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Autore: V4l3    10/09/2020    3 recensioni
Dal testo [...] Alex ripensò a quella conversazione avuta con Francesca e si chiese perché sia lei che la madre fossero così convinte che lui l’avrebbe aiutata, non erano parenti, non avevano niente in comune e lei ora era lì per stravolgergli la vita.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Erano partiti così, nel buio di una notte senza stelle, coperte da nuvole gonfie di pioggia che si era riversata appena fuori la città, ma Alex dovette ammettere di sentirsi sollevata di potersene andare da lì, voleva anche lei tornare a casa e quel pensiero le colorì le gote, perché ormai per lei quel piccolo paese, quella casa diroccata, erano casa; ma lo era soprattutto la persona che sedeva al suo fianco, era l'uomo che le faceva battere il cuore ogni volta che i suoi occhi si posavano su di lui. 

L'aveva difeso, sì, lo aveva fatto apertamente davanti alla Signora Margaret, cercando di appianare quel momento di tensione che si era venuto a creare e del quale, lei, in qualche modo ne era stata la causa; forse avrebbe dovuto evitare di raccontare i suoi trascorsi, della sua famiglia e di sua madre che l'aveva costretta a fuggire dal suo paese; un leggero sorriso le colorì il volto nel ripensare a come, quel concetto di costrizione, si fosse completamente trasformato: per lei era stata una salvezza andare lì e, non tanto per quel nome che si portava addosso, quanto per aver avuto la possibilità di conoscere Jason e forse voleva che quella donna che le era sembrata gentile e comprensiva, capisse soprattutto che suo figlio stava facendo quelle azioni, per un valore più alto rispetto a quello che chiunque avesse potuto pensare e lei voleva che almeno la Signora Margaret lo sapesse.

-Sai guidare, Alex?- la domanda di Jason la ridestò dai suoi pensieri, si girò a guardarlo sorpresa, erano due ore che si erano messi in viaggio

-Sì, ho la patente, ma non ho mai avuto un'auto- rispose e lui sorrise senza guardarla, la fronte un pò aggrottata e un'espressione sofferente sul volto

-Bene- e iniziò a rallentare e ad accostare su un piccolo slargo lungo la strada; un leggero panico pervase l'animo di Alex

-Che..che cos'hai in mente?- gli chiese quando si fermò completamente

-Devo assolutamente chiudere gli occhi- le disse spiazzandola –Il mal di testa mi sta facendo impazzire, devo prendere un altro antidolorifico e aspettare che faccia effetto- le spiegò – ti va di guidare un po'?- lei si ritrovò a sgranare occhi e bocca per quella richiesta, sapendo quanto ci tenesse al suo pickup

-Ma sei sicuro?- lui rise

-No- le rispose facendola indispettire- ma non ho alternative- e lo vide non trattenne una risata alla sua espressione stizzita

-Ma se vuoi ci fermiamo più avanti e aspettiamo- le disse –certo non è proprio il massimo, rischiamo una multa, ma almeno non devi guidare- lei sbuffò

-Si chiama vendita negativa quello che stai facendo!- la sentì dire e Jason non si trattenne dal ridere mentre tirava fuori dalla sua borsa l'antidolorifico, nonostante sentisse le tempie pulsare

-Vendita negativa?- chiese guardandola mentre si prendeva una pasticca e beveva un po' d'acqua, lei seguì ogni suo movimento come una falena con la luce, per poi sospirare e distogliere lo sguardo

-Sì, quando qualcuno vuole convincere qualcun altro e lo fa invertendo i ruoli, cioè se tu fossi un venditore mi diresti "Perché dovresti accettare quello che ti propongo, in fondo non è poi così importante" e io, se fossi la cliente, avvertirei anche una sorta di senso di colpa e mi sentirei in dovere di rispondere "Te lo dico io il perché" dandoti degli spunti affinchè tu possa portarmi a fare ciò che vuoi- disse risoluta lasciandolo sorpreso per poi farlo ridere di gusto e lei non si perse neanche un'espressione, trovandosi a sorridere anche lei

- Molto interessante, devo ammetterlo! Chi te lo ha insegnato?- le chiese e Alex sorrise

