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Autore: allonsy_sk    08/09/2020    2 recensioni
Harry si affrettò per raggiungere Diagon Alley prima che iniziasse la cerimonia. Era un’impresa, tra la gamba che lo rallentava e la folla che gremiva la lunga stradina acciottolata e serpeggiante. Era ancora una celebrità per molti, e quindi si sprecavano le pacche sulle spalle e i saluti, soprattutto in una ricorrenza del genere, ma per fortuna il tempo aveva smussato anche la sua fama.
Sarebbe sempre stato Harry Potter, il bambino sopravvissuto, l’unico figlio dei poveri Lily Evans e James Potter, il ragazzo che aveva sconfitto il male innumerevoli volte, colui che aveva liberato per sempre il mondo magico dalle maligne spire di Voldemort.
Ma era anche l’Auror Potter, colui che aveva guidato una squadra di talenti coraggiosi nella risoluzione di decine di missioni difficili e pericolose.
Ed era anche semplicemente Harry, un uomo qualsiasi che dopo metà della propria vita trascorsa nella più turbolenta delle maniere si era guadagnato una seconda metà stranamente normale. Lavoro, amici, divertimento, qualche seccatura tipica dell’età adulta. Tutto sommato, inclusa persino la ferita che lo bloccava da due anni, andava tutto bene.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Mercoledì 2 Maggio 2018 -- Changes

 

“A cosa serve un intero libro sui fantasmi nel programma di difesa,” bofonchiò Draco, voltando pagina. 

Il tomo era enorme e pieno di pregevoli litografie che ne illustravano il contenuto. 

“Fantasmi giapponesi, poi. Come se ce ne fossero a Hogwarts. Sarebbe meglio insegnare due Schiantesimi ai ragazzini, non si sa mai quando possono servire.”

A dire il vero, erano parecchi anni che non servivano più a niente. Draco alzò lo sguardo oltre la finestra che dava sui terreni intorno a Hogwarts. Da quel punto poteva ancora osservare la tendopoli e il manipolo di maghi altamente specializzati che ogni giorno si ritrovava per incantare le mura, mattone dopo mattone. Dopo la guerra l’evento più grave verificatosi a Hogwarts era stato il ferimento di uno studente improvvido a opera di un minuscolo cucciolo… pulcino… di Ippogrifo che il guardiacaccia aveva trovato nella Foresta Proibita, forse caduto dal nido e subito inserito nel programma di insegnamento.

Draco lavorava ancora al Ministero all’epoca di quell’incidente che si era comunque risolto senza grossi problemi o danni allo studente come alla creatura, ma ricordava con chiarezza la risata che gli era sorta in petto. Il ragazzino era stato avventato, ma mai stupidamente spavaldo come era stato lui alla stessa età.

“Kappa… ok, kuchisake onna ? Ma come… non ne ho mai viste a Hogwarts. O in Inghilterra. O in Germania,” brontolò Draco tra sé e sé.

Una sottile folata di vento gelido gli scompigliò i capelli, poi una voce della stessa sostanza e temperatura di quel refolo agghiacciante gli parlò da un punto imprecisato al di sopra della testa.

“Quanta arroganza, quanta saccenza. Devi essere un mio pro-pro-pro-pro-nipote.”

Draco sospirò e si passò le mani sul viso.

Sono il tuo pro-pro-pro-pro-nipote. Draco Black, figlio di Lucius Malfoy e Narcissa Black.”

Il ritratto di Phineas Nigellus tacque. Draco era certo che se si fosse voltato l’avrebbe visto fare spallucce con alterigia. Non ne voleva sapere mica di riconoscerlo. Inoltre, il suo antenato era oltremodo irritato per il suo cambio di cognome, che mischiava ancora di più le carte in tavola.

“Chi ti ha dato il permesso di entrare qui dentro, ragazzo?” bofonchiò il ritratto dell’antico preside di Hogwarts. “Non hai neanche l’età di fare magie fuori dalla scuola.”

Draco roteò gli occhi. Sempre la stessa storia.
Dal primo giorno in cui aveva preso possesso degli uffici e degli alloggi di sua competenza a Hogwarts, i ritratti dei presidi precedenti avevano tenuto costanti consigli d’istituto al di sopra della sua testa o dietro le sue spalle, senza mai invitarlo o coinvolgerlo ma senza perdere una sola occasione di trattarlo con supponenza o mettere in dubbio le sue capacità.

