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Autore: heliodor    20/09/2020    1 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Il figlio dell’eroe
 
“Sei stato uno sciocco” disse suo padre voltandogli le spalle. “Sciocco e avventato.”
Zane sostava in piedi al centro dello studio, gli stivali neri e lucidi che stonavano con la teoria di forme geometriche dai colori accesi del tappeto.
Le pareti dello studio erano adornate di quadri dipinti su legno o tela, la maggior parte dei quali ritraevano paesaggi naturali o animali reali o di fantasia, come il cavallo alato che spiccava il volo da una rupe o la grossa aquila che dominava i cieli sopra i tetti di una città.
Aramil Stanner si voltò verso di lui, il viso dai lineamenti marcati e le vistose occhiaie che lo facevano sembrare sempre triste e preoccupato.
Aramil Il Tetro, lo chiamavano in gioventù. Almeno così aveva sentito dire.
In quel momento era Aramil il comandante supremo dell’esercito di Lormist, Prima Spada di re Jorel e fidato Consigliere del circolo stregonesco.
Ed era anche suo padre.
“Che hai da dire a tua discolpa?”
“A mia discolpa?” fece Zane sorpreso. Si era preparato a lungo quel discorso, mentre era prigioniero al campo e poi durante i lunghi giorni in cui era stato scortato alla capitale per essere processato. “Niente.”
“Niente?” fece suo padre sorpreso.
“Non ho niente di cui discolparmi” aggiunse sicuro. “Ho fatto quello che dovevo.”
“Hai ignorato gli ordini di un tuo diretto superiore.”
“Quegli ordini erano assurdi. Mi chiedevano di abbandonare al loro destino tre miei confratelli e trenta guerrieri di Lormist.” Scosse la testa.
“E invece hai sacrificato sei confratelli a causa della tua disobbedienza.”
“Non li ho sacrificati. Erano lì per loro volontà.”
“Tu li hai convinti e guidati in quella folle impresa. Tua è la responsabilità.”
“Io non ero al comando.”
“Se non eri al comando” disse suo padre. “Allora dovevi ubbidire agli ordini.”
Zane dominò a stento la rabbia. Voleva urlargli contro ma si trattenne. Sarebbe stato inutile con Aramil il Tetro. Lui non perdeva mai la calma.
“Hai commesso un errore imperdonabile, specie ora che abbiamo bisogno di tenere unite le nostre forze.” Gli scoccò un’occhiata di traverso. “Sai cosa sta accadendo a Talmist?”
“Non mi dicevano niente mentre ero prigioniero” disse rammentando la prigionia. “Tutti sembravano avere l’ordine di ignorarmi come se fossi una spia.”
“Sono stati saggi. Se la notizia si diffondesse prima del momento, saremmo in grosse difficoltà.”
“Di che notizia parli?”
“Nestarin si è arreso all’arcistregone e ha unito le sue forze a quelle del rinnegato.”
“Rodiran è caduta?”
“Peggio che caduta. Il suo esercito è ancora integro e adesso marcia fiano a fianco a quello dell’arcistregone. Due armate stanno per attaccare Talmist da sud e da oriente.”
“Talmist non può reggere un simile urto” disse Zane.
“No. Cadrà non appena avrà perduto le fortezze di confine. L’altopiano è indifendibile e senza le sue risorse, Ferrador e le altre grandi città cadranno per fame e per sete. La capitale e Città della Forgia potrebbero resistere di più, ma finiranno per cadere anche loro e l’intera nazione sarà perduta.”
“E dopo?”
“Tutta la parte orientale del continente verrà minacciata dal rinnegato. Lormist sarà il suo prossimo obiettivo.”
Zane sentì un groppo in gola. “Che hai intenzione di fare?”
“Io da solo posso fare poco” disse suo padre con tono grave. “Ma se partiamo subito, forse Talmist non sarà perduta.”
“Patiamo?”
Suo padre trasse un profondo sospiro. “Il circolo ha deciso di perdonarti. In via del tutto eccezionale, Morvarek ha portato la tua causa all’attenzione di re Jorel e lui ha firmato il perdono.”
“Re Jorel è solo un ragazzino” disse Zane ricordando l’unica volta in cui aveva incontrato il giovane sovrano di Lormist.
Ricordava la sua espressione annoiata mentre sedeva sullo scranno reale, un sedile di legno sul quale avevano dovuto mettere un paio di cuscini per farlo sembrare più alto.
Ricordava suo padre inginocchiarsi davanti a quello che tutti chiamavano il “Mezzo Re”.
