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Autore: babykit87l    28/09/2020    2 recensioni
Martino e Niccolò stanno insieme ormai da sette anni, finché un evento traumatico non cambia le loro vite stravolgendole. Sarà dura tornare alla vecchia vita o forse l'unica soluzione è considerare la possibilità di iniziarne una nuova.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 16  

 

 

Niccolò era in quel bar da pochi minuti. Lo aveva avvertito con un messaggio molto sintetico: ‘Sono arrivato. Ti chiamo quando ho fatto.’ E ci stava provando, davvero, a distrarsi e a fingere che andasse tutto bene. Si era messo a scrivere un articolo da pubblicare. Aveva mandato un messaggio a Eva per chiederle di vedersi e organizzare la festa per Sana e Amira. Aveva persino fatto una lista della spesa, anche se non era sceso per andare al supermercato. Eppure il pensiero andava sempre lì, a quell’incontro in cui Niccolò non lo aveva voluto accanto. 

“Ho bisogno di fare questa cosa da solo, Marti.” 

“Ma non interverrò mai, lo giuro. Starò solo lì con te.” 

Ma era stato categorico. E così Martino era rimasto a casa, a crogiolarsi nell’ansia di non essere lì con lui. Odiava le attese, da sempre, e la cosa si era intensificata da quando aveva conosciuto Niccolò, che rispondeva in ritardo o che a volte non rispondeva proprio.  

Aveva paura che le informazioni che stava per ricevere lo avrebbero sconvolto a tal punto da sparire, senza fargli sapere niente. Quante litigate si erano fatti negli anni per questo suo modo di fare, che era anche un po’ suo. Sperava, però, che questa volta non succedesse.  

Fortunatamente Eva citofonò poco dopo e lui si affrettò ad aprire per farla accomodare. 

“Certo che potevi pure venire tu da me, visto che sto finendo di fare i pacchi.” 

“Non mi posso muovere. Nico potrebbe chiamarmi da un momento all’altro. Ti aiuto con il trasloco, te l’ho promesso.” 

“Eh vabbè facciamo che ti credo. A proposito, lo facciamo direttamente domani, così abbiamo tempo di organizzare la festa per Sana a casa nostra.” Rispose lei con un sorriso a tutta faccia. 

“Ti fa un effetto strano dire ‘casa nostra’, ve’?” 

“Troppo...” 

“Lo so, anche per me è stato così. Quando ci siamo trasferiti qui, pensare che questa sarebbe stata casa mia, mi faceva sorridere come un cretino.” 

“Me lo ricordo. Soprattutto quando avete firmato il rogito. Sembravi una molla schizzata.” 

Martino sorrise e si mise seduto sulla sedia del salone, davanti al computer già aperto. “Vabbè iniziamo a pensare alla festa per Amira, forza!” 

“Okay, avevo un paio di idee. Aspetta eh...” Disse lei, prendendo il telefono per aprire le note e iniziò a elencare quello che aveva pensato. 

Misero giù un programma per dividersi i compiti: Martino avrebbe fatto la spesa e pensato a una piccola torta, mentre Eva avrebbe pensato alle decorazioni così da studiarsi bene le misure delle stanze.  

“Ma non dovremmo fare un regalo ad Amira?” 

“Non l’avevate già comprato quando dovevamo fare il baby shower?” 

Martino annuì lentamente. “Giusto... devo solo ricordare dove l’ho messo allora...” 

Poco dopo, mentre si rilassavano con un caffè, Martino ricevette un messaggio da Niccolò. 

“Nico sta tornando. Dice che è andata bene...” Informò anche Eva, rimettendo il telefono sul tavolo. 

“Non sembri convinto, però.” 

“È che ho paura che minimizzi per non farmi preoccupare.” 

“Sì, però mi è sembrato più sereno ‘sti giorni. Dagli un po’ di fiducia, Marti.” 