Certo, era il primo preside nella storia di Hogwarts a prendere la carica a soli trentasette anni, questo doveva riconoscerlo. Ma non era strettamente necessario né propedeutico quel continuo sottolineare quanto avesse ancora la bocca sporca di latte.

“Per l’ennesima volta, Phineas, lascia stare il ragazzo,” disse la voce di Silente, quieta e infusa di divertimento. 

Draco non si era ancora abituato a sentirlo parlare. Il ritratto di Silente aveva dormito per decenni. Nella tela l’anziano mago dormiva sempre con la testa appoggiata a una mano e una ciotola d’oro colma di sorbetto al limone nell’altra. A volte cambiava mano, o la ciotola veniva sostituita da un boccale colmo di Burrobirra spumeggiante e una volta Draco avrebbe giurato di aver visto Fawkes posarsi sulla spalla del mago in un turbinio di piume fiammeggianti. No, doveva esser stato un riflesso del sole.

“Non dirmi cosa devo fare, Albus,” rispose Nigellus con spocchia. Il ritratto del preside Armando Dippett sbadigliò e tossicchiò educatamente per far cessare il bisticcio, poi su tutte si levò gelida e atona la voce di Severus Snape. 

“Nessuno mi ha avvisato del Consiglio di Istituto.”

“Perché non c’è un Consiglio di Istituto,” disse Draco, esasperato. “Stavo preparando il nuovo sillabus di Difesa contro le Arti Oscure, ma non mi pareva di avervi invitato.”

I vecchi presidi si scambiarono sguardi colmi di intesa e oltraggio - divertimento nel caso di Silente - dalle cornici ornate che li contenevano.

“Draco, ti è arrivata la risposta di- ah!” 

Gli sguardi di tutti gli antichi presidi di Hogwarts si spostarono sulla nuova arrivata. Draco non li vedeva, ma vedeva lo sguardo della donna e sentiva i loro occhi morti e magici ardere di curiosità alle sue spalle.

Aveva avuto a che fare con le Arti Oscure durante i suoi primi vent’anni di vita da averne abbastanza per il resto della sua esistenza, eppure nonostante il menefreghismo e la malizia con cui ne aveva fatto uso quando era ubriaco di giovinezza e tracotanza, doveva aver frequentato abbastanza Babbani e Nati Babbani da sorprendersi e inquietarsi di fronte ai quadri magici.

Alcuni erano quello che erano, soggetti di fantasia animati da un magico soffio vitale. Ma i ritratti… soprattutto i ritratti dei presidi di Hogwarts gli davano un brivido gelido lungo la schiena e meno incrociava lo sguardo di Silente e di Snape meglio si sentiva.

Ignorò il senso di angoscia che gli stringeva le viscere e sorrise alla nuova arrivata.

“No, Blaise, non mi è arrivato niente.”

La donna annuì, poi andò a sedersi su una delle poltroncine sistemate di fronte alla scrivania di Draco. Sfilò da sotto il braccio il faldone nero istoriato con lo stemma di Serpeverde e l’appoggiò alla scrivania per aprirla, estraendone una pila ordinata di fogli di ogni genere. C’erano piccoli rotoli di pergamena strettamente arrotolati, lettere, stampe di email e persino una Strillettera esausta.

“Quella da dove arriva?” chiese Draco, incuriosito. Allungò una mano per afferrare la lettera rossa, tutta bruciacchiata agli angoli ma Blaise gli schiaffeggiò il polso e spostò le carte perché non potesse toccarle.

“Quante volte devo dirtelo, Black , che non si toccano le Strillettere indirizzate a altri, altrimenti ripartono,” disse la donna. Si mise a sedere più comoda e si lisciò la gonna sulle gambe. Indossava un elegantissimo completo di vesti da maga all’ultima moda, in un color pavone che risaltava splendidamente contro la sua carnagione scura. I suoi riccioli naturali creavano un’aureola intorno alla testa e non mancavano mai di suscitare qualche commento tra i ritratti dei presidi. 

Draco comunque le fece il verso. “ Quante volte devo dirtelo, Black .”

Blaise scosse la testa e lo degnò di un sorriso. “Ringrazia che non ti chiamo Malfoy.”

