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Autore: Enchalott    07/09/2020    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ammissione di colpa
 
«La Violine sta comunicando!» enfatizzò Dalian, interrompendo il silenzio carico di tensione e indicando il galeone a babordo.
Aska Rei, aggrappato alle griselle madide d’acqua e sale, distinse i segnali luminosi intermittenti in un climax di ansia spasmodica. Il Pelopi era in preda alla furia, ma le onde violacee andavano perdendo il loro proposito omicida e il vento si era ridotto d’intensità. Non così la pioggia, che continuava a investire il creato in irrefrenabili scrosci.
«Per tutte le dannate onde!» esclamò entusiasta il pirata, sfilandosi il fazzoletto dai capelli brizzolati e asciugandosi la fronte «Sono a bordo! Ce l’hanno fatta!»
Rei tirò un sospiro di sollievo, sentendo l’adrenalina scemare. Quella donna, oltre a essere pazza, aveva il diavolo in corpo. O era l’amante di Manawydan. Non c’era altra spiegazione.
«Che ne dite di un bicchiere di bjorr, comandante?» propose Dalian allegro, battendogli un’amichevole manata sulla spalla «La situazione è sotto controllo. Ce lo meritiamo. E poi io non ho più l’età per affrontare certe emozioni.»
«Sì» mormorò lui, continuando a fissare i cavalloni scatenati che separavano le due imbarcazioni «Cercherò di tenerlo nello stomaco. Ne ho bisogno anch’io.»
Il filibustiere rise sonoro e fece strada verso il quadrato ufficiali.
 
Dare Yoon mosse adagio il polso offeso, fasciato dal puntiglioso guaritore della Violine. Non gli doleva più, ma non era guarito a dovere. Aveva finito per perdere la presa sulla fune perché la sinistra non era stata in grado di reggere un minimo sforzo. Avrebbe dovuto recuperare a tutti i costi la destrezza che possedeva prima che il beathir gli spezzasse l’osso. Di raggiungere Elestorya fuori forma non se ne parlava neanche: invece era costretto in quel dannato letto, pervaso dalla fastidiosa sensazione di essere stato calpestato da un’intera mandria di cavalli imbizzarriti!
Il beccheggio del galeone era calato, ma intuiva che l’oceano non avrebbe concesso tanto presto il pericoloso accostamento tra navi che gli avrebbe consentito di rientrare sulla Karadocc. Era inutile scalpitare come un puledro riottoso. Avrebbe dovuto approfittare del riposo forzato per rimettersi in salute.
Riprese a eseguire i movimenti con la sinistra, stringendo il pugno e ruotando con cautela il polso come gli aveva insegnato Eisen durante l’addestramento, per non lasciare intorpidire un arto leso.   Avrebbe preferito tenere impegnata anche la mente, che al contrario pareva andare per conto suo. Per esempio, continuava a tornare sui fatti delle ventiquattr’ore precedenti e sull’insensata risoluzione presa da Tsambika per salvargli la vita.
Forse nello scompiglio lo aveva scambiato per uno dei suoi fedelissimi: ma a voler credere a quell’ipotesi, non l’avrebbe reputata tanto altruista.  Oppure era stata a sua volta sbalzata fuoribordo e aveva deciso di fare del mal comune un mezzo gaudio per non darla vinta al Pelopi.
Mh, poco plausibile.
Non sarebbe stato strano se invece avesse deliberatamente corso quel pericolo mortale per sganciarsi dall’obbligo che aveva con lui dal duello. O per farlo sentire in debito con lei.
Ecco, tra le tre teorie questa è maledettamente la più verosimile!
Gli sembrò di ascoltare la voce divertita di Aska Rei, che gli diceva qualcosa che suonava come “sei troppo sveglio per pensare un’idiozia simile”.
Al diavolo!
La giustificazione che lei gli aveva fornito non lo aveva persuaso. Anzi, aveva certo frainteso a causa dell’ottundimento che lo fiaccava. Il concetto di rispetto per la vita viaggiava su una rotta parallela e distante rispetto a quella della scaltra piratessa.
