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Autore: Ksyl    31/08/2020    5 recensioni
Castle e Beckett si sono incontrati solo una volta, durante quell'unico caso risolto durante il Pilot e da lì più nulla. Si rivedono solo alcuni anni dopo. E a quel punto inizia questa storia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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9

Bussò alla porta del loft di Castle con un po' di trepidazione. Nonostante non fosse la prima volta che si assentava a metà giornata per presunte "pause pranzo" che le spettavano di diritto, ma che prima di incontrare Castle aveva spesso sacrificato senza rimorsi, la sensazione di commettere qualcosa di sbagliato non accennava ad affievolirsi.
Si sentiva una fuorilegge a sgattaiolare fuori dal distretto senza salutare nessuno, con il timore costante che qualche emergenza la costringesse a rinunciare a quell'ora strappata ai suoi doveri quotidiani, di cui non poteva più fare a meno.

Nonostante ce l'avesse messa tutta, non era stato semplice incastrare i suoi numerosi impegni per poter stare con Castle quanto le sarebbe piaciuto. Ingenuamente, era stata convinta che fosse solo questione di organizzazione, ma doveva aver sopravvalutato le proprie capacità. O forse non si era mai resa conto di quanto la sua vita fosse piena di riunioni, appuntamenti, scadenze e quanto poco si fosse concessa di svagarsi nel corso degli anni.
Non che fosse difficile vedersi, lui era il più libero tra i due e molto disponibile a venirle incontro, quando si trattava di proposte dell'ultimo minuto o improvvise cancellazioni. Ormai si frequentavano – non aveva idea se fosse il termine giusto per definire il loro rapporto, ma preferiva non porsi domande – da alcune settimane con una certa assiduità, garantita proprio dall'estrema flessibilità di Castle.
A voler giudicare le cose con obiettività, forse non era la mancanza di tempo a costituire il problema principale tra di loro. Era lei a non farsi bastare quello che avevano. Voleva stare con lui. Era un bisogno impellente che non le dava pace, che le faceva compagnia da quando apriva gli occhi al mattino e ancora assonnata afferrava il telefono per leggere i suoi messaggi. Era questa la variabile di cui non aveva tenuto conto. Questa brama di lui che aveva preso un andamento esponenziale irrefrenabile e che non accennava a placarsi.

All'inizio si era chiesta se non stesse esagerando, se non fosse sbagliato, se non stesse addirittura virando verso una sorta di ossessione da cui era stata suo malgrado travolta. Se non fosse perfino eccessiva, tutta quella felicità che ne derivava. Avrebbe dovuto pagarne il prezzo, più avanti? Era la carestia emotiva a cui si era precedentemente immolata a renderla tanto famelica?
C'era voluta una robusta dose di autodisciplina e tutta la sua fermezza per mantenere inalterati i suoi standard professionali e dedicare a Tommy tutta l'attenzione necessaria. Non avrebbe mai modificato la sua routine per scopi che non lo riguardassero, né avrebbe intaccato il tempo che trascorrevano insieme. Su questo era stata inflessibile e aveva mantenuto fede ai suoi propositi con impeccabile abnegazione.
Da quel che poteva vedere, suo figlio non si era accorto del cambiamento avvenuto nella vita della madre e di questo era più che soddisfatta. Così come era avvenuto per il loro primo appuntamento, non aveva mai insistito perché Tommy passasse più tempo a casa del nonno solo per ritagliarsi una notte in più con Castle e di questo era fiera. Poteva guardarsi allo specchio e premiare la propria irreprensibilità, anche se questo significava avere sempre spasmodicamente voglia di vederlo. Era riuscita con successo a tenere separate tutte le sue vite che correvano ordinate e parallele, a scapito di qualche ora di sonno di cui però non avvertiva la mancanza, vista l'energia inesauribile di cui sembrava essere sorprendentemente provvista e di cui sospettava che la fonte segreta fosse proprio Castle. Le bastava trascorrere qualche minuto con lui per sentirsi rigenerata.
Al contrario di Tommy, suo padre e Lanie dovevano aver intuito qualcosa, visto che avevano cercato a più riprese di carpire informazioni sulla sua situazione sentimentale – era stata Lanie a esprimersi così, suo padre era solo lievemente più discreto per natura – ma lei aveva presto interrotto il discorso. La sua relazione con Castle riguardava solo loro due ed era così che intendeva proseguire, almeno per un po'. Voleva tenere il suo piccolo segreto per sé.

