Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Cassandra caligaria    03/10/2020    3 recensioni
Tutti umani, trentenni. Le vicende narrate saranno ambientate per la maggior parte nella Boston dei giorni nostri.
La narrazione sarà tutta dal punto di vista di Edward, con qualche extra dal punto di vista di Bella.
Dal primo capitolo:
Mi guardai intorno ammirando l’eleganza dell’ambiente quando ad un certo punto rividi la ragazza del parcheggio che parlava con Rosalie vicino all’ascensore.
«Lei lavora qui?» domandai a Jasper.
«Chi?»
La indicai con un dito e proprio in quell’istante i nostri sguardi si incrociarono.
«Oh, lei! È l’amministratrice dell’azienda» rispose Jasper divertito.
«Merda.»
«Non conosce altre parole?» mi domandò divertita lei. Ma quando si era avvicinata a noi?
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Emmett Cullen, Isabella Swan, Jasper Hale, Rosalie Hale | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie, Leah/Sam
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film, Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

«Dobbiamo parlare, Edward» mi disse, improvvisamente seria e distaccata.
«Di cosa?» cercai di contenere il panico nella mia voce.
«Del tuo futuro» prese un profondo respiro e sollevò lo sguardo. Era indecifrabile.
«La persona che era stata individuata da James per ricoprire il ruolo di responsabile del reparto contabilità ha ricevuto una proposta migliore e ha rifiutato all’ultimo la nostra. James sta lavorando per reclutare qualcun altro; ma io penso non sia necessario cercare troppo lontano e anche loro sarebbero d’accordo se fossi tu a ricoprire la posizione di responsabile» disse d’un fiato.
«Bella, cosa stai dicendo?» le domandai allarmato.
«Ti sto offrendo l’opportunità di fare un grande avanzamento di carriera» mi spiegò, formale.
«Ma sarebbe qui a New York!» protestai.
«Sì», rispose lei laconica.
«Perché?» le domandai, afferrandole le braccia e scuotendola. Non mi preoccupai di averle fatto male stavolta, ero sconvolto.
«Perché tu ami New York» mi rispose calma, il suo sguardo dolce mi accarezzava il viso.
Scossi il capo.
«Amo te di più».
Per un breve istante fu trafitta dalla potente verità contenuta nelle mie parole e la sua facciata impeccabile vacillò, mostrandomi quanto in realtà le stesse costando farmi quella proposta, ma si ricompose quasi subito, ignorando la mia confessione.
«Edward, ti prego, riflettici e guarda la cosa con razionalità: è un’occasione unica. Per arrivare così in alto a Boston dovresti aspettare ancora qualche anno, come minimo» continuò con calma.
«Non ho ancora né l’esperienza giusta né le competenze per ricoprire quel ruolo, lo sai benissimo» replicai.
Scosse il capo, un mezzo sorriso le piegò le labbra, ma non modificò l’espressione del suo viso.
«Sveglio come sei, imparerai in fretta, non hai bisogno di acquisire chissà quali competenze per gestire un reparto. Inoltre, Alec resterà qui per un mese – era previsto che avrebbe affiancato e supervisionato il responsabile del reparto già da prima – quindi, avrai la sua notevole esperienza su cui poter contare. Imparerai tutto quello che ti serve conoscere lavorando con lui. E ovviamente, non dovrai preoccuparti di nulla, penseremo a tutto noi, avrai anche un alloggio pagato per i primi tempi. Ci rendiamo conto del poco preavviso» continuò calma, facendomi un mezzo sorriso verso la fine.
Quel plurale aziendale e quei dettagli formali in quel momento mi ferirono.
«Smettila di parlarmi come se tu fossi un’istituzione e io fossi solo un tuo dipendente. Sono il tuo uomo, accidenti! Dovrà pur significare qualcosa per te quello che ci siamo detti ieri, dovrò pur contare qualcosa per te» le dissi sprezzante, scuotendole le spalle. I suoi occhi mi rivelarono un altro cedimento.
«Edward, tutto quello che sto facendo, lo sto facendo per te. Mi hai detto tu stesso qualche giorno fa che non avresti mai voluto interferire con le mie scelte, non avresti mai voluto essere un ostacolo. Sai bene che sono mossa dagli stessi intenti. Ti prego, ragiona, è un’occasione che capita una sola volta nella vita» continuò.