-Mamma- rispose ovvia– prima di sapere che il cancro era irreversibile, aveva deciso di iniziare un corso di vendita, era piuttosto brava, sai?- Jason la guardò completamente spiazzato da quell'ammissione

-Era molto brava con le persone- confermò dopo qualche istante ricordandola ancora una volta e la vide sorridere malinconica

-Sì, è vero, infatti qualunque lavoro avesse fatto, era brava a interagire con clienti e colleghi, tant'è vero che uno dei suoi ultimi lavori era nell'immobiliare e aveva subito ottenuto belle soddisfazioni- Jason sentì una morsa stringere il suo cuore pensando ad Emma, conoscendo un tratto di quella vita della sua amica che gli era stata negata e, a quel pensiero, il dolore alla testa si fece più acuto, iniziava davvero ad essere insopportabile

-Dai siediti al mio posto- le disse scendendo dal pickup stando attento al giramento che sentì; Alex rimase ad osservarlo muoversi con attenzione, il viso dolorante e non poté che prendere il posto di guida, vedendolo sedersi al suo fianco con un sospiro reclinando leggermente la testa indietro

-Come ti senti?- gli chiese, lui sorrise chiudendo gli occhi

-Uno straccio usato starebbe meglio- affermo sentendola sorridere –Te la senti davvero, Alex?- le domandò più serio, girando leggermente la testa per osservarla, lei deglutì e tornò a guardare la strada

-Si, penso di potercela fare- affermò facendo spuntare un sorriso sul volto di Jason per l'espressione convinta che aveva assunto mentre si sistemava il sedile

-Devi andare sempre dritto, non ti puoi sbagliare- precisò lui vedendola rimettere in moto –ma se ti senti stanca, dimmelo che ci fermiamo un po'- aggiunse e lei si girò a guardarlo con un sorriso sul volto

-Non ti preoccupare, non ho sonno per niente, sono abituata a restare sveglia e sono felice di guidare un po'-così dicendo mise la freccia e si rimise sulla strada, avvertendo una strana sensazione trovandosi a guidare l'auto di Jason: aveva pensato fosse complicato gestirla, essendo così grande, si era fatta prendere dalle dimensioni, ma si dovette ricredere perchè in realtà era molto più semplice di quella specie di barattolo rosso, senza servosterzo e senza aria condizionata con cui aveva imparato e che la faceva sudare ogni volta che doveva far manovra; al contrario il pickup sembrava un giocattolo

-Ti va di parlarmi un po' di Emma?- Alex si tese leggermente alla domanda di Jason

-Pensavo volessi dormire, non ti fidi vero?- e lo sentì ridere al suo fianco

- Mi fido ciecamente di te, Alex- e lei sentì di nuovo il sangue scorrere troppo velocemente -volevo solo conoscere un po' meglio quello che avete vissuto- Alex sorrise appena, continuando a guardare la strada

Seguirono attimi di silenzio, quando la voce di Alex riempì di nuovo l'abitacolo

-Mamma ha sempre lavorato da che mi ricordo- iniziò a raccontare – facendo di tutto; quando ero molto piccola aveva trovato lavoro in un bar, la signora Marta, la proprietaria del locale ci aveva preso molto a cuore ed era estremamente gentile, mamma si faceva voler bene perché non si lamentava mai e lavorava sodo; quando era al bar, di solito la mattina, mi lasciava ad un nido d'infanzia, ma non ricordo molto di quel posto, vivevamo vicino Livorno e siamo state lì fino a che ho compiuto tre anni- un sorriso le colorì il viso a quei ricordi –poi da lì ci siamo spostati ancora e per i successivi due anni; se non mi sbaglio, ci siamo spostati a Genova, dove ha lavorato come fruttivendola al mercato, per un pò, ma non si trovava molto bene perché gli orari erano stressanti, soprattutto con me piccola, doveva alzarsi di notte, lasciandomi alla portiera del palazzo dove vivevamo, una signora anziana che mi teneva in casa sua fino al ritorno di mamma, di solito a pranzo; trovò poi lavoro come commessa in un negozio di profumi

-Come si chiamava la portiera?- chiese Jason curioso non distogliendo mai gli occhi da Alex

