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Autore: LysandraBlack    05/10/2020    2 recensioni
Marian è scampata al massacro di Ostagar. Garrett ha assistito alla distruzione di Lothering, mettendo in salvo la loro famiglia appena in tempo. Senza più nulla, gli Hawke partono per Kirkwall alla ricerca di un luogo dove mettere nuove radici. Ma la città delle catene non è un posto ospitale e i fratelli se ne renderanno conto appena arrivati.
Tra complotti, nuovi incontri e bevute all'Impiccato, Garrett e Marian si faranno ben presto un nome che Kirkwall e il Thedas intero non dimenticheranno facilmente.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Anders, Hawke, Isabela, Varric Tethras
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The unlikely heroes of Thedas'
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CAPITOLO 41
Hunt you down



 

Marian non riusciva a muoversi.

Strattonò le catene che le bloccavano i polsi, la testa le doleva come se qualcuno le avesse conficcato dei chiodi a martellate nel cervello. Era al buio, sotto la stoffa pesante che le copriva gli occhi filtrava a malapena un poco di luce calda e tremolante, come quella di una torcia. Annusò l'aria attorno, era salmastra e umida, aguzzando le orecchie poteva sentire un ovattato sciabordio di onde che si infrangevano poco lontano.

Uno dei magazzini del porto, forse? O l'avevano portata chissà dove sulla Costa Tempestosa...

Cercò di richiamare alla mente gli ultimi ricordi, ma le fitte al cervello le rendevano difficile anche il minimo sforzo mentale. Erano andati alla Rosa per aiutare Isabela, Sebastian aveva ammesso di essere geloso di lei e-

Sebastian.

Le tornò alla mente un'immagine sfocata del compagno, il suo sguardo vacuo mentre Marian collassava a terra, incapace di reggersi in piedi.

Tentò di ignorare il dolore, stringendo i denti attorno ad un bavaglio legato saldamente dietro la nuca che le impediva di urlare e serrando le palpebre. Doveva esserci qualcos'altro che non riusciva a ricordare, un indizio su chi fossero i suoi rapitori, un qualunque dettaglio che la aiutasse a capire dove potessero averla portata, ma niente, il suo cervello sembrava aver fatto tabula rasa di ogni evento successivo.

Dovette rinunciare, appoggiandosi con la schiena alla parete retrostante che le graffiò la pelle sotto la camicia. Le avevano tolto l'armatura, mentre era ancora incosciente. Cercò di capire che genere di pietra fosse, le pareva scivolosa e umida. Una grotta, forse? “Merda.” Se li avevano portati in una delle miriadi di grotte e passaggi che contrabbandieri, schiavisti e criminali di ogni genere utilizzavano per eludere la legge, sarebbe stato alquanto difficile trovarli.

Aveline si era sicuramente messa alla loro ricerca, avevano un appuntamento per pranzo al quale non si era presentata. “Starà rivoltando la città come un calzino”, pensò speranzosa. Poi si rese conto di non avere nemmeno idea di quanto tempo fosse passato.

Sentì dei passi avvicinarsi, almeno due o tre persone, tra lo sciabordio delle onde e il mal di testa non riusciva a distinguere bene.

Qualcuno le si chinò vicino, togliendole finalmente la benda attorno agli occhi.

Sbattè le palpebre con un grugnito di fastidio, faticando ad abituarsi alla luce, una torcia troppo vicina al suo viso perché riuscisse a mettere a fuoco la persona sopra di lei.

Qualcuno le afferrò i capelli, costringendola ad alzare lo sguardo verso la figura.

«Vedo che la nostra templare si è svegliata.» La voce era fredda, tagliente, dal marcato accento Tevinter e Marian sentì un brivido gelido scorrerle lungo la spina dorsale. L'uomo a qualche metro da lei, che ora le sorrideva serafico alla luce di quella che non era una torcia, ma una sfera di fuoco che galleggiava sospesa da terra, doveva essere sulla sessantina, i capelli brizzolati ancora folti tenuti corti e una barba curata, e sfoggiava una veste decorata in filigrana dorata, un cappuccio a punta sulle spalle e un mantello immacolato. «Sarebbe stato un peccato intraprendere il viaggio senza salutare i tuoi amici.» Fece un cenno con la mano e la presa su Marian si allentò, la figura in ombra che si alzava e andava a raggiungere quella del Tev mentre un'altra ancora lo affiancava.

Con orrore, riconobbe Sebastian e Isabela.

Avevano gli occhi vitrei puntati di fronte a loro, un'espressione piatta e disinteressata mentre Marian li chiamava debolmente, i gemiti soffocati dalla stoffa a stento udibili.

«No, no, non ti sforzare tanto... è inutile, vedi?» La riprese bonariamente il Tev e con un altro cenno ordinò ai due di avvicinarlesi di nuovo, completamente impassibili. «Portatela fuori, la nostra ospite ha bisogno di un po' d'aria e credo che anche il nostro lupacchiotto sarà felice di sapere che non tornerà a casa da solo.»

