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Autore: Star_Rover    05/09/2020    6 recensioni
Fronte Occidentale, 1917.
La guerra di logoramento ha consumato l’animo e lo spirito di molti ufficiali valorosi e coraggiosi.
Dopo anni di sacrifici e sofferenze anche il tenente Richard Green è ormai stanco e disilluso, ma nonostante tutto è ancora determinato a fare il suo dovere.
Inaspettatamente l’ufficiale ritrova speranza salvando la vita di un giovane soldato, con il quale instaura un profondo legame.
Al fronte però il conflitto prosegue inesorabilmente, trascinando chiunque nel suo vortice di morte e distruzione.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
Capitoli:
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XXVIII. La questione del prigioniero
 

Il tenente Spengler raggiunse i confini del villaggio, le strade ostruite dalle macerie erano buie e deserte. In lontananza, oltre alle colline, si udivano gli echi delle detonazioni e nel cielo notturno si potevano avvistare i lampi colorati dei razzi e i bagliori delle esplosioni.
August rifletté sulla situazione, il suo confronto con il nemico si era rivelato diverso da come si era aspettato. Il tenente inglese era onesto e rispettabile, anch’egli aveva dimostrato di essere strettamente legato ai propri valori.
Spengler era rimasto piacevolmente sorpreso dalla loro conversazione, doveva ammetterlo, aveva trascorso una serata interessante discutendo con quell’uomo.
Il tedesco sbuffò, non era certo per piacere che aveva deciso di trattenere un ufficiale britannico sotto la sua custodia. Aveva il dovere di interrogarlo, compito in cui aveva miseramente fallito.
August non era stato stupito dalla determinazione e dall’ostinazione del nemico, il suo uomo non era un traditore e nemmeno un vigliacco. Era convinto che avrebbe preferito morire piuttosto che parlare.
Spengler non poteva biasimarlo, nelle sue condizioni si sarebbe comportato nello stesso modo. D’altra parte i suoi superiori pretendevano quelle informazioni, se il prigioniero non era disposto a collaborare ogni suo sforzo si sarebbe tramutato in un inutile spreco di tempo.  
Il tenente non era intenzionato ad arrendersi, la questione dell’ufficiale inglese era ormai per lui qualcosa di personale.

 
***

Richard si domandò se avesse agito correttamente nei confronti del suo avversario. Aveva tentato di assecondarlo, senza però conoscere le sue reali intenzioni.
Ripensò a quell’incontro, era strano, ma per la maggior parte del tempo non aveva avuto la sensazione di avere a che fare con una persona ostile. Ovviamente era sempre rimasto diffidente, in quelle circostanze il suo istinto gli impediva di fidarsi completamente del nemico. Nonostante ciò non si era sentito in pericolo in presenza dell’ufficiale tedesco. Aveva compreso di trovarsi davanti ad un uomo ragionevole, che vedeva la guerra come una questione d’onore e non era in cerca né di rivalsa né di vendetta.
Entrambi avevano vissuto esperienze simili, seppur su fronti opposti.
 
Richard ripensò al prigioniero tedesco che aveva salvato dall’esecuzione. Hugh aveva preso a cuore la questione, ma non era solamente grazie a lui che quell’uomo era ancora vivo. Come sempre in queste situazioni la fortuna aveva avuto il suo ruolo, alla fine Friedhelm non era stato giustiziato per una serie di eventi favorevoli. Un prigioniero non poteva avere alcuna certezza, il suo destino restava ignoto finché qualcuno non prendeva la fatidica decisione.
Green ricordò anche l’ufficiale tedesco che quasi un anno prima aveva catturato nella terra di nessuno, salvandolo dalla furia cieca del soldato Lane.  In quel caso era rimasto impressionato dal prigioniero, il quale, ferito e umiliato dalla sconfitta, aveva dimostrato di essere ancora disposto a sfidare il suo avversario. D’altra parte egli era un eroe di guerra, era triste pensare che quell’uomo così forte e valoroso fosse ancora rinchiuso dietro al filo spinato. Di certo anche lui doveva aver provato le sue stesse sensazioni, e nonostante tutto non aveva potuto fare altro che accettare dignitosamente il proprio destino.
Richard poteva solo immaginare ciò avrebbe dovuto affrontare, probabilmente sarebbe stato deportato in un campo di lavoro in Germania o nei territori occupati dal nemico in Francia o in Belgio. In quanto ufficiale avrebbe potuto godere di un trattamento migliore rispetto agli altri prigionieri, ma questa non era affatto una consolazione.
 