“Sì, sì. Infatti gli ho scritto solo che lo aspetto...” Rispose lui, mordendosi il labbro inferiore. Sentiva le labbra fin troppo secche.  

“Vabbè, facciamo che intanto vado via prima che arrivi, così vi lascio soli. Okay?” 

“Non vuoi rimanere? Così lo saluti prima di andartene.” 

“Tanto ci vediamo domani per il trasloco. Alle tre in punto mi raccomando!” 

“Agli ordini!” Rispose Martino, salutandola con un abbraccio stretto. “Grazie di avermi fatto compagnia, non avrei resistito tutto sto tempo da solo.” 

“Andrà tutto bene, vedrai!” 

Quando chiuse la porta di casa, si poggiò con la fronte sul legno duro e freddo e sospirò piano. Sperava solo che Niccolò tornasse quanto prima, aveva bisogno di sapere che stesse bene davvero e che si fosse tranquillizzato.  

Appena si sporse dalla sua postazione, la porta si aprì quasi andandogli addosso. 

“Oh, ma che ci fai là dietro? Ti stavo per far dare una capocciata...” La voce di Niccolò risuonò, con un tono vagamente divertito e leggero.  

“Ho appena salutato Eva.” 

“Sì, l’ho incrociata di sotto. Mi ha detto che ci vediamo domani alle tre per il trasloco.” 

“Già, ormai gliel’abbiamo promesso. Com'è andata?” Chiese poi, prendendolo per mano e spostandosi sul divano. 

“Bene, è veramente un bravo ragazzo. Mi ha un po’ raccontato cosa è successo quando mi ha trovato e... mi ha tolto un peso enorme dallo stomaco, davvero.” 

“Che ti ha detto?” 

“Che ero pieno di sangue e che il telefono era a terra con ancora la luce della torcia accesa... ma soprattutto che avevo i jeans al loro posto, non erano abbassati. Nemmeno la maglia era alzata. Niente.” 

“Vuol dire che...?” 

“Che non mi hanno fatto nulla. Volevano solo spaventarmi.” Disse, coprendosi il volto con le mani e sospirando pesantemente. “Avevo così paura di ‘sta cosa. Mi stava mangiando vivo, ti giuro.” 

Martino si sporse e lo abbracciò stretto. “Dai Nì, è tutto finito.” 

“Beh devono ancora prenderli e probabilmente ci sarà un processo...” 

“Sì, quello sì. Però hai recuperato la memoria, sai cosa  non  è successo quella notte e ora è tutto nelle mani dei carabinieri. E stai bene, vero?” 

Niccolò annuì con un sorriso, stanco ma sincero. “Tu? Novità?” 

E Martino gli raccontò dell’organizzazione della festa per Sana, poi ricevette un messaggio da Giovanni che voleva passare l’ultima serata da ragazzo che vive in famiglia fuori con gli amici e in breve si prepararono per uscire. 

E la serata passò così serenamente che quasi sembrò a tutti di tornare indietro nel tempo, a quando le uniche preoccupazioni riguardavano interrogazioni, chi si era paccato chi e dove andare a bere qualcosa che non fosse quella brodaglia della birra del Peccio.  

Niccolò sembrava essere tornato il ragazzo di sempre, quello di cui Martino si era innamorato e che aveva conquistato i suoi amici con un cappuccino e cornetto a Trevignano.  

Quella notte si donarono l’uno all’altro, riconnettendosi quasi fosse, di nuovo, un’altra prima volta, Niccolò volle sentire Martino dentro di sé. Non succedeva spesso, di solito capitava dopo una crisi molto forte o una litigata pesante, come quando erano tornati insieme dopo il ritorno di Luai. Quella sera, rincasati dalla festa di Silvia, avevano fatto l’amore e Niccolò gli aveva chiesto di essere lui l’attivo, aveva bisogno di sentire Martino un po’ di più.  