La voce ironica di Rei si insinuò con un commento più acido. Dare Yoon sperò che non fosse l’esito della botta che aveva preso in testa. Sfiorò il bendaggio che gli circondava la fronte, ad accertarsene.
Ci mancano le allucinazioni uditive!
I passi che risuonarono lungo il corridoio al contrario risultarono reali. La porta della cabina si aprì senza nessuna bussata preventiva e il capitano della Violine in persona fece il suo solitario ingresso. Gli occhi del soldato saettarono rapidi al pugnale che il medico di bordo aveva appoggiato sul tavolino mentre lo visitava.
«Non sono qui per ovviare al mancato successo dell’oceano» affermò il pirata intercettando la direzione del suo sguardo «Rilassatevi.»
«Neppure per una visita di cortesia, immagino» ribatté l’elestoryano, osservando la preziosa sciabola che gli pendeva al fianco e il manico del coltello gemmato che sporgeva dalla cintola di damasco nero.
«No, infatti» precisò Iker senza eufemismi.
Afferrò una sedia e vi sedette a cavalcioni, appoggiando le braccia conserte allo schienale e scrutandolo accigliato.
«Sono uno che va subito al sodo, vice comandante. Vi domanderò una sola volta di chiarire una questione che mi preme.»
Dare Yoon inarcò un sopracciglio, preso alla sprovvista.
«Tsambika. Cosa c’è tra lei e voi?»
L’ufficiale lo fissò come se gli avesse chiesto di affermare che i fiumi scorrono da mare a monte e farne una ragione di vanto intellettuale.
“Presupponendo che un semplice niente non vi appagherebbe e che potrebbe apparire come un blando tentativo di aggirare l’argomento, vi risponderò che, per quanto mi concerne, oscillo tra l’insofferenza marcata e l’irritazione profonda. Per non risultare offensivo.»
Nelle iridi verdi di Iker passò un lampo di collera. Si stuzzicò con la mano il pizzetto curato, scuotendo la testa insoddisfatto.
«Tra le vostre valutazioni avete inserito la mia in qualità di imbecille per somministrarmi una panzana del genere?»
«Tutt’altro. So riconoscere una persona dotata di raziocinio. Chiedete conferma alla vostra fidanzata. Le uniche volte in cui mi sono relazionato con lei, avevo la spada sguainata, non certo per svago.»
«Esigo saperlo da voi, invece!» sbottò il capitano, perdendo l’aplomb «Tsambika, su mia pressante insistenza, ha parlato di un debito di gratitudine che ha ripagato, ma io non credo a una sola sillaba! Per tutti gli dei, si è buttata in quel mare senza pensarci! Se i miei marinai non avessero assistito al fatto, io non avrei creduto…!»
Dare Yoon sospirò, escludendo dal novero delle ipotesi la caduta accidentale.
«Sentite… sono sorpreso quanto voi. Non fremo di gioia per essere stato soccorso da una donna che non stimo e che considero solo una nemica sleale. A parti invertite non mi sarei tuffato nemmeno in uno stagno d’acqua dolce! Quanto alla riconoscenza che ha espresso, a meno che non alluda al fatto che la principessa Adara – non il sottoscritto - abbia impedito la sua esecuzione, concordo con voi: è una fandonia colossale. Ma il grado di onestà steso tra due persone che, come voi, intendono trascorrere la vita insieme, scusate, non è affar mio.»
Iker incassò l’acuta osservazione.
«Inimicizia, astio, rancore…» elencò con noncuranza «Sono sentimenti vigorosi, vice comandante. Scorrono con impeto nelle vene di un uomo e fanno ribollire il sangue, esattamente come l’amore e il desiderio. Talvolta il risultato finale è il medesimo.»
Dare Yoon aggrottò la fronte, irritato dall’insinuazione.
«Non nel mio caso.»