Richard si distese sul suo giaciglio, era stanco e indebolito a causa della recente ferita. Nonostante la spossatezza e il dolore fisico i suoi unici pensieri furono rivolti ai suoi commilitoni. Il suo plotone era rimasto privo della sua guida, che ne sarebbe stato dei suoi uomini?
Il sottotenente Waddington aveva dimostrato in più occasioni di essere affidabile e competente, ma era ancora troppo inesperto per prendere il comando, sempre che fosse ancora vivo.
Il tenente abbassò tristemente lo sguardo, probabilmente il suo plotone nemmeno esisteva più. Dopo quella terribile sconfitta molti di quei soldati erano stati uccisi o catturati.  
Green avvertì un’intensa fitta al petto, separarsi dai suoi uomini era sempre stata una sofferenza per lui, ma quella volta era diverso. Forse era davvero giunta la fine, anche lui avrebbe trascorso il resto del conflitto dietro al filo spinato. Questo ovviamente se fosse riuscito a sopravvivere fino alla fine della guerra.
Era certo che avrebbe perso il senno distante dal fronte, con la consapevolezza che l’Esercito britannico stava continuando a combattere senza di lui. L’ufficiale non poteva nemmeno considerare l’idea di restare lontano dai suoi compagni. Anche durante la sua convalescenza aveva sopportato con difficoltà quella separazione forzata. Aveva sempre anteposto il bene dei suoi uomini a se stesso, e anche in quel momento la sua più grande preoccupazione riguardava la loro sorte.
Per un breve istante considerò la possibilità di fuggire, ma ben presto realizzò che non avrebbe avuto alcuna possibilità, soprattutto nelle sue condizioni.
Richard tornò lentamente a prendere il controllo di sé. Appena richiuse gli occhi rivide il volto di Finn. Si domandò se il suo attendente avesse avuto sue notizie, o se ancora fosse ignaro della sua condizione. In ogni caso era certo che egli non avrebbe perso la speranza.
Il tenente si rattristò, non avrebbe più potuto mantener fede alla sua promessa, finché sarebbe rimasto distante non avrebbe avuto modo di proteggere il suo amato. Finn ormai era diventato un soldato a tutti gli effetti, Richard aveva completa fiducia in lui e nelle sue capacità. Eppure inorridì al pensiero che il suo attendente potesse ritrovarsi solo in battaglia.
Non poteva ignorare il forte legame emotivo che si era instaurato tra di loro. Fin dal primo momento aveva avvertito che loro due destinati ad affrontare insieme quella guerra. Avevano bisogno l’uno dell’altro, il tenente era diventato una coscienziosa guida e un valoroso esempio per il giovane soldato, mentre Finn gli aveva donato speranza e sostegno. Era diventato la sua ragione di vita, grazie a lui era riuscito a trovare la forza di andare avanti giorno dopo giorno. Il suo affetto aveva ridestato in lui sensazioni e sentimenti che credeva di non poter più provare. Il loro amore era l’unico conforto in quella spietata guerra. Quel ragazzo era realmente la sua ultima salvezza.
Richard si abbandonò ai ricordi, per quanto dolorosi, restavano la sua unica consolazione.
 
Il tenente trascorse una notte tormentata, perseguitato da incubi e allucinazioni febbrili. Il malato si rigirò tra le coperte, il suo corpo era costantemente scosso da brividi e tremori.
Nei suoi sogni realtà, ricordi e fantasie iniziarono a confondersi.
 