Ricordava soprattutto Falan Morvarek, il consigliere del re, mentre al suo fianco guardava in basso verso di loro, come compiacendosi.
E ricordava anche l’espressione contrariata di suo padre quando avevano lasciato la sala del trono per tornare alle loro stanze.
“Non hai salutato il consigliere” gli aveva fatto notare Zane.
Aramil Stanner aveva risposto con una smorfia. “L’ho dimenticato. Ero distratto.”
“Tu non dimentichi mai niente, specie se fa parte del protocollo.”
“Stavolta l’ho dimenticato” aveva replicato lui.
“Morvarek ti ha fatto un favore?” chiese tornando nello studio di suo padre.
“Quell’uomo non fa mai favori” rispose lui. “Senza aspettarsi di essere ricambiato.”
“Ti ha chiesto qualcosa?”
“No, ma lo farà. È solo questione di tempo.”
“E tu cosa farai?”
Suo padre sospirò. “Non ho ancora terminato.”
“C’è dell’altro?” chiese preoccupato.
Lui annuì. “Morvarek ha convinto il consiglio ad affidarmi diecimila lance e cento mantelli con l’ordine di soccorrere Talmist.”
“Vuoi dire che scendiamo in guerra contro l’arcistregone?” domandò speranzoso.
“Talmist non è un semplice alleato. È una nazione che molti considerano nostra sorella. Tu abbandoneresti un fratello bisognoso d’aiuto?”
Zane non sapeva rispondere. Non aveva fratelli e sorelle ed era cresciuto da solo.
Ma ho dei confratelli, pensò.
Si ritrovò ad annuire.
“Morvarek ha anche convinto re Jorel ad affidare a te cinquemila lance e cinquanta mantelli.”
“A me?” chiese sorpreso.
“Per qualche motivo è rimasto sorpreso, se non addirittura deliziato, dal racconto della tua bravata. Sembra che di questi tempi l’avventatezza venga scambiata troppo spesso per coraggio. O competenza al comando.”
Cinquemila lance e cinquanta mantelli, pensò Zane. È un esercito vero e proprio e io ne sarò il comandante.
“So a cosa stai pensando, ma non lascerò che tu sia da solo al comando” disse suo padre. “Ti affiancherò dei consiglieri in modo che ti aiutino.”
“Mi meriterò la tua fiducia.”
“Cerca solo di meritarti questo onore. Partirai tra due giorni.”
“Per dove? Charis o Città della Forgia?”
Suo padre scosse la testa. “Nessuna delle due. Andrai a Ferrador.”
“Ferrador è un buco puzzolente” si lamentò. “Ed è lontana dal confine con Rodiron. Di che utilità potrei essere lì?”
“Sono gli ordini. E mi aspetto che per una volta tu ubbidisca.”
“Devo rifletterci sopra” disse voltandogli le spalle.
“Non metterci troppo. Devo mandare un messaggero con la tua risposta entro il tramonto.”
 
Prima di tornare al dormitorio dove aveva preso alloggio, si concesse un giro veloce attorno al perimetro del castello.
Era un edificio piccolo, con quattro torri disposte sui lati e un unico ingresso protetto da una grata. Le guardie ai cancelli lo lasciarono passare e Zane si concesse un veloce sospiro quando fu all’esterno.
Sentiva ancora la tensione crescere dentro di lui e accelerargli il battito, ma sapeva che gli sarebbe passata tra poco.
Sono ancora vivo, si disse con sollievo.
Fino a quella mattina, quando era arrivato al castello, non avrebbe saputo dire se ne sarebbe mai uscito vivo. Dopo essere tornato al campo Morn lo aveva messo agli arresti e trattato come un rinnegato.
Voleva addirittura processarlo e condannarlo lui stesso, ma come gesto di cortesia verso il suo comandante in capo lo aveva inviato il prima possibile verso la fortezza dove era di stanza in quel momento.
Se non ci fosse stato suo padre ad accoglierlo ma solo un suo luogotenente, sarebbe ancora in attesa di un giudizio in una cella puzzolente.
E tutto per colpa della sua avventatezza, avrebbe detto suo padre. Ma Zane non credeva a quella storia.
Aveva ripensato più volte a quanto era accaduto al campo dei rinnegati il giorno dell’attacco e non vedeva errori nella sua condotta.
Era stato un attacco ben preparato che non poteva fallire se non per sfortuna e lui non credeva alla sorte. Qualcosa aveva fatto in modo che lui fallisse.
Mi stavano aspettando.