Scossi il capo con decisione. Ricordavo quella conversazione e sapevo che i suoi intenti erano più che nobili e che stesse agendo mossa soltanto dalla sua incredibile generosità. Forse a parti invertite, io avrei fatto la stessa cosa, avrei anteposto il suo bene al mio. Mi sarei sacrificato, incoraggiandola a seguire la sua strada e mettendomi da parte per non essere d’intralcio, perché la amavo.
Ma come potevo considerare colei che amavo così tanto un ostacolo? Lei era il mio bene, la mia felicità. Non era ormai più che chiaro? Non lo vedeva anche lei?
«Sono altre le occasioni che capitano una volta sola nella vita, Bella. Tu sei un’occasione che capita una sola volta nella vita e non ho la minima intenzione di permetterti di rovinare quello che abbiamo. È troppo raro e prezioso e lo sappiamo entrambi. Non siamo due ragazzini, sappiamo quello che vogliamo e conosciamo abbastanza la vita da sapere quanto sia raro trovarsi così come è successo a noi» replicai, moderando il tono, ma mantenendolo deciso e determinato.
Avevo promesso a me stesso che l’avrei protetta da qualsiasi cosa, anche da sé stessa – se fosse stato necessario – ed ero intenzionato a mantenere fede alla mia parola.
«Edward, non ho intenzione di rinunciare a noi. Continueremo a vederci durante i fine settimana, Boston e New York non sono così distanti. Possiamo farcela. Sarà solo per qualche anno, quando avrai maturato la giusta esperienza, sarà più semplice farti rientrare a Boston per ricoprire la stessa posizione» mi disse gentile. Sgranai gli occhi.
«Qualche anno? Ma ti rendi conto di quello che stai dicendo? Io non posso stare lontano da te per così tanto tempo. Non è una relazione a distanza l’idea di stare insieme che voglio per noi. Forse tu puoi riuscirci, forse i tuoi sentimenti nei miei confronti non sono così forti come i miei nei tuoi» il suo viso cambiò repentinamente espressione, si accigliò e poi vidi la rabbia infuocarle lo sguardo. I suoi occhi dello stesso colore del ghiaccio lanciavano saette.
L’avevo ferita, lo sapevo. Lo avevo fatto di proposito, perché era l’unico modo che avevo per farla cedere. Sapevo quanto ci tenesse a me e mi sentii un po’ in colpa ad averle inferto un colpo così basso, in un modo – a dirla tutta – anche un po’ infantile, ma era l’unico modo che avevo per scatenare in lei una reazione reale. Lei poteva essere brava quanto voleva a mascherare i suoi sentimenti e a mantenere la sua facciata calma, ma io la conoscevo ormai troppo bene.
Era furiosa e una piccola parte di me ne fu compiaciuta.
«Come osi!» sollevò un braccio, la mano stretta a pugno pronta a colpirmi sul petto. La fermai, prima che si facesse male, bloccandole i polsi. Avrei dovuto insegnarle come fare, se avesse voluto imparare. Con la mano chiusa in quel modo, si sarebbe potuta fratturare qualche dito.
«Allora, perché?» domandai con maggiore insistenza, stringendo le mie mani intorno ai suoi polsi e abbassandoli sui suoi fianchi. I miei occhi puntati nei suoi.
«Perché ti amo, testone! Ti amo e voglio che tu sia felice, voglio che tu sia soddisfatto e realizzato in ogni ambito della tua vita e che abbia tutte le possibilità che ti meriti. Ti amo e non voglio che un giorno mi guardi e pensi con rimpianto a quello a cui hai dovuto rinunciare per stare con me. Ti amo e vorrei che tu ti sentissi sempre allegro, entusiasta e leggero come ieri, che vivessi nella città che ami, nella città a cui evidentemente appartieni, visto che ne hai la possibilità concreta ora» la sua voce si ruppe verso la fine.