Il pirata non sembrò appagato dalla risposta laconica. La sua espressione si incupì.
«Ve la siete portata a letto!?» tranciò, bandendo ogni forma di delicatezza.
L’elestoryano fu tentato di ridergli in faccia, ma fu trattenuto dal rispetto che provava nei confronti di un altro essere umano che, per quanto l’evidenza fosse inconcepibile, era innamorato di una donna come quella.
«Né a letto né contro una paratia della Xiomar come avrebbe auspicato. Sfogate la vostra gelosia sulla persona sbagliata.»
Iker avvampò di rabbia e si alzò in piedi di scatto.
Il soldato tastò con le dita la scheggia di vetro, ricavata da un bicchiere mandato in pezzi, nascosta sotto le coperte a titolo preventivo.
«Gelosia?» ringhiò il pirata, percorrendo la cabina a passi irrequieti «Franchezza? Non sapete o non volete misurare le parole, Dare Yoon? La cosa che mi urta di più di voi è che avete dannatamente ragione! E che vi credo! Uno come voi non ha bisogno di mentire!»
L’elestoryano seguì il suo tragitto con gli occhi, sinceramente stupito.
«Conosco Tsambika da una vita» proseguì Iker «Fino a oggi non mi è importato che si infilasse tra le lenzuola di chicchessia. Anch’io non mi sono mai tirato indietro difronte alla possibilità di conquistare una donna, pertanto non sono il più adatto a farle la morale. Ma solo se parliamo di occasionale svago, di attrazione fisica, di gioco di seduzione. Se dovessi comprendere che la mia donna ha invece fatto l’amore con un altro… se accadesse questo, non potrei tollerarlo!»
Il soldato intese il nocciolo della faccenda e scosse la testa.
«Vi state rivolgendo a qualcuno meno indulgente di voi, capitano. Vi comprendo, ma non vi approvo. Dovreste pretendere e restituire una fedeltà assoluta, escludendo dai vostri sentimenti qualsiasi remissiva sopportazione. Dunque potete intuire come la vostra fidanzata sia agli antipodi dei miei ideali. Non ve la porterò via, non ho mai nascosto la mia totale assenza di interesse nei suoi riguardi e non accetterò alcuna avance, fosse per soddisfare un mero impulso fisico. Tsambika lo sa bene. Se vi ha fatto credere il contrario…»
«No. Ha negato qualunque coinvolgimento. Ma sono più portato a prestare fede alle vostre parole che alle sue. Pessima premessa alle nozze, non vi pare?» domandò Iker con amara retorica.
«Insana» replicò lapidario Dare Yoon.
Il capitano della Violine annuì mesto ed emise il fiato, seguitando a muovere inquiete falcate per l’ambiente.
«Mi auguro che vi rimettiate in fretta, vice comandante. È meglio per tutti che rientriate sulla Karadocc. Anche se siete un ufficiale della Guardia, avete il mio rispetto. Non vorrei trovarmi costretto a uccidervi per un fallo che non vi è ascrivibile.»
«Quanto a ciò» ribatté Dare Yoon altrettanto caustico «Non commettete l’errore di confidare troppo in voi stesso, capitano.»
«Sono più abile di Tsambika con la lama.»
«Anch’io.»
 
Quella sera l’oceano si acquietò, come se le ragioni del suo risentimento fossero scemate insieme con il definitivo allontanarsi dei quattro galeoni pirata dal Nord. Qualche stella sbocciò timida tra le nubi sfilacciate del crepuscolo, mentre le onde abbassarono le creste di schiuma in un dondolio moderato, dando ai pirati mandato per iniziare le riparazioni più urgenti.
La notte calò misericordiosa, ma non tutti si lasciarono abbracciare dall’agognata tranquillità succeduta alla tempesta.
«La Karadocc non ha subito grossi danni» riferì Tsambika, spazzolandosi la chioma nera e lucida che le sfiorava gli omeri «Dalian sostiene che dovremmo tornare a pieno regime in un paio di giorni, non è necessario ancorare.»