“Zitta, zitta, che ancora faccio fatica a ricordarmi di firmare con il cognome giusto,” ammise il preside, con un breve sospiro. Gli era costato liberarsi del suo vecchio nome, rinnegare in qualche modo l’associazione con suo padre e scegliere di presentarsi al mondo con un nome che affondava le radici anche negli rami bruciati dell’albero genealogico di tutte le famiglie antiche del mondo magico.

D’altra parte, non c’erano molti Malfoy al mondo e qualsiasi cosa avesse deciso di fare della propria vita sarebbe stata marchiata a fuoco per sempre da quel cognome, tinta di incredulità se avesse scelto occupazioni ragionevoli, bagnata nella predestinazione se si fosse dato al male. 

E con il male aveva chiuso da quasi due decenni, grazie tante. 

Blaise prese la Strillettera bruciata con due dita e gliela sventolò sotto il naso per distrarlo da quelle elucubrazioni. 

“Allora? Non volevi sapere chi la manda?”

“Fammi indovinare, un genitore infuriato, un detrattore della mia famiglia, un americano random o hanno sbagliato indirizzo.”

Blaise scosse il capo. “Quasi. Questo giro si tratta dei genitori babbani di due ragazzi che rientrano al terzo anno. Sono…” Blaise si morse il labbro, poi riprese a sventolare aggressivamente la Strillettera usandola come ventaglio. “A quanto pare non gli fa molto piacere sapere che io insegnerò loro Pozioni.”

Draco si accigliò. Aveva una mezza idea di dove Blaise volesse andare a parare e la sola idea dell’insulto nascosto dietro la falsa preoccupazione di due genitori iniziò a fargli ribollire il sangue nelle vene. Non aveva intenzione di piegarsi a quel tipo di stupidità.

“Sei la migliore insegnante sul mercato. Il professor Slughorn ti adorava. Il professor Snape ti adorava. Cosa vogliono di più? Non c’è nessuno più qualificato di te.”

Blaise alzò gli occhi al cielo. “Certo, certo, ma ti ricordo che secondo quello che dice certa gente io resto sempre un uomo con la gonna.”

Draco soppresse appena in tempo un ringhio di pura rabbia. Quel discorso aveva il potere di fargli andare il sangue alla testa in meno di un secondo. Aveva vissuto abbastanza da essere entrato in contatto con il mondo babbano negli ultimi due decenni più di quanto avesse mai fatto nei primi diciotto anni della sua vita e si sarebbe aspettato una reazione del genere dai maghi , notoriamente delle teste di cazzo retrograde che non concepivano nulla di successivo all’invenzione della ruota. I babbani avevano il pregio di avere la tecnologia, l’informazione e una società mille volta più vasta in cui accettare e accogliere mille sfumature dell’essere umano. E invece… perdevano tempo a insinuare cattiverie su una delle persone migliori che avesse avuto il privilegio di incontrare.

“Risparmia le energie,” disse Blaise, mettendo via la Strillettera. “Se non gli sta bene possono mandare i loro figli altrove. Mi dicono che Durmstrang accetta ancora iscrizioni… ah già. Soltanto di purosangue con decine di generazioni alle spalle e una linea di discendenza diretta da Merlino, che peccato .”

Draco scosse la testa e sospirò, sgonfiandosi. “Blaise, mi dispiace. Lasciali perdere. Se vogliono perdere tempo a cercare altre scuole lo faranno, io non ho intenzione di scusarmi per qualcosa che non prevede scuse. Ti ho scelto perché sei capace e preparata.”

“E perché ti sopporto.”

Draco si passò una mano sulla faccia. “Beh sì. Riaprire Hogwarts con un occhio al progresso non sarà una passeggiata. Mi pare il minimo scegliermi una vicepreside che sia in grado di sopportarmi.”

Blaise gli sorrise un po’ sarcastica, poi prese a sfogliare gli altri documenti.

“Qui abbiamo gli ultimi rapporti dei Maghi Costruttori, una lista dei ragazzi che hanno ricevuto la lettera quest’anno, suddivisa per anno da frequentare. Abbiamo avuto richieste per dei corsi di recupero da parte di chi ha perso anni durante le varie chiusure della scuola-tenda. Dovremmo organizzarci in tal senso con staff supplementare.”

Draco sbuffò. Non era facile già completare l’organico per i corsi regolari, figurarsi attivare dei corsi supplementari. E allo stesso tempo avrebbe voluto farcela nel migliore dei modi, ben consapevole che qualsiasi suo gesto sarebbe stato sulla bocca di tutti.