Lasciai andare i suoi polsi e la strinsi forte tra le mie braccia, soffocando i suoi gemiti con la mia bocca. Mi restituì il bacio quasi con la mia stessa impazienza e si aggrappò alle mie spalle con forza, come se avesse avuto paura di non riuscire a stare in piedi. La sostenni con maggiore decisione, non l’avrei mai lasciata cadere. Il mio cuore scoppiava di gioia nel petto. Sapevo dentro di me che mi amava, ma sentirlo attraverso la sua voce fu indescrivibile.
Dopo qualche istante, a malincuore, mi staccai dalle sue labbra per permetterle di calmarsi. Incastrò la sua testa nell’incavo del mio collo con estrema naturalezza, prendendo respiri profondi sulla mia camicia. Il mio cuore batteva all’impazzata e dovette sicuramente accorgersene, perché posò dolcemente una mano sul mio petto, quasi a volerlo calmare attraverso il suo tocco gentile. Mi concentrai sul ritmo del suo respiro che si andava man mano regolarizzando accarezzandole dolcemente la schiena e continuando a premere le mie labbra sulla sua testa.
Ero sollevato, ero euforico, ero felice. Ero un turbine di emozioni in quel momento.
«Io appartengo solo a te» riuscii a mormorare nel suo orecchio e poi attesi in silenzio, cullandola tra le mie braccia, fino a quando non mi resi conto che il suo respiro aveva ripreso una frequenza normale e che il suo corpo non era più scosso da tremori. Fu lei a rompere il silenzio.
«Perché devi rendermi tutto così difficile?» mormorò sul mio petto.
«Perché ti amo» le risposi con naturalezza. Che bella sensazione poter dare voce ai miei sentimenti.
Borbottò un sarcastico «E meno male!» che mi fece ridere. Stava tornando in sé.
«Bella, Bella, ma come devo fare con te?» cercai di mantenere un tono leggero, ma non era facile. Mi sentivo come un vulcano pronto a esplodere per quante emozioni mi si agitavano dentro.
Sollevò la testa per guardarmi negli occhi, un punto interrogativo si disegnò sul suo viso.
«Sei così brillante e perspicace, non ti è venuto in mente che magari ieri ero così euforico per il fatto che girassi per la città con te e non per la città in sé? Mi sembra di avertelo anche detto a un certo punto» le feci un mezzo sorriso e vidi la consapevolezza iniziare a prendere piede nel suo sguardo.
«E come puoi anche solo pensare che un giorno io possa guardarti e rimpiangere di aver perso qualcosa? L’unica cosa che potrei rimpiangere sarebbe perdere te e rinunciare al nostro futuro insieme, ma non ho nessuna intenzione di farlo. Non accetterò la tua proposta, perché non posso stare lontano da te» mormorai e chiuse gli occhi per un istante, sospirando.
«E poi molto probabilmente a breve avrò la possibilità di iniziare una nuova carriera. A Boston» aggiunsi con nonchalance.
«Cosa?» balbettò, sgranando gli occhi. Le sorrisi.
«Doveva essere una sorpresa, avrei voluto dirtelo domani sera, ma a quanto pare, per quanto mi sforzi, questa benedetta vigilia di Capodanno sembra destinata a rimanere senza sorprese. Sappi che questa è la terza volta che scombini i miei piani per domani sera, non so proprio come devo fare con te» la presi in giro, scuotendo il capo e sorridendo. Era ancora scossa.
«Che sorpresa? Edward, spiegati, per favore» mi supplicò. Le accarezzai una guancia con la punta del naso e le lasciai un bacio leggero all’angolo della bocca.