«Mh…» borbottò Iker, accogliendo distratto la notizia.
Se ne stava sul letto appoggiato a un gomito e i suoi occhi di intenso smeraldo si concentravano sulla fiammella languente di una lampada che aveva immediato bisogno di un rabbocco d’olio. Le collane che gli decoravano il petto muscoloso baluginavano nella penombra a ogni suo respiro e lo scintillio si rifletteva nello specchio con cadenza regolare. Tsambika lo guardò in tralice, certa del motivo del suo malumore. La discussione che avevano affrontato era caduta, ma non si era conclusa a giudicare dalla sua espressione corrucciata.
«Aspetti me per spogliarti?»
Lui non si lasciò incantare dalla profferta audace e persistette nel suo tenace silenzio.
La donna gli si accomodò sulle gambe e aprì il fermaglio d’oro, sciogliendogli i  capelli scuri, che gli si sparpagliarono in onde sulla pelle bronzea. La carezza sensuale scese sulle spalle aitanti e proseguì, ma lui le bloccò la mano.
La vampa della lucerna oscillò quasi smorzata, ma non si spense.
«Non mi va» sottolineò irritato.
La piratessa sospirò, ma non si tirò indietro.
«Come posso farti cambiare idea?»
Iker si mise a sedere, prendendole il mento tra il pollice e l’indice con una certa enfasi. Le iridi verdi lampeggiarono determinate.
«Rispondi a una domanda.»
«E va bene! Purché chiuda l’argomento salvataggio! Ne abbiamo disquisito alla nausea, sono stanca di ripetermi e detesto vederti adirato.»
Il pirata sogghignò, ma la smorfia fu più di amarezza che di soddisfazione.
«Ti saresti tuffata nel Pelopi per me, Tsambika?»
Lei sgranò gli occhi, presa in contropiede. Esitò.
La fiamma morente sullo stoppino si estinse all’improvviso, precipitando la cabina in un buio più pieno.
«Certo! Non dovresti neppure…»
Iker rise piano, interrompendola. Il suo sguardo acuto la trapassò.
«Una volta eri capace a dissimulare. O forse io ero disposto ad ascoltare le tue menzogne.»
«Mi stai accusando ingiustamente! Se non mi credi, puoi saltare giù dalla murata alla prossima tempesta!»
Si alzò incollerita, ma lui la trattenne per un polso, riportandola a sé.
«Non è necessario.»
«Allora si può sapere che pretendi da me, Iker!?»
L’uomo la guardò con attenzione, soppesando la risposta da fornire.
«Tra poche ore il mare ci consentirà di accostare alla Karadocc. Ma tu non rientrare a bordo.»
«Perché mai!?»
«Dalian può sostituirti a meraviglia. Prendila come una prova. Hai detto che vorresti lasciarla a lui dopo questo viaggio, no? Hai occasione di valutare sia il suo operato sia la tua decisione di sposarmi.”
«Sì, ma…»
«Quante obiezioni, mia cara. C’è qualcosa di fondamentale per te su quella nave?»
«Assolutamente no!»
«Bene» concluse il capitano «Ora che abbiamo risolto, penso che ti strapperò di dosso quei vestiti impudichi.»
 
Marva, il guaritore della Violine, terminò di spalmare un unguento dall’odore acre sul polso di Dare Yoon, esaminandolo di nuovo prima di ribendarlo e di fornire il proprio incontestabile consenso al rientro sulla Karadocc.
Il soldato osservò la meticolosa procedura con malcelata sopportazione: quel tizio era più scrupoloso di sua nonna quando, da ragazzino, si buscava una febbre e lei gli impediva sistematicamente di uscire all’aperto, appostandosi di guardia!
«Siete quasi a posto, vice comandante. Anche la ferita alla tempia sta guarendo, dovrete portare la medicazione per qualche giorno.»