-Anna, avrà avuto settant'anni ed era vedova senza figli, non le pareva vero di avere una bambina per casa, era una nonna per me- rise a quei ricordi –mi ricordo l'orologio a pendolo che suonava a mezzogiorno, faceva un suono infernale perché mezzo rotto- Jason sorrise, sentendo però il suo cuore fare male

-Dopo siamo ripartite e siamo andate a vivere per un anno in montagna, vicino Cortina, lì mamma aveva trovato lavoro come aiuto cuoca nelle cucine di un albergo, vivevamo in una delle stanze, ma lei odiava il freddo, mentre a me piaceva mettermi davanti la finestra e guardare la neve, sembrava un posto incantato, tutti i rumori venivano attutiti e l'aria sembrava di cristallo- sorrise a quei ricordi- da lì siamo ripartite e siamo andate in Abruzzo, dove siamo rimaste per circa due anni, è stato fino a quando lui non ci ha trovato- Jason ricordò che lei lo aveva raccontato la sera in cui aveva avuto quella crisi

-Lì stavamo benissimo, mamma aveva continuato a lavorare per un albergo, come cameriera e alla fine era diventata direttrice di sala, lavorava molto, ma era anche molto brava, i clienti la adoravano e il responsabile, il Signor Alberto, era entusiasta di poter lasciare un po' del lavoro a qualcuno, le avrebbe fatto fare carriera, ma poi siamo state costrette a lasciare tutto- un sospiro le sfuggì dalle labbra –Andavo a scuola e avevo fatto amicizia con una bambina di nome Sara che mi faceva ridere tanto, era simpatica e giocavamo sempre insieme, mi dispiacque tantissimo andarmene, ma adesso capisco che non avevamo alternative- disse sentendo il magone avvolgerle le membra

-Non deve essere stato facile per voi- la voce di Jason era bassa, ed Alex sentì il tono triste con cui le parlò

-Sicuramente mia madre ha sofferto il dovermi spostare continuamente, a quell'età avevo iniziato a non essere più così contenta di cambiare ogni volta città, ricominciare sempre con persone nuove, lasciare amici con cui stavo legando e iniziare da capo ogni volta, ma credo che lei abbia sofferto di più, anche se non l'ha mai dato a vedere- Jason sospirò guardando la strada

-Era brava a nascondere il dolore- disse e Alex sentì lo stomaco farle male, perché era proprio così: sua madre era stata brava a nascondere il dolore subìto e tutto quello che si portava addosso

-Poi dove siete state?- chiese Jason tornando a fissare il volto di Alex

-Siamo state a Padova per due anni dove ha iniziato prima come aiuto parrucchiera, ma poi cambiò e iniziò a lavorare dentro un'agenzia immobiliare, ma anche lì ci siamo spostate e siamo andate a vivere per un po' a Bologna, dove mamma ha continuato a fare lo stesso lavoro in un'altra agenzia dello stesso gruppo-

Il volto di Alex era concentrato sulla strada, ma lui sapeva che dentro quegli occhi c'erano tutti quegli anni trascorsi tra una città ed un'altra, le difficoltà che Emma aveva dovuto affrontare con una bambina al suo fianco e non poter contare su nessuno se non su sè stessa; ed ora, tutta quella forza era concentrata in una ragazza di neanche vent'anni che aveva scoperto un passato ancora più nascosto rispetto a quello che lei poteva e avrebbe potuto capire all'epoca; 

-Da lì?- chiese Jason vedendo che Alex non continuava

-Dopo quattro anni e mezzo, mia madre ha scoperto di avere un tumore- disse gelandolo –se ne accorse perché aveva iniziato a non sentirsi molto bene, ma non gli aveva dato peso, sicura fosse lo stress, ma quando la cosa stava iniziando ad essere troppo strana, decise di farsi vedere e purtroppo era un tumore- la gola le si era fatta secca a quei ricordi –così ha deciso di tornare a Roma dove è rimasta fino alla fine- aggiunse sentendo gli occhi farsi lucidi, mentre la strada proseguiva e la notte era ancora fitta intorno a loro

-Perché? Perché dobbiamo partire di nuovo?- era così stanca di fare i bagagli e spostarsi, Emma la guardò con apprensione mentre sistemava la valigia sul letto