Richard si ritrovò a camminare senza meta tra il fango e la nebbia, alla luce del crepuscolo riconobbe le trincee di Ypres. Il campo di battaglia era deserto, non c’erano compagni, nemici, e nemmeno cadaveri. Lungo il percorso si imbatté solamente in cinturoni abbandonati ed elmetti crivellati.
Le esplosioni echeggiavano in lontananza, il tenente proseguì imperterrito, affondando gli stivali nella melma, tra crateri fumanti e gallerie franate.
La nebbia iniziò a diradarsi, ad un tratto scorse una figura davanti a sé. Un ufficiale britannico occupava una postazione d’osservazione, era solo, immobile, a contemplare la terra di nessuno invasa dal mare verde dei gas. 
Richard si avvicinò, iniziò a gridare per farsi notare. Quando l’uomo si voltò egli rimase paralizzato dallo stupore.
«Albert!»
Suo fratello lo accolse con un benevolo sorriso: «ero certo che saresti venuto qui»
«Oh, Albert…ti prego, aiutami» implorò.
Egli si avvicinò parlando con calma e fermezza.
«Non disperarti, non è ancora tutto perduto. Devi solamente trovare il coraggio di affrontare la realtà»
Richard rispose con voce tremante: «la verità è che ho paura»
Albert poggiò una mano sulla sua spalla rivolgendogli uno sguardo comprensivo.  
«Quando eravamo bambini e avevi paura del buio venivi sempre a cercarmi. Io ti accoglievo nel mio letto, ti raccontavo una storia per rassicurarti, e alla fine ci addormentavamo abbracciati»
Richard sorrise a quel ricordo.
«Sapevo che tu avresti sempre pensato a proteggermi»
«Adesso però non sei più un bambino»
«Non importa, continuerò sempre ad aver bisogno di te»
«Questa volta non posso prometterti che andrà tutto bene»
«Non erano le tue parole a rassicurarmi, era la consapevolezza che qualunque cosa sarebbe successa tu saresti rimasto al mio fianco»
«Non avrei mai potuto abbandonarti, non l’ho mai fatto»
«Lo so» disse Richard con profonda commozione.
Albert si distaccò leggermente dal fratello, il suo sguardo tornò ad ammirare l’orizzonte oltre al filo spinato.
«Un buon comandante deve saper accettare anche la sconfitta e le sue conseguenze»
Richard abbassò il capo restando in silenzio.
«So che sei abbastanza forte da sopportare tutto questo» affermò Albert.
«Come puoi esserne certo?»
«Ti conosco bene, non ti sei mai arreso davanti alle difficoltà senza combattere»
«E se fosse troppo tardi?»
«Questo non puoi saperlo»
«Forse dovrei semplicemente rassegnarmi al mio destino»
«Potresti farlo senza avere rimpianti?»
Il tenente non riuscì a mentire a riguardo.
«Sai bene che non sono l’unico a credere in te» continuò Albert.
Richard pensò a tutti coloro che avevano deciso di riporre in lui la loro fiducia: il sergente Redmond, il dottor Jones, il maggiore Farrell, il sottotenente Waddington, il caporale Speller, il capitano Howard, Hugh e i suoi compagni…e ovviamente Finn. Perfino il tenente Foley era tra loro. Non poteva deluderli.
Poco dopo il volto di Richard tornò ad incupirsi.
«Credi che io abbia sbagliato?» domandò con voce tremante.
Albert scosse la testa: «no, hai agito con l’intenzione di salvare la vita dei tuoi commilitoni. Hai anteposto il bene dei tuoi uomini al tuo orgoglio, è stata una scelta lodevole e coraggiosa»
«Non posso evitare di chiedermi se sia stato un mio errore a determinare questa disfatta»
«In guerra ci sono situazioni in cui la sconfitta è inevitabile, non hai nulla di cui rimproverarti»
«Tutto questo non è un gioco, sono responsabile della sorte di ognuno dei miei soldati»
 «Il tuo senso del dovere è ammirevole, ma devi anche essere realista. Nemmeno il migliore degli ufficiali è infallibile»
Egli trovò un’amara verità in quelle parole.  
«Non essere troppo severo con te stesso, questo è il mio ultimo consiglio…forse il più importante»
Richard avvertì un intenso brivido di freddo nel momento in cui Albert si allontanò da lui. L’ufficiale si voltò un’ultima volta per osservare il giovane tenente Green, la sua espressione lasciò trasparire orgoglio e soddisfazione.
«Addio fratellino, buona fortuna»
Richard vide la sua figura svanire lentamente.
«No, Albert! Per favore, resta con me!»
Egli allungò la mano, ma non riuscì a percepire più nulla di tangibile, in breve tutto fu avvolto dall’oscurità.
«Albert! Albert!»
 