Dare Yoon annuì rassegnato, ma senza eccepire. Nonostante facesse parte di una ciurma di filibustieri, quel medico sapeva il fatto suo e lo aveva curato come fosse stato a tutti gli effetti un membro dell’equipaggio. Forse per ordine di Iker, forse per il giuramento di non fare differenze tra gli esseri umani cui prestare assistenza. Non era importante. Mai come in quel frangente aveva scorto tanto da vicino il regno sconfinato di Reshkigal; il merito di averlo rimesso in piedi in pochi giorni, intero, era di quello stravagante bucaniere.
«Siete stato favorito dalla sorte e non è la prima volta» aggiunse il guaritore, studiandogli il palmo della sinistra con una curiosità differente da quella professionale «La vostra linea kohun, che indica la fortuna, me lo conferma. È lunga e nitida.»
L’ufficiale riconobbe il vocabolo pronunciato nel dialetto della sua terra, ma non fu lieto di sentirlo.
«Che bisogno ha una persona capace come voi di scadere in affermazioni da ciarlatano?» ribatté infastidito.
Marva sorrise con aria furbesca e sollevò gli occhi sagaci sul paziente. Gli orecchini ad anello che portava ai lobi, coperti dal foulard amaranto, tintinnarono al movimento.
«Una vecchia abitudine. Parte della mia famiglia viene dal deserto. Mio padre era un Haltaki e rispettava le tradizioni della sua tribù. Me le ha trasmesse con il sangue, non era mia intenzione arrecarvi oltraggio.»
Dare Yoon trasalì e ritirò brusco il braccio, abbassandosi la manica.
«Avendo visto il tatuaggio tracciato sul vostro petto e data la recente esperienza, ho pensato potesse interessarvi l’argomento. Sapere che avrete una vita lunga» continuò garbato il pirata.
«Non tenete conto che i daimar hanno potrebbero decidere altrimenti» rispose l’ufficiale, mantenendosi distante «Non solo per ciò che mi riguarda, ma per il mondo intero. A dimostrazione della verità che la lettura della mano è un’insensata superstizione, al pari di tante altre pratiche della stessa risma.»
«Può darsi» concesse il medico con una risata gioviale, passandosi le dita sul filo di barba bionda che gli ombreggiava il mento «Ma quale che sia il vostro destino prossimo, un tempo che dalla vostra kohsei io interpreto come prolungato, tenete conto del fatto che la vostra kohori è frammentata nella prima parte, ma poi prosegue marcata e pulita fino in fondo.»
Kohori. La traccia del cuore.
«Non credo alle ingerenze del fato» tranciò Dare Yoon «Bensì alla realtà che osservo, agli avvenimenti effettivi che, per quanto inspiegabili, posso affrontare viso a viso. Uno di essi è che voi mi avete salvato la vita con la vostra perizia medica: per questo ve ne sono grato. Perciò perdonate la mia scortesia, ma vi prego di non insistere con un discorso che cagiona il mio fastidio.»
«Come desiderate. Ma, schiettezza per schiettezza, riponete male la vostra riconoscenza. Mi vergogno ad ammettere che, quando i miei compagni vi hanno issato a bordo, vi ho dato per morto. Alla faccia della competenza che mi attribuite, non sono stato io a salvarvi la pelle. Sono arrivato per secondo.»
«Cosa?»
Marva annuì con un certo imbarazzo.
«Il capitano Tsambika non si è rassegnata dopo avervi tirato fuori da quell’inferno liquido. Ha continuato a praticarvi la respirazione artificiale finché non avete dato un insperato segno di vita. È lei che vi ha riportato tra noi.»
Dare Yoon, pietrificato, avvampò mentre il guaritore riponeva i propri strumenti.
“Per me potete tornare sulla Karadocc. Ma abbiate riguardo per voi stesso. Lo dico da medico, non da discendente degli Haltaki» scherzò.
«Sì… sì, vi ringrazio» bofonchiò l’elestoryano.