-E' meglio, tesoro- si limitò di dirle

-Viviamo qui da un po' e stiamo bene, ci sono centri che ti possono curare anche qui-insistette con le lacrime agli occhi vedendo sua madre sospirare stanca, una leggera smorfia le apparve sul viso, mentre si sedeva sul letto, sembrava davvero molto stanca e lei pensò che le pasticche che doveva prendere tre volte al giorno la stavano debilitando invece di aiutarla

-Lo so Alex e hai ragione, ma sto più tranquilla se torniamo a Roma, da Francesca - le disse –ho bisogno anche di lei, adesso più che mai- quell'ultima frase colpì Alex che avvertì un certo malessere nel sentirla parlare in quel modo

-Mamma che ti ha detto il medico?- le chiese e Emma la guardò sorpresa per quella domanda diretta, osservò il viso della giovane ragazzina che era diventata sua figlia: i suoi lineamenti stavano cambiando, lasciando quei tratti infantili e tondeggianti, per dare spazio ad un viso più sottile, i suoi occhi erano diventati più profondi e intensi, il suo fisico stava crescendo e mentre la osservava in tutta quella bellezza pronta a sbocciare, un sorriso dolce le colorì il viso

-Mi ha detto che per guarire devo andare a Roma perché ci sono degli specialisti- mentì –ci vorrà un po' di tempo e non posso permettermi di aspettare oltre- Alex sospirò affranta

-Ma un giorno torneremo qui?- le chiese con ancora un barlume di speranza ed Emma sentì il cuore stringersi a quella richiesta, sapeva quanto la figlia si fosse ambientata e amasse quel posto, si sforzò di sorriderle

-Certo, appena starò meglio- e il volto di Alex si rasserenò e le sorrise

-Vedrai che presto starai bene, così da poter tornare qui e poter aprire un tuo negozio- enunciò Alex, chiamando negozio quello che per Emma era un'agenzia immobiliare tutta sua e sentì il cuore dolere perché sapeva che non ci sarebbe stato nessun ritorno, il passato era destinato a rimanere tale e così i suoi sogni: lei non avrebbe rivisto quella città che aveva imparato ad amare, piena di vita e di persone che l'avevano aiutata e dove aveva scoperto quanto fosse bello vendere case, che le aveva fatto capire che poteva essere brava nel suo lavoro e molto apprezzata da colleghi e clienti. Ma adesso, doveva proteggere ancora di più sua figlia, alla quale non poteva ancora dire nulla di quello che davvero le aveva detto il medico; paradossalmente proprio il ritorno nella città da cui era fuggita, era l'unica alla quale poteva far appello perché l'aiutasse in questo ultimo tratto della sua breve vita, pregando perché avesse tempo per poter sistemare le cose e permettere ad Alex di poter essere libera.

-E' per questo che prima mi hai detto che sei abituata a stare sveglia?- le chiese lui dopo qualche attimo, Alex sospirò sentendo il nodo alla gola stringere un po' di più

-Sì, ero sveglia ogni volta che lei aveva la cura, perché stava malissimo- spiegò non accorgendosi di come quelle parole penetrarono come una lama nell'anima di Jason –a volte, mi svegliavo con il panico e andavo in camera sua e mi mettevo lì ad osservarla respirare, mi tranquillizzava vedere che il suo petto facesse su e giù, sentire i suo respiro- un lieve sorriso gli colorì il volto, nonostante gli occhi lucidi –lei quando si svegliava mi trovava rannicchiata sulla poltrona vicino e si arrabbiava ogni volta perché voleva che io stessi bene, che riposassi- si fermò mordendosi un labbro –per questo chiese alla fine il ricovero- aggiunse e sentì quel dolore riaffiorare, prendere la sua carne e riproporle tutto quello che aveva sentito e provato in quegli anni, come se niente fosse stato cancellato, era ancora tutto lì e forse mai l'avrebbe lasciata, ma sperava di poter imparare a conviverci.

