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Autore: lmpaoli94    06/09/2020    1 recensioni
Anni ’70.
In un piccolo orfanotrofio di una piccola città toscana, s’intrecciano le vite Lamberto, un maestro di 31 anni, e di alcuni bambini che hanno il bisogno di riscoprir la voglia di vivere dopo che sono stati abbandonati a causa della morte dei loro genitori.
Diverse storia ma con un obiettivo comune: ritrovare il sorriso in un piccolo edificio dove la tristezza ricopre un’esistenza troppo breve per essere sprecata in un modo ignobile e rancoroso.
Toccherà al giovane maestro riportare un sorriso a questi bambini dove hanno perso la speranza di vivere una vita che all’apparenza gli ha tolto tutto, ma non i sogni.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Volendo parlare a tutti i costi con la rettrice Guarini, Lamberto era disposto ad attendere la fine dei suoi colloqui telefonici e di tutti i suoi impegni.
Voleva altre spiegazioni e li voleva subito, per mettere in chiaro le cose una volta per tutte.
Ma le difficoltà per il giovane maestro erano solo all’inizio.
< Signora rettrice? > fece l’uomo cercando di attirare l’attenzione della donna correndo per i corridoi come se fosse un forsennato < Signora! Aspetti. >
Ma la donna, senza mostrare un vivo interesse verso il giovane maestro, cercò di ignorarlo come poté.
Arrivò nel suo ufficio, Lamberto vide che era impegnata ad archiviare e a trascrivere gli ultimi arrivati dell’orfanotrofio.
< Signor Rodari, mi sta forse spiando? >
< Assolutamente no, signora. Volevo solo parlare con lei. >
< Prima di parlare con me, dovrebbe mostrare un minimo di rispetto in questo luogo. >
< Cioè? >
< Non può correre per i corridoi come se niente fosse. Ai bambini non è permesso, di conseguenza nemmeno a lei. >
< Volevo solo attirare la sua attenzione > si giustificò l’uomo.
< Signor Rodari, lei è molto insistente in fatto di fare domande. Cosa c’è che la turba? >
< L’umore dei bambini, signora. Hanno paura a rimanere qui. Sono estremamente terrorizzati. >
La donna, mostrando uno sguardo serio e molto duro, cercò di essere il più diretto possibile con Lamberto.
< Signor RodarI, né, IO, Né lei, né tutti gli altri docenti sappiamo cosa vuol dire rimanere senza genitori.
La loro infelicità è il nostro principale problema. Ma in certi casi, come ad esempio la sua classe, portare la felicità a quei poveri ragazzi può essere molto più ardua del solito. >
< E se il principale problema fossimo noi, Signora? >
< Che cosa vuole dire? >
< Insomma, noi non riusciamo a mettere a proprio agio quei poveri bambini. Anche se hanno un tetto sulla testa per dormire, tre pasti al giorno e un istruzione adeguata, queste povere creature si sentono più afflitte che mai. Lei come me lo spiega? >
< Non devo spiegarle niente, Signor Rodari. Lei sta cercando problemi che non esistono minimamente. >
< Che cosa? >
Capendo che voleva sviare il problema, Lamberto non avrebbe mai trovato l’aiuto della rettrice.
E se fosse davvero lei il problema dell’infelicità di tutti quei bambini?
< Signora rettrice, si rende conto… >
< Rodari, per adesso abbiamo finito > tagliò corto la donna < Perché non usa le sue ore libere per studiare i fascicoli dei suoi alunni? Le potrebbe servire per conoscerli meglio. >
< Non mi servono i fascicoli. Ho bisogno delle risposte da lei. >
< Tutto quello che deve sapere sulla sua classe, lo deve scoprire lei. >
< Ma cosa vuol dire tutto questo?! >
< Adesso basta insistere! Lei è venuto qui per fare l’insegnante e non lo psicologo. Si impegni a fare quello che gli è stato rich9iesto, altrimenti ritornerà a Roma molto presto. >
> Mi sta forse minacciando? >
< La sto mettendo in guardia, Signor Rodari. Questo orfanotrofio è molto rispettato in tutta Italia. Lei non può venire qui e stravolgere la vita dei bambini e i programmi di noi docenti. >
> Voglio solo mettere le cose in chiaro e cercare di cambiare le cose sbagliate. >
> Per lei l’infelicità è così sbagliata? >
< Quando vedo un bambino soffrire, mi piange molto il cuore. >
< Anche se lei non l’ha ancora capito, stiamo lavorando per il loro bene. Punto e basta. >
> Vuole sapere una cosa? Secondo me lei non sta facendo abbastanza. Lei come tutti gli altri docenti. >
Capendo di aver finito le parole sui problemi degli alunni, la rettrice lo mise in guardia una seconda volta.
