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Autore: Hisae Nihil    29/09/2020    1 recensioni
Lui doveva essere un nemico, qualcuno venuto lì per conquistare quelle terre.
Avrebbe dovuto lasciarlo morire, non soccorrerlo...
Genere: Angst, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Giappone feudale
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"Questa storia partecipa alla Mabon Long Run di Piume d'Ottone"
Prompt: "Foglie in autunno"
Parole 1924

(Una parola è stata scritta con la pronuncia giapponese ai fini della storia ed alcune battute del personaggio maschile risulteranno meno fluide per lo stesso motivo)

La ragazza era di ritorno dal fiume, in mano reggeva una cesta di stracci ch'era andata a lavare al fine di liberarli dalle macchie di sangue e polvere.
Era passato parecchio tempo dal giorno in cui si era ritrovata in casa quell'uomo con una profonda ferita alla schiena, la febbre alta ed il fiatone di chi aveva corso pur di rimaner in vita.
Non avrebbe dovuto premurarsi di medicarlo, avrebbe dovuto lasciarlo fuori a morire come chiunque avrebbe fatto con un nemico... Ma lei era stata stupida, nemmeno era certa di poterlo “salvare”, in fin dei conti di quei tempi cibo e medicine erano un lusso che ben pochi potevano permettersi, e la ragazza non rientrava in quei “ben pochi”, era già tanto se aveva un tetto sulla testa. Certo, da quando suo fratello si era arruolato, a lei spettavano l'equivalente di due ciotole di riso una volta ogni tre giorni, non doveva far altro che andare al villaggio lì vicino ed attendere in fila; a lei quel quantitativo di cibo sarebbe bastato... Il problema era che quell'uomo mangiava per quattro, e non si era ancora ripreso.
La giovane rallentò il suo incedere, facendosi in disparte restando sul ciglio del sentiero, esibendosi in un leggero inchino al passaggio di una pattuglia di ricognizione composta da cinque uomini a cavallo, i quali non la calcolarono di striscio, dopotutto era una signora nessuno, loro stavano garantendo alla sua incolumità ed un inchino era d'obbligo; se solo avessero saputo che in casa sua vi si trovava un nemico, come minimo avrebbero ucciso lei e poi lui, o viceversa... Oppure l'avrebbero lasciata in vita per chissà quale logica inspiegabile.

 