Marian si sentì sollevare di peso, il volto di Sebastian talmente vicino al suo che le sembrava impossibile che non riuscisse a sentire i suoi gemiti disperati oltre qualsiasi incantesimo lo imprigionasse sotto il comando del mago. Le parve che per un attimo Isabela si irrigidisse, ma durò appena un battito di ciglia.

La portarono quasi di peso verso l'esterno della grotta, dove era ormeggiata una nave piuttosto grande sulle cui vele blu scuro campeggiava una stella bianca a otto punte, simile ad una rosa dei venti. La polena era intagliata come una bellissima sirena a petto nudo, i capelli fluenti e le braccia leggermente all'indietro come se si stesse lanciando in una tempesta, la coda da pesce che si arrotolava su sé stessa in molteplici spire.

«Mi chiedevo dove foste finito con i miei ostaggi, Magister.» Li salutò un uomo dall'accento antivano vestito in sgargianti abiti marinareschi, il cappotto a collo alto dello stesso blu delle vele della nave e un'armatura leggera composta solo da due spallacci e una pettorina in cuoio borchiato. Aveva una carnagione olivastra e i capelli neri tenuti corti, un accenno di baffi sul labbro superiore.

«Dimentichi, antivano, che per il momento sono mia proprietà, come tutti voi.» Ribatté sprezzante il mago. «Sei stato pagato anche per restare in silenzio.»

Il pirata gli lanciò un'occhiata di fuoco e per un attimo Marian sperò che rispondesse a tono, ma dopo qualche istante rilassò nuovamente la postura, stringendosi nelle spalle. «Il vostro elfo ci ha dato parecchi problemi, non potreste fargli quello che avete fatto agli altri due?»

Il Tev si esibì in una smorfia infastidita. «Il suo valore è alto proprio perché non è così semplice soggiogarlo, non avrei certo percorso mezzo Thedas in compagnia di una manica di insulsi soporati solo per recuperare un rattus qualsiasi.»

Marian sprofondò nel panico. Danarius aveva trovato Fenris, ecco chi era il mago che aveva di fronte. Avevano per anni sperato di riuscire a proteggere l'amico, ma alla fine avevano abbassato la guardia proprio al momento sbagliato. E il pirata doveva essere Castillon, in qualche modo le due spine nel fianco dei suoi compagni avevano trovato un obiettivo comune.

«Avete il templare e l'elfo, come volevate, quando arriverà la vostra nave?» Il suo sguardo si posò avidamente su Isabela, che non mosse un muscolo, mentre Marian si ritrovò a strattonare le catene che le bloccavano i polsi con ulteriore violenza, sentendo la pelle lacerarsi a contatto col metallo.

Danarius si voltò verso di lei, trafiggendola con gli occhi. «Non sprecare il tuo sangue, templare, ne avrai bisogno a breve.» Si chinò su di lei, avvicinandosi al suo viso con un sorriso malevolo. «Oh, hai il suo stesso sguardo. Non gli farebbe certo piacere saperlo, ma si vede che siete parenti.»

Marian aggrottò la fronte, senza capire. Cercò di bofonchiare un insulto, ma le parole si persero attorno al bavaglio, ridotte ad un mugugno soffocato.

Il sorriso del mago si acuì ulteriormente, aprendosi in un ghigno da cui spuntavano i denti bianchi. «Sarà contento di riveder-»

Sfruttando la vicinanza, Marian reclinò quanto poteva il capo all'indietro, colpendolo con quanta forza aveva ancora in corpo in piena faccia, mozzandogli le parole in bocca.

Purtroppo l'impatto non fu quanto aveva sperato, qualsiasi cosa le avevano fatto l'aveva lasciata debilitata e fragile, ma fu abbastanza da farlo barcollare indietro, sciorinando una serie di imprecazioni in quello che doveva essere Tevene.

«Foeda meretrix!» Ringhiò Danarius, portandosi una mano al volto insanguinato e guardandola con odio. Incollerito, mosse il braccio come una frusta e Marian soffocò un urlo di dolore quando qualcosa andò a ferirle il petto. Il mago fece un passo verso di lei, un tentacolo di magia del sangue che si attorcigliava minaccioso attorno a sé prima di colpirla di nuovo, stavolta sulla spalla, andando proprio sopra la cicatrice lasciata dall'Arishok. «Prostrati di fronte al tuo padrone.»

La templare serrò i denti sopra il bavaglio, sostenendo il suo sguardo e rifiutandosi di cedere. Aveva affrontato ben di peggio che un magister del cazzo con qualche trucchetto di magia del sangue, se pensava di poterla sottomettere con così poco, si sbagliava di grosso.

Danarius sembrò capire che non sarebbe stato così facile.

Abbassò il braccio, e il tentacolo scarlatto svanì in uno sbuffo di fumo. Si voltò verso la nave, una luce sinistra negli occhi. «Varania, mia apprendista, portalo qui.»

Quel nome l'aveva già sentito, anni prima.

