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Autore: Star_Rover    22/08/2020    7 recensioni
Fronte Occidentale, 1917.
La guerra di logoramento ha consumato l’animo e lo spirito di molti ufficiali valorosi e coraggiosi.
Dopo anni di sacrifici e sofferenze anche il tenente Richard Green è ormai stanco e disilluso, ma nonostante tutto è ancora determinato a fare il suo dovere.
Inaspettatamente l’ufficiale ritrova speranza salvando la vita di un giovane soldato, con il quale instaura un profondo legame.
Al fronte però il conflitto prosegue inesorabilmente, trascinando chiunque nel suo vortice di morte e distruzione.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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XXVI. Truppe d’assalto
 

Somme (fronte britannico), 13 marzo 1918.
Finn, ormai abituato alla pesante routine di trincea, non fu particolarmente turbato dal ritorno in prima linea.
Erano cambiate tante cose da quando per la prima volta aveva raggiunto il fronte, il soldato trovava ormai familiare quell’ambiente ostile e fangoso.
Aveva atteso a lungo quel momento, ma il suo ricongiungimento con Richard non era stato privo di delusioni. Pur essendo il suo attendente Finn non vedeva spesso il tenente, e anche in quei rari momenti era difficile trovare la giusta occasione per liberarsi da ogni formalità.
Non era un ingenuo, sapeva di non potersi permettere alcuna illusione, ma nonostante ciò non aveva potuto reprimere i propri sentimenti. Il giovane era stato costretto a scendere a compromessi, e ben presto quella vicinanza era divenuta tanto confortante quanto dolorosa.
Richard era tornato a calarsi del tutto nel suo ruolo di ufficiale, sentiva sempre di più il peso delle sue responsabilità ed era determinato a svolgere al meglio il suo dovere. Anche quando si rivolgeva al suo fidato assistente si esprimeva con tono freddo e autoritario. Finn non poteva accusare il tenente per questo, comprendeva bene le sue ragioni, ma ancora non riusciva ad accettare del tutto quelle condizioni.
Il giovane sospirò, anche quella sera era solo nel rifugio. Nonostante la stanchezza non riuscì a chiudere occhio, quei tristi pensieri continuarono a tormentarlo.
 
Il cielo si era rasserenato, le stelle splendevano nell’oscurità. Nella terra di nessuno brillavano i riflessi del chiaro di luna. Tutto appariva tranquillo, la vallata era avvolta dal silenzio.
Le sentinelle si strinsero nei cappotti per ripararsi dal vento gelido. Ad un tratto avvertirono il rumore di alcuni passi, appena scorsero la figura del loro superiore si posizionarono sull’attenti e si portarono la mano all’elmetto.
Il tenente Green non si intrattenne come al suo solito, la sua consueta ronda di mezzanotte era stata interrotta da un richiamo improvviso. L’ufficiale passò davanti ai due soldati senza rivolgere loro la parola e rapidamente proseguì attraverso il labirinto di gallerie e camminamenti. Alla fine raggiunse il rifugio del capitano Howard, una riunione urgente nel mezzo della notte non preannunciava nulla di rassicurante. Il tenente era stato convocato in presenza di altri ufficiali, dunque si trattava di qualcosa di veramente importante.
Howard era immobile nella penombra con un’espressione seria sul viso.
«Sono giunte notizie dal quartier generale. I tedeschi stanno organizzando un attacco, sappiamo che la linea Hindenburg si è rafforzata, il nemico può contare su un vasto numero di uomini e armamenti»
«Anche noi abbiamo solide difese e soldati ben addestrati, i crucchi non ci troveranno impreparati» replicò il sottotenente Waddington.
Howard rimase impassibile: «abbiamo già avuto prova delle tattiche di sfondamento utilizzate dai tedeschi durante le scorse battaglie. Non abbiamo informazioni certe, non sappiamo quando, ma sicuramente il nemico attaccherà…e quando ciò accadrà dovremo ricorrere a tutte le nostre risorse per resistere e respingere l’assalto»
 
Il tenente Green camminò avanti e indietro lungo la trincea con una sigaretta tra le labbra e un’espressione assorta sul viso. Rifletté a lungo su ciò che aveva appena appreso. Era ben consapevole di quel che sarebbe successo, non aveva intenzione di sottovalutare il pericolo. Il nemico voleva la sua rivincita, era determinato a riconquistare il terreno perduto con ogni mezzo a sua disposizione. Al contrario di quel che sosteneva la propaganda l’Esercito tedesco non era affatto decimato e indebolito.
Sarebbe stato uno scontro feroce e spietato, una battaglia decisiva dove assalitori e difensori avrebbero combattuto senza alcuna pietà. Altro sangue sarebbe stato versato sulle rive della Somme.
 