«Ho ricevuto un’e-mail stamattina, dalla redazione di un canale sportivo che ha sede a Boston. Non te ne avevo parlato, ma circa due mesi fa, quando tu eri qui a New York, durante il weekend successivo alle prime serate che abbiamo trascorso insieme nel tuo ufficio, avevo inviato un pezzo alla redazione di questo canale che trasmette vecchie partite. Ero particolarmente annoiato in quel lungo weekend di pioggia, in TV non c’era niente di interessante e tu eri già il centro dei miei pensieri, così per evitare di perdere completamente la testa, pensando costantemente a cosa stessi facendo qui a New York, avevo partecipato a un concorso che avevano indetto. Volevano che scrivessi un pezzo sulla storia del mio atleta preferito, una sorta di biografia. Hanno letteralmente adorato il mio pezzo e mi hanno chiesto di inviargli il mio curriculum e altri miei scritti. Quando hanno scoperto che sono laureato in storia, mi hanno proposto di unirmi a loro per una collaborazione – per il momento. Vogliono realizzare un programma biografico sui campioni dei Red Sox e hanno bisogno di autori motivati per la scrittura delle puntate, con una notevole passione per lo sport, competenze per la ricerca storica e buone capacità di scrittura. Cercano persone che siano disposte a guardare ore di vecchi filmati e vecchie partite e a cercare e leggere vecchi articoli. Hanno bisogno di qualcuno come me, insomma» le spiegai, la mia gioia era incontenibile.
Si mise le mani davanti alla bocca, i suoi occhi si riempirono di meraviglia.
«Stai dicendo sul serio?» mi domandò.
«Se non ci credi, ti faccio leggere la mail» le risposi, sorridendo.
«Ci pensi che sarò pagato per guardare vecchie partite, per leggere vecchi articoli, per curiosare nella vita dei campioni della mia squadra preferita e poi scrivere la loro biografia?» le domandai, meravigliandomi alle mie stesse parole.
In quel momento mi resi conto che quella poteva essere davvero la mia strada. Autore televisivo di programmi sportivi, e chi ci avrebbe mai pensato?
«È meraviglioso, Edward, sono così felice per te» esclamò, la gioia nei suoi occhi e nella sua voce eco della mia, ma avvertii anche qualcos’altro nelle sue parole. Sollievo. Le accarezzai una guancia.
«Ovviamente per ora si tratta solo di una collaborazione che potrebbe portare a un impiego più stabile, sarò un assistente degli autori, quindi per il momento ti pregherei di non licenziarmi, altrimenti non saprei proprio come pagare l’affitto e finirei in mezzo alla strada. Sai, gli articoli che scrivo non pagano ancora chissà quanto e la redazione mi pagherà in un’unica soluzione alla fine della scrittura del programma, anche se mi hanno assicurato che ci sono ottime possibilità che possano propormi un contratto più stabile e che possa diventare autore a tutti gli effetti. Mi serve ancora uno stipendio fisso, il cliché dello scrittore squattrinato e decadente non mi si addice proprio e un lavoretto part-time da Starbucks non potrei neanche prenderlo in considerazione, visto che non so fare il caffè» ridacchiai.
«Lo sai che non lo permetterei mai» mormorò, puntando i suoi occhi nei miei e accarezzandomi dolcemente il viso. Mi abbandonai al tocco delle sue dita delicate e sospirai.
«Mi rendo conto che rispetto alla tua proposta, questa offre meno certezze – considerando soprattutto che non sono più un ragazzino –, ma non è un’occasione che voglio sprecare. Magari resterò deluso di nuovo, magari sarà solo una parentesi che si concluderà con la scrittura del programma, magari sarò un assistente precario a vita, ma voglio provarci lo stesso. Mi rendo conto che magari da un uomo adulto ti saresti aspettata una decisione più pratica e ponderata, più votata al guadagno e dettata da ragioni più concrete. Spero di non deluder-» mi zittì con un bacio.
«Edward, ma come devo spiegartelo? Io voglio solo che tu sia felice. Non potresti mai, mai deludermi per aver scelto una strada che ti rende così felice e che ti si addice così tanto. Non sarai più un ragazzino, è vero, ma hai poco più di trent’anni. Hai tutto il diritto, anzi hai il dovere, di cambiare strada ogni volta che lo vorrai, finché non troverai la tua. Tu meriti di fare quello che ti piace, quello per cui sei portato, quello che sogni e sei ancora troppo giovane per scegliere una strada che non ti soddisfa, solo perché è la più sicura. Sei ancora così giovane che se dovesse andare male, dovrai continuare a provarci, finché non andrà bene.
Sei destinato a grandi cose, Edward. Sei un abile narratore e uno scrittore brillante. Sono sicura che arriverai molto in alto e potrai essere un mio collaboratore fino a quando e nella misura in cui tu lo vorrai. E se proprio questa avventura dovesse andare male – cosa di cui dubito fortemente –, la mia porta sarà sempre aperta per te, lo sai» mi disse dolce. La baciai, profondamente toccato dalle sue parole.