< Lei si sta facendo troppi nemici, Signor Rodari. E la cosa sensazionale è che è appena arrivato. Perché rovinarsi l’esistenza per così poco? >
< Io non mi rovino l’esistenza… Siete voi che la rovinate agli altri. >
< Ma come si permette?! >
< La faccenda non finisce qui, Signora rettrice. Ci aggiorneremo molto presto sul programma che ha riservato a quelle povere creature. E se vedrò che non ci saranno miglioramenti, dichiarerò lei come la principale indiziata. >
< Sta parlando proprio come un poliziotto > rispose la donna con ghigno malefico < Se ha finito con le minacce e con gli avvertimenti, può tornare benissimo da dov’è venuto. >
< La lascio alle sue scartoffie. A risentirci molto presto. >
< Spero tanto di no… E la prego di chiudere la porta, Signor Rodari. Non voglio essere più disturbata. >
< Non si preoccupi. Ho capito che se non ci sono io a darti dei grattacapi, non c’è nessuno che può disturbarla. >
< Lamberto Rodari, si limiti a stare al suo posto. Non glielo dirò una seconda volta. >
< Si figuri. Risparmi pure il fiato… Sa meglio di me che non lo farò. >
 
 
Mentre Lamberto passeggiava indisturbato per il cortile dell’orfanotrofio fissando i bambini giocare, vide uno dei suoi alunni fissare un’immensa quercia che sovrastava una piccola collinetta non lontano dall’edificio.
Incuriosito per quello che stava pensando il bambino, Lamberto si avvicinò verso di lui per attirare la sua attenzione.
< Ciao. Sei Lucio, vero? >
< Perché le interessa sapere il mio nome? > domandò duramente il bambino.
< Perché devo imparare il tuo nome e di tutti gli altri compagni. Mi sembra il minimo per un maestro alle prime armi come me. >
< Sapevo che lei era ancora giovane ed inesperto… Ma addirittura cercare di entrare nelle nostre menti… >
< Lucio, io non sono uno psicologo… >
< Allora ascolti le parole della rettrice: non si impicci in affari che non la riguardano. >
Fissando sconcertato il piccolo Lucio, Lamberto capiva di sentirsi sempre più solo.
< Io voglio aiutarti. Tu e tutti i tuoi compagni. >
< Nessuno può farlo, maestro. Noi ci limitiamo ad imparare qualcosa per non rimanere ignoranti, ma quando arriveremo alla maggiore età ed usciremo da questo istituto, secondo lei che cosa potrebbe mai cambiare? Davvero il mondo potrà accogliere degli orfani come noi? >
< Certo che sì. Perché non dovrebbe farlo? >
< Perché noi siamo i diversi. Nessuno vorrà mai avere a che fare con noi. >
< Lucio, non devi dire così… >
< Ho appena compiuto otto anni e il mondo non è tutto rosa e fiori come si può pensare. Noi non potremmo mai essere felici e spensierati. La vita per noi sarà sempre dura e sofferente. >
< Ma questo lo è per tutti i noi… Ma vediamo i lati positivi nelle cose… >
< Signor maestro, lasci perdere. >
< Non lo farò > replicò duramente il giovane insegnante fissando gli occhi senza emozioni del piccolo bambini < E tu non dovresti parlarmi così. HAI OTTO ANNI MA PARLI COME UN ADULTO. E QUESTO NON MI PIACE. >
> Qui siamo trattati così. Perché comportarsi da bambini se non possiamo essere gioiosi? È questa la nostra vita. >
< Questo orfanotrofio, invece che essere un luogo per bambini, mi sembra una scuola militare. >
< Sapevo che lei non era così stupido come ci vuole far credere la rettrice. >
< Perché? Che cosa vi ha detto sul mio conto? >
< Che non durerà nemmeno un mese. Cercherà di ribellarsi alle riforme indette proprio da lei… E lei maestro, fuggirà da questo orfanotrofio come uno sconfitto. >
< Non voglio fare il superiore, ma nessuno mi ha mai sconfitto su questo campo. >
< C’è sempre una prima volta, non crede? >
< E ti prometto che non sarà questa, Lucio. Da questo momento tu e tutti gli altri bambini vedrete il mondo sotto una prospettiva diversa. A cominciare dalle lezioni. >
< Allora non vedo l’ora di vederla all’opera domani con le sue lezioni. >
< Anch’io!... Cambiando radicalmente discorso, che cosa ci fai qui tutto solo? Perché fissi questa quercia? >
< Per combattere le mie paure> spiegò semplicemente il giovane ragazzo.