Quando rientrò nel suo rifugio Richard fu lieto di trovare il suo attendente ancora sveglio. Finn era rimasto ad attenderlo, premuroso e fedele come sempre.
Il tenente si avvicinò e senza alcuna esitazione accolse il giovane con un abbraccio.
Egli si sorprese per quel gesto, dal suo ritorno al fronte Richard non aveva mai manifestato il suo affetto.
Il ragazzo si rassicurò, aveva sofferto a lungo per la mancanza del suo superiore, sentiva la necessità di quel contatto fisico.
Richard sfiorò il suo viso con una leggera carezza e lo guardò intensamente negli occhi. In quel momento Finn ebbe la conferma che nulla era cambiato tra loro.
Il tenente strinse il giovane a sé, aveva bisogno di sostegno e conforto, e nient’altro avrebbe potuto infondergli speranza come il calore e l’affetto della persona amata.
Finn poggiò la testa sul suo petto, lasciandosi calmare dal battito del suo cuore e dal ritmo del suo respiro. Si abbandonò tra le braccia del suo compagno, il suo animo era sempre turbato da paure e preoccupazioni, ma nonostante tutto Richard restava il suo appiglio sicuro.
 
***

Saint-Quentin, 21 marzo 1918.
Quella notte il tenente August Spengler, comandante di compagnia della Seconda Divisione Bavarese, raggiunse il fronte insieme ai suoi uomini. La lunga marcia era stata accompagnata da un’infinita processione di soldati, carri e vagoni colmi di pezzi d’artiglieria e munizioni. Le truppe tedesche avevano potuto progredire solo nell’oscurità, mentre di giorno erano state costrette a nascondersi dall’acuta vista degli aviatori britannici.
Una volta raggiunta la sua postazione il tenente Spengler osservò con orgoglio l’enorme disposizione di uomini e armamenti, in quel momento pensò che dopo quei lunghi anni di sofferenze e sacrifici l’Esercito tedesco avrebbe potuto conquistare una grande vittoria.
 
L’attacco iniziò all’alba con l’artiglieria pesante, la vallata avvolta dalla nebbia fu bersagliata da una pioggia di proiettili, i crateri furono invasi da intense nubi di gas. Il tuono dei mortai divenne sempre più intenso e minaccioso.
Il bombardamento proseguì sempre più violentemente, la tempesta si placava solo per brevi intervalli, tempo necessario per permettere l’avanzata delle truppe d’assalto.
Per ore un uragano di proiettili travolse l’intera area di combattimento. L’artiglieria tedesca continuò a crepitare senza sosta, le raffiche erano sempre più rapide ed intense, gli artiglieri tedeschi si trovarono a maneggiare armi roventi e incandescenti.
I proiettili che colpirono il fronte britannico rilasciarono nubi tossiche che avvolsero le trincee. La composizione chimica dei gas nervini era piuttosto varia, i tedeschi avevano a disposizione ogni genere di veleno tossico e non risparmiarono nemmeno un proiettile. Vennero scagliate bombe contenenti cloro, arsenico, fosgene e infine anche quelle con il noto e temuto gas mostarda. 
Il tenente Spengler osservò il campo di battaglia, lentamente l’oscurità iniziava a dissolversi. L’ufficiale rassicurò i suoi uomini, i quali attendevano ansiosamente il momento dell’azione. Erano tutti frementi e impazienti con il fucile stretto tra le mani e le maschere anti-gas appese al collo. Nel fervore della battaglia l’esaltazione riusciva sempre a sopraffare la paura.
Avevano atteso a lungo quell’opportunità, finalmente l’Esercito tedesco aveva l’occasione di dimostrare a pieno la propria potenza.  
Il tenente avvertì il cuore battere nel petto e il sangue pulsare nelle vene, assistere a quella dimostrazione di forza militare, tra quell’enorme massa di uomini pronti a dimostrare il proprio valore, fu veramente commovente. Nel suo animo sentì un profondo orgoglio, non si trattava solo di patriottismo, quella era la vera ragione per cui stava combattendo quella guerra. Tutte le battaglie a cui aveva preso parte in quei lunghi quattro anni lo avevano condotto lì in quel preciso momento, le sconfitte non avevano più alcuna importanza, quel giorno erano pronti per la grande vittoria.
Il bombardamento aumentò d’intensità, tanto che le mura del villaggio iniziarono a tremare. Sembrava che fosse giunta la fine del mondo, Spengler sorrise a quel pensiero, in un certo senso ciò era vero.
 