«Devo aver fatto davvero qualcosa di molto buono nella mia vita precedente per meritarti» mormorai. Mi sorrise, accarezzandomi uno zigomo.
«Grazie e non lo dico solo per le opportunità lavorative. Grazie perché senza di te non sarebbe stato possibile niente di tutto questo. Senza di te non avrei mai e poi mai ricominciato a scrivere, né avrei trovato il coraggio di buttarmi di nuovo» le dissi commosso.
«Non devi ringraziarmi, amore. Io non ho fatto niente, è tutto merito tuo, io ti ho solo incoraggiato un po’. Avevi solo bisogno di credere un po’ di più in te stesso» mi fece l’occhiolino.
«Se tu non mi avessi incoraggiato, se tu per prima non avessi creduto in me e nelle mie capacità, se non mi avessi dato fiducia proprio quando io non ne avevo più, se tu non avessi visto dentro di me più chiaramente di quanto io stesso abbia mai fatto, non avrei mai avuto questa possibilità. Tu sei la fonte di tutte le cose belle che mi stanno capitando ultimamente nella vita, e, tra queste, tu sei senza dubbio la più bella e la più preziosa» mormorai e tremò di fronte alla verità delle mie parole.
«E non è questo quello che fanno le persone innamorate? Migliorarsi e incoraggiarsi a vicenda? Sostenersi e darsi fiducia l’un l’altro? Esserci sempre per l’altro?» sussurrò.
Sorrisi, stringendo forte le mie braccia intorno ai suoi fianchi e appoggiando la mia fronte alla sua.
«Sono felice di sentirtelo dire, perché avrò bisogno più che mai del tuo sostegno, quando inizierò questa nuova avventura. Probabilmente sarò così insopportabile e ansioso verso la fine che ti pentirai di non aver accettato tu stessa di trasferirti a New York» ridacchiai.
«Allettante» mormorò, alzando gli occhi al cielo e sorridendo.
«Non vedo l’ora» aggiunse, poi, baciandomi la fossetta sul mento. Nel suo sguardo trasparente vedevo solo il suo amore infinito, eco del mio.
«Ti rendi conto che ci siamo detti “ti amo” per la prima volta durante una discussione?» le domandai, sfiorandole la punta del naso con la mia.
«Siamo noi, tesoro. Cosa ti aspettavi? Campane in festa e palloncini colorati? È già tanto che almeno siamo usciti dal bagno, visti i nostri precedenti» liberò una risata, contagiando anche me.
«Adesso mi permetti di dirtelo per bene, come meriti, e di toglierti finalmente questi deliziosi ma ingombranti abiti di dosso?» le domandai cercando di rimanere serio, ma verso la fine non riuscii a trattenermi dallo stuzzicarla.
Annuì, il sorriso che si aprì sul suo viso le illuminò finalmente gli occhi.
«Ti amo, Bella. Mi sembra comunque troppo poco per poter esprimere tutto quello che provo per te, ma non credo esistano ancora termini più appropriati» le sorrisi.
«Dovremmo proprio scrivere un reclamo alla redazione del Merriam-Webster, mancano ancora troppe parole nella lingua inglese» ridacchiò.
Aveva ritrovato la consueta leggerezza e la voglia di scherzare, ne fui felice.
«Ti amo, Edward» mi disse seria, guardandomi negli occhi «ti amo così tanto» sussurrò sulle mie labbra, mentre le sue mani scioglievano il nodo della mia cravatta.
 
 
«Mi dispiace averti rovinato i piani per domani sera» mormorò, continuando a disegnare dei piccoli cerchi sul mio petto con l’indice. Sembrava davvero dispiaciuta. Le sfiorai la punta del naso con un bacio.
«Ti amo anche per questo, perché mi sorprendi sempre e mi scombini tutti i piani. Prima o poi, riuscirò a sorprenderti io o comunque, ti prometto che non smetterò mai di provarci» le promisi. Mi sorrise.
«Hai detto che è la terza volta che riesco a rovinarti una sorpresa per domani sera. Questa era una, le altre quali erano?» mi domandò curiosa.