Era capitato per la prima volta la notte del 15 dicembre 2018, dopo quella giornata passata nel letto di Martino, abbracciati e accoccolati. Erano tornati insieme da poche ore, dopo la crisi di Milano e Martino era stato così agitato, nella paura di fargli male che Niccolò si era quasi messo a ridere, intenerito dal modo impacciato di muoversi del ragazzo. “Non mi spezzerò!” gli aveva sussurrato direttamente sulle labbra e Martino aveva annuito, baciandolo con passione, mentre lentamente affondava in lui.  

E anche stavolta successe lo stesso. Fu intenso. Fu amore allo stato puro. 

Il giorno dopo arrivarono da Eva in perfetto orario, subito presi in giro da Giovanni per la noiosa puntualità di Martino. 

“Guarda che ci metto un secondo a scendere e a tornarmene a casa eh...” Sorrideva mentre fingeva di andarsene. 

“Noioso e pure suscettibile. Nico come fai a sopportarlo?” 

“Zitto Gio, Marti è meraviglioso!” Niccolò si strinse a Martino che lo guardava con quello sguardo che sottolineava quanto fosse paraculo il suo ragazzo. 

Eva iniziò poi a coordinare il trasloco, dando a ognuno una serie di pacchi da portare di sotto e riempire le macchine. Per risparmiare non aveva voluto prendere il furgone, avendo solo vestiti, libri e altre cianfrusaglie che voleva portarsi assolutamente dietro, tra cui album di foto e trucchi vari. 

In meno tempo del previsto, caricarono tutto nella macchina di Martino e scesero in strada con solo un paio di portaabiti in mano.  

“C’è tutto?”  Martino si guardò intorno, poggiando le mani sui fianchi e prendendo un respiro profondo. 

“Sì, adesso dobbiamo andare da Gio che c’è tutta la sua roba da prendere...” Rispose Eva, battendo le mani eccitata. 

“No, voi andate da Gio a prendere tutta la sua roba, noi andiamo a casa nuova. Dammi le chiavi!” Allungò la mano verso Eva che lo guardò interdetta. 

“Perché?” 

“Perché la mia macchina è piena di pacchi. Non entra più nulla. A malapena c’è spazio per noi.” 

“Entrano i tuoi scatoloni nella tua macchina, Gio?” Chiese Niccolò. 

“Penso di sì, alla fine so’ quattro cose, non ho granché da portarmi dietro...”  

Così Eva diede le chiavi a Martino e intanto si incamminarono verso la nuova casa. Erano in silenzio mentre sfrecciavano verso Appia Nuova, Niccolò guidava e Martino era stranamente rilassato. 

“Tutto bene?” Chiese Niccolò quando arrivarono davanti al palazzo. 

“Sì. Sono felice per Eva e Gio. Cioè alla fine non penso che mi scrollerò mai di dosso il senso di colpa per quello che è successo al liceo.” 

“Dovresti però... dai, sono passati secoli e loro stanno insieme di nuovo da cinque anni. Allora io che dovrei dire? Dovrei sentirmi in colpa per Milano?” 

“Assolutamente no!” 

“E allora basta pensarci. Eri un ragazzino alla prima cotta.” 

Martino lo guardò con un sorriso, poi si sporse per poggiare la fronte alla sua e chiuse gli occhi, prima di sussurrare piano “meno male che sei arrivato tu!” 

Niccolò lo baciò leggero sulle labbra, sorridendo, poi si allontanò e aprì la portiera, pronto per scaricare dai pacchi l’auto e portarli all’appartamento.  

Quando entrarono diedero uno sguardo alle stanze, rimanendo sorpresi da quanto fosse ben rifinita, nonostante fosse decisamente piccola.  

“Non mi aspettavo fosse così carina ‘sta casa. Da fuori non è sto granché...” Disse Martino, sedendosi sul divano in attesa degli altri due. 

“Beh manco casa nostra sembrava granché prima di comprare i mobili.” 

