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Autore: La Fra    22/09/2020    0 recensioni
Una storia incentrata su Rin Nohara e il suo malessere generale dopo la presunta morte di Obito Uchiha.
L'oscurità emerge lentamente dal suo cuore e influisce negativamente sul suo stato mentale.
Con la collaborazione con il mio amico Exeregen che potete trovare su Wattpad.
Genere: Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kakashi Hatake, Obito Uchiha, Rin
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie
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Questa storia è scritta in collaborazione con Exeregen, che ha avuto l'idea di stenderla e ha provveduto alla prima stesura. Potete trovare questa storia e altri suoi lavori su wattpad: https://www.wattpad.com/user/Exeregen


 

Obito!

 

Vai via! Rin, Kakashi, andate!

 

Rin si rivegliò sudata e con il respiro affannato. Aveva fatto di nuovo quel sogno.

Una luce calda entrava dalla finestra, passando attraverso la spessa tenda. Era già giorno. Un altro. Ne erano passati duecentoventisei; duecentoventisette, forse. Stava perdendo il conto.

 

Non posso continuare così.

 

Lo pensava ogni mattina, subito dopo essersi svegliata dallo stesso incubo.

Era un dolore che non l'avrebbe mai lasciata andare. Un senso di colpa che l'avrebbe accompagnata per tutta la vita. Si tolse di dosso le coperte umide e si mise seduta sul bordo del letto. Le mani le tremavano. Se le asciugò sulla maglietta.

 

Sono debole.

Non l'ho salvato.

Non ho capito i suoi veri sentimenti.

 

Con un grande sforzo, Rin si alzò e si incamminò per la stanza. Inciampò come al solito in qualche vestito lasciato lì a terra da troppo tempo. Avrebbe sistemato un'altra volta.

Riluttante, entrò in bagno e si guardò allo specchio. Aveva un'espressione smunta in volto, ormai troppo famigliare. I capelli spettinati e due occhiaie profonde.

Da quanto non dormiva bene? Da tantissimo tempo ormai, ma... avrebbe comunque dovuto apparire al meglio. Per Kakashi.

Non nel modo che avrebbe pensato una volta. Non per fare colpo sul ragazzo che le piaceva. Avrebbe dovuto mascherare quel suo aspetto sofferente per fargli credere di stare bene. Che fosse tutto a posto. Come se fosse davvero possibile farglielo credere...

 

Sorridi.

Sorridi.

Sorridi.

 

Se lo ripeteva sempre, davanti allo specchio. Non era difficile sfoggiare il suo migliore sorriso. È solo una questione di muscoli. Sollevi gli angoli della bocca, ed è fatta.

Ogni tanto, mentre faceva le prove davanti al lavandino, le sembra di vedere Obito nel riflesso. La fisso alle sue spalle, con un'espressione serena. Ogni volta che le sembrava di scorgerlo, si girava di scatto, solo per ritrovarsi a fissare la stanza vuota come una povera stupida.

Anche questa volta si ritrovò a battere le palpebre al muro. Ed il sorriso che si era creata così facilmente per affrontare la giornata si trasformò in un istante un pianto straziante. In un dolore allo stomaco e un forte vomito che riversò nel tazza del bagno.

Anche oggi, avrebbe dovuto ricominciare tutto da capo: asciugarsi le lacrime e ritrovare il suo "finto" sorriso migliore. Un'altra volta.

 

Rin prese qualcosa al volo per la colazione e senza voltarsi si chiuse la porta dell'appartamento alle spalle. Fuori, l'aria era già calda, e la strada affollata. Fece un bel respiro profondo, sollevò ancora un po' gli angoli della bocca e si incamminò a passo svelto per la via.

Dopo solo qualche passo, si imbatté in una figura nota. Provò a ignorarla, ma l'anziana signora si avvicinò a lei con quel fare sempre gentile.

"Rin ..." La chiamò sommessamente. La ragazza si arrestò e piegò leggermente la testa in segno di rispetto. Non disse nulla, ma cercò di non guardarla in viso. "Ti stavo portato dei biscotti e delle caramelle, ma forse stai andando in missione.." Era sempre così gentile, non avrebbe mai potuto farle scorgere il dolore sul suo viso. Sorrise e rassicurò l’anziana signora.

