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Autore: ONLYKORINE    01/09/2020    3 recensioni
Cosa succede quando Elio e Idrogeno entrano in contatto? Il caos!!! Ma nascono le stelle. E cosa succederebbe se Idrogeno ed Elio fossero persone umane? Eh... sarebbe un grosso caos!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Seattle

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“Obiezione, Vostro Onore: l’avvocato ha espresso un’opinione, non un fatto”. Hyacinth neanche alzò la testa mentre rivedeva gli appunti.

Quando lo fece fu solo per sentire il giudice dire: “Accolta”, e compiacersi della cosa.

I due avvocati pronunciarono le arringhe finali e la giuria si ritirò. Quando tornò in aula, un’ora dopo, il verdetto fu a favore dell’imputata, che venne dichiarata innocente.

Hyacinth sorrise soddisfatta e i quaranta minuti successivi furono dedicati a grandi gesti di stupore e abbracci calorosi da parte dell’imputata, dei suoi parenti e dei suoi sostenitori.

Hyacinth ricambiò tutti gli abbracci e sorrise professionalmente a tutti. Era contenta di aver difeso la ragazza, era pienamente convinta della sua innocenza ma… Ma la sua professione non le dava più le stesse soddisfazioni di prima. La guardò mentre il suo fidanzato l’abbracciava e si costrinse a togliere lo sguardo quando si baciarono.

Erano quasi otto anni che faceva l’avvocato. Il tirocinio, il passaggio in società, diventare socia… Una carriera stravolgente. Ma quanto riguardava la sfera affettiva, Hyacinth era ferma al liceo. O meglio, alla sera del ballo dell’ultimo anno. Perché non solo aveva fatto l’amore con Helios e, secondo H, era stata la volta migliore di tutte, anche di quelle che erano venute dopo, ma avevano passato la notte a scherzare e a ridere, abbracciati nel vecchio ufficio di Mr. Crox ed era stata la più bella notte della sua vita. Erano usciti per vedere il sole sorgere e lui aveva intrecciato le dita con le sue e le aveva baciato i polpastrelli. Per Hyacinth era stato il gesto più intimo del mondo.

L’alba era per gli amanti e i fornai. Chi lo aveva detto? H sospirò.

Era ferma a Helios. Nessuno di quelli che aveva conosciuto dopo erano stati alla sua altezza. Nessuno era riuscito a entrarle nel cuore, a farla ridere e a darle quello stordimento che la faceva volare come una tenda in una stanza ventilata.

Con nessuno aveva discusso come con lui. Nessuno le aveva fatto vedere le stelle. Con nessun altro era entrata in combustione. E per quanto se ne dicesse, la combustione ti faceva sentire viva. Ti faceva battere il cuore e tremare la voce, quando, poco prima dell’estasi, il suo nome diventa l’unica parola importante. O quando il tuo nome sulle sue labbra diventa così bello che pensi che non ce ne sia uno migliore che ti avrebbero potuto dare.

H sapeva che Helios era rimasto a New York e lei non lo aveva più cercato pensando che si fosse fatto una vita soddisfacente e felice. Aveva letto qualche notizia sulla sua carriera di giornalista e sapeva che se la stava cavando molto bene. Lo immaginava con una moglie bionda come Bettany, con a fianco due bambini di altezze diverse ma vestiti allo stesso modo.

Dopo aver risposto a qualche domanda dei giornalisti, essersi assicurata che nessuno fosse lui (una cosa che non era ancora riuscita ad abbandonare: il desiderio di vederlo, che lui la cercasse) e aver sistemato gli altri dettagli, Hyacinth si avventurò a passo svelto verso l’uscita. Era un venerdì pomeriggio, ma per lei avrebbe potuto essere anche un lunedì, che non avrebbe fatto differenza.

“Hyacinth!”

Hyacinth sentì un brivido scuoterle la schiena e si fermò al suono di quella voce. Non voleva credere. Non voleva illudersi. Non voleva girarsi e scoprire di essersi sbagliata. Non voleva…

“Hyacinth!”