Martino rise, scuotendo le spalle. “Mamma mia, ti ricordi i santini di Padre Pio?” 

“Ma perché la statua a grandezza naturale nella vecchia camera di nonna?” 

“Era inquietantissima...” 

“Nonna se l’è pure portata in Umbria quella cosa. Agghiaccio!” 

“Vieni qui...”  

Martino allungò la mano per invitarlo a sedersi accanto a lui. Niccolò la prese immediatamente nella sua e si sedette direttamente sulle sue gambe, abbracciandolo stretto. Rimasero in quella posizione per qualche minuto, finché non sentirono la chiave inserirsi nella toppa e la porta aprirsi. Eva e Giovanni entrarono nell’appartamento, proprio mentre Niccolò si alzava dal grembo di Martino. 

“Che stavate facendo zozzoni? Guarda che se mi rovinate il divano ve lo faccio pagare a voi!” 

“Ma niente, scemo. Stavamo solo abbracciati!” Subito rispose Martino. 

“Se se, come se non me le ricordassi le vostre porcate.” 

“Ma va? Quando mai?” Intervenne anche Niccolò, ridendo.  

“Ma se c’avete ancora quel cassetto?” 

“Ancora con sto cassetto, Gio? Sei geloso? Lo vuoi anche tu?” Incalzò con le prese in giro Niccolò. 

Martino osservò quello scambio di battute e l’emozione lo colpì come un treno in corsa. Vedere la serenità così faticosamente riconquistata, vedere Niccolò interagire di nuovo come prima anche con i loro amici era commovente e sembrava quasi un sogno. 

“Ohi, che c’hai?” Eva richiamò la sua attenzione, accarezzandogli il braccio. 

“Niente. Sono felice!”  

E sorrise, seguito subito da Eva che ricambiò, poggiando la testa sulla sua spalla, come faceva sempre.  

Nei giorni successivi, Eva e Giovanni si misero di buona leva per sballare tutte le cose, togliendole dagli scatoloni e fare in modo di ordinare la casa così da essere pronti per il giorno prestabilito, comprarono tutto il necessario per organizzare la festa e nel giro di poche ore tutto fu pronto.  

“Marti ma a che ora hai detto a Sana di venire?” Chiese Eva, finendo di riempire il frigorifero di birre e bibite varie. 

“Per le sette e mezza. Sarà precisissima quindi sicuro arriverà per le sette.” 

“Sicuro!” 

E così fu. Sana arrivò poco dopo le sette, con la bambina nel passeggino e mano nella mano con Ibra che aveva una pianta poggiata sul fianco. Appena entrò nell’ingresso, si aprì in un sorriso a tutta faccia quando vide tutti i suoi amici, alcuni colleghi dell’ospedale e le amiche del centro islamico a urlare “SORPRESA!”, leggendo poi uno striscione che troneggiava sopra le loro testa, con la scritta ‘ B envenuta al mondo ’  e sotto, scritto a mano da Nico, il nome di Amira.  

“Ma non doveva essere l’inaugurazione della casa nuova? Non dovevate, ragazzi. Grazie!”  

“Scherzi? Ora possiamo confessarti che prima di tutto il casino con Nico avevamo organizzato un baby shower, quindi visto che ormai Amira è nata, dovevamo farti una festa!” Martino l’abbracciò stretta, dondolando da una parte all’altra, con gli occhi chiusi e il sorriso sulle labbra. 

“Come va con Nico?” Chiese poi lei, con una leggera carezza sul volto del ragazzo. “Eva mi ha accennato qualcosa ieri...” 

“Meglio. Da quando ha parlato con il ragazzo che l’ha soccorso si è tranquillizzato e... è di nuovo lui.” 

“Dimmi la verità, avevi un po’ perso le speranze ve’?” 

Martino sospirò, alzando gli occhi al cielo. “Stavo cominciando a credere che sarebbe stata quella la nostra quotidianità. Però ti posso dire una cosa? Mi andava bene lo stesso.” 