"Non mi hanno ancora chiamato... non si preoccupi, la ringrazio."

Rin allungò le mani per accettare le buste di carta, ma un istante prima che potesse afferrarle la signora si lasciò sfuggire una frase. "Erano le preferite di Obito" Disse con un tono completamente diverso. Al suono del suo nome, Rin sussultò e ritrasse la mano. Tutte le caramelle per terra.

"Oh no , mi dispiace!" Disse chinandosi per raccoglierle. Le prese una ad una e le ripose nelle buste, poi le arrotolò per sigillarle con cura. "Io... non so che cosa mi ha preso..." Quando sollevò lo sguardo, la vecchia non c'era più. Era già sparita fra la folla del mercato mattutino.

La nonna di Obito stava passando un momentaccio e molto spesso non era facile capire che cosa le passasse per la mente. Probabilmente, vederla e portarle quei dolcetti era l'unica cosa che riusciva a sollevarle un po' il morale.

Rin appoggiò i due pacchetti vicino all'entrata della casa, osservandoli con malinconia.

Li avrebbe ripresi più tardi, quando sarebbe tornata a casa.

Fece per allontanarsi, quando notò qualcosa a terra. Era una di quelle caramelle infilate su un bastoncino. Lo zucchero rosso scintillava nel sole. Era ancora avvolta da una sottile plastica trasparente. Senza nemmeno pensarci, Rin la raccolse e la scartò. La osservò ancora qualche istante. Lo zucchero non fa bene a uno shinobi. Fa ingrassare e cariare i denti. La caramella però, sulla sua lingua, aveva un buon sapore; di fragola o qualcosa del genere. La tenne fra le labbra e si incamminò di nuovo per la strada.

Gli incontri non sarebbero finiti lì, e lo sapeva bene: era impossibile evitare tutti.

Da qualche tempo non aveva più la forza per affrontare nessuno, aveva un peso nel petto che cresceva sempre di più e rendeva insostenibile ogni conversazione.

 

Se non si tratta di "lui", non ci parlare.

 

Una voce nella testa le continuava a ripetere le stesse cose; una voce che aveva cominciato a sentire subito dopo la missione che le aveva strappato il compagno di squadra.

Essendo un ninja medico, Rin sapeva benissimo che alcuni traumi possono avere conseguenze gravi. Possono portare a disturbi e effetti collaterali. A lei era toccato questo: una voce nella testa che non sembrava volerla lasciare mai in pace.

Provava a non darle peso, a ignorarla. A volte però semplicemente non ci riusciva. Succedeva che cedesse, all'improvviso, in mezzo alla folla. In quel caso nascondeva l'imbarazzato starnutendo, strofinandosi un occhio, solo per far credere a quelli intorno a lei che soffrisse di una qualche allergia, che avesse un semplice raffreddore. Con alcuni avrebbe anche potuto funzionare... ma con altri... beh...

 

"Rin!"

 

Una voce alle sue spalle la chiamò decisa e dura. L'avrebbe riconosciuto ovunque quel tono, quel brivido sulla pelle che provava ogni volta che la sentiva. Senza una ragione, Rin decise di ignorarlo e continuò a camminare a testa bassa. Rigirò la caramella sulla lingua nervosamente. Sussultò però quando qualcuno le toccò una spalla.

Quando si voltò, il suo sguardo andò subito all'occhio del suo compagno di squadra. Non il compagno che aveva di fronte.

"Kakashi ... non ti avevo sentito..." Disse con un sorriso vuoto.

 

Non parlarci.

Non è lui.

 

Il ragazzo rimase impalato e si infilò le mani in tasca. "Tutto bene?" Chiese guardandosi intorno.

"Che domanda stupida..." Rin si rese conto troppo tardi della sua risposta d'impulso. Per sua fortuna, Kakashi non sembrava stesse davvero ascoltando. Si guardava intorno, assente come sempre. Si schiarì la voce e ci riprovò, con tono più deciso.