«Beh, avrei voluto baciarti per la prima volta qui a New York, ma sappiamo entrambi com’è andata» ridacchiò, annuendo.
«E la seconda?» mi domandò.
«Avrei voluto fare l’amore con te per la prima volta durante la notte di Capodanno, ma anche in questo caso, sappiamo com’è andata» la guardai ammiccante e strinsi la mia mano sul suo fianco nudo, mi sorrise.
«Sono proprio pessima» mormorò, ridacchiando.
«Oh sì, sei una ragazza terribile. Non hai proprio il senso del romanticismo» la presi in giro. Ridacchiò.
«Sei davvero dispiaciuto che ti abbia scombinato i piani?» mi domandò, accarezzandomi una guancia.
«Non potrei essere più felice che tu mi abbia scombinato i piani» mormorai, prima di darle un bacio.
«Cosa hai organizzato per domani sera?» mi domandò con un sorrisetto impertinente sulle labbra.
«Non te lo dirò, mia cara. Almeno questo può essere ancora una sorpresa» le risposi, scoccandole un sonoro bacio sulle labbra.
«Ti creerà dei problemi il fatto che io non abbia accettato la vostra proposta?» le domandai a un certo punto.
«No, James aveva già individuato un paio di possibili candidati per la posizione, anche se non li aveva ancora contattati. Volevamo prima chiedere a te. Alec si fermerà comunque qui per tutto il mese di gennaio, non credo avrà problemi a prolungare la sua permanenza, in caso di necessità, in attesa che James riesca a reclutare qualcuno. Almeno così Felix sarà soddisfatto, gli piace averla vinta» alzò gli occhi al cielo.
Alec si era occupato insieme a me della formazione dei contabili, era il braccio destro di Felix in Italia. Era un tipo di poche parole, ma era in gamba nel suo lavoro. Mi ero trovato bene con lui.
«Perché Felix sarà soddisfatto? Non mi avevi detto che eravate tutti d’accordo su di me?» le domandai.
«Io avevo proposto te come soluzione permanente, Felix invece voleva affidare l’incarico a un esterno e aveva proposto che rimanesse solo Alec a ricoprire la posizione in attesa di trovare qualcuno. Abbiamo messo entrambe le proposte ai voti e io e James abbiamo votato per te. Mi ha sorpreso, è più in gamba di quanto credessi» mormorò.
«O magari cercava solo di entrare nelle tue grazie votando per la tua proposta» borbottai.
Non mi piaceva quel James, ero geloso marcio di lui e il fatto che avesse trascorso altro tempo con Bella mi dava fastidio.
«Edward» mi chiamò, mettendomi entrambe le mani sul viso e ridestandomi dai miei pensieri che sicuramente si erano palesati attraverso la mia espressione corrucciata «per me ci sei solo tu, lo sai» mi disse, ripetendo le parole che avevo detto a lei qualche giorno prima, con un enorme e sollevato sorriso sul suo volto.
La baciai, felice come non mai.
«Lo so» le risposi, sorridendo a mia volta.
 
 
In serata telefonò a Felix, che, come previsto, fu felicissimo di averla avuta vinta. Non volle neanche sapere perché avevo rifiutato. Decisero di comune accordo di assegnare temporaneamente ad Alec la posizione, fino a quando James non avesse individuato qualcun altro. Felix avrebbe informato James e fui grato per questo. Almeno non doveva sentirlo né vederlo più lei.
«Oh, mi dispiace, ma quella sera ho già un impegno» mormorò, guardandomi.
«Il 5 sì, potrebbe andare bene. Certo, certo, come ai vecchi tempi» disse accondiscendente e alzò gli occhi al cielo. Soffocai una risata schiacciando la faccia sul cuscino.
«Ovviamente verrò a Volterra la prossima estate» mi sorrise.
«Va bene, glielo dirò appena lo sento. Buon Capodanno anche a te, ci vediamo giovedì» chiuse la chiamata e spense il telefono. Sorrisi, allargando le mie braccia per accoglierla.
«Cosa devi dirmi?» le domandai, mentre la stringevo forte.