Questa volta la voce era più vicina e lei si voltò.

“Hyacinth…” La voce dell’uomo che si stava avvicinando si affievolì, mentre il suo sorriso diventava sempre più grande.

“Helios!” Hyacinth non riuscì a contenere la contentezza e si avviò velocemente verso di lui. Quando gli arrivò di fronte, si accorse che era più alto e dovette tirare indietro la testa per guardarlo.

“Non ti ricordavo così alto!”

“Ti sarai abbassata tu!” le rispose Helios, avvicinandosi e facendo il gesto di abbracciarla. Hyacinth non si fece pregare e gli portò tutte e due le braccia dietro la schiena, anche quella che reggeva la valigetta con gli appunti del processo, e lo strinse, calorosa.

L’abbraccio di lui era forte, caldo, morbido e sapeva di casa. Chiuse gli occhi giusto l’attimo di gustarsi quel momento perfetto e poi tornarono tutti e due a guardarsi.

“Che ci fai qui a Seattle? Pensavo fossi a New York!” Helios sorrise alle sue parole; lo stesso sorriso che Hyacinth immaginava quando chiudeva gli occhi giusto un attimo prima di addormentarsi. Quel sorriso che l’accompagnava nell’ambito di altri sogni e altre notti.

“Sono tornato a casa la settimana scorsa… A Hownville” iniziò lui. Hyacinth annuì. I suoi genitori si erano separati e, tutti e due, si erano trasferiti in altre città. Lei non era più tornata nella cittadina dove era cresciuta, a Hownville. “Ho visto Christina e lei mi ha detto che adesso vivevi qui…” continuò, guardandosi intorno nella hall del tribunale.

“Christina?” chiese Hyacinth. Sentiva la sua amica due volte a settimana; lei aveva sposato un dentista, un ragazzo che aveva conosciuto al college, ed era tornata nella vecchia città quando aveva scoperto di aspettare tre gemelli. Era sicura che avere vicino sua madre le sarebbe stato d’aiuto. Hyacinth non riusciva ad andarla a trovare tanto quanto le prometteva, ma loro si sentivano tutte le volte che potevano e la ragazza si dichiarava felice della sua vita. Viveva in una villa di ultima generazione, con i suoi tre vivacissimi bambini, un cane e due gatti, senza contare quel marito di cui si vantava tutte le volte che poteva e che, a distanza di sei anni da quando lo aveva conosciuto, guardava ancora con amore. E Hyacinth sapeva che lei era veramente felice così.

“Sì, Christina. Mi ha anche minacciato, dicendo che se non fossi venuto a cercarti me l’avrebbe fatta pagare…” Lei rise: Christina poteva averlo fatto davvero.

“Così sei venuto qui sotto minaccia?” chiese, scherzando.

“Già. Per nessun altro motivo” rispose lui, sornione. “Le dirai che l’ho fatto? Così non me la farà pagare?”

“No, no. Non puoi cavartela così: dovrai anche offrirmi da bere. Se non sbaglio mi devi ancora un drink da quella sera al locale di Joe.”

Quando rise anche lui, Hyacinth si accorse di essere ancora più rilassata. E contenta.

“Allora andiamo! Conosci un posto dove possa pagare il mio debito?”

La ragazza annuì e indicò la porta del tribunale. Helios le fece un cenno e insieme si incamminarono verso l’esterno, chiacchierando di cose vecchie.

Quando arrivarono davanti alla porta lui gliela tenne aperta e la lasciò passare. Hyacinth quasi si commosse a quel gesto spontaneo e così ‘da Helios’.

“Quindi? Da che parte andiamo?” chiese lui, una volta fuori sul marciapiede, guardandosi intorno. Hyacinth lo osservò attentamente visto che si trovavano all’aperto e notò, ancora, quanto fosse bello. Più bello che al liceo. Più bello di quanto ricordasse nei suoi pensieri. Più bello di quando sul divano del prof l’aveva guardata come se fosse la cosa più preziosa del mondo.