 

"Sto benissimo!" Disse. Questa volta il ragazzo si voltò per guardarla con diffidenza.

 

Non esagerare ora. Benissimo?!

Certo che fai pena a recitare, ecco perché dovresti stare da sola.

Vai a parlare con lui piuttosto.

 

Kakashi sembrò pensarci su un attimo. Poi decise di fare ciò per il quale era più portato: parlare della missione.

 

"Il Terzo Hokage ci ha convocati, dobbiamo andare." Disse.

"Va bene, ti seguo."

 

La strada verso la magione dell'Hokage non era mai sembrata così lunga e Rin usò la scusa di accelerare il passo per arrivare il prima possibile. Non le andava di rimanere troppo tempo da sola con lui. Tanto meno di parlare.

"Rin" Iniziò lui all'improvviso. Lo sguardo sempre da un'altra parte. "Non mi serve lo Sharingan per vederti dentro."

 

Rin si fermò in mezzo alla strada e con un sorriso si girò in direzione di Kakashi.

La stava fissando con so con uno sguardo freddo.

"Che vuoi dire?" Chiese facendo la finta tonta. "Io sto bene, Kakashi..."

 

Non è vero.

Perché non gli dici di andare all'inferno?

Diglielo.

Ti sei proprio innamorata di quello sbagliato, eh?

Anzi, ti eri innamorata... ora non c'è più spazio per queste cose. In quel cuoricino minuscolo che ti ritrovi c'è solo veleno.

 

Non vedendo una reazione, Rin si fece seria. "Sto bene, Kakashi." Ripeté. "Dico sul serio.

Sono solo un po' scombussolata, sai com'è..." Lo guardò dritto negli occhi e non riuscì a frenare la strana rabbia che le salì dentro. "Obito è morto." Si sentì subito in colpa per il tono grave che aveva usato. Ma ormai era tardi. Kakashi fece scendere lo sguardo sulla sua bocca e aggrottò le sopracciglia. Prima che potesse dire una parola, Rin afferrò la caramella e la gettò a terra.

"Lo so." Disse. "Non si mangia in missione."

Rin non si pentì di nulla, nemmeno del tono acido nell'ultima frase.

Almeno così, forse, Kakashi avrebbe finalmente smesso di assillarla.

Ripresero a camminare e arrivarono presto a destinazione.

Ogni scalino su per la torre era un ostacolo insormontabile, ogni passo la disgustava. Senza rendersene conto, si ritrovò nella stanza dell'Hokage.

Come sempre, Sarutobi aveva la pipa in bocca. La fumava come se non gli importasse nulla se non di impartire ordini.

"Grazie per essere qui" Disse guardando prima uno poi l'altra. "So di avervi congedati per un po' di tempo dalle missioni. È grazie a voi se abbiamo potuto tirare un sospiro di sollievo, dopo la distruzione del Ponte Kannabi. Però questo è un periodo delicato.

Mi dispiace assegnarvi una nuova missione-"

Kakashi si guardò intorno ed interruppe il Terzo.

"Il maestro Minato ... dov'è?"

L'Hokage soffiò il fumo dalle narici e posò la pipa sulla scrivania.

"Il vostro maestro è occupato in un altra missione al momento."

Rin dovette trattenere un sospiro.

 

E quando mai.

Non c'è mai quando serve.

Solo ai funerali. Forse nemmeno lì.

 

"Smettila..." Rin bisbigliò senza farsi notare, parlando con sé stessa.

I primi tempi, parlare con quella voce che aveva nella testa l'aveva fatta stare male. Però lei era un ninja medico e sapeva bene di cosa si trattava. Sapeva che se ne sarebbe andata via da sola, con il tempo. Certo, sarebbe anche potuto peggiorare; sarebbe potuta impazzire. Aveva voluto scartare la seconda possibilità.

Un medico non dovrebbe mai farsi una diagnosi da solo. Soprattutto se il problema sta nella sua testa. Eppure Rin aveva tirato le sue conclusioni: quella voce che la assillava anche ora, nell'ufficio del'Hokage, era l'oscurità del suo cuore. La parte della sua coscienza che non voleva lasciare andare Obito.

