Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Luschek    10/09/2020    1 recensioni
{Raccolta di Missing Moments&What If sui Guerrieri, scritta in occasione della challenge Hurt/Comfort Time indetta sul forum "La Torre di Carta".}
- Capitolo "Inizio":
"Senza fiatare si recò da Annie e Bertholdt. Il bambino gli sorrideva in modo così dolce, che a Reiner parve di sentire la bocca zuccherata ad un certo punto."
- Capitolo "Mostro":
"Se soffrisse tanto quanto hanno sofferto le sue vittime, cambierebbe qualcosa?"
- Capitolo "Grazie":
"Una volta il semplice schianto di un piatto sul pavimento l'ha ridotto ad un’ombra tremante, poiché l'ha confuso col fragore dei massi del Wall Maria che si schiantavano sulle case."
- Capitolo "Tregua":
"Odia il tonfo sordo prodotto dall’impatto dei pugni contro il muro."
- Capitolo "Autodistruzione":
"Percepisce una brezza gelida sul collo, quando si accorge che il tintinnio delle pillole è identico a quello dei bossoli che piovono sul pavimento."
- Capitolo "Fine":
"Rispetto a chi si è lasciato dietro, non c’è nessuno a fargli compagnia in quel luogo dimenticato da Dio."
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Annie Leonhardt, Berthold Huber, Porco Galliard, Reiner Braun
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quel che non vi è stato raccontato'
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Prompt: Affondare le unghie nel polso. 

Contesto: Pochi giorni dopo la distruzione del Wall Maria. 

 

 

Mostro 

La brandina del campo profughi è composta da una coperta, su cui, data la sua altezza, a malapena si può stendere. Il pianto è una nenia continua: non cessa nemmeno la notte, quando l’oscurità è così intensa da soffocare i raggi lunari. Bertholdt di solito dorme come un ghiro: quando combatteva per Marley, persino le bombe erano incapaci di svegliarlo.  

Il rimorso è il tarlo che, oltre al frastuono, lo mantiene sveglio. Poco importa che abbia le palpebre calate o sollevate, il bambino ha perennemente davanti il disastroso scenario che ha creato: persone spappolate sotto le macerie, orfani che implorano i genitori deceduti, arti e membra che decorano le strade, Giganti che banchettano con neonati.  

«È tutta colpa di quel mostro... di quel maledetto mostro!» sussurrano adulti, ragazzi e bambini. 

Bertholdt è consapevole che si riferiscano a lui, per questo motivo trasalisce ogniqualvolta qualcuno pronuncia quel termine.  

Anche se la sua parte razionale gli dice che è impossibile, l’altra parte è terrorizzata dall’idea di essere scoperto. Verrebbe messo alla forca, ne è certo: i diavoli lo decapiteranno e balleranno attorno al falò in cui brucia il suo corpo.  

È indeciso se merita o meno quel trattamento, però. Il bambino ha solo eseguito gli ordini. Ha abbattuto il muro, come gli ha detto di fare il comandante – no, il generale - Magath, come gli ha ripetuto un centinaio di volte Reiner la notte prima di compiere la missione.  

Cos’è, tuttavia, quella sensazione che gli attanaglia le viscere e lo fa sentire come un verme? 

Sa che non sarebbe stata una passeggiata, eppure, prima di partire, non aveva tenuto conto del senso di colpa. Se abbassa lo sguardo sulle sue mani, Bertholdt le vede sporche di sangue. È inutile pulirsi i palmi sulla maglietta sudicia: il rosso non vuole andarsene via da essi.  

«Li ucciderò tutti... Dal primo all’ultimo, quei dannati mostri!» 

La frase pronunciata da quel bambino lo fa sobbalzare e, proprio come farebbe un colpevole, reagisce a quella sentenza raggomitolandosi su sé stesso.  

Se morisse le vite che ha sottratto agli innocenti tornerebbero indietro?  

La risposta che si dà è negativa, però sazierebbe l’appetito di chi cerca vendetta, come quel ragazzino che adesso è placcato dall’amico col caschetto biondo.  

Se gli si avvicinasse, gli rivelasse tutta la verità e quello lo strangolasse fino a spedirlo nel mondo dei morti, ripagherebbe il danno che ha causato? 

Se soffrisse tanto quanto hanno sofferto le sue vittime, cambierebbe qualcosa? 

Stavolta si risponde affondando le unghie nelle vene del polso, per capire se abbia ragione o meno.  

Il dolore non è abbastanza, infatti non gli strappa nemmeno un gemito. Allora lui aumenta la pressione, finché non percepisce la carne aprirsi sotto le dita come se fossero al di sotto di una lama. Percepisce le lacrime agli angoli degli occhi, tuttavia ciò non allevia affatto il suo senso di colpa, anzi: si sente completamente ridicolo. 

Quando il vapore gli solletica la pelle, ha la certezza che le sue ferite abbiano bisogno di essere cicatrizzate.  

Prima che possa provvedere a nasconderlo, qualcuno gli preme una coperta sulle mani affinché il fumo tenue venga soffocato da essa.  

Le iridi di Bertholdt si specchiano in quelle di Annie e, sebbene solo per alcuni istanti, il bambino percepisce il cuore fermarsi. L’amica è intervenuta tempestivamente, perciò comprende che ha avuto gli occhi di lei addosso per tutto il tempo. 

«Vuoi farci scoprire?» gli domanda con tono stizzito. 

Nega col capo e, facendo mente locale di tutto ciò che ha pensato, è inevitabile che gli sfugga una goccia salata dagli occhi. Le labbra gli tremano, ma ciò non gli impedisce di mimare uno “scusa” mediante esse.  

L’altra rimane in silenzio e gli scivola accanto, ma non rimuove il tessuto da sopra le braccia di lui. Il ragazzino deglutisce e già è pronto a tormentarsi su quella figuraccia fatta, però, come prima, Annie fa un gesto inaspettato che è capace di spegnere i suoi pensieri tossici. 

Le dita di lei s’infiltrano sotto la coperta, gli sfiorano il pantalone e poi risalgono sulle mani che lui tiene intrecciate sul grembo. Pur essendo minute, esse si avvinghiano al groviglio che già formano i suoi indici, anulari, medi e mignoli. 

Adesso Bertholdt non vede più il volto scavato della Morte, bensì quello paffuto di Annie. 

   
 
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