“Di qua.”

H indicò la strada quasi meccanicamente e insieme attraversarono la via, giungendo sull’altro marciapiede.

Il sole stava tramontando e gettava gocce di luce sulla figura della ragazza. Helios non riusciva a togliere lo sguardo da lei. Da quando l’aveva vista, nel corridoio del tribunale, il cuore aveva iniziato a battergli così forte nel petto che aveva paura che tutti potessero sentirlo. Il suo viso era diventato più sottile e delicato, ma i suoi occhi brillavano ancora come quando era al liceo e riusciva a battere il suo interlocutore in un dibattito. Il suo corpo danzava dolcemente, cullato dal suono di una musica che sentiva solo Helios, circondato di stoffa pregiata che le accarezzava le curve che il ragazzo conosceva fin troppo bene nella sua memoria.

Quando fece dondolare la valigetta, lui vide perfettamente la Hyacinth che lo prendeva in giro all’ultimo anno, quando aveva fatto lo stesso movimento con lo zaino e gli aveva detto che non erano tutti intellettuali, vantandosi del sesso che faceva con BlackWall. Il ragazzo si chiese se per lei la sera del ballo fosse stata una volta come tante o se, come per lui, era stata una notte meravigliosa da ricordarsi per sempre.

L’aveva cercata in ogni angolo del mondo. Aveva trovato così tanti spunti di lei in ogni persona che aveva incontrato, che non riusciva a credere che lei potesse veramente essere all’altezza dei suoi ricordi. E invece lei era lì, davanti a lui, a ricordargli quello che era e quello che lui si era perso.

Davanti al locale Hyacinth sorrise e glielo indicò con un gesto del capo. Helios si fece avanti per aprire la porta, ma lei fu più veloce e la tirò verso di sé, invitandolo a entrare.

Il ragazzo rimase basito quando scrutò all’interno della stanza: i tavolini, il pergolato, i lampadari, i divanetti: tutto in quel posto ricordava il pub di Joe, il locale che tutti i liceali a Hownville frequentavano con documenti falsi per farsi versare birre e alcolici.

Quando Helios si voltò con gli occhi sbarrati verso Hyacinth lei rise un po’ stupidamente e un po’ sollevata dal fatto che lui si fosse ricordato.

“Quando ho nostalgia di casa vengo qui a scrivere le arringhe” confessò. Helios le sorrise comprensivo e le posò una mano dietro la schiena per accompagnarla verso uno dei tavoli.

Lei si sedette e, ancora contenta di quella piccola cosa che li univa, alzò la mano per chiamare il cameriere. “E dimmi… hai spesso nostalgia di casa?” le chiese il ragazzo, osservando il tavolino e le sedie di legno. Lungo la parete c’erano divanetti e tavoli più grandi e parecchi ragazzi, vista l’ora, stavano chiacchierando a tavolate, gustandosi l’aperitivo. Sembravano studenti. Del college, probabilmente, perché di Joe che chiudeva un occhio sugli alcolici, ce n’erano pochi a Seattle.

Quando una ragazza bionda rise accarezzando la testa del giovane seduto vicino a lui, si voltò verso Hyacinth, la ragazza di cui sognava le carezze tutte le notti: lei aveva abbassato lo sguardo e stava ancora sistemando la valigetta su una delle sedie libere.

“Sì, Helios. Ho spesso nostalgia di Hownville…” disse, ma non alzò lo sguardo su di lui.

Helios capì che le costava ammetterlo e le coprì la mano con la sua. “Anche a me manca. Ho tanti… bei ricordi” mormorò, ma la voce si bloccò in gola. Non riusciva a dirglielo.

Dopo dieci minuti di frasi corte e mozzate, su com’era la vita a New York e come si vivesse a Seattle, Hyacinth non resistette più e, dopo essersi agitata più volte sulla sedia, gli chiese a bruciapelo: “Perché sei qui, Helios?”