Certo, era meglio dirla così piuttosto che autodefinirsi "caso clinico".

 

"La vostra missione..." La voce del Terzo Hokage destò Rin dai suoi pensieri oscuri. "... è rimediare delle particolari erbe mediche." Sarutobi fece una pausa per guardarla, e Rin raddrizzò la schiena e fece un lieve sorriso. "Chi meglio di un ninja medico le sa riconoscere? In condizioni normali questo genere di compito spetta a team specifici, ma siamo davvero a corto di personale"

Kakashi rispose solo con un: "Si , signore"

Rin non disse nulla e chinò la testa, incamminandosi verso la porta sotto agli occhi vigili del Terzo.

Quando la porta si chiuse, tirò un sospiro di sollievo.

"Kakashi, ci vediamo tra un po' alle porte del villaggio. Prima io devo ... raccogliere alcune cose."

Kakashi si limitò a un cenno con la testa e si incamminò lento verso il cuore del villaggio.

Il vento le fece andare i capelli davanti al viso, e Rin li scostò senza togliere lo sguardo dalla schiena curva del ragazzo che spariva nella folla. Anche lui stava portando un peso. Forse, se avesse trovato le parole giuste... forse, se gli avesse aperto il cuore e avesse fatto uscire quell'oscurità, avrebbero potuto portarlo insieme.

I capelli le si appiccicarono al viso, ora umido. Scosse la testa e si voltò, incamminandosi per la strada.

 

Il lungo muro di mattoni del cimitero le segnava la strada. Ogni anno dovevano allargarlo un po' di più, per farci stare le vittime della guerra. Rin si chiese per quanti anni avrebbe vissuto ancora, quanto avrebbe dovuto camminare per raggiungere l'entrata un giorno. Una volta giunta al cancello, cominciò a vagare per le tombe identiche. I nomi incisi sulle pietre erano troppo familiari. Alcuni erano amici dell'Accademia.

Il nome della ragazza che le offriva sempre dei dolci, di un ragazzo che si complimentava sempre dei suoi voti, di due gemelli che facevano sempre baccano. Sorpassata la ricezione e il piccolo boschetto arrivò di fronte al monumento ai caduti. Fra quella miriade di nomi, anche il suo: Obito Uchiha.

C'erano dei fiori appassiti. Nessuno passava più di lì, nemmeno la nonna di Obito, che ormai non ci stava più con la testa. E Kakashi... lui rimandava sempre.

Rin si chinò, osservando la tomba del ragazzo con uno sguardo vuoto.

 

"Proprio tu dovevi morire, eh?" Gli disse. "Fra noi tre... doveva morire l'eroe; quello che sognava di essere Hokage. Ti ricordi cosa dicevo? 'Salvare te è come salvare il mondo intero'. Ora che sei morto... anche questo mondo lo è. " La voce le si spezzò, ma si sforzò per continuare. "Sento la tua voce, Obito. Ti sento che mi riprendi e mi dici di non fare così. Ma tu che ne sai di come sto? Di come dovrei sentirmi? Tu sei morto. È comodo parlare per te..."

Rin strinse i pugni e lentamente poggiò la fronte alla pietra fredda. Stava piangendo a dirotto e non voleva che nessuno la vedesse. Ora se la stava prendendo anche con lui... ma cosa le passava per la testa?

"Non mi riconosco più, Obito." Sussurrò al silenzio. "Qualcosa mi divora da dentro. Kakashi peggiora la mia solitudine invece di colmarla.