Una volta che fu rincasata, lasciò cadere la cesta a terra, non perché fosse stanca o chissà che altro, semplicemente per il fatto che la stuoia dove doveva trovarsi l'uomo, era vuota... Sporca di sangue, un po' scomposta, ma pur sempre vuota e non sarebbe dovuta esserlo; che i soldati di ronda l'avessero trovato ed ucciso? Se così fosse stato là dentro non sarebbe stato ancora tutto come lo aveva lasciato, ci sarebbero stati oggetti sparsi in giro, chiazze e schizzi di sangue qua e là, un cadavere...
Un lamento esasperato si levò dalle labbra della giovane, aveva scelto d'andare a morire, okay, va bene, non era affar suo né tanto meno vedeva perché avrebbe dovuto darsi pena per quell'individuo. Peccato che dopo quel lamento si fosse diretta verso l'esterno, senza nemmeno premurarsi di chiudere la porta scorrevole, tanto il massimo che sarebbe potuto entrarle in casa sarebbe stato il vento o qualche scoiattolo, niente di così preoccupante, dopotutto colui che si poteva definire “guaio” o “problema” lo stava andando a cercare.
Correre con dei sandali di paglia non era il massimo della comodità, più volte aveva rischiato di scivolare su di un sasso, sull'erba, sui suoi stessi piedi; di chiamarlo non ci pensò neanche, non sarebbe stata una buona idea, o più semplicemente era ancora troppo impegnata a domandarsi perché lo stesse cercando con così tanta foga... Sopratutto dal momento che non poteva essersi allontanato poi così tanto; o forse sì? Allora a quel punto sarebbe riuscita a trovarlo? Magari era andato a cercare un posto dove morire... No, non era un'animale. Però tra le mura di una casa e la natura che la circondava, anche lei avrebbe preferito spirare in mezzo agli alberi, o su di un prato, magari vicino ad un fiume...
La sua corsa s'arrestò di colpo, nell'istante in cui catturò una figura con la coda dell'occhio. Era fermo, circondato da aceri vestiti d'autunno, immobile a fissare in alto, come a contemplare qualcosa. Di per sé era anche un'immagine gradevole e pittoresca, però in gioco c'era la sua vita << Razza di stupido! Che diavolo ti è saltato in mente?! Hai ancora la febbre e la tua ferita non si è richiusa del tutto, torna subito a casa! >> Lo disse tutt'ad un fiato, mentre s'avvicinava a lui con ampie falcate.
L'uomo dal canto suo, aveva sobbalzato per quell'improvvisa e brusca interruzione del silenzio con il quale si era circondato, voltandosi verso di lei
<< Se parli così... Velocemente? Faccio fatica a capirti >> Il suo giapponese era ancora abbastanza incerto, sbagliava delle parole e ne confondeva delle altre
<< Ho detto che devi tornare a casa, non ti sei ancora rimesso, la tua ferita è in una situazione precaria e- >> Si bloccò nel veder l'espressione confusa sul volto della sua controparte, con quel pizzetto pieno contornato da della barba incolta che non sarebbe dovuta esser lì e le folte sopracciglia che in un qual modo ricordavano le ali di un'aquila.
A quel punto la ragazza sospirò, provando a spiegargli la faccenda a gesti, dopotutto i segni erano una lingua universale... Ma il mongolo riportò la sua attenzione sulle fronde di quegli alberi, neanche l'avessero stregato
<< Da dove vengo non ci sono così tanti colori... >> Non era stregato, semplicemente gli piacevano le cose belle, e le sfumature che variavano dall'arancio al dorato che tingevano le foglie consuetamente rosse degli aceri in autunno, per quanto il tempo passasse, rimanevano qualcosa di magnifico.
La ragazza rabbrividì per un istante, come se si fosse ricordata solo in quell'attimo della stagione che stava incombendo, rendendo il clima non poi così mite, anzi. Si strinse i lembi dello youkata al petto, nel vano tentativo di cercarvi un po' di calore, giusto lei anche se poco era vestita, lui no; a parte la parte bassa del vestiario, era bellamente a petto nudo con unicamente una fasciatura a coprirgli gran parte della schiena, ciò non toglieva che dei muscoli non avrebbero potuto proteggerlo dal freddo
<< Senti, capisco che sia una bella visione, ma dovremmo tornar- >> Questa volta ad interromperla fu una rovinosa caduta, dovuta ad un sandalo che l'aveva abbandonata, portandola ad inciampare su di un sasso sporgente << Accidenti! >> Borbottò, nell'iniziare a tirarsi su, ritrovandosi una mano davanti al viso << Grazie >> Accettò di buon grado quell'aiuto, rimettendosi in piedi stando ben attenta a non gravare troppo sull'uomo, in fin dei conti non era un sacco di riso, e lui non avrebbe dovuto fare sforzi
<< Stai bene? >> Lo rassicurò annuendo, dandosi una pulita al vestito, udendo uno sbuffo divertito provenire dalla sua controparte, facendo così canalizzare su di lui l'attenzione della giovane, che lo guardò con un'espressione interrogativa, era forse sporca da qualche parte? Cosa probabile, ciò però non avrebbe giustificato quel tentativo di soffocare una risata.
L'uomo aprì la bocca per dire qualcosa, bloccandosi sul nascere, optando con l'indicarsi il capo, gesto che fece automaticamente portare una mano dell'altra a tastarsi la testa, avvertendo chiaramente la presenza di parecchie foglie secche tra i capelli... Cadendo al suolo aveva di certo fatto volare in aria alcune di esse, ed avevano ben pensato d'optare col posarsi tra i suoi capelli, anziché ritornare a far parte del letto di foglie che copriva il terreno.