La porta del loft si spalancò dopo qualche secondo di attesa. Non perse tempo a salutarlo, ma si precipitò tra le sue braccia automaticamente protese ad accoglierla, l'unico posto al mondo in grado di farle dimenticare le preoccupazioni presenti e quelle future. Era una specie di vacanza di breve durata sempre in grado di rinnovare gli straordinari effetti benefici che aveva sulla sua psiche. Non c'era nemmeno da stupirsi che ne fosse diventata in qualche modo dipendente.
Aveva scoperto presto che opporsi ai sentimenti impetuosi che provava per lui, mai sperimentati in precedenza, non sarebbe servito a niente, tanto valeva vivere con pienezza tutto quello che l'Universo aveva deciso di regalarle – queste erano le esatte parole di Castle, alle quali naturalmente non credeva possedendo una mente più razionale, ma dal momento che non poteva negare di essere posseduta da un delizioso e perenne stordimento emotivo, sarebbe stato da ingrati rifiutare quei doni elargiti con tanta abbondanza.
La rincuorava il fatto che, se qualcosa fosse andato storto, sarebbe stata solo lei a soffrirne, nessun altro. Non Tommy, che sarebbe rimasto all'oscuro di tutto. Era l'unico compromesso che le apparisse accettabile e che le permetteva di concedersi quello che desiderava.

Come di consueto la sua mente, di norma sempre operativa, smise di funzionare non appena raggiunsero la soglia della camera da letto, dove Castle la trascinò senza indugi, continuando a baciarla. Non sempre erano riusciti ad arrivarci, spesso si erano fermati a qualche metro dall'ingresso, riuscendo fortunosamente a chiudersi la porta alle spalle. Era incredibile come avesse potuto vivere un'esistenza diversa da quella che ora le sembrava l'unica possibile.

Si issò sopra di lui, disteso sul letto, incurante del fatto che le si sarebbe spiegazzata la gonna del severo tailleur che indossava. Castle le sciolse i capelli, che si aprirono a ventaglio su di lui, mentre si chinava a baciarlo con urgenza. Si tolse freneticamente la giacca – non lo aveva ancora fatto - e attaccò nervosamente i bottoni della camicia candida, rischiando di farli saltare. Castle le allontanò le mani per occuparsene, mostrandosi più prudente di lei. Non poteva tornare in ufficio vestita in modo meno che impeccabile. Sentì la pelle diventare bollente dove le dita di lui la sfioravano.

Si guardarono negli occhi. Le mancò il fiato, scombussolata. L'avevano fin dall'inizio, avevano mantenuto il contatto visivo finché era stato possibile, finché il piacere non la invadeva trasportandola altrove, ed era stata per lei un'esperienza nuova e insolita, che l'aveva scossa nel profondo, amplificando le sensazioni. Da allora non avevano più smesso. Dava alla loro intimità spazi e orizzonti che non aveva mai creduto di poter esplorare.
Si inarcò, perdendo temporaneamente il contatto con il mondo circostante, sentendosi andare alla deriva, trattenuta dalle braccia di Castle, l'unico appiglio a una realtà che le sfuggiva dalle dita come la sabbia quando le onde si ritiravano.

.