Aprì gli occhi di scatto, come se non si fosse neanche addormentata, si alzò quasi subito, sentiva caldo e un senso di oppressione le comprimeva il petto. Uscì piano dalla sua stanzetta e con il cuore in gola si avvicinò alla porta subito sulla destra, un po' di luce filtrava dalla finestra che rimaneva sempre con le persiane aperte per permettere alla luce del mattino di entrare, come piaceva a sua madre e la trovò nel letto, distesa sul lato destro, come era solita dormire. Alex si avvicinò piano, senza far rumore, ma con l'ansia che non l'avrebbe lasciata finchè non si fosse sincerata che respirasse ancora. Fece ancora qualche passo verso il letto, si avvicinò alla poltrona che teneva lì accanto e con trepidazione rimase in ascolto, ogni muscolo teso in quell'attesa che per lei valeva più di ogni altra cosa; alla fine quel leggero respiro le riempì le orecchie e lei si ritrovò a buttare fuori l'aria che stava trattenendo, il suo corpo si rilassò all'istante e la morsa allo stomaco sembrò diventare meno fastidiosa. Con gambe ancora tremanti si sedette sulla poltrona rivolgendo gli occhi verso il corpo della madre, era rannicchiata e dormiva serena, nonostante avesse avuto la chemioterapia il giorno prima, per fortuna questa volta sembrava essere andata discretamente bene, aveva dato di stomaco solo tre volte subito dopo, riprendendosi già quel pomeriggio, di solito non le bastavano tre giorni .

Si strinse le braccia al petto, poggiando la testa sullo schienale, senza mai staccare lo sguardo da quello della madre, ora di un pallore innaturale, dato non certo dalla luce della notte, ma da quello che da ormai più di un anno e mezzo era costretta a subire per sopravvivere.

Quando aveva capito che la situazione di sua madre fosse grave, aveva avvertito il buio avvolgerla, sprofondare in un abisso dal quale non riusciva a vedere la via d'uscita. Parlando con Francesca, che aveva cercato di tranquillizzarla, aveva capito la situazione delicata della madre, aggrappandosi con tutte le sue forze a quel barlume di speranza che ti fa credere che forse i miracoli al mondo esistono e avere la fortuna di vederne uno. Con quei pensieri i suoi occhi si fecero sempre più pesanti, finchè non si chiusero e lei si addormentò, pregando.

La mano di Jason le si posò sulla sua sorprendendola e riportandola in quel pickup, si girò un attimo a guardarlo, l'espressione afflitta, tanto quanto dovesse essere la sua, condividevano quell' angoscia infondo; strinse quelle dita ruvide trovando il conforto che in quel momento poteva darle solo lui, solo colui che conosceva tutto

-Scusami, Alex, non avrei dovuto chiedertelo- Alex incrociò quello sguardo profondo come quella notte e gli sorrise tornando a guardare davanti a lei

-Quando fu ricoverata, in un primo momento non volevano che restassi lì, ovviamente, ma dopo un po' che mi vedevano tutti i giorni, l'infermiera Sandra e il Dottor Rossi, mi lasciarono spesso dormire lì con lei, anche se questa cosa la faceva sempre arrabbiare, perché preferiva sapere che riposassi nel mio letto, nel nostro minuscolo appartamento- un tiepido sorriso le colorì il viso –ma non avrei mai dormito sapendola lontana da me, quando accadeva, passavo le notti a rigirarmi nel letto, con l'angoscia che il telefono potesse squillare da un momento all'altro- un sospiro le uscì dalle labbra, come se quell'angoscia si fosse fatta di nuovo sentire, ricordandole che quello che aveva provato non poteva essere cancellato e fosse solo lì, meno visibile, ma sempre con lei

-Spesso di notte, quando ero più piccola, mi svegliavo e la trovavo a scrivere, sai?- gli disse dopo diversi istanti, stupendolo – Sono sicura fosse il momento che preferiva, quando tutta la città taceva e non c'era nessuno a poterla disturbare, sapevo che adorava quei momenti e io mi nascondevo, mi piaceva osservarla: seduta su quella sedia, con una gamba accavallata, il caffè fumante vicino e tutto intorno il silenzio di cui aveva bisogno; poi una notte mi decisi ad avvicinarmi- rise a quel ricordo, nonostante il cuore facesse male –si spaventò molto, perché non mi aveva sentito- la risata di Alex contagiò anche Jason –le chiesi cosa facesse, così mi prese in braccio e mi fece vedere il foglio che aveva davanti e mi disse che era una lettera, ed era destinata ad una persona speciale- Jason sgranò lo sguardo a quella confessione – quando gli chiesi chi doveva riceverla lei mi disse che era il suo miglior amico e aggiunse "Alex, io ho avuto la fortuna di conoscere una persona davvero speciale, quando troverai una persona così, non lasciartela scappare"- Jason sentì una morsa chiudersi intorno alla sua carne, gli occhi pizzicarono e dovette guardare fuori dal finestrino per ritrovare la calma a quelle parole 