Gonfiò le guance, prendendo a sfregare con foga le dita delle mani tra i capelli, facendoli muovere in una danza frettolosa e scomposta, al fine di liberarsi di quella parte della vegetazione, tanto che doveva sembrare un animaletto di qualche tipo
<< Non è divertente >> Puntualizzò nel vederlo cercar di trattenere il proprio divertimento, peccato che quegli occhi neri ne fossero pregni, quelli non mentivano mai
<< Aspetta >> Bloccò le sue azioni nel vederlo allungare una mano verso il suo capo, districando l'ultima foglia rimanente dai suoi capelli, rigirando lo stelo tra le dita catturandone ogni sfumatura con lo sguardo, una fortuna visto l'improvviso imbarazzo che si era dipinto sul viso della ragazza << Come si chiama nella tua lingua? >> Era incredibile come provasse interesse per cose così futili, però chi era lei per non rispondergli? In un certo qual modo le faceva piacere
<< “Ha” >> Era generica come cosa, ma dubitava che volesse sapere come si diceva “foglia d'acero”, ed anche se avesse voluto informarlo anche di ciò, qualcosa di ben più importante catturò senza troppa discrezione la sua vista.
Ad aggiungere altro colore tra quel letto di fogliame secco, vi si stavano aggiungendo delle gocce di sangue, le quali andavano a tingere senza alcuna remora ciò su cui andavano a depositarsi << Stai- >>
<< Sì, bene >> Per quanto formulata nel modo scorretto, quella frase era comunque una gigantesca frottola, non poteva star bene. E fu lì che l'agitazione la colse
<< Dobbiamo- >>
<< Tornare... >> Le rimise con delicatezza la foglia tra i capelli, come se si trattasse d'un dono prezioso << ...Lo so >> Il sorriso che le rivolse non s'addiceva per niente ad un uomo venuto da un'altra terra per conquistare quella in cui lei abitava, era un sorriso caldo ed in un qual modo gentile.
La ragazza si mordicchiò le labbra per non pronunziare parole delle quali poi si sarebbe pentita, o che comunque le avrebbero fatto perdere tempo
<< Allora muoviamoci >> Era appena accennato, ma un velo di rossore le aveva tinto le gote, una reazione più che giustificata. Peccato che quando provò a fare un passo, una forte fitta alla caviglia la raggelò sul posto, il suo corpo la intimò d'inginocchiarsi a terra, cosa che di certo non assecondò, suvvia si trattava solo di una contusione, forse una storta, niente di grave
<< Taki? >> Sentire il proprio nome pronunciato da lui, quelle rare volte in cui lo diceva, le faceva sempre uno strano effetto
<< Va' pure avanti, io ti raggiungerò dopo, devo raccogliere dei rametti per accendere il fuoco >> Aveva parlato in maniera troppo sciolta, esternando una bugia che il diretto interessato non avrebbe potuto comunque capire; ma non vi pensò.
L'uomo la guardò in silenzio, era qualche passo avanti a lei, ed aveva visto quel piede leggermente alzato da terra, una cosa che lo portò a sospirare, prima d'accorciare la breve distanza che li separava, sollevandola da terra, tenendola tra le sue braccia mentre avanzava verso casa << Co- Non devi fare sforzi! Mettimi giù, riesco a camminare! >> Non andava bene, proprio per niente, non tanto per il fatto ch'era arrossita violentemente, ma per il sangue che stava versando quello zuccone << Stai sanguinando! Mettimi giù! Possibile che tu ci tenga così poco alla vita?! >>
<< Se parli velocemente non ti capisco >> Taki assottigliò lo sguardo
<< Tu stai capendo perfettamente razza di stupido! Mettimi giù! >> Ma lui rise divertito, come se niente fosse.
Lui rideva ed avanzava sicuro con lei tra le sue braccia, come se la sua vita non si stesse affievolendo passo dopo passo.
La ragazza gli colpì il petto con un debole pugnetto, guardando in basso, racchiudendo lo sguardo su sé stesso << Se muori giuro che m'arrabbio >> Quale immane minaccia, ma in fin dei conti, l'aveva fatta penare e non poco
<< Vedrò di... Non morire, allora >>
<< E non ridere... >> L'uomo inarcò un sopracciglio
<< Non lo sto facendo >>
<< Lo stai pensando >> Borbottò in tutta risposta.
Lui era troppo gentile per esser un nemico, qualcuno che voleva radere al suolo tutto e bruciare qualsiasi cosa; l'esatto opposto di quello che ci si aspetterebbe da qualcuno catalogato come “nemico”...

 

Taki si svegliò nel cuore della notte, ad infastidire il suo sonno era stato un incubo nefasto, il quale aveva tramutato un ricordo in qualcosa d'orribile. Impregnandolo di paura.
Con gli occhi ancora impastati di stanchezza, guardò la figura dell'altro, illuminata appena da un fuoco oramai prossimo a morire, una sagoma immobile, quasi statuaria; tanto che lei temette che quella paura si fosse manifestata, tramutandosi in realtà.
Cauta s'avvicinò a gattoni, scavando tra le ombre al fine d'abituare la vista a quella scarsa illuminazione, non permettendo alla fretta di guidarla, tutto aveva un suo tempo, magari ci sarebbe voluto qualche secondo in più, ma sarebbe riuscita a vedere ciò che desiderava.
E lui respirava ancora.

   
 
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