«Non ci ho capito granché dagli spezzoni della conversazione, ma sento che a un certo punto sono stato tirato in ballo» sorrise e mi baciò una guancia.
«Hanno organizzato una cena per la fine dei lavori, prima che loro ripartano per l’Italia. E, conoscendoli, sarà una cena di gala» sbuffò. Ridacchiai e le baciai i capelli. Sapevo quanto detestava le occasioni in cui doveva vestirsi in un certo modo e indossare certe scarpe.
«Vogliono che ci sia anche tu, hanno apprezzato tutti molto il tuo lavoro. Alec ti ha riempito di elogi» mi disse, mentre mi accarezzava la mascella con il dorso della mano.
«Beh, grazie, puoi dirgli che ci sarò» le risposi «i tuoi piedi saranno guariti per il 5 gennaio e potrai indossare di nuovo quelle bellissime e comodissime scarpe» ridacchiai e mi beccai un’occhiataccia.
«Ricordami di buttare quelle scarpe domani quando usciamo» mormorò.
«Aspetta, tu però gli hai detto che non ci sarai quella sera. Che impegni hai?» mi fece un sorriso furbo.
«Avevano proposto di farla il 6, visto che loro partono il 7, ma né io né tu avremmo potuto partecipare quella sera, visto che andremo a vedere una partita dei New York Giants al MetLife Stadium. Spero vada bene per te, altrimenti dovrò andarci da sola» disse con misurata nonchalance. Sgranai gli occhi.
«Bella, cosa stai dicendo?» la gioia nella mia voce era palese. Mi sorrise.
«Come sai, non sono proprio un’esperta, quindi spero vivamente che i Giants ti piacciano almeno un po’. Te li ho sentiti nominare un paio di volte, ho letto l’articolo che hai scritto su di loro e…» incollai le mie labbra alle sue, interrompendo la sua frase.
«Mi stai dicendo che sei riuscita a trovare i biglietti per andare a vedere i Giants e che tu verrai con me?» le domandai incredulo.
«Sarebbe quello il piano» rispose serafica. Premetti con maggiore intensità le mie labbra sulle sue, che si schiusero immediatamente permettendo a entrambi di approfondire il bacio.
«Ripeto: devo aver fatto davvero qualcosa di molto buono nella mia vita precedente per meritarti» le dissi, quando ripresi fiato. Ridacchiò.
«Domani siamo liberi, non mi sembra vero» sospirai.
E per fortuna, avevo una cena da organizzare!
«Mi dici che cosa hai intenzione di fare domani sera?» mi domandò, una nota di preoccupazione nella sua voce.
«No», risposi con un sorriso beffardo sulle labbra.
«Posso sapere almeno dove dobbiamo andare? Come mi devo vestire? Staremo all’aperto o al chiuso? Sai, ho i piedi che sanguinano, letteralmente. Non avrai mica intenzione di farmi camminare molto, vero?» le sorrisi.
«No, amore, non dovrai camminare quasi per niente e non staremo all’aperto» la rassicurai.
«Grandioso, quindi niente crociera sull’Hudson, né Times Square, e direi neanche la maratona a Central Park. La maratona non mi sarebbe dispiaciuta in condizioni normali, ma con queste vesciche… Hai intenzione di portarmi all’Opera, per caso?» mi domandò speranzosa.
«Non domani sera» le risposi, sorridendo. Avevo preso i biglietti per Il barbiere di Siviglia di Rossini per una delle nostre ultime serate a New York. Sapevo quanto amava la musica classica e quanto apprezzava l’Opera.
«Non domani sera?» incalzò, i suoi occhi brillavano.
«Erano stati già tutti venduti i biglietti per domani sera, ma sono riuscito a trovarli per la sera del sette gennaio» le sorrisi.  
«Andremo al Met, davvero?» mi domandò. Annuii, sorridendole.
«Grazie» esclamò, sollevandosi sulle braccia e allungandosi per raggiungere le mie labbra.
 
 
Il mattino seguente mi svegliai alle 10 – avevamo fatto molto tardi la sera precedente – e cercai di prepararmi senza svegliare Bella, ancora profondamente addormentata. Avevo appena finito di fare colazione sul terrazzo, godendomi la vista spettacolare che offriva, quando sentii i suoi passi avvicinarsi. Mi voltai e la trovai imbronciata.