"Quanto puoi rimanere?" bisbigliò Castle assonnato, baciandole la nuca. Amava quei minuti di vicinanza e di silenzio, quando se ne stavano distesi pelle contro pelle, senza parlare. Erano gli unici istanti di pace assoluta, cullata dal potere ipnotico ed esaltante di quelle che erano a tutti gli effetti le endorfine più potenti che avesse mai sperimentato nella vita. Il brusio mentale si affievoliva fino a placarsi del tutto. Avrebbe voluto che quei momenti non finissero mai. Ma lo facevano, inesorabilmente, cogliendola inerme e vulnerabile. Si sentiva risputata nel mondo senza troppa gentilezza ed era sempre un'esperienza un po' traumatica.
"Poco".
Si voltò verso di lui. Forse, se non si fosse fatta troppo notare, il tempo si sarebbe dilatato per consentirle di rimanere più a lungo.
Castle disegnò il suo profilo con un dito. "Non puoi chiamare in ufficio e avvisare che sei stata trattenuta da questioni di assoluta importanza nazionale? Sei tu il capo, nessuno metterà in discussione la tua versione, basta non dare troppi dettagli".
Ci provava sempre, cercava di corromperla perché mandasse all'aria qualsiasi altro impegno avesse in programma per farla rimanere a oltranza nel suo letto. Ogni volta era tentata di farlo, il mondo non sarebbe collassato su se stesso se si fosse assentata per qualche ora. Non aveva mai ceduto all'illusione di considerarsi indispensabile. Si era però imposta di resistere, temendo che se avesse acconsentito, avrebbe continuato a farlo ancora e ancora, fino a perdere la ragione.
Appoggiò la guancia sul suo petto. "Ho una riunione tra poco e non posso mancare".
Sentì la sua mano tra i capelli. Mosse la testa per sollecitare le carezze. Castle non insistette, arrendendosi al primo diniego. Sapevano entrambi che se avesse insistito avrebbe ottenuto facilmente quello che volevano entrambi.
"Ti preparo qualcosa da mangiare?"
"No, non voglio che ti alzi". Non sopportava l'idea di doversi staccare da lui. Gli si fece ancora più vicina per sottolineare le sue intenzioni, rendendogli difficile qualsiasi movimento.
"Non puoi rimanere a digiuno", obiettò Castle con l'esasperante voce della ragionevolezza.
"Sei insopportabile nelle vesti di chioccia, te lo hanno mai detto?"
"Non sono mai stato una chioccia con nessun'altra", ammise con naturalezza. Gli invidiava quella capacità di esprimersi con disinvolta onestà riguardo a quello che provava per lei, facendola sentire speciale. Unica. Lei faceva ancora fatica ad ammettere apertamente i suoi sentimenti – la loro stessa esistenza appena accennata - in primo luogo con se stessa.
Si sollevò su un gomito e gli lanciò un'occhiata severa.
"Ne abbiamo già parlato, ricordi? La devi smettere".
"Smettere di fare che cosa? Di convincerti a consumare dei pasti regolari per prevenire crisi ipoglicemiche nel corso della giornata?"
"Di prenderti cura di me ed essere sempre tanto fantastico. Mi rendi difficile andarmene". Gli diede un piccolo morso sulla spalla.
"È quello il mio intento. E ti ricordo che lo ero già qualche anno fa, sei tu che hai preferito privarti di tanta magnificenza".
"Rinfacciarmi in continuazione questa storia, al contrario, mi renderà molto facile abbandonarti al tuo destino, ti ringrazio per il favore".
Castle scoppiò a ridere e la imprigionò per impedirle di alzarsi. Cedette senza difficoltà. Forse poteva permettersi di rubare ancora qualche minuto.

.

Le preparò velocemente un'insalata, ricca di ingredienti di cui lei ignorava perfino l'esistenza - saldo nel suo principio di non lasciare che le loro pause la privassero di elementi fondamentali per il suo metabolismo.
Il ritornello era sempre lo stesso, lei avrebbe comunque dovuto mangiare qualcosa e per mantenersi in forze – forze che dovevano servire a uno scopo specifico e cioè farla correre da lui –, doveva nutrirsi in modo bilanciato. E lui era lì proprio per quello. Era la sua missione.
Lei aveva idee diverse sul ruolo di Castle nella sua vita e avrebbe volentieri barattato quella che le pareva solo un'inutile perdita di tempo con un altro genere di attività molto più gratificante. Avrebbe poi comprato qualcosa da sgranocchiare al volo prima di dirigersi verso la successiva tappa della giornata, ma Castle si era sempre mostrato inflessibile. Rassegnata, rimase a osservarlo seduta sullo sgabello indossando una delle sue camicie a cui aveva rimboccato le maniche.
Era un'esperienza singolare lasciare che fosse qualcun altro ad accudirla, di solito era lei a occuparsi di tutto. Di suo figlio, di suo padre, del distretto. Era bello riposare, di tanto in tanto.

"Quando ci rivediamo?"
Castle alzò la testa e le pose quella semplice domanda con molta tranquillità, indaffarato dall'altra parte del bancone. Anche quella era stata una sorpresa per lei. Aveva sempre messo in chiaro, fin dall'inizio, che voleva stare con lei. Non c'erano stati dubbi al riguardo, silenzi da interpretare, telefonate da attendere e strategie da attuare per non dimostrarsi il reciproco interesse, nel timore di fare un passo falso, di apparire indifesi. Era sempre stato schietto in questo senso e lei lo aveva apprezzato, perché le aveva permesso di rilassarsi mentre navigava il turbolento mondo degli appuntamenti senza troppi patemi. Avevano fatto l'esatto contrario di quello che veniva spiegato nelle rubriche di consigli sentimentali ed era andata bene. Era andata alla grande.