“Davvero?” 

“Davvero. Cioè, Nico è l’amore della mia vita. So per certo che voglio lui e solo lui. Quindi... non me ne fregava più un cazzo dei ricordi.” 

Sana sorrise, capendo perfettamente. Provava esattamente le stesse emozioni per Ibra ed era per questo che aveva accettato che lui partisse per l’Africa, rimanendo in Italia ad aspettarlo o eventualmente raggiungendolo quando sarebbe stato possibile. Perché Ibra era tutto ciò che lei desiderava, era l’amore vero, quello di una vita.  

“Dai basta con le cose negative, pensiamo a cose più allegre. Fammi prendere in braccio la mia nipotina!” Martino si accucciò sul passeggino e prese la bimba in braccio, baciandole leggero la guancia paffuta.  

“Sta attento però eh...” Sana si fece subito apprensiva. 

“Tranquilla! Mica ti faccio cadere, vero Amira? Zio Marti è bravo!” Si rivolse direttamente alla piccola che sorrise con gli occhi chiusi, completamente rilassata tra le sue braccia.  

“Ma sai che tu sei l’unico con cui non piange mai?” Intervenne anche Ibra, stupito di come la figlia sembrasse già così legata al ragazzo.  

“Perché sono adorabile. E l’avevo detto che sarei stato il suo preferito!” Rispose Martino, stringendola un po’ di più al petto e prendendo la manina stretta a pugno nella sua. 

Più tardi nella serata, arrivò il momento dei regali e Sana si divertì a scartare i pacchetti, trovando diverse tutine, qualche biberon, un album di foto; Martino e Niccolò avevano scelto un set di hijab per neonati che avevano trovato online e che si erano fatti spedire qualche settimana prima dell’aggressione.  

“Ora mi devi dire dove hai trovato gli hijab per neonati!” 

“Su internet si trova di tutto, lo sai... E questi erano così carini che Nico se n’è innamorato subito.” 

“Sì, non ho resistito. Guarda quello verde acqua, non è stupendo?” 

“Ma sono tutti bellissimi. Grazie ragazzi, davvero! Non vedo l’ora di metterglieli.” 

“Poi mandaci le foto, mi raccomando!” 

Poco dopo i colleghi e le amiche del centro Islamico se ne andarono e rimasero solo i soliti: Martino e Niccolò, Filippo, Sana con Ibra, Rami e Luai. 

Senza nemmeno rendersene conto si fece mezzanotte e Martino vide Filippo prendere da parte Niccolò, per poi confabulare tra loro. Era bello vedere come la loro amicizia non si fosse minimamente scalfita, da quando aveva ricordato tutto, Niccolò aveva voluto chiamare Filippo e ringraziarlo di essergli stato vicino e si erano abbracciati, promettendosi nuovamente di non allontanarsi mai. Quando si avvicinò anche Giovanni e tutti e tre sparirono dentro la cucina, Martino si chiese che cosa stessero architettando. Ogni tanto doveva stare attento a quello che quei tre potevano mettere in atto, come quando erano andati al Lago di Nemi e avevano pensato fosse una buona idea legare una corda a un ramo di uno degli alberi, salvo poi ricredersi quando Luchino dondolando su di essa era finito di faccia sul tronco dell’albero ed erano dovuti correre al pronto soccorso perché si era rotto il naso.  

All'improvviso le luci si spensero e vide Niccolò entrare con una torta enorme con sopra una quantità esagerata di candeline e tutti iniziarono a canticchiare “Buon compleanno!” battendo le mani a tempo.  

Martino scosse la testa e si guardò intorno, notando come tutti fossero consapevoli di quella sorpresa. Sorrise, emozionato e imbarazzato, doveva aspettarselo in effetti, ma non credeva che avrebbero fatto qualcosa. Aveva scelto quel giorno proprio per evitare che si ricordassero del suo compleanno e invece probabilmente avevano organizzato tutto sottobanco e stavolta, al contrario di tanti anni prima, veramente non ne sapeva nulla ed era una vera sorpresa.  