So che non è colpa sua, ma da quando non ci sei più... non ho più la forza, non ho più un perché. Forse non ho mai avuto nessuna delle due cose, ma con te al mio fianco ... non mi servivano." Si sollevò e asciugò le lacrime. Il cielo era sereno, il sole alto. Eppure l'oscurità regnava su ogni cosa: nessuno sarebbe mai riuscito a consolarla, o ad aiutarla. Nessuno, ora che lui non c'era più. "Questo mondo è diventato così reale da quando non ci sei... mi mancano il tuo ottimismo , il tuo essere imbranato... e il tuo gran cuore"

Una mano le sfiorò la schiena delicatamente. Rin sussultò, colta alla sprovvista. Quando alzò il viso, incrociò lo sguardo di Kushina. La bellissima kunoichi era sbucata dal nulla. Non disse nulla, ma le sorrise gentile e comprensiva, accucciandosi al suo fianco. Poi attese un istante.

Rin non piangeva mai davanti a nessuno, ma sentiva in cuor suo che lei non l'avrebbe giudicata. Non avrebbe pensato che fosse debole. Cercò di trattenere un singhiozzo, ma quando la donna aprì le braccia non riuscì più a frenarsi ed affondò nel suo abbraccio. La strinse forte e pianse come non aveva mai fatto in tutti quei mesi.

Solo quando non ebbe più lacrime e l'ultimo fremito le uscì dai polmoni, Rin si districò imbarazzata dalla rassicurante presa di Kushina.

La guardò interrogativa, e la donna fece un cenno con la testa, rispondendo alla silenziosa domanda.

"Minato mi ha detto di tenerti d'occhio, ma l'avrei fatto anche senza la sua richiesta.” Parlò con un tono addolorato.

“Si incolpa da mattina a sera per essere un maestro assente. Lui l'ha visto, sai?

Il dolore che stai provando.” La donna si sollevò in piedi, e gli occhi le andarono un istante sul piccolo nome inciso fra altri mille.

“Ma sai com'è Minato... tace , non dice nulla. Non sa come affrontare certe cose e rimane li a guardarti come uno stoccafisso. Ti prego... non odiarlo come lui odia se stesso.

E non odiare te stessa Rin, non farlo ..."

 

Nessuna delle due sapeva che intanto Kakashi stava assistendo alla scena, nascosto dietro un albero. Le parole che si stavano scambiando lo raggiungevano anche da quella distanza. Non sentiva tutto, ma non gli serviva per comprendere.

"Obito” Disse fra sé e sé con lo sguardo fisso sulle due donne. “Avrò anche il tuo occhio, ma non riesco a vedere un bel niente.”

Rin si sollevò e abbracciò ancora Kushina, affondando il viso nel suo petto. La donna le mise una mano sulla testa, ed abbassò lo sguardo di nuovo. “Lei soffre e io mi limito a fissarla senza dire nulla. Vorrei solo poter fare qualcosa per lei... ma non sono capace. Io non sono come te..."

 

Kakashi fece passare lo sguardo lungo il campo fino a una piccola tomba, la più famigliare di tutte per lui. Anche dall'ombra della foresta riusciva a riconoscerla. Sapeva a quanti metri di distanza dall'ingresso si trovava. Li aveva misurati ogni volta con i suoi lunghi passi. In quell'istante, ripensò alle parole che suo padre gli aveva detto tanti anni prima.

 

Non si può guarire del tutto l'anima di una persona. Nessuno sa mai da dove iniziare, semplicemente perché non esiste un metodo efficace. Ma sai cosa conta? Provarci.

E' sempre meglio che non fare nulla. Parole di tua madre ... me le disse una volta, quando mi sentii in colpa per non esserle stato d'aiuto nei momenti più duri."

 

Kakashi sentì un brivido di paura. Si nascose, anche se nessuno poteva vederlo e appoggiò la schiena al tronco di un albero. Prese un bel respiro e fece un cenno deciso con la testa.

“Provarci...” Ripeté prima di incamminarsi verso le porte del villaggio.

 

Come se niente fosse, Rin e Kakashi si incontrarono al punto prestabilito.

I loro occhi si incrociarono per un momento, ma Rin non avrebbe mai potuto sostenere quello sguardo rosso sangue troppo a lungo. Si voltò e fece per uscire dal villaggio, quando Kakashi le afferrò una mano.

"Rin...” Iniziò titubante. La ragazza si girò con occhi sbarrati. Anche lui li aveva; sembrava non sapesse nemmeno lui che cosa stesse facendo. “Senti io... se hai bisogno di qualcosa...” Disse indeciso. “Di qualsiasi cosa... voglio che tu sappia che io ci sono."