Infilzò con la forchetta un pezzetto di cetriolo meticolosamente affettato e disposto nel piatto secondo un ordine creativo di cui non afferrava il senso. "Forse riuscirò a liberarmi per qualche altra pausa pranzo questa settimana". Sarebbe tornata il giorno dopo e quello dopo ancora, lo sapevano entrambi. Fingevano solo che non fosse così.
Le parve che Castle non esprimesse il solito entusiasmo alla prospettiva del loro prossimo incontro. Eppure era stato lui a tirar fuori l'argomento. La cosa la turbò.
"C'è qualcosa che non va? Hai altri impegni?".
D'improvviso l'insalata le risultò indigesta. Si stupì di come bastasse poco per mandarla in allarme, con già una leggera ansia a pizzicarle il cuore.
Castle scosse la testa, sorridendo. "È solo che speravo in qualcosa di più, anche se non intendo lamentarmi dei nostri... pranzi. È da tanto che non stiamo insieme una notte intera".
Strinse le labbra, rammaricata. "Mio padre è via per lavoro, lo sai". Significava che non ci sarebbero state notti sotto lo stesso tetto, né risvegli languidi stretta contro di lui, senza curarsi di uscire dal letto a un'ora decente. O con un abbigliamento decente. Avrebbe dato qualsiasi cosa per farlo accadere.
Castle non fece ulteriori commenti né le lasciò intuire che cosa gli stesse passando per la testa, facendola innervosire.
"Castle, se hai qualcosa da dire ti pregherei di parlare chiaramente, invece di lasciarmi qui a scervellarmi". Non aveva più appetito. Temeva che il funambolico equilibrio su cui si era mossa veloce la loro relazione – equilibrio che lei si sforzava di mantenere a costo di sacrifici e che a volte era un faticoso gioco di incastri-, non gli bastasse più. Forse avrebbe preferito una donna che potesse disporre del tempo a proprio piacimento, più libera di incontrarlo. Non gliene faceva una colpa, ne avrebbe avuto ogni diritto. "Non ti va più bene questa situazione? Sai che faccio il possibile..."
Si morse la lingua. No, non lo avrebbe implorato o tentato di convincerlo, anche se sentiva il gelo della solitudine arrivare già a lambirle le caviglie.

"Sei impazzita? Non devi nemmeno pensarlo. Mi va benissimo qualsiasi cosa, purché ti riguardi. Mi era solo venuta un'idea..."
Attese, mentre la temperatura del suo corpo tornava a un livello accettabile. Sapeva che non sarebbe stato in grado di trattenersi troppo prima di esporle una delle sue idee geniali. Era lui a definirle così, mentre lei gli offriva in cambio occhiate sprezzanti.
"Vorrei trascorrere un fine settimana con te, tre giorni tutti per noi. Magari possiamo andare negli Hamptons, la nostra colazione davanti all'oceano ci sta ancora aspettando".
Kate si irrigidì. Non aveva dimenticato quella serata e il suo exploit di follia e incoerenza che non la riempiva esattamente di esultanza nei confronti di se stessa. "Non posso lasciare Tommy così a lungo".
Era uno dei principi a cui non era mai venuta meno e che gli aveva illustrato fin dall'inizio.

"Non ho mai detto che Tommy non sia compreso nell'invito".
L'ultima affermazione, espressa in modo pacato come se non fosse la bomba che di fatto era, la lasciò senza parole. Le parve di trovarsi di fronte a un Castle diverso dall'uomo che aveva fin lì conosciuto e la cosa la disorientava.
Fedele alla promessa di rispettare i suoi tempi e le sue decisioni, insindacabili trattandosi di suo figlio, Castle non le aveva mai chiesto di incontrare Tommy di nuovo. Si era costantemente informato su di lui, aveva ascoltato partecipe i suoi infiniti aneddoti materni, aveva voluto vedere le foto che lei gli scattava e conservava sul telefono e l'aveva pregata di tenerlo aggiornato su tutto quello che lo riguardava. Ma non aveva mai proposto di rivederlo. La sensazione era quella di essere finita in un agguato, proprio nel momento in cui aveva iniziato a fidarsi di lui, ad aprirsi. A sentirsi al sicuro.