Il ragazzo, colto alla sprovvista, aprì la bocca per rispondere una bugia, quando la cameriera posò un vassoio con le loro ordinazioni sul loro tavolo. I dieci minuti in cui Hyacinth chiacchierò vivacemente con la ragazza, Helios pensò a tutte le scuse a cui aveva pensato durante il viaggio, ma nessuna gli sembrò abbastanza credibile, o vera, per poter essere raccontata. Guardò quasi con fastidio la schiena della cameriera che si allontanava verso altri clienti e poi tornò a posare lo sguardo sulla sua compagna di tavolo: lei meritava la verità.

“Com’è la tua vita quando non ti manca casa tua, Hyacinth?” le chiese a bruciapelo, dopo poco. La ragazza spalancò gli occhi e non rispose, ma abbassò di nuovo lo sguardo sulle mani che, tremanti, abbracciarono il bicchiere pieno di birra.

“È perfetta, Helios. La mia vita è perfetta. Ho una carriera che mi dà grandi soddisfazioni, guadagno più di quello che mi serve, ho un attico a DownTown, guido una delle macchine più belle degli ultimi anni e ora ho anche incontrato la persona…”

Helios non voleva più ascoltare: non poteva dirle che invece la sua vita non aveva il senso che avrebbe dovuto avere perché lei non era al suo fianco, non voleva distruggere la sua vita perfetta.

“Sto scrivendo un libro, Hyacinth” sbottò, interrompendola. Aveva cambiato idea, non voleva più raccontarle la verità. “Sto scrivendo un libro e volevo la tua collaborazione. Vorrei che ogni capitolo avesse uno dei tuoi disegni. Dovresti…”

“Io non disegno più” mormorò la ragazza, sospirando subito dopo e bevendo un lungo sorso di birra. Cosa? Hyacinth non disegnava più? E perché?

“Cosa vuol dire che non disegni più? Sei sempre stata bravissima! E poi, adoravi disegnare e ti veniva così bene…” La voce di Helios si spense lentamente. Hyacinth non poteva rendersene conto, ma a lui, il fatto che lei non disegnasse più, che avesse smesso di riempire di linee perfette gli occhi del mondo, gli spezzava il cuore molto di più che sapere che aveva incontrato l’anima gemella. Era una tragedia. Lui aveva conservato tutti i disegni della ragazza su cui era riuscito a mettere le mani: tovaglioli stropicciati, foglietti di quaderni, menù di locali, locandine, brochure, per non parlare dei fogli di appunti dei dibattiti a cui avevano partecipato insieme. Aveva ancora la copia della caricatura che lei aveva disegnato sulla lavagna nell’aula di chimica e che ridendo gli aveva regalato un piovoso pomeriggio. Era un foglietto piegato, segnato dalle mille volte che lui lo aveva aperto e richiuso. Non solo era consumato sugli angoli, ma tutto il bordo plissettato, le pieghe più calcate e il colore della carta ingiallito e macchiato, lo rendeva un vero cimelio, un tesoro inestimabile per Helios, che lo teneva nel portafoglio con lo stesso amore con cui suo padre conservava la foto di famiglia quando era adolescente.

“Io… Non mi diverte pù disegnare. E se non mi diverto, non ci riesco.”

Quello che Hyacinth non riusciva a dire era che lei non riusciva neanche più a tracciare un cerchio con un bicchiere perché, ogni volta che finiva un disegno, il suo primo pensiero era quello di mostrarglielo, di farlo vedere a Helios, che la incoraggiava sempre criticandola con la sua solita ironia. Senza di lui che guardava i suoi disegni e fingeva di essere un critico giudicando tutto guardando il foglio con un finto monocolo, per poi infilarselo in tasca, non era più bello e le sembrava che non avesse più senso. Perché fare qualcosa se non poteva riderne con lui?

Quando lui non disse più niente. Hyacinth pensò che fosse deluso dal fatto di aver attraversato il paese per niente e, non riuscendo a sostenere la sua delusione, si alzò per andarsene.

“Mi dispiace, non posso aiutarti. Sei venuto per niente” disse, prima di riprendere la valigetta.

