mondo.
«Cosa le hai
detto?» chiese sconfortato senza muovere un dito.
Ming Ming alzò il pollice in direzione del suo dj spostandosi
nella vasta zona del prato lasciata libera davanti il tavolo degli sposi e dei
testimoni.
«Buonasera
signori e signori» leggero inchino di presentazione nel suo sfavillante
vestitino magenta «Che dite, lo facciamo un applauso a questi fantastici
sposi?»
Takao batté le
mani sporgendosi verso Max evitando accuratamente di poggiarsi al tavolo
instabile. Dopo l’incendio non era stato sostituito nulla, compresa la
spettrale tovaglia con un vistoso buco centrale.
«Ming
Ming e Hilary una volta si odiavano o lo ricordo solo
io?»
«La gente
cambia Takao, sono cinque anni che vanno d’amore e d’accordo, poi è stata
proprio Hilary a chiederle di cantare alla festa»
Il cielo tinto
d’arancio nelle sfumature del tramonto volto ormai all’imbrunire consentì
l’accensione dei fari colorati situati nel giardino, puntati verso la giovane
cantante in piedi accanto alla coppia. Hilary afferrò la mano del marito
bloccandolo seduto lì con lei, non sarebbe rimasta di nuovo sola al centro
dell’attenzione.
Nataliya
schiccò le dita, una mano sbattuta sulla spalla di Ivan.
«Giusto! A
questi matrimoni sono gli invitati a creare intrattenimento!»
«Ah sì? In
questo caso merito un nobel!» Boris ghignò subdolo
urlando «Hilary tornati in Russia ti spedisco un paio di manette per tenerlo
buono!»
La brunetta
arrossì coprendosi il volto, rimpiangendo amaramente i tempi in cui il russo
non le rivolgeva la parola, quel giorno le stava creando più problemi del
solito.
«Ignorando i
consigli delle retrovie e prima di lasciarvi alle mie canzoni scelte
appositamente per l’evento…» Ming Ming si spostò
leggermente verso una delle estremità della pista improvvisata «…Vi invito a
godervi il magnifico spettacolo di due circensi di nostra conoscenza! Julia,
Raul, la scena è tutta per voi!»
Yuri abbandonò
ogni precedente reticenza volgendo gli occhi verso l’imminente spettacolo.
Le luci soffuse
illuminarono il body smanicato bianco e rosso della madrilena con gonnellina a
portafoglio in chiffon, di lunghezza standard ad inizio coscia. Il tutto
coordinato con la camicia bianca e i pantaloni rossi del fratello.
Julia incrociò
gli occhi color ghiaccio sorridendo leggermente, l’aveva presa come una sfida
personale dimostrargli quanto fosse diventata brava in quegli anni. Decisa a
concentrarsi sullo spettacolo per evitare di pensare ad altro.
I piedi nudi
scattarono in automatico alle prime note della canzone “Don't
Stop The Music”, volteggiando sulle mezze punte si posizionò a circa cinque
metri da Raul iniziando il passaggio di cerchi colorati, avvicinandosi,
allontanandosi e incrociando le braccia con lui nei movimenti.
Una piroetta e
tutti vennero raccolti nella sua mano, passati immediatamente al fratello
diretto verso la cassa con gli attrezzi di scena,
Rivolse un
ampio sorriso e un inchino alla signora Kazuko per
ringraziarla del fragoroso applauso, almeno un po’ di gioia era riuscita a
donarla alla povera donna.
Breve segno di
Raul al tecnico e le luci vennero abbassate quasi spegnendosi dando inizio al
vero show. Gli hula hoop luminosi di varie tonalità
risplendettero nelle mani del ragazzo, ondeggiati avanti e indietro per
incitare il pubblico a battere le mani a ritmo di musica mentre Julia si
posizionava al centro. Cenno del capo d’intesa e il primo hula hoop venne afferrato al volo dalla ragazza che iniziò a
ruotarlo sulla vita, girando su sé stessa in un alternato tacco-punta.