«Edward, perché non mi hai svegliata? Ho dormito troppo» brontolò, trascinandosi verso di me.
Ridacchiai e allargai le braccia invitandola ad accomodarsi sulle mie gambe.
«Dormivi così bene, per una volta puoi anche concederti qualche ora di sonno in più» la strinsi forte tra le mie braccia e la baciai dietro l’orecchio. Afferrai la coperta che avevamo lasciato sul divanetto la sera prima e la avvolsi intorno alle sue spalle: era ancora in pigiama e anche se non era una mattina particolarmente fredda – stranamente – non volevo rischiare che si ammalasse.
«Grazie» mi sorrise, accoccolandosi ancora di più sul mio petto.
«Perché sei già vestito? Da quanto tempo sei sveglio?» mormorò, puntandomi il dito contro la felpa.
«Da circa un’ora. Devo uscire tra un po’» risposi vago.
«Allora sarà meglio che mi sbrighi, anche se speravo di poter restare un po’ di più qui oggi. Ci sarà il caos lì fuori, il centro sarà già stato preso d’assalto dai turisti» alzò gli occhi al cielo e cercò di alzarsi, ma la fermai.
«Non puoi venire con me stamattina».
«Oh», esclamò delusa. Ridacchiai.
«Ho una serata da organizzare» le spiegai, sorridendo e toccandole la punta del naso con un dito.
«Non hai bisogno di aiuto? Non posso venire con te?» continuò. Era difficile dirle di no quando usava quel tono di voce e quando il desiderio di stare insieme ogni attimo era condiviso da entrambi, ma dovevo resistere alla tentazione.
«No, amore, non puoi venire con me. Ti ho detto che sarà una sorpresa» risposi serafico.
«Va bene», si arrese, «tanto avevo già in programma di visitare la Spa dell’hotel. Anche se speravo che potessimo fare qualche trattamento di coppia» mormorò maliziosa, appoggiando di nuovo la testa sul mio petto e abbracciandomi.
Sorrisi e la strinsi forte, posando un bacio sui suoi capelli.
«Puoi sempre prenotarli per un altro giorno» sussurrai malizioso nel suo orecchio. Le sollevai il mento e feci scorrere le mie labbra dall’orecchio lungo tutta la mascella, fino a che non raggiunsero e si unirono alle sue.
«Niente colazione salata stamattina?» mi domandò curiosa, sentendo il sapore del cioccolato e delle nocciole nella mia bocca.
«Avevo voglia di dolce stamattina e tu dormivi» mormorai con un finto tono accusatorio e infilai la mano sotto la maglia del suo pigiama, facendola scorrere con studiata lentezza prima dal fianco verso il basso e poi verso l’alto. Sussultò quando le sfiorai il seno con il pollice.
«Sei insaziabile» scosse il capo ridendo. La guardai ammiccante.
«Colpa tua» la punzecchiai e in quel momento il suo stomaco brontolò.
«È ora di fare colazione» ridacchiò.
Allungò il braccio sul tavolino per afferrare il sacchetto e, quando vide il logo di Breads Bakery, si voltò verso di me, sorridendo.
«Oh», mormorò meravigliata. Le baciai la fronte.
«Il tuo primo regalo» sussurrai, sorridendo.
«Il tuo primo abbraccio» replicò, accarezzandomi una guancia.
 
 
 
 ___________________________________

Ve l'avevo detto di fidarvi!

Vi aspettavate che il contenuto della mail che Edward aveva ricevuto potesse essere così promettente? Una di voi ci era andata molto vicina.
Breads bakery è il forno in cui Bella aveva comprato i rugelach che aveva portato a Edward da New York esattamente il lunedì successivo al weekend durante il quale lui aveva scritto e spedito il pezzo per partecipare al concorso. Se non lo ricordate, è nel quinto capitolo.
Non è un caso che Edward abbia deciso di farsi portare la colazione da loro proprio nella mattina successiva al loro chiarimento.

 

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, io ho letteralmente adorato scriverlo. Alla prossima settimana, un bacione!

 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Cassandra caligaria