Niccolò poggiò la torta sul tavolino davanti a Martino e gli si mise di fianco. Eva gli urlò di soffiare sulle candeline e di esprimere un desiderio. Ma cosa poteva volere davvero? Chiuse gli occhi e chiese l’unica cosa che gli premeva, che Niccolò stesse bene e superasse il trauma. Solo questo gli interessava.  

Soffiò sulle candeline e la luce si riaccese immediatamente.  

“Allora posso dire che tutte queste candeline me parono un po' troppe?” Chiese a quel punto Martino, iniziando a toglierle per poter tagliare la torta.  

“Pensa quando arrivi ai trenta...” Giovanni rise, immaginando una torta con almeno due piani. 

“Esagerato... e tu non ride che a Dicembre tocca te!” SI rivolse a Eva che gli mostrò il dito medio, ridendo. “Ma quando l’avete organizzata sta cosa?” 

“Tu fatte i cazzi tuoi Marti!” 

“E poi te pare che non festeggiavamo i 25 anni? Dai...” Filippo gli mollò uno scappellotto tra capo e collo. 

Mentre tutti erano impegnati a mangiare la torta e a chiacchierare, Martino sentì la mano di Niccolò sfiorare la sua, distrattamente. Gli piaceva il fatto che c’era ancora la necessità di sentire l’altro, anche attraverso un semplice sfioramento. 

Quando tornarono a casa quella notte, nella loro camera immersa nel buio e nel silenzio data l'ora tarda, Martino rimase a guardare Niccolò che si spogliava lentamente, ipnotizzato dai suoi lenti movimenti, finché non rimase con solo i boxer davanti a lui. A quel punto Niccolò lo guardò facendogli cenno di spogliarsi anche lui e quasi meccanicamente Martino si tolse i vestiti e rimase in boxer, sdraiandosi sul letto accanto a lui. 

Si avvicinarono e lasciarono che la passione prendesse il sopravvento. Si presero il loro tempo per sfiorarsi e darsi piacere, Martino preparò Niccolò distraendolo con baci e carezze, lo venerò con la bocca, raggiungendo ogni pezzetto di pelle che quegli uomini avevano colpito, tentando di rovinare qualcosa che ai suoi occhi rimaneva perfetta, con tutte le cicatrici e i lividi, anche quelli che il tempo stava risanando esteriormente.  

Quando si spinse in lui, Niccolò gli prese una mano e la strinse forte. Lo faceva sempre, non bastava sentirlo dentro, aveva bisogno di un contatto e un calore diverso. Stettero così, muovendosi sempre più velocemente, diventando sempre più scoordinati e frenetici, e con quell’atto d’amore scivolarono sempre più lontano tutta la preoccupazione e il dolore dei mesi passati, tutta l’angoscia provata venne spazzata via mano a mano che arrivarono all’orgasmo.  

Ansimando con forza, Martino ricadde su Niccolò, appoggiando la fronte sulla sua. Niccolò lo strinse forte, avvolgendo le braccia intorno alle sue spalle, sorridendo con gli occhi fissi l’uno all’altro. Rimasero in quel modo per un minuto appena, poi Martino scivolo fuori e si stese accanto a lui, poggiando la testa sul petto del ragazzo. 

“Tutto bene?” Chiese Niccolò, rabbrividendo, mentre il sudore si asciugava sulla pelle umida. 

“Sì... è tutto perfetto. E tu?” Martino gli accarezzò il volto, scostandogli il ciuffo dalla fronte. 

“Benissimo. Sai, nonostante tutto quello che è successo, vorrei che il tempo si fermasse in questo momento.” 

“Proprio questo momento?” Stava sorridendo. 