–Ma con la malattia non è più riuscita a farlo così spesso e questo so che l'affliggeva ancora più della malattia stessa- aggiunse ricordandola quando provava a prendere la penna per scrivere, ma faticasse a tenerla ferma sul foglio e alla fine desisteva con quel tormento negli occhi che lei non riusciva ancora a vedere; con il senno di poi, Alex capì la frustrazione che doveva provare sua madre nel non riuscire a parlare al suo miglior amico, a quanto avesse voluto averlo accanto, eppure aveva desistito dal farsi aiutare a scrivere, o nel chiamarlo. A modo suo, Alex si convinse che sua madre, avesse amato moltissimo Jason, talmente tanto da lasciarlo andare, non imponendogli il suo modo di vivere, la sua vita.

-Ti...ti ha dato fastidio che te lo raccontassi?- Alex, si rese conto del silenzio che regnava ormai da un po', aveva visto Jason rimanere scosso da quanto gli aveva raccontato e subito si era preoccupata del fatto che forse non avrebbe dovuto dirgli nulla, sapendo quanto ancora faticava ad accettare la morte di sua madre e il fatto che non avesse più avuto modo di poterla vedere, poterci parlare

-No, al contrario- le rispose con voce bassa, un po' strozzata e un sospiro gli uscì dalle labbra mentre continuava a guardare fuori la notte che stava lentamente sbiadendo, chiedendosi cosa avesse davvero provato la sua amica, trovandosi sola ad affrontare quello che gli era capitato

-Appena puoi accosta- le disse dopo qualche minuto e Alex senza replicare fece quanto richiesto, individuando una piazzola di sosta; lo vide scendere dal pickup e fare qualche passo lontano, il vento gli scompigliò i capelli, lo vide fermarsi con le mani ai fianchi, la testa bassa, le dava le spalle e si vedeva che stava cercando di ritrovare la calma che evidentemente gli aveva fatto perdere.

Dopo qualche attimo, scese anche lei, l'aria era fredda a quell'ora e un vento invernale soffiava imperterrito, spingendo le nuvole ad inseguirli nel loro tragitto, gli si avvicinò e quando gli fu vicino con mano tremante gli toccò la schiena, sentendolo irrigidirsi sotto quel tocco

-Mi dispiace tanto- gli disse –ma volevo farti sapere che eri sempre nei suoi pensieri e che trovava pace solo quando poteva scriverti- lui rimase fermo facendo un lungo sospiro; si voltò verso di lei con sguardo lucido da levarle il respiro e l'abbracciò forte senza dire nulla, la strinse in un modo che le sembrò di fondersi con il suo corpo, trovandosi a stringere le sue esili braccia ai suoi fianchi; lo sentì abbassare il capo verso di lei

-Grazie, mi hai regalato un pezzo di quel puzzle che cerco di completare da anni- le disse piano e lei si strinse ancora di più a lui, volendogli infondergli un po' di forza, se mai ne avesse avuta, avrebbe voluto trovare il modo per non farlo sentire così, ma sapeva che quello che aveva legato Jason e sua madre era stato qualcosa che nessuno avrebbe potuto aggiustare, correggere, migliorare, nemmeno lei.