Rin lo guardò dalla testa ai piedi. Non sapeva dire il motivo, ma qualcosa dentro di lei si era alleggerito. Lui la lasciò andare delicatamente e si incamminò. "Grazie" Fu l'unica risposta che riuscì a dargli.

 

Varcarono insieme l'enorme porta del villaggio. A salutarli, non c'era nessuno. Entrambi erano diventati due solitari, e non avevano molti amici all'Accademia. E poi, diciamolo: a chi interessano due shinobi che partono per una banale missione di recupero materie? Rin si voltò in istante per osservare le mura del villaggio, la torre e le case, e il monumento scolpito sulla roccia. Anche questa piccola missione avrebbe riempito di gioia ed entusiasmo Obito. Lui partiva sempre con i saluti di tutti, con un sorriso sul volto; perché ogni missione era un passo verso la sua meta. Verso il suo sogno di proteggere quelle mura di legno e quelle piccole case. Se solo anche lei avesse avuto quella forza e quella determinazione... L'unica cosa che poteva sperare quando lasciava il villaggio era il tornare a casa senza un fardello in più. A volte aveva anche sperato di non tornarci affatto, e si era vergognata. Cosa avrebbe detto Obito? Sicuramente le avrebbe ricordato quanto la sua vita fosse preziosa. Quanto tutto il villaggio e ogni shinobi lo fosse.

Adesso che l'aveva perso, avrebbe dovuto capirlo anche lei.

Mentre il sole li scaldava e illuminava sempre più, Rin seguì Kakashi per la strada che li avrebbe condotti alla loro prossima missione. Tutto era luminoso e bello intorno a loro; eppure le sapeva bene che tutta quella luce non era altro che un'illusione. Che l'oscurità si annidava ovunque, dentro di lei e dentro al villaggio che scompariva alle sue spalle.

 

Quello che non sapeva però era che c'era qualcuno che stava tramando nell'ombra, sotto i loro piedi. Qualcuno che quell'oscurità la bramava, la coltivava e moltiplicava.

Giù, nelle viscere della terra, oltre le radici degli alberi, sepolto sotto strati e strati di umida roccia.

"Ma quel vecchiaccio pisciasotto dorme sempre?"

Obito incrociò le braccia e si imbronciò. Quel “pisciasotto” al quale si riferiva era Madara Uchiha, leggendario shinobi del suo clan. Beh, leggendario... forse una volta.

Si era distratto ad osservare il vecchio, seduto con le gambe incrociate, e un pugno lo colpì dritto in faccia. Si era dimenticato di essere nel bel mezzo di un allenamento con Zetsu. Obito si sollevò da terra usando il braccio buono. Il suo avversario sorrise compiaciuto.

"Deve risparmiare energie...” Spiegò. “Piuttosto pensa a rinforzare la nuova parte del tuo corpo"

Il ragazzo sorrise con aria di sfida e scattò di nuovo verso di lui.

Nel frattempo, nel silenzio della grotta scandito solo dai colpi che i due si scambiavano, uno degli Zetsu stava comunicando telepaticamente con Madara. “Le cose stanno andando secondo i piani.” L'espressione del vecchio rimase impassibile, tanto da sembrare addormentato. “Alcuni uomini del villaggio della Nebbia erano partiti alla ricerca di Rin Nohara. Sono convinti che la ragazza possa essere un perfetto Jinchuuriki.

Per far girare la voce c'è voluto qualche mese, ma fragili come sono è stato facile manipolarli. Quelli desiderano così tanto schiacciare il villaggio della Foglia che farebbero di tutto, ma per sicurezza ho messo in alcuni di loro uno di quei sigilli mentali per controllarli. Se qualcosa dovesse andare storto, ho provveduto a fornire ad alcuni di quelli sotto il controllo mentale il "jutsu che mi hai detto"... mi appresto a tornare alla base"

 

Madara, dormiente, accennò un sorriso compiaciuto.

 

   
 
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