Richard si risvegliò urlando e sussultando. Avvertì il cuore battere all’impazzata nel petto, aveva il fiato corto ed era madido di sudore.
Istintivamente infilò una mano all’interno della giacca, stringendo tra le dita il prezioso orologio dorato. Il tenente ripensò a quello strano sogno, un fondo di verità era rimasto, era certo che nonostante tutto Albert non l’avesse mai abbandonato.
 
***

Il mattino seguente Spengler venne svegliato da una recluta alquanto nervosa e agitata.
«Signore, mi spiace disturbarla, ma…è per una questione urgente»
Il tenente sbuffò: «spero che tu abbia ragione»
«Si tratta dell’ufficiale inglese» si giustificò il giovane.
August cambiò atteggiamento e prontamente si rialzò in piedi: «avanti, dimmi»
«Le condizioni del prigioniero sono peggiorate. La ferita deve essersi infettata, ha la febbre alta»
«Qualcuno ha chiamato il dottore?» chiese con una certa apprensione.
«No signore»
«Che diamine stai aspettando? Forza, corri ad avvertire il medico!»
La recluta esitò, per un istante parve infastidita e contrariata, ma davanti al comando del tenente non poté far altro che obbedire, seppur con evidente disapprovazione.
Spengler sospirò scuotendo la testa, se al posto di un inglese ci fosse stato un suo commilitone di certo non avrebbe atteso l’ordine di un superiore per chiedere aiuto.
 
Il tenente Spengler raggiunse la cella sotterranea, il prigioniero era sdraiato sul suo giaciglio, incosciente e febbricitante. Le bende sul suo collo erano sporche di sangue, la ferita si era riaperta.
«Da quanto tempo si trova in queste condizioni?»
La sentinella non fu in grado di rispondere, poté confermare solamente di aver sentito l’inglese urlare per tutta la notte.
«Forse ha perso il senno, è già accaduto con altri prigionieri» ipotizzò.
«Quell’uomo non è impazzito, ha bisogno di cure mediche» spiegò Spengler con la sua consueta razionalità.
Il soldato si domandò per quale motivo la sorte di quell’ufficiale fosse così importante per il suo superiore. Il tenente Spengler era sempre stato un uomo dai solidi ideali, più volte aveva dimostrato rispetto per il nemico, sia sul campo di battaglia che nelle retrovie. Non si era mai accanito contro un avversario inerme poiché non tollerava alcun genere di ingiustizia. Quella però era una circostanza differente, forse era solo una sua impressione, ma sembrava che il suo comandante provasse particolare empatia per quell’ufficiale inglese.
                                                                                                                       
 
Più tardi il tenente Spengler si confrontò con il maggiore Meyer per chiarire la questione. August notò l’espressione accigliata del suo superiore.
«Per quale motivo quell’inglese non è stato ancora indirizzato nelle retrovie?»
«In queste condizioni il prigioniero non sarebbe in grado di affrontare la marcia»
«Abbiamo già fatto anche troppo per lui» commentò Meyer con tono severo.
Il tenente cercò di giustificarsi: «non si tratta di un comune prigioniero, è comunque un ufficiale»
«Crede che i nostri nemici avrebbero altrettanto riguardo nei suoi confronti?»
«Non lo so signore, ma io ho scelto di affrontare la guerra seguendo le sue regole»
«Questo le rende sicuramente onore tenente, ma qui non tutti la pensano come lei»
Spengler non capì: «che cosa intende dire?»
«I suoi uomini non hanno di certo apprezzato la confidenza che ha dimostrato di avere con il tenente britannico»
«È giusto che i soldati imparino a trattare i rivali con rispetto e umanità perché non siano accecati dall’odio e dal rancore»
«Posso comprendere le sue ragioni, ma non siamo al fronte per fraternizzare con il nemico» chiarì Meyer.
«Ne sono consapevole»
«Bene, allora credo che concorderà con me ed ammetterà il suo errore. È suo dovere risolvere la questione al più presto possibile, possibilmente senza creare ulteriori incomprensioni che potrebbero mettere in dubbio le sue competenze come ufficiale»
August acconsentì in silenzio, pur sapendo che in realtà la situazione era ben più complessa.
 