***

Il tenente Green fu scaraventato dalla sua branda da un’intensa esplosione. Inizialmente pensò che un proiettile avesse colpito il rifugio, ma le pareti continuarono a tremare, le assi del soffitto traballarono pericolosamente mentre dall’alto caddero cumuli di terra.
Richard non ebbe più dubbi a riguardo, il fatidico giorno dell’attacco era arrivato.
Quando uscì in superficie l’ufficiale si trovò davanti ad uno scenario terrificante. I soldati, atterriti e spaventati, assistettero inermi a quella catastrofe. Una tempesta di proiettili sorvolò le loro teste per abbattersi sul villaggio alle loro spalle. Le rovine furono avvolte da una fiammata accecante.
Rapidamente Richard corse alla postazione telefonica per provare a contattare i settori vicini, il bombardamento era appena iniziato, ma già era saltato ogni collegamento.
Era impossibile provare a capire che cosa stesse accadendo, nell’intera linea britannica regnavano caos e terrore.
Il tenente Green decise di affidare a due staffette il compito che i mezzi telefonici non erano più in grado di svolgere. I due soldati uscirono allo scoperto nel mezzo del bombardamento, Richard li vide scomparire tra il fumo e la nebbia.
Entrambi tornarono dopo un’ora, tremanti e sconvolti, ma ancora tutti interi. Quando il tenente li interrogò furono in grado di fornire una sola risposta. 
«Le bombe stanno cadendo ovunque!»
 
Le alte mura di fango che si ergevano a lato della trincea iniziarono a crollare, i soldati furono travolti e sommersi da cumuli di terra. Le sentinelle si ritrovarono a sguazzare nella melma fino alle ginocchia.
Finn si rannicchiò a terra, era certo che presto anche la parete che lo stava proteggendo dalle schegge sarebbe franata ed egli sarebbe stato sepolto vivo. Il ragazzo inorridì, solo a quel pensiero si sentì soffocare.
Miracolosamente la trincea continuò a resistere anche ai colpi più violenti.
Finn avvertì un’intensa sensazione di calore, la testa pulsava dal dolore, a fatica lottava contro l’istinto di vomitare. Pur indossando la maschera gli effetti del gas stavano iniziando a manifestarsi.
Il giovane strinse l’arma, aveva fissato la baionetta e seguendo gli ordini del sottotenente Waddington era rimasto in allerta. Nonostante ciò il momento dell’azione non arrivò. I soldati restarono accovacciati contro la parete, isolati dietro alle loro maschere antigas, in solitudine, tentando di non lasciarsi sopraffare dalle proprie paure e dai pensieri sempre più opprimenti.
Abbandonato a se stesso Finn percepì di star perdendo il controllo. Era intrappolato in quella pozza di melma stagnante, mentre la buca continuava a riempirsi di una nebbia densa e mortale. Tutto ciò che poteva fare era rannicchiarsi nel fango e aspettare, stordito dal fragore e dalle scosse delle esplosioni. 
Con il passare del tempo, mentre il bombardamento diventava sempre più intenso, la paura lasciò spazio ad una flebile speranza. Lentamente Finn tornò in sé. Resistere era sempre più difficile, non sapeva per quanto tempo avrebbe potuto mantenere i nervi saldi. Avrebbe preferito dar sfogo alla sua frustrazione affrontando direttamente il nemico. In quel momento il ragazzo giunse ad una considerazione che in quelle condizioni poteva anche sembrare rassicurante: sotto a quel bombardamento erano al sicuro dall’attacco della fanteria.
 
***

L’artiglieria tedesca dimostrò di essere totalmente efficiente. Durante l’azione gli obiettivi furono colpiti con estrema precisione, vennero distrutti i rifugi e le vie di comunicazione, ma si evitò con attenzione di danneggiare strade, ponti e ferrovie, tutte infrastrutture che sarebbero state utili per permettere l’avanzata delle truppe.
 