Helios la guardò girarsi e incamminarsi verso l’uscita. Colto dal panico, non sapendo bene come comportarsi, disse l’unica cosa che gli passò per il cervello in quel momento. “Siamo della stessa materia di cui sono fatte le stelle!” La sua voce, forse un po’ troppo alta e agitata, era spaventata dal fatto che potesse essere l’ultima volta in cui lui si lasciava scappare quella ragazza. Per un momento non gli importò più che lei potesse essere sposata, impegnata, o anche solamente innamorata di qualcun altro. Aveva bisogno che lei sapesse e, probabilmente, per poter andare avanti, che lei lo rifiutasse per bene una volta per tutte.

Hyacinth si bloccò al suono di quelle parole, come se lui avesse espresso un incantesimo e lei non potesse più muoversi. Il suo cuore palpitò e il respiro le si bloccò in gola: aveva usato le stesse parole dell’ultimo anno del liceo. Le parole che riguardavano solo loro. Solo loro e nessun altro.

“Helios…” disse la ragazza, girandosi verso il tavolo. Helios intravide le sue lacrime non ancora scese e si alzò per raggiungerla.

“Ti ho cercato dappertutto” sussurrò, con il cuore in gola. “Non ti ho trovato da nessuna parte: in nessun luogo, in nessuna donna, in nessun dannatissimo schizzo su cui ho messo gli occhi. E la cosa peggiore è che qualunque cosa mi ricorda te: ti vedo ovunque, ma tu non ci sei mai…”

“Hai cercato nei posti sbagliati: io sono sempre stata qui…” Hyacinth sorrise dolcemente, allargando le braccia e Helios scoppiò nervosamente a ridere.

“Immaginavo che fosse colpa mia!” Si passò una mano fra i capelli mentre la guardava e poi si rifece serio. “E ora è troppo tardi…”

“Per cosa?” chiese, allarmata, lei.

“Per noi. Hai detto di aver incontrato qualcuno che…” La voce di Helios, venne interrotta subito da una più acuta: “Dicevo che avevo incontrato te! Ma possibile che non capisci mai niente? Ero contenta di averti visto! Ma poi volevi solo i miei disegni e io, che pensavo fossi venuto per me, ho pensato che…”

Helios non la fece finire e, fatti due passi, le prese il volto fra le mani e la baciò. Mise in quel bacio tutta la frustrazione accumulata in quei dodici anni in cui non si erano visti, tutto il rammarico per quello che avrebbe dovuto essere, tutta la sofferenza per non aver creduto abbastanza in se stesso quando le aveva permesso di scordarsi di loro, ma soprattutto, mise in quel bacio tutto il calore e la passione di cui era pieno e lasciò che le sue labbra parlassero per lui.

Hyacinth rimase immobile, perché non si aspettava da Helios una mossa del genere, anche se, effettivamente, lui aveva fatto la stessa cosa la sera del ballo e lei avrebbe dovuto capire molto prima che non era come gli altri ragazzi. Lasciò che lui la invadesse, gli permise l’accesso alla sua mente e, anche se era già successo, lasciò che le riempisse il cuore. Un’emozione forte, travolgente e potentissima le prese la parte del petto che sbatteva rumorosa nel suo cervello e, lasciando cadere la valigetta, gli appoggiò le mani sul petto. Si sentiva timida, come se non lo avesse mai fatto, come se da quel gesto dipendesse tutta la felicità della sua vita, l’unico modo per essere completa.

“Quindi, la storia del libro?”

“Oh, lascia stare, Hyacinth… Non sapevo più cosa dire.”

“Potevi dire che volevi stare con me. Io… Non lo sapevo…” La voce della ragazza si fece, nonostante tutto, insicura e fragile.

“Tu non hai capito: non è che io voglia stare con te… Io non posso vivere senza di te!”

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***so che vi ho fatto aspettare tanto... scusate... ma ci sarà anche un piccolo epilogo... intanto grazie per aver letto fino a qui! :-)

   
 
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