 
Quando tornò in infermeria Spengler trovò il prigioniero sveglio e cosciente. Il suo corpo fremeva ancora a causa della febbre mentre il suo volto pallido appariva come quello di un fantasma.
La ferita era stata medicata e fasciata, il dottore aveva detto che avrebbe avuto bisogno di tempo, ma che si sarebbe ripreso.
Spengler non poté ritenersi soddisfatto da quella risposta, non disponeva di molto tempo in quelle circostanze, la prossima battaglia era imminente. Nonostante ciò l’ufficiale fu lieto di sapere che l’inglese non era in pericolo di vita.
August si avvicinò al suo giaciglio, Richard lo riconobbe immediatamente.
«Tenente Spengler…» ansimò. Stranamente provò un certo sollievo nel rivedere il suo volto.
«Non si sforzi tenente, nelle sue condizioni ha bisogno di riposo»
Green ignorò le sue raccomandazioni: «come mai è venuto qui?»
«Lei è sotto la mia custodia, dunque è mio dovere preoccuparmi della sua salute»
Egli non fu sorpreso da quella risposta, ancora una volta Spengler si stava dimostrando fedele a se stesso.
Il tedesco si posizionò accanto alla branda del ferito restando in silenzio. August era un uomo onesto e corretto, ma era anche determinato e ostinato, di certo non avrebbe concluso quella faccenda senza ottenere quel che voleva.
 
***

Finn osservò la fiamma della candela che danzava nell’oscurità. Strinse i pugni fino a sentire le nocche dolere per lo sforzo, gli occhi lucidi a stento trattennero le lacrime. Ancora una volta il ragazzo avvertì di non poter gestire la situazione. Aveva eseguito gli ordini comportandosi come un buon soldato, eppure non riusciva a liberarsi dal senso di colpa.
Finn non aveva più avuto notizie del tenente Green e il fatto che nessun componente della sua squadra fosse tornato vivo dalla battaglia non era di certo rassicurante.
 
Il giovane era ancora perso in quei pensieri quando il caporale Speller entrò nel rifugio. Finn sussultò avvertendo la presenza del suo compagno.
Speller si posizionò al suo fianco: «volevo ringraziarti per quello che hai fatto»
Egli scosse le spalle: «ho solamente eseguito gli ordini»
«Hai affrontato il pericolo portando a termine un compito molto importante. Senza di te saremmo finiti tutti nelle mani del nemico»
Il giovane abbassò lo sguardo: «avrei dovuto fare di più, forse se fossi riuscito a consegnare il messaggio in tempo anche i nostri compagni sarebbero al sicuro adesso…»
«Non puoi sentirti in colpa per questo»
«Forse ha ragione, ma sento il peso di questa responsabilità»
Speller accennò un debole sorriso.
«Quando ti ho conosciuto eri soltanto un ragazzino spaventato, adesso invece ho la consapevolezza di trovarmi davanti a un buon soldato, ad un compagno al quale potrei affidare la mia vita senza alcuna esitazione»
Finn si sentì onorato da quelle parole, ma non era certo di meritare quegli elogi.
«È stato il tenente Green ad insegnarmi tutto quel che so sulla guerra» rivelò con profonda tristezza.
«Tutti noi ci sentiamo perduti senza il nostro comandante, ma al momento non possiamo fare altro che sperare per il meglio»
Il giovane restò in silenzio, in quel momento avrebbe solamente voluto trovarsi al fianco di Richard.
 