Il tenente Spengler era appostato con la sua squadra in una trincea non troppo distante dalla linea avversaria. Tutto stava proseguendo secondo i piani, le truppe d’assalto erano pronte per entrare in azione.
Il grande momento era finalmente arrivato. Un razzo illuminò la prima linea britannica, le trincee squarciate erano avvolte dal gas e dalla nebbia.
Finalmente il bombardamento si quietò, Spengler diede il segnale, i suoi uomini avanzarono nella terra di nessuno.
C’era qualcosa di profondo e primordiale nello sguardo di quei soldati, il loro spirito era sopraffatto dall’ebrezza della battaglia. Desiderio di rivalsa, senso del dovere, rabbia, esaltazione, sete di sangue…erano queste le ragioni che spronavano quegli uomini a saltar fuori dalle loro buche e ad avanzare a passo sicuro verso le linee nemiche, esponendosi senza timore davanti al pericolo.
Spengler conosceva bene quelle sensazioni, le aveva provate altre volte, in fondo era questo che un soldato si aspettava dalla guerra.
Un po’ si vergognava per questo, ma non poteva negare la realtà: non si era mai sentito così vivo come in quel devastante scenario di morte e distruzione. L’ufficiale estrasse la pistola e proseguì attraverso il campo di battaglia, impassibile di fronte a quell’orrore, animato intensamente dal desiderio di affrontare il nemico.
 
Lo scontro infervorava tra il fumo, il fuoco, la polvere e il sangue. I tedeschi avanzavano con ardore verso la linea nemica, sfidando pallottole e granate.
Il tenente Spengler si ritrovò coinvolto nel vivo del combattimento. L’ufficiale lanciò una bomba a mano, dopo l’esplosione si gettò nella buca. Cadde sopra a un cadavere, altri due soldati erano sopravvissuti. Senza esitazione Spengler sparò al secondo uomo, il quale aveva il fucile puntato ma non fu abbastanza rapido a premere il grilletto. 
L’ultimo inglese rimasto in quella fossa giaceva agonizzante al suolo con una scheggia conficcata nel fianco. Con le ultime forze alzò la testa per guardare il tedesco in volto e con un flebile lamento implorò pietà.
Spengler strinse la pistola, riuscì a comprendere solo poche parole, ma queste non lo lasciarono indifferente. Il suo dovere era combattere, non giustiziare nemici inermi e disarmati. Dopo qualche istante di esitazione l’ufficiale tedesco scostò l’arma. Si allontanò risparmiando l’avversario ferito, afferrò un’altra granata e si preparò a conquistare la postazione seguente.  
 
Vide un gruppo di commilitoni avventurarsi in un rifugio, ma erano troppo distanti, così Spengler decise di proseguire in solitaria. Si calò in una trincea sventrata, intorno a lui notò solamente cadaveri, alcuni dei quali erano di soldati tedeschi. I suoi compagni l’avevano preceduto, lo scontro doveva esser terminato da poco.
I vapori asfissianti dei gas iniziavano a diradarsi, il tenente proseguì stringendo saldamente la Mauser nella mano destra e una bomba sferica nella sinistra.
 
Spengler superò il terrapieno sotto al violento tiro incrociato, i proiettili provenivano da ogni direzione, gli inglesi si stavano difendendo con ferrea resistenza. Appena uscito da quel tornado di fuoco il tenente riconobbe un volto amico. L’ufficiale si unì al suo compagno, i due avanzarono nel fango, per un lungo tratto non incontrarono più nessuno. Le trincee erano deserte, il nemico sembrava essersi ritirato.
Spengler stava per dire qualcosa, nulla di importante per l’azione, solo qualche frase per incoraggiarsi a vicenda. Non riuscì a proferire nemmeno una parola, proprio in quel momento una rapida serie di colpi partì dalla barricata britannica.
Spengler si gettò a terra, il corpo del suo commilitone ricadde al suo fianco, inerme e in una pozza sangue.
Il tenente rimase immobile davanti al cadavere del suo compagno, avvertì un nodo alla gola e gli occhi umidi.
Il terreno tremò, il fragore della battaglia riportò Spengler alla realtà. A stento si rialzò sulle braccia tremanti, strisciò sui gomiti e si gettò in un cratere.
Il tenente restò per qualche istante rannicchiato al riparo, stremato e sconvolto, si abbandonò ad un pianto tra la rabbia e la disperazione.
Quel momento di sconforto non durò a lungo, Spengler riprese rapidamente il controllo di sé. Nel tentativo di calmarsi prese la borraccia e buttò giù un lungo sorso di cherry brandy.
Ad un tratto avvistò un gruppo di mitraglieri appostati in un fosso poco distante, i suoi compagni rispondevano con altrettanta intensità al fuoco nemico.
Spengler si fece forza, uscì nuovamente allo scoperto e raggiunse i suoi commilitoni. I soldati accolsero con entusiasmo l’arrivo dell’ufficiale, riconoscendo in lui una figura di riferimento.
Il tenente si impadronì della mitragliatrice e con ritrovato ardore sparò feroci raffiche contro la linea inglese.
 