"È troppo presto, Castle, sai quali sono le regole".
Era seccata e spiaciuta di esserlo. Non voleva rovinare l'atmosfera e ancor meno voleva ferirlo ribadendo che non voleva che si incontrassero.
"Non dobbiamo confessargli nel dettaglio i nostri... attuali rapporti. Potrei essere semplicemente un amico che ha una casa al mare molto spaziosa e che vorrebbe insegnargli a nuotare. O a fare castelli di sabbia. Non necessariamente dovrei voler dormire nel tuo letto, no? È troppo piccolo per rendersi conto che non è una scusa credibile".
Gli rivolse un piccolo sorriso appena accennato.
"Quindi saresti solo un amico disposto a starsene rinchiuso tutta la notte nella propria stanza con me nelle vicinanze? E io che credevo che non potessi resistermi..."
Lo vide strabuzzare gli occhi. "No, ovvio, quella sarebbe solo una copertura. Lo sai anche tu che non riesco a resisterti, non c'è bisogno di farmelo dire con l'inganno".
"Non era un inganno", protestò. Abbassò lo sguardo per non fargli capire che, invece, si era divertita a stuzzicarlo per ottenere quella reazione.
"Niente ci vieta di incontrarci casualmente durante la notte in cucina e da lì, con le opportune precauzioni, nascondendoci da qualche parte..."
"Molto romantico starcene nello sgabuzzino delle scope durante la nostra prima vacanza insieme per non farci scoprire da mio figlio di quattro anni addormentato al piano di sopra". Incrociò le braccia davanti al petto. "E ti ricordo che non potresti nemmeno toccarmi, baciarmi, né lanciarmi le tue solite occhiate".
"Quali occhiate?"
"Quelle per cui siamo costretti a fuggire dai ristoranti prima che ci arrestino".
Castle si mise a ridere, poi si alzò e la raggiunse. Si chinò a baciarla sul collo. "Perché non glielo diciamo e basta?"
Lo respinse. "Stai cercando di raggirarmi per piegarmi alla tua volontà?"
"Vorrei esserne capace, così da non farti uscire mai dal mio letto".
Sgusciò via, un po' troppo rapidamente."Devo andare", annunciò, troncando una conversazione che non aveva mai voluto cominciare, nel timore che Castle tornasse alla carica.

Si mosse per recuperare i suoi vestiti disseminati ovunque. Nonostante l'ultimo scambio di battute avesse alleggerito la tensione, era un po' alterata per aver dovuto affrontare una questione che credeva di aver già adeguatamente definito.
Non era la conclusione che si era aspettata, dopo aver contato le ore prima di rivederlo proprio come una ragazzina. Per non parlare del pessimo umore con cui avrebbe trascorso il resto del pomeriggio.
La raggiunse. Intuì dal suo sguardo che non aveva intenzione di rassegnarsi. "Castle, non ne voglio parlare. Il discorso è chiuso".
Non si diede per vinto. Sapeva che sapeva essere più cocciuto di lei, il che non era confortante.
"Che cosa può succedere di male? Ci so fare con i bambini".
"Ne sono al corrente, è proprio per questo non voglio che vi incontriate".
"Preferiresti che non gli piacessi?"
Si fermò a fissarlo con la borsetta aperta in mano. Era spettinata, arrabbiata e moltissime altre cose, tutte poco piacevoli. "Preferirei che non si affezionasse a un uomo potenzialmente perfetto che potrebbe andarsene da un momento all'altro".
Ecco, l'aveva detto. Era contento, adesso?
Le si avvicinò, costringendola a indietreggiare di un passo.
"Io non vado da nessuna parte, Kate. So che ti è difficile crederlo, e in parte lo capisco, ma è così. Voglio stare con te a lungo. Molto a lungo".
Sbuffò e si rifugiò nello studio, dove finì di raccogliere i suoi oggetti personali. "Devo ricordarti che ci vediamo solo da poche settimane?", gli gridò da
"Che mi sono bastate per capirlo".
Non rispose. Non aveva tempo per quei discorsi insensati, quando aveva già un piede fuori dalla porta.