 
Finn aveva ormai terminato il suo turno di guardia quando all’improvviso avvertì delle voci concitate. Immediatamente si affrettò a raggiungere le altre sentinelle.
I soldati scorsero un’ombra aggirarsi intorno al filo spinato, pian piano la sagoma divenne sempre più nitida finché la figura non sorpassò i reticolati.
Le sentinelle avevano già i fucili puntati quando Hugh gridò di abbassare le armi.
«Fermi, non sparate! Quell’uomo è un inglese!»
Finn non credette ai suoi occhi quando al chiarore di luna riconobbe la divisa britannica e il volto del suo commilitone.
«È il sergente Redmond!»
Il sottufficiale fu tratto in salvo e portato al riparo dai suoi compagni. Redmond era sfinito e sconvolto, ma ancora tutto intero. Dopo aver raggiunto il rifugio Finn e Hugh si occuparono di lui, offrendogli una coperta e una zuppa calda.
Lentamente il sergente tornò in sé, riuscì a parlare solamente dopo essersi accertato di essere realmente al sicuro.
«Che cosa è successo?» domandò Finn con apprensione.  
Redmond prese un profondo respiro prima di iniziare a narrare il resoconto delle sue disavventure.
«La mia pattuglia aveva ricevuto l’ordine di occupare un avamposto nella terra di nessuno, era nostro dovere mantenere la postazione. Il tenente Green aveva organizzato una buona difesa, ma era chiaro che non avremmo potuto resistere a lungo. Il nemico ci aveva ormai accerchiati, abbiamo continuato a combattere, è stato uno scontro terribile, un crudele corpo a corpo senza pietà. Abbiamo resistito fino alla fine, la nostra è stata una resa onorevole. Ormai eravamo stremati, molti soldati erano gravemente feriti. Siamo stati catturati dal nemico, molti altri hanno condiviso la nostra sorte. Una lunga colonna di prigionieri inglesi era in marcia verso le linee tedesche. Abbiamo attraversato il campo di battaglia tra il fumo e la nebbia. All’improvviso il nostro gruppo si è ritrovato coinvolto in una sparatoria. In quel momento ho capito che non avrei avuto un’altra possibilità, così ho approfittato dell’occasione per fuggire. Mi sono allontanato avvertendo l’eco degli spari alle mie spalle, in qualche modo sono riuscito a distanziare i miei inseguitori. Mi sono ritrovato solo nella terra di nessuno, senza alcun punto di riferimento. In qualunque direzione avrei potuto incontrare alleati o nemici…sono riuscito a ritrovare la nostra linea per miracolo!»
Finn esitò prima di porre la fatidica domanda: «che ne è stato del tenente Green?»
Redmond abbassò tristemente lo sguardo: «anch’egli è stato catturato. L’ultima volta in cui l’ho visto era gravemente ferito»
Il giovane avvertì un nodo alla gola e gli occhi umidi. Non voleva credere in tutto ciò, il suo peggior incubo era diventato realtà. Richard era in pericolo e lui non poteva fare nulla per aiutarlo, quel senso di impotenza era insostenibile.
In quel momento Finn si sentì completamente annientato, era come se l’intero mondo gli fosse crollato addosso. Richard era sempre stato il suo punto di riferimento, il suo scoglio sicuro in quel mare di morte e distruzione. Non poteva accettare l’idea di affrontare quella guerra senza di lui. Non voleva credere di averlo perso per sempre.
Il sergente Redmond percepì la sua angoscia, pur non sapendo che il rapporto tra quel giovane soldato e il suo comandante andava oltre alla sincera stima e alla profonda amicizia. Era consapevole di non poter fare molto per aiutare il suo commilitone, ma decise comunque di provare a confortarlo.
«So che è difficile, ma devi essere forte adesso. Il tenente Green ha sempre creduto in te, non puoi deluderlo proprio ora»
Finn comprese l’importanza di quelle parole. Dopo essersi ripreso dallo sconforto tentò di reagire in modo più obiettivo e razionale. Non era giusto abbandonarsi al dolore, l’unico modo in cui avrebbe potuto continuare a dimostrare la sua fedeltà al tenente era adempire al meglio al suo dovere di soldato.
   
 
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