Lasciò l’uomo ai suoi compiti e si diresse senza indugi all’ampia passerella di legno agganciata tra i due galeoni, attraverso la quale i pirati si stavano scambiando notizie e materiali già da una mezz’ora buona.
Le assi uncinate di legno si muovevano, cullate dalle onde ormai placide, ma lo specchio di abisso scuro che separava le due navi accostate era tutt’altro che rassicurante. Il soldato si impose di non guardare in basso e decise di attraversare per levarsi di dosso la sensazione sgradevole che lo stava attanagliando. Appena mise i piedi sulle tavole, abbandonando la stabile sicurezza della Violine, avvertì un senso di nausea e di vertigine. Il vento, seppur moderato, gli gonfiò la camicia color indaco, insinuandosi tra le pieghe e facendolo rabbrividire nonostante la temperatura mite. La fascia azzurra che gli cingeva la vita frustò l’aria con uno schiocco. Non era abituato all’abbigliamento marinaresco, ma si era dovuto accontentare dei vestiti che il guaritore gli aveva procurato. Per fortuna l’oceano non era riuscito a strappargli dal collo il sigillo di Narsas, che luccicava solenne nella scollatura asimmetrica.
Il dondolio si dimostrò quasi insopportabile a metà strada e il cigolio del legno gli fece accelerare il passo.
Non mi farò intimorire da un semplice trasbordo solo perché il Pelopi mi ha quasi inghiottito!
Giunse con un certo sollievo alla fine del passaggio, ripetendosi che quando si cade da cavallo è necessario rimontare nell’immediato e dimostrare di possedere gli attributi. Fece per balzare sul ponte della Karadocc, ma dovette arrestarsi.
Tsambika era difronte a lui all’accesso della passerella. Non l’aveva più incontrata dalla notte in cui gli aveva salvato la vita. Per due volte.
La donna sollevò gli occhi d’onice e nel vederlo ebbe un sussulto, che tuttavia mascherò, facendo atto di voler transitare senza risultare d’intralcio. Indossava degli aderenti pantaloni rossi, fermati da una stola bianca con lunghe frange di seta, e una casacca nera, chiusa da una fila di alamari argentati. I capelli corvini, liberi alla corrente d’aria, le frustarono il viso.
Dare Yoon cedette cavalleresco il passo, badando di restare lontano dall’orlo delle assi, e lei gli passò accanto in silenzio, distogliendo lo sguardo. L’elestoryano cercò di intercettare, tra i mille pensieri che gli si affastellarono nella mente, quello che contenesse l’umiltà atta a pronunciare un doveroso grazie, che non lo avrebbe né reso meno uomo né avrebbe aperto alcuno spiraglio di amicizia nei confronti della piratessa. Ma il termine gli rimase incastrato in gola, inibito dagli interrogativi.
Era insolito che lei stesse tornando sulla Violine, ancora di più che non lo avesse guardato in volto, singolare che non avesse proferito parola neppure per vantare la propria impresa o reclamare un credito. Pensò al colloquio intercorso con Iker: forse il motivo di quell’atteggiamento guardingo risiedeva in quanto il capitano pirata aveva lasciato intendere e Tsambika stava pensando di salvargli la vita per la terza volta. Ma “guardingo” non era l’aggettivo giusto. Dare Yoon era in grado di riconoscere la sofferenza quando la incontrava. Saltò a bordo della Karadocc senza girarsi e si sentì in difetto per aver fatto la figura dell’irriconoscente presuntuoso.
«Vice comandante.»
Tsambika lo chiamò in modo formale e lui si voltò. La corrente d’aria gli scompigliò la chioma bruna, fermata sulla fronte dalla fasciatura di garza bianca, e fece sollevare il mantello di lei, che fu costretta a trattenerlo per evitare che volasse via. Le sue mani esibivano scorticature pronunciate e recenti. Il soldato aggrottò la fronte.
«Lieta di vedervi in salute. Desidero porgervi il mio commiato. Continuerò il viaggio a bordo della Violine
«Il vostro promesso sposo ne sarà felice» ribatté Dare Yoon senza la benché minima idea su come reagire alla novità.