Arroccato negli uffici del preside nelle viscere di un castello fatato in Scozia, Draco poteva fingere di essersi lasciato alle spalle le dicerie di Londra, i pettegolezzi e l’alone di deprimente mistero e giudizio che gli pesava addosso da quando aveva divorziato da Astoria. 

“Chi altro ti ha risposto fino ad ora?”

Blaise ammiccò e prese un mazzetto di fogli spaiati pinzati insieme nell’angolo a sinistra, poi trasse un paio di occhiali da lettura da una tasca della veste e li inforcò, schiarendosi la gola.

“Longbottom è estasiato di accettare la cattedra di Erbologia. Non vedeva l’ora di tornare. Weasley ha detto che non ce la fa per la cerimonia di apertura, è ancora in giro per la Coppa del Quidditch, ma ci raggiungerà entro la fine di settembre. Tannebaum ci ha mandato una mail molto dettagliata con i suoi progetti per la biblioteca, completa di fogli excel e sistemi di catalogazione. Fossi in te gli farei fare un corso accelerato di Aritmanzia. È un Magosì, non ha mai tenuto una bacchetta in mano, ma secondo me nel giro di un mese diventa un’autorità sull’argomento. Poi vuoi mettere ricevere la lettera da Hogwarts a trent’anni? A quanto pare i Babbani impazziscono per questa cosa.”

“Ti sei documentata approfonditamente.”
Blaise schioccò la lingua contro il palato. “Sono la migliore, Black , ricordatelo.”
“Lo sei, andiamo avanti. Oltre al corpo docente hai avuto risposte anche per lo staff segretariale?”

Blaise sventolò un’altra email stampata. “Tutte le segretarie che vuoi. Abbiamo anche un vero custode e una vera governante che si occuperanno di questo castello senza terrorizzare i ragazzini di prima con punizioni passate di moda cinquant’anni fa. È un sollievo che il vecchio Gazza abbia deciso di andare in pensione. Questa scuola ha bisogno di aria fresca.”

“A proposito di aria fresca,” disse il ritratto di Silente, che era stato buono per i fatti suoi fino a poco prima. 

I due maghi non fecero in tempo a voltarsi e a capire cosa intendesse che tutte le finestre dello studio del preside si aprirono di schianto, facendo sventolare ovunque le tende che lo stesso Draco aveva fatto levitare fino al proprio posto giusto quella mattina. 

Un piccione viaggiatore si catapultò nella stanza rotolando per terra. Dopo una derapata degna di un rally su sterrato il piccione si tirò su e si diede una sussiegosa lisciata alle piume tutte arruffate poi zampettò sulla scrivania di Draco e fissò entrambi i maghi con un occhio tondo e inquisitivo. 

“Mi aspettavo minimo un falco pellegrino…” borbottò Blaise. Tese la mano verso il piccione, che per tutta risposta le tubò qualcosa che senza dubbio era una parolaccia in piccionese, ma comunque alzò la zampina per consegnare il messaggio che vi era legato. 

Era una piccola striscia di pergamena tutta schizzata di inchiostro viola e con qualche sbaffo di ceralacca. In un angolo c’era un pezzo di timbro del Ministero, Draco l’avrebbe riconosciuto anche a occhi chiusi. 

Si rese conto che da quando il piccione era arrivato con tanta fanfara gli era salito il cuore in gola e non perché si fosse spaventato. Era quasi certo che si trattasse della risposta di Potter, dalla quale dipendeva gran parte del successo della riapertura di Hogwarts. 

Non gli aveva offerto un impiego soltanto in memoria dei vecchi tempi, no, anzi. Non glielo avrebbe offerto se Harry fosse stato ancora in servizio attivo come Auror. Il mondo magico aveva bisogno delle sue capacità in quella veste. Ma Harry era bloccato all’ufficio comunicazioni del Ministero, sprecato per fare l’azzeccagarbugli tra gufi e memo volanti. 

Chi meglio di lui avrebbe potuto insegnare Difesa contro le Arti Oscure nella nuova Hogwarts?

Nessuno.

“È Potter,” disse Blaise. Gli porse la striscia di pergamena ma Draco non era certo di riuscire a leggere. Per fortuna Blaise non era tipo da usargli alcuna deferenza e aveva già letto il messaggio.

“Ha accettato. Sarà qui tra una settimana.”

 

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