Da quando era entrato nella Sala Grande in mezzo a tutta quella immensa folla di gente sconosciuta, non faceva altro che guardare quel vecchio cappello malandato che poggiava su uno sgabello. Il suo destino era lì, in parte. E mentre quest'ultimo prendeva vita e cantava una canzone di benvenuto, lui si chiedeva in quale casa sarebbe potuto finire.
Non si sentiva coraggioso come i Grifondoro, come i suoi genitori. Forse sarebbe stato smistato in Tassorosso, a lui sarebbe andato bene uguale. Ma a sua nonna? E se i suoi fossero stati capaci di capire, sapendo di avere un figlio Tassorosso, sarebbero stati ancora orgogliosi di lui?
Perso nei suoi pensieri, non si era accorto che la McGranitt aveva chiamato il suo nome e, inciampando, si diresse verso lo sgabello. Il volto era pallido e spaventato, il cuore batteva all'impazzata, Neville desiderava solo che quel momento passasse in fretta.
«Paciock!» esclamò il cappello e lui sussultò per la sorpresa. Lo aveva detto così forte che a Neville sembrò che lo potesse udire tutta la sala, ma così non fu. «C'è un bel cervello qua dentro» continuò. «Vedo che sei una persona leale e buona ma vedo anche molto coraggio».
Neville cercò di alzare gli occhi per capire se il cappello fosse proprio sulla sua testa o su quella di un altro ma era così tanto largo che vedeva solo nero. Lui non era coraggioso, lui era solo Neville. «Farai grandi cose, Paciock. Ho deciso...GRIFONDORO!» urlò il cappello.
Neville si alzò velocemente dalla sedia e corse al tavolo dei coraggiosi. Lo fece così in fretta che non notò lo sguardo fiero della McGranitt o quello commosso del Preside.
Qualche ora più tardi, nel suo caldo letto a baldacchino, si chiedeva se quel cappello parlante avesse fatto bene ad assegnarlo a Grifondoro.
Nella testa ritornava solo una frase: "Farai grandi cose, Paciock".