Lei annuì, decidendosi finalmente a guardarlo negli occhi. Nelle sue iridi nere transitò un lampo di determinata impetuosità e in quell’istante fu di nuovo la leggendaria, temeraria capitana della Xiomar.
«Non è colpa vostra» gli disse pacata.
«Che cosa?»
«Se lascio la Karadocc. L’indiscreto vociare della ciurma vi riporterà la maldicenza, ma essa non corrisponde a verità. È colpa mia.»
«Non vedo come.»
«Lo è. Sono innamorata di voi, Dare Yoon. Come di nessuno mai.»
L’elestoryano spalancò gli occhi esterrefatto. La dichiarazione tuonò nell’aria come un inatteso temporale estivo e fece risuonare la propria eco frastornante nel cielo sgombro da nubi. Ma fu solo un uomo a udirla.
I secondi rotolarono veloci, mentre lui la fissava a bocca aperta, sconvolto. Si raccolsero in minuti di pesante silenzio.
«Questa… questa poi…» riuscì ad articolare.
Ma la donna gli girò le spalle e se ne andò nella direzione opposta senza voltarsi.
 
Aska Rei gli gettò le braccia al collo, privo di contegno.
«Che ne dici se adesso ti uccido io, eh Yoon? Così impari a farmi venire un colpo! Ti ho dato per perso, brutto idiota!»
«Almeno hai capito cos’ho provato io quando non ti risvegliavi più dall’intruglio Aethalas!» restituì questi, ricambiando con pari intensità la stretta maschile.
Il capitano della Guardia si scostò. Le sue iridi grigie erano lucide di commozione. Dare Yoon lo aveva visto piangere soltanto una volta, ma in quel momento pareva realmente prossimo alle lacrime.
«Guai a te se ci riprovi!» minacciò Rei.
«Non ne ho la minima intenzione. Non posso lasciare a te tutto il merito della sonora sconfitta che impartiremo ai daimar
Il compagno rise. Se il Pelopi non si fosse incapricciato, sarebbero giunti al Sud in una manciata di giorni e finalmente sarebbero corsi in aiuto alla loro gente.
«A proposito di meriti» tossicchiò Rei ironico «C’è qualcuno che ne vanta uno sorprendente e inarrivabile.»
Dare Yoon si rannuvolo. Ma sul suo viso passò anche un non digerito stupore.
«Bah…» bofonchiò.
«Obiettivamente Tsambika ti ha salvato la vita» riprese Rei, allargando le braccia «Suppongo che tu te ne stia domandando la ragione.»
Il vice inspirò, riprendendo a camminare affiancato dal compagno, che tratteneva a stento la propria curiosità per non dimostrarsi invadente.
«Ho finito poco fa il computo delle mere supposizioni.»
«Cioè?»
Entrarono nella cabina loro riservata e Dare Yoon sbatté la porta con inconsueta lena. Poi riportò le esatte parole che la piratessa gli aveva rivolto.
«E tu che hai risposto!?» sbigottì il capitano.
«Niente.»
«Come sarebbe!? Ma che diamine, Yoon!»
«Ah, perché tu in una situazione del genere avresti sfoderato un apposito glossario di commenti, scommetto!»
«No» ammise Rei, passandosi una mano tra i capelli corvini «Hai ragione. Roba da non credere. Ho pensato si trattasse di un vezzo non realizzato, di una cotta passeggera, di una bizzosa sfida!»
«Tsk! Io pure… e solo dopo che tu me l’hai fatto notare!»
Aska Rei guardò il compagno mentre si cambiava gli abiti sgargianti e si riagganciava la spada al fianco con una mossa collaudata.
«Dare Yoon, se tu fossi innamorato di una donna, me lo diresti?»
«Saresti il primo e l’unico, oltre a lei, a saperlo. Non c’è nessuna donna nel mio cuore. Tantomeno Tsambika.»
   
 
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