“Sì, perché tutta ‘sta storia mi ha fatto capire che innamorarmi di te era inevitabile. È il mio destino. E di questo me ne sono reso conto quando ho ricordato, perché non potevo fare altrimenti e sono tornato da te. Mi sono ritrovato, ricordando te e quello che provo per te.” 

“Io sono convinto che non esiste un universo in cui non stiamo insieme.” 

“Già... e voglio che sia così per sempre.” Disse Niccolò, alzandosi in piedi. 

Martino lo guardò incuriosito mentre si rivestiva e usciva dalla stanza. “Ma dove vai?” 

Pochi secondi dopo, Niccolò rientrò in stanza e si mise in ginocchio sul letto, una delle mani era nascosta dietro la schiena e prese un respiro profondo. Martino si rizzò seduto, con la schiena poggiata alla testiera del letto, il respiro già spezzato. 

“Marti, fin da quando mi sono svegliato in ospedale, ho continuato a sentire la tua voce nella mia testa. Le tue parole,  ‘tu non sei solo’ , rimbombavano spesso ma non sono riuscito a dargli un senso finché non ho recuperato i ricordi e tutto è diventato chiaro. Eri tu e sei sempre stato tu. E non so cosa la vita ci porterà ma so che, qualsiasi cosa succeda, tu sarai con me. Sempre. Marti-” 

“Sì!” Martino lo interruppe, annuendo velocemente con la testa. 

“Cosa?”  

“Lo so cosa stai per chiedermi e la mia risposta è sì!” 

Niccolò rise, scuotendo la testa. “Mi dai la soddisfazione di farti la domanda?” Martino gli fece cenno di continuare. “Martino Rametta, vuoi sposarmi?” E gli mostrò l’anello dentro quella scatolina di velluto. 

Martino sorrise a tutta faccia e si protese, poggiando le labbra su quelle dell’altro. “Sì!”  

Si accoccolarono sul letto, sdraiati nuovamente, con gli occhi chiusi e il silenzio ad avvolgere la stanza, illuminata solo dalla luce della luna che rifletteva sul vetro della finestra. Martino amava quei momenti, quell’intimità per cui potevano restare in silenzio e non sarebbe mai stato imbarazzante o teso, era un silenzio calmo e rilassato. 

“Devo dirti una cosa...” Sussurrò Martino, poco prima che Niccolò si addormentasse del tutto. 

“Mh...” 

“Mi hai anticipato nella proposta...” 

“Lo so... l’ho fatto apposta.” 

“Come? Tu... che ne sai scusa?” 

“Prima dell’aggressione ho trovato l’anello. Volevo che me lo chiedessi tu, così non ho detto nulla. Ma da quando ho ricordato tutto, ho pensato che magari non te la sentivi di chiedermelo ancora, così mi sono deciso.” 

“E l’anello?” 

“L’ho comprato il giorno che ho parlato con Davide in quel bar. Mi ha liberato di un peso così grande che ho capito cosa dovevo fare. E quale giorno migliore del tuo compleanno per chiedertelo?” 

“Smielato. Però lo adoro. Il più bel regalo di compleanno di sempre.” Lo baciò di nuovo con dolcezza. 

E continuarono a baciarsi, abbracciati l’uno all’altro, lasciandosi cullare dal calore dei loro corpi, appagati e finalmente felici.  

Finalmente a casa. 

 

 

 

 

 

Notes:

E siamo giunti alla fine... sinceramente non so che dire, questa storia è stata tanto importante per me e spero che questo finale vi sia piaciuto. Ho sempre immaginato che finisse così e che il resto che la vita li aspetta sia solo da immaginare, ognuno a modo suo 🥰
Ovviamente fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando 🙏🏼❤️
Ho già in mente altre storie e una OS Gioeva che arriverà a breve 😉
Io come sempre vi ringrazio per avermi sostenuta in questo percorso e spero di ritrovarvi anche nelle prossime storie
🙈🙏🏼
A presto ❤️
Babykit

 

   
 
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