Nella confusione della battaglia ricordava le parole di uno dei ribelli.
Volevano catturare lui.
Non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione di oppressione che provava a quel pensiero. Avrebbe voluto parlarne a suo padre, ma lo conosceva troppo bene per metterlo a parte di un tale segreto.
Aramil il Tetro lo avrebbe fatto nascondere nel luogo più remoto del regno, forse dall’altra parte del continente maggiore, in una delle grandi fortezze di Valonde o magari su una delle innumerevoli isole che adornavano il golfo di Taloras.
Zane non voleva nascondersi.
Chi si nasconde non riceve onori, si disse. E chi lo fa in tempo di guerra viene considerato un codardo e lui non voleva che accadessero né l’una né l’altra cosa.
Lui era il figlio di Aramil e suo padre non era andato a nascondersi quando Vulkath l’infame aveva attaccato Taloras a tradimento e rischiato di distruggere un’intera isola per la sua follia.
Era andato lì con pochi e fidati amici e aveva fatto il suo dovere. Si era fatto onore sul Fiume Rosso proteggendo l’ala destra dell’armata di Gurran di Valonde e dopo che questi era morto combattendo contro Vulkath aveva dato degna sepoltura al principe.
Io farò lo stesso, si disse mentre rientrava nella fortezza.
Le guardie lo degnarono appena di un’occhiata.
Se fossi un nemico trasfigurato, pensò, potrei ucciderli in silenzio e far entrare i miei compagni nella fortezza.
“Voi tre” disse voltandosi verso le guardie.
Due di essi erano giovani e sembravano impacciati nelle loro armature leggere. Il terzo invece era un uomo maturo che lo guardò preoccupato.
“Eccellenza” disse prima degli altri.
“Voi mi conoscete?” chiese con veemenza.
“Ovviamente, eccellenza. Siete il figlio del comandante Stanner.”
“Stamattina sono arrivato qui in un carro. Dietro le sbarre” disse come se stesse accusando loro di essere stati dei prigionieri e non lui.
“Stamattina non eravamo noi di guardia, eccellenza” rispose il soldato.
“Ma ne avrete sentito parlare dai vostri compagni, no? Vi avranno pur detto qualcosa.”
Il soldato annuì dopo qualche attimo di incertezza.
“E adesso sono qui, davanti a voi. Libero.”
“Eccellenza” iniziò a dire il soldato.
“Zitto” disse con tono che non ammetteva repliche. “Puoi solo rispondere alle mie domande.”
Il soldato serrò le labbra.
“Potrei essere evaso” disse Zane avvicinando il viso a quello del soldato. “Dopo aver assassinato i vostri compagni. E poco fa vi sono passato davanti senza che voi muoveste un dito per fermarmi.”
“Ma eccellenza, voi siete tornato indietro.”
“Forse l’ho fatto per non lasciare dei testimoni della mia fuga.” Estrasse la spada dal fodero con un gesto teatrale.
La guardia reagì irrigidendosi e stringendo la lancia nella mano. Gli altri due si guardavano attorno come se gli stesse per piombare qualcosa addosso.
“Eccellenza” balbettò la guardia.
Zane agitò la spada nell’aria. “Potevo tornare indietro e uccidervi tutti. Chiunque avrebbe potuto farlo.” Rinfoderò la spada. “Ma non questa volta” disse con tono più calmo.
I soldati sembrarono rilassarsi ma nessuno di loro smise di stringere la lancia.
Ottimo, pensò Zane. Se ho ficcato nelle loro teste un po’ di paura non può che essere un bene.
“Ci sembrava inopportuno disturbarvi, eccellenza” disse uno dei soldati giovani.
Potrà avere al massimo un paio d’anni più di me, pensò Zane.
“Voi siete il figlio di…”
“Lo so di chi sono figlio” disse tagliando corto.
Li salutò con un cenno della testa, dirigendosi verso l’ingresso della fortezza. Salì le scale che portavano al livello superiore e raggiunse lo studio di suo padre. Non perse tempo a bussare e si precipitò all’interno.
Suo padre sollevò la testa di scatto, l’espressione serena sul viso.
Non sembra sorpreso, si disse. Dannato stregone.
“Immagino che tu abbia preso una decisione.”
Zane strinse i pugni. “Dimmi che mi affidano questo incarico perché me lo merito e non perché sono tuo figlio.”
Aramil fece una smorfia. “Spetterà a te dimostrare di esserne degno.”
“Allora andrò a Ferrador” disse sicuro. “Andrò in qualsiasi maledetto posto per dimostrarlo.”

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