Accompagnato
ben presto dal secondo intorno al braccio destro e il terzo sulla gamba
sinistra.
«È bravissima!»
Anja batté le
manine sempre più velocemente seduta sulle spalle di Sergej, ormai in completo
visibilio per quel tripudio di giochi e colori.
Yuri
silenziosamente le diede ragione, le movenze di Julia erano una danza ipnotica.
Gli hula hoop passavano da una parte all’altra del
corpo della ragazza senza fermarsi un attimo. Alternati solo sulle braccia,
scesi alle ginocchia, saliti di nuovo al collo ma la parte migliore
sopraggiungeva solo in quel momento. Raul aveva lanciato il suo beyblade sull’
hula hoop bloccato attorno al bacino della donna
facendolo restare in perfetto equilibrio, Julia passatogliene uno aveva fatto
la stessa cosa lanciando il suo beyblade. I bit power del fuoco e del fulmine
perfettamente controllati garantivano uno spettacolo ancor più eclatante, quei
due insieme erano una coppia formidabile.
Al termine
delle diverse canzoni susseguitesi Julia si sentì a corto di fiato, ma lo
scroscio di applausi valeva sempre la fatica.
Adorava essere
al centro dell’attenzione.
Abbracciata a
Raul si profuse nell’ennesimo inchino trovando appagamento in qualcosa di più
gratificante che aveva dimenticato. Istintivamente li aveva cercati tra la
folla alla riaccensione delle luci, quegli occhi azzurri splendenti in grado di
farle batter il cuore.
Un genuino
sorriso a trentadue denti si fece largo sul suo viso quando riuscì a
intercettarli.
Yuri la stava
applaudendo, le labbra del russo inarcate in quel sorriso accattivante che
tanto amava, atte a mimare silenziosamente quanto di più bello potesse desiderare.
Bravissima.
Note finali
Salve a tutti! ^o^
Sì, il capitolo è uscito più lungo del previsto e non mi soddisfa appieno.
Penso di averlo modificato una decina di volte e quasi per la disperazione ho
deciso di pubblicarlo ora, almeno evito ancora di metterci mano >.<
Come avrete notato il fatidico matrimonio è iniziato e a tal riguardo specifico
che tutte le informazioni sulle usanze e il modo di celebrarlo in Giappone
arrivano da ricerche effettuate in rete, quindi se c’è qualche studioso di tal
cultura o perché no, uno stesso lettore, mi scuso in anticipo per qualche
errore.
Dopo tali ricerche vi consiglio vivamente di non sposarvi mai in Giappone, un
matrimonio standard vi arriverebbe a costare 30 mila euro (giustamente, se
cambi minimo tre vestiti lo capisco) O.o
Tornando alla storia in sé, fra alti e bassi Hilary e Kei sperano di poter
concludere il matrimonio nel migliore dei modi, Julia e Yuri hanno dato il via
a qualcosa a cui non riescono perfettamente a definire e chissà se entro la fine
della festa riusciranno a concludere qualcosa. La restante combriccola di
invitati sembra se lo stia godendo al meglio e seppur brevi le loro apparizioni
non potevano mancare, mentre nel prossimo capitolo…eheheh
imploderà tutto xD
Anche se…sono indecisa se inserire o meno un capitolo dedicato a questi
fatidici dieci anni prima. Avevo già buttato giù qualcosina di più specifico ma
vabbè, sono miei pensieri vaganti che stanno allungando il brodo.
Ringrazio nuovamente tutti coloro giunti fin
qui, spero vivamente il capitolo non abbia deluso le aspettative di nessuno e
come sempre se volete lasciare un piccolo parere fatelo pure ❤
Ah, quasi dimenticavo!
La caduta di Yuri in quel modo se ve lo
steste chiedendo, sì, è possibilissima >.>
(tu ci stavi finendo da sola dentro con il
doppio dello spazio nel bagno…ndyuri)
Shhhhh, non dirlo >///<
Un grosso abbraccio a tutti, e al prossimo
capitolo!
Aky