***

Finn e i suoi compagni si trovarono coinvolti in un intenso scontro a fuoco. La prima linea britannica stava resistendo con tutte le sue forze, ma la situazione era sempre più disperata.
Le truppe tedesche, dopo una rapida avanzata, avevano attaccato le postazioni inglesi con mitragliatrici leggere, mortai da trincea, lanciafiamme e granate.
Finn sussultò avvertendo una mano sulla sua spalla, si trattava del sottotenente Waddington.
«Coogan, ho un compito per te»
Il giovane attese con evidente preoccupazione.
«Devi raggiungere il capitano Howard per informarlo. Al posto di comando devono sapere quel che sta accadendo»
Il ragazzo comprese la gravità della situazione e intuì l’importanza di quella missione.
«Sì, signore. Può contare su di me»
Il sottotenente rispose con un cenno di approvazione.
Finn si mise il fucile in spalla, agganciò un paio di granate al cinturone e si preparò per abbandonare la sua postazione.
Waddington continuò ad incitare i suoi commilitoni, dentro di sé era consapevole che in quelle condizioni non avrebbero avuto molte speranze, nonostante ciò non si lasciò sopraffare dalla rassegnazione e dallo sconforto. Riprese a combattere con coraggio e determinazione, in ogni caso era intenzionato ad affrontare il suo destino con onore.
 
Finn attraversò le trincee occupate dai soldati impegnati nel combattimento, il terreno tremava a causa delle fragorose esplosioni mentre sopra alla sua testa volavano raffiche di proiettili. Le nebbia era ancora densa, dietro alla maschera la vista era appannata e oscurata dalle lenti sporche di fango. Respirava a fatica, la valvola non gli permetteva di inspirare abbastanza ossigeno, la poca aria disponibile era contaminata dai vapori tossici.
Finn sopportò tutto questo continuando a correre imperterrito, deciso a fare il suo dovere.  
Per raggiungere il suo obiettivo fu costretto ad attraversare un’area scoperta, così il soldato saltò fuori dalla trincea e proseguì a tutta velocità.
Per ripararsi da una granata Finn scivolò in una buca, rimase sdraiato nel fango, aggrappandosi alla terra con le unghie. Nel momento in cui i botti delle esplosioni si affievolirono decise di riemergere in superficie.
Era appena uscito da quel rifugio quando ad un tratto udì un grido provenire dal fondo di un cratere.
Il ragazzo puntò il fucile e si avvicinò con cautela, con stupore e conforto si ritrovò davanti ad un soldato della Manchester Division.
«Il nostro fronte è caduto nelle mani del nemico, i miei compagni sono stati catturati…»
Finn trasalì, ciò significava che presto anche la postazione del tenente Green sarebbe stata circondata dai tedeschi. In quel momento provò il forte istinto di raggiungere il suo superiore, ma l’ennesima esplosione lo riportò alla realtà. Doveva adempire al suo compito, i suoi compagni avevano riposto fiducia in lui, non poteva tradirli. L’unico modo con cui poteva provare a salvare Richard era portare a termine la sua missione.
 
***

Il tenente Green progredì nella terra di nessuno con una ventina di uomini, il suo obiettivo era occupare un avamposto per contrastare l’avanzata nemica. Gli ordini erano stati chiari: doveva resistere e difendere quella postazione ad ogni costo. 
Richard raggiunse la trincea, le pareti di fango erano crollate, il passaggio era ostruito dai detriti e dai cadaveri dei suoi compagni. Sopra alle loro teste volavano i proiettili d’artiglieria che rispondevano con altrettanta ferocia all’attacco tedesco.
Il tenente organizzò rapidamente il contrattacco, i soldati si appostarono contro il parapetto con i fucili puntati e posizionarono le mitragliatrici. Ben presto i primi colpi echeggiarono sul terrapieno.
 