La tenne stretta al suo corpo, inebriandosi di quel calore, di quel profumo, cercando di trovare un po' di calma, dopo quelle parole che avevano fatto male; avevano ferito lì dove le cicatrici non si erano mai del tutto rimarginate correttamente, ma allo stesso tempo, ringraziò che fosse stata proprio lei a raccontargli quel passato, a raccontargli di Emma; e lui lo sapeva, l'aveva sempre saputo che gli era stata accanto seppur non fisicamente e ora gli aveva regalato, in qualche modo, la possibilità di conoscere il piccolo miracolo che aveva protetto con tutta sé stessa e che lui si era trovato ad amare incondizionatamente

-Sei forte come tua madre, Alex- le disse guardandola negli occhi lucidi –Forse anche di più, per aver avuto il coraggio di andare avanti, di non soccombere al dolore che ti porti dentro- Alex rimase senza fiato e una lacrima le solcò la guancia –Dio solo sa quanto avete sofferto entrambe e quanta sofferenza dovete aver provato- le prese il viso tra le mani e trovò la forza di sorriderle

–Ogni giorno mi stai insegnando cosa vuol dire andare avanti, nonostante tutto- Alex fu colpita da quelle parole che mai si sarebbe aspettata –Hai addirittura trovato il coraggio di consolare me, di scusarti per quello che mi hai raccontato, quando sarei dovuto essere io quello al quale avresti dovuto appoggiarti, sarei dovuto essere io a supportare te- un senso di malinconia e tristezza adombrò il suo viso –Mi sento davvero un perdente davanti ai tuoi occhi, Alex- confessò –Mi dispiace davvero tanto di non essere stato altrettanto forte – aggiunse, lei a quel punto gli sorrise dolcemente posando una mano sul petto di Jason, proprio all'altezza del cuore, un gesto che gli mozzò letteralmente il fiato –Sei solo tu che non ti accorgi di quanto invece mi hai aiutato e continui a farlo, Jason- sussurrò – Non mi hai mai guardato con compassione, con pena, come invece hanno sempre fatto tutti- occhi negli occhi, Jason sentì il suo cuore sbattere violento contro la gabbia toracica –Non sapevo di cosa avessi bisogno fino a quando non ti ho conosciuto; tu mi hai mostrato in qualche modo che posso andare avanti, che posso farcela- alle parole di Alex, lui sgranò lo sguardo e sentì ogni parte del suo corpo tendersi sotto quegli occhi

Di nuovo l'abbracciò forte, stretta a sé, per non rischiare di baciarla sotto quel cielo carico di acqua e vento che profumava di una notte gelata e che sarebbe rimasta cristallizzata in ogni angolo del suo cuore. 

- Torniamo a casa- le disse staccandosi un po' da lei e accarezzandole una guancia guardando dentro il mare dei suoi occhi, un po' liquidi e rossi con quel sorriso che stava diventando la sua droga, ciò che gli permetteva di rinascere ogni volta; la vide così piccola eppure così grande nelle emozioni e nei sentimenti, tanto da sentirsi ferito per tutta quella forza che forse lui non aveva mai avuto, ma dalla quale avrebbe potuto imparare, sentendo lo spietato amore che gli tormentava il cuore e l'anima.  

Le passò una mano sopra le spalle, tenendola stretta, chiedendosi come sarebbe sopravvissuto se tutto fosse un giorno finito, se le loro vite si fossero separate, se quello che stavano per affrontare al loro ritorno avesse inciso così tanto da costringerli a cambiare ancora una volta le loro vite. Si avviarono verso l'auto, dove di nuovo prese il posto di guida continuando la strada, avvertendo quel magone dato dall'incertezza, dal suo giurarsi che avrebbe fatto di tutto per lei, ma non sapendo se fosse bastato, sperando con tutto sè stesso che fosse possibile. 

Le parole di Alex quella sera, gli avevano reso i ricordi più vivi: mentre la sentiva raccontare si era ritrovato a rivedere quel passato che lo aveva fatto star male, e allo stesso tempo gli aveva strappato tanti momenti di pura gioia; Alex, senza saperlo, gli aveva dato la possibilità di rileggere la sua vita, in una chiave diversa. allungò ogni tanto lo sguardo verso di lei che in poco tempo chiuse gli occhi, cullata dal motore dell'auto che procedeva spedita, con un peso nel cuore che in qualche modo stava diventando sopportabile, lo poteva sentire bene, ma dopo tutto quel raccontare, un pò della sua anima si era come alleggerita, quelle ferite profonde nel suo cuore sembravano più pulite, tanto da poterle guardare con chiarezza e sapere come poter andare avanti senza sanguinare come aveva fatto da sempre.

  
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