La raggiunse e si sedette sul bordo della scrivania, osservando il suo andirivieni e attirandola verso di sé, quando gli passò vicino. Si fermò di malavoglia.
"Kate, ci sarà sempre il rischio che l'uomo che entrerà nella tua vita possa andarsene. Potresti perfino essere tu ad averne abbastanza o potreste scoprire di non andare d'accordo. Per inciso, parlo in generale solo a fini discorsivi. Ovviamente quell'uomo sarei io, nessun altro". Sorrise. Le piaceva quella versione di Castle geloso a fini discorsivi. Le alzò le braccia e se le passò intorno al collo. "Le mie intenzioni con voi sono molto serie", annunciò con esagerata solennità, facendola ridacchiare. "E se deciderai che non mi sopporti più, non è detto che io e Tommy non possiamo mantenere in futuro il rapporto che avremo costruito, solo perché sua madre ha perso il senno e ha deciso di rinunciare a un uomo meraviglioso come me".
"L'umiltà è sempre la parte di te che preferisco".
"Ero convinto che fossero altre le parti di me che apprezzi, in base a come ti esprimi quando..."
"Castle. Concentrati". Doveva controllare quella sua tendenza a vaneggiare. Lei non si esprimeva in nessun modo. Proprio nessuno.
Le sorrise in quel modo irresistibile che le faceva sempre battere il cuore troppo forte. "Anche se ci lasceremo, potrei continuare a essere una specie di zio per lui, come sono sicuro lo siano i tuoi amici o colleghi. Ma questo non accadrà mai, soprattutto perché hai appena detto che sono potenzialmente perfetto".
Avrebbe dovuto cancellargli quell'informazione dalla memoria con qualche ritrovato chimico, o glielo avrebbe rinfacciata per sempre.

"A meno che il problema non risieda altrove. Forse non sei sicura... di noi? È per questo che non vuoi farci incontrare?"
Nascose la testa sulla sua spalla, un diversivo per non rispondere.
"Ehi". La costrinse a guardarlo negli occhi. "Puoi dirmelo se hai voluto solo sedurmi per poi abbandonarmi subito dopo".
"È proprio così, Castle. Anche se avrei voluto sedurti ancora per un po' prima di abbandonarti, ma ormai mi hai scoperto".
Le sorrise. "Approfitta pure di me quanto vuoi, non oppongo resistenza".

Era lei il problema? Non era sicura del loro rapporto, come aveva appena suggerito Castle? No, non era quello il punto, rifletté onestamente. Era solo troppo presto e lei molto inesperta e spesso confusa. Non aveva le idee chiare, né un modello da seguire, era priva di esperienza, di punti di riferimento. Non sapeva come comportarsi e temeva di commettere errori madornali. Su una cosa però era costretta a dargli ragione. Nessuna relazione aveva una garanzia di durata, nonostante promesse o giuramenti ufficiali.

C'era una differenza sottile tra il voler proteggere Tommy da qualsiasi sofferenza e comportarsi in modo superficiale facendogli del male e lei non era sicura di conoscerla. Non voleva che vivesse sotto una campana di vetro, voleva di più per lui. Che si sporcasse la mani, che vivesse pienamente. In più era sicura che esporlo alle eccentricità di Castle e al suo sguardo innocente con il quale contemplava le bellezze del mondo sarebbe stato un bene per lui. Anche lei ci aveva pensato, anche se non aveva voluto ammetterlo. Si era chiesta spesso quando sarebbe stato il momento giusto per farli avvicinare. Forse mai, se considerava tutti i potenziali rischi, che però a un certo punto andavano corsi con coraggio e un atto di fede nella vita.
Mosse le labbra, preparandosi a parlare, nonostante il nodo in gola.
"Okay. Che ne dici di venire a cena da noi come... amico e futuro zio?"
Il volto di Castle si fece raggiante. "Davvero? Sarebbe fantastico. Quando?"
"Hai impegni per stasera?"
"Cambi idea incredibilmente in fretta per essere una maniaca del controllo molto sexy".

Gli fece una smorfia. Era sorpresa anche lei, ma in fondo che bisogno c'era di aspettare? Meglio prendere un decisione e agire subito piuttosto che prolungare l'attesa con inutili tentennamenti che non avrebbero portato a niente. Magari Tommy e Castle non sarebbero andati d'accordo ed era meglio affrontare subito il problema. Dubitava che suo figlio non apprezzasse la capacità di Castle di imbastire universi magici e fantasiosi facendoli apparire reali. Anzi, era sicura che, a un certo punto, Tommy avrebbe preferito Castle a sua madre. L'immagine dei due uomini in combutta contro di lei la intenerì, anche se non lo avrebbe mai confessato e avrebbe stroncato sul nascere eventuali colpi di stato che Castle avrebbe certamente organizzato per minare la sua autorità e viziare suo figlio senza ritegno.

Mi spiace non essere riuscita ad avvisare per tempo che avrei saltato la pubblicazione la scorsa settimana, ma purtroppo non ho altro modo per comunicare se non modificando l'ultimo capitolo. Spero abbiate trascorso dei giorni sereni. Silvia.

   
 
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