Richard intravide delle figure muoversi nella nebbia, il tenente riuscì appena ad individuare la loro presenza quando all’improvviso un altro gruppo di soldati saltò all’interno della trincea.
In pochi istanti si ritrovò coinvolto in un cruento scontro corpo a corpo. L’ufficiale vide due tedeschi avvicinarsi a lui con le baionette fissate ai loro fucili. Senza esitazione puntò l’arma e premette il grilletto, uno dei due assalitori cadde a terra, l’altro fu vittima del sergente Redmond, il quale sparò a bruciapelo alle sue spalle.
Proprio in quel momento una bomba a manico scivolò sibilando in trincea, dal bordo del parapetto l’ordigno innescato raggiunse la mischia di soldati. L’esplosione fu devastante e coinvolse tutti coloro che stavano combattendo in quella buca, ferendo ed uccidendo inglesi e tedeschi.
Richard fu scaraventato contro la parete, riprese conoscenza ritrovandosi disteso al suolo.
«Signor tenente!»
L’ufficiale si rassicurò nel sentire la voce di Redmond, per un istante aveva temuto il peggio.
Il sergente aiutò il suo superiore a rialzarsi dalla polvere. Green si sentì stanco e indebolito, aveva la vista annebbiata ed era pallido in viso. Solo allora si accorse del rivolo di sangue che stava fuoriuscendo dal suo collo. Il liquido vermiglio e viscoso bagnò la sua pelle, macchiando il colletto della divisa.
Redmond fasciò la ferita con una medicazione piuttosto rudimentale, in quelle condizioni non poté fare altro.
Per qualche istante tutto parve tranquillo, ma il tenente poté avvertire il clamore della battaglia che proseguiva inesorabilmente intorno a loro.
I tedeschi attaccarono nuovamente, questa volta con mortai da trincea, cinque colpi si abbatterono nella terra di nessuno, a pochi metri dal fronte britannico.
Il tenente Green era rimasto con una manciata di sopravvissuti, molti dei quali erano feriti. L’ufficiale provò sincero orgoglio nel notare che i suoi uomini non si erano persi d’animo. Nonostante tutto, anche in una situazione così drammatica, i suoi soldati risposero al fuoco. Erano determinati a difendere la loro postazione fino alla fine.
Lo scontro, per quanto eroico, fu breve. Una seconda bomba scoppiò nelle vicinanze, questa volta l’esplosione non colpì in pieno la trincea britannica, ma i soldati furono travolti da una pioggia di schegge.
Il tenente Green era ormai privo di forze, la fasciatura si era sciolta, il sangue riprese a scorrere copiosamente dalla ferita aperta.
L’ufficiale si accasciò al suolo, prima di perdere i sensi ordinò la resa. Sperò almeno che in quel modo avrebbe potuto salvare le vite dei suoi compagni. Arrendersi era sempre l’ultima scelta, ma a quel punto non c’era alcuna alternativa. I suoi uomini avevano fatto del loro meglio, combattendo fino alla fine.
 
Quando Richard riaprì gli occhi trovò la trincea deserta, accanto a lui erano rimasti solo cadaveri. Avvertì il rumore di alcuni passi e delle voci in superficie, non riuscì a distinguere la parole, ma riconobbe la lingua tedesca.
Poco dopo un paio di soldati si affacciarono sul bordo della fossa. Uscirono dalla nebbia muovendosi nella foschia e nella polvere, il loro volto era coperto dalle maschere antigas.
Il tenente, disarmato, si arrese alzando le mani. I due tedeschi si avvicinarono, lo sollevarono da terra e sorreggendolo lo trascinarono fuori dalla buca.
Green era debole e confuso, il frastuono della battaglia rimbombava incessantemente nella sua testa.
I tedeschi trattarono con particolare riguardo l’ufficiale nemico, preoccupandosi di trasportarlo in un posto di soccorso per medicare la sua ferita.
Richard attese a lungo in una casamatta di cemento adibita a infermeria, tra le urla e i gemiti dei feriti, sempre sotto il vigile controllo dei soldati.  
Il tenente si interrogò sulla sorte dei suoi compagni, sperando che in qualche modo fossero riusciti a salvarsi.
Ad un tratto una figura comparve all’entrata del rifugio, nella penombra Green riconobbe le spalline cucite sulla divisa, si trattava di un ufficiale.
L’uomo avanzò con passo deciso, l’uniforme grigia era macchiata di fango e sangue, anch’egli era appena riemerso dalla furente battaglia.
Richard si sforzò di rialzarsi, voleva mostrarsi dignitosamente all’avversario.
Il tedesco si presentò con invidiabile compostezza.
«Sono il tenente August Spengler, da questo momento lei è sotto la mia custodia»
   
 
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