< Questa quercia ti fa’ così tanta paura? >
< Me la sogno ogni notte mentre cercò di trovare un sonno lieve… Ma le mie agitazioni e i miei incubi più profondi, sono scanditi da questo luogo che reputo maledetto… Non so mai come comportarmi dinanzi alle mie paure. Ma so che devo affrontarle. >
< Vedrai che è una cosa passeggerà, Lucio. Non devi temere. >
< E’ qui che si sbaglia, maestro: qui niente è passeggero. Se hai paura, la paura rimane. Se hai il terrore di qualcosa, devi fare di tutto per combatterlo, altrimenti la tua esistenza è destinata ad essere più sofferente. Perché noi non combattiamo solo le sofferenze della vita reale, ma anche quelle della nostra mente e del nostro subconscio interiore. >
Lamberto, che non aveva mai ascoltato simili parole da un bambino di otto anni prima d’ora, fu affascinato nel poter capire e nel poter conoscere un bambino così colto e intelligente.
< Lucio, ho capito una cosa di te: forse le tue paure sono molto forti, ma credo che un giorno riuscirai a trovare la tua felicità. E vuoi sapere come? Vedendo questa quercia non come un incubo, ma come un luogo magico che tu e tutti gli altri bambini potete scoprire. >
< Che cosa c’è di quello in questa quercia immensa, maestro? A parte la sua altezza , ovviamente. >
< Questo non so ancora dirtelo con certezza. Ma vedrai che potremmo scoprirlo insieme. >
< Lei è un uomo che non si arrende molto facilmente, vero? Mi sta davvero piacendo. >
< Ti ringrazio. È bello sentirtelo dire. >
Mentre il suono della campanella avvertiva il maestro, Lucio e tutti gli altri bambini della fine della ricreazione, Lamberto si alzò di scatto mentre veniva seguito dal suo giovane alunno.
< Sai quale è un mio piccolo desiderio, Lucio? Portare te e la tua classe a fare un giro per le meravigliose mura di Lucca. >
< Maestro, forse lei non lo sa, ma non è permesso a noi bambini uscire da questo edificio. Noi riponiamo la speranza che un giorno verremo adottati da una famiglia per bene. Ma più il tempo passa, più la speranza scompare dentro i nostri cuori e dentro la nostra mente. >
< Bisogna avere sempre speranza, Lucio. Perché quella non muore mai. >
< Io sapevo che la speranza è l’ultima a morire. >
< Secondo me invece non è così… Vedila sotto un’altra prospettiva. >
< E come devo fare? >
< Chiudi gli occhi e immaginati qualcosa di bello. Prova ad immaginare una coppia di genitori che vuole adottare un bambino intelligente come te. >
< Mi dispiace maestro, ma non so come sì fa’. >
< Che cosa state facendo qui fuori voi due? Domandò duramente la rettrice Guarini < Le lezioni si già incominciate e voi due siete in ritardo. >
< Ci scusi, Signora rettrice. Non succederà più > rispose Lucio chinando la testa come segno di vergogna.
< Vai in classe, Lucio. La tua maestra di storia ha già incominciato la lezione. >
Inorridito per come aveva trattata il bambino, Lamberto prese le sue difese cercando di fare la voce grossa.
< Non cerchi di giustificarsi e di giustificarlo. Le cose qui succedono in una certa maniera, Signor Rodari. Veda di non andare contro le nostre regole, altrimenti per lei ci saranno solo problemi. >
< Eviti di essere ripetitiva, Signora Guarini. >
< E lei veda di ascoltare le mie parole e smetta di fare il ribelle. Ci siamo intesi? >
< Adesso devo andare in classe > tagliò corto l’uomo < I miei alunni mi stanno aspettando. >
   
 
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