Dalla passerella che collegava l'imbarcazione al piccolo molo, scesero due figure. Marian riconobbe la prima con un moto di rabbia e preoccupazione: Fenris, i polsi e le caviglie legati tra loro con spesse catene piene di rune non dissimili da quelle che avevano usato su di lei, procedeva col capo chino, trascinando i piedi. Aveva numerose escoriazioni sulle braccia e sulle gambe, l'armatura leggera era stata sostituita da vesti già sporche di sangue. L'altra era sempre un'elfa, dai capelli rossicci legati in uno chignon stretto sulla sommità della nuca, sfoggiava una veste dal taglio vagamente simile a quello di Danarius, anche se molto più umile. Portava un bastone da maga sulle spalle e manteneva un'espressione rigida sul volto. «Ai vostri ordini, Magister.»

Con sgomento, realizzò dove aveva già sentito quel nome: doveva trattarsi della sorella di Fenris, quella che Hadriana aveva detto trovarsi a Quarinus... “Ma non era una serva di un altro magister?”

Fenris a quelle parole sembrò rabbrividire ma avanzò docilmente verso il Tev, senza mai sollevare lo sguardo.

«Guardalo, templare, il mio piccolo lupo.» Commentò Danarius, allungando una mano e sfiorando la guancia dell'elfo, per poi prendergli il mento e fargli alzare il capo con uno strattone. «Non gli ci è voluto molto per tornare ad obbedire ad ogni mio ordine...»

Per un attimo, le parve di scorgere una scintilla negli occhi verdi dell'amico, ma l'elfo rimase in silenzio, limitandosi ad annuire senza voltarsi verso di lei.

«Tutto quello di cui avete bisogno è una mano decisa che vi guidi. Non sei altro che un cane che ha pensato di mordere la mano del padrone, ma per tua fortuna sono misericordioso.» Con un senso di nausea crescente, Marian non potè far altro che restare ad osservare Danarius mentre faceva scorrere le dita verso la nuca dell'elfo, serrando la presa attorno al suo collo e ai capelli candidi e conficcandogli le unghie nella pelle, avvicinandolo ulteriormente a sé. «Il vostro solo e unico scopo nella vita è compiacere ed essere utile ai vostri padroni, vero Fenris?»

L'altro serrò la mascella, respirando affannosamente senza incrociare gli occhi del magister, neppure un suono a sfuggirgli dalle labbra. Dopo un lungo istante, annuì.

Con l'altra mano, Danarius lo afferrò di nuovo sotto il mento, andando col pollice a premere sulle sue labbra, forzandolo a schiuderle. «Ti ho addestrato perché tu parlassi, Fenris, ti sei dimenticato le buone maniere?» Gli sussurrò ad un soffio dal volto, ma abbastanza forte perché Marian potesse sentirli. «Obbedisci e potrei addirittura ricompensare i tuoi sforzi, stanotte. So che ti sono mancato molto in questi anni, ma non preoccuparti, i miei gusti non sono cambiati, le nozioni che ti impartii anni fa ti ritorneranno presto in mente... in fondo la memoria del corpo è assai duratura.»

Un altro silenzio lungo appena un paio di battiti, e Fenris annuì debolmente. «Sì padrone, sono al vostro servizio.»

Soddisfatto, Danarius lo lasciò andare, portandosi la mano al volto e sfiorandosi le labbra estasiato. «Hai lo stesso odore di un tempo, mio lupacchiotto, il lyrium non è andato ad affievolirsi come avevo temuto anzi, sembra che tu ne abbia fatto buon uso.» Inspirò avidamente, socchiudendo gli occhi e allargando il sorriso, per poi riportare lo sguardo su Marian, tornando serio. «Lo avverto anche su di te. Quel sapore metallico e quasi elettrico, il modo in cui sovvertite le leggi che dominano il Velo... siete simili, sotto quest'aspetto, ma l'assunzione a cui vi sottopone la vostra Chiesa è rozza e a breve termine, quasi uno spreco a mio parere, ma non temere, sapremo come rimediare a questa tua carenza.» Avanzò verso di lei, facendo segno a Sebastian e Isabela di immobilizzarla mentre le sfiorava il volto, scendendo con l'unghia dell'indice a tracciare il percorso dell'arteria che le pulsava freneticamente sul collo. «Diverrai una splendida opera d'arte... nel tuo sangue scorre magia e al contempo il potere di annullarla, dopo che avremo compiuto la nostra opera, sarai inarrestabile. La nostra punta di diamante.»

Sentì una minuscola lama trapassarle la pelle e del sangue colarle sotto il colletto delle vesti. Ringhiò una serie di insulti, che vennero soffocati dal bavaglio e che ottennero come unico effetto una risatina divertita da parte del magister.

«Questo tuo spirito è interessante, sarà quasi un peccato strappartelo.»

Fu Castillon ad interromperli, sbuffando sonoramente. «Non per mettervi fretta, Magister, ma si sta alzando il vento e navigare in questo periodo può essere pericoloso. Se aspettiamo un altro giorno, potremmo trovare mare grosso e personalmente vorrei arrivare a Starkhaven il più presto possibile.» Si avvicinò a Marian, puntando un indice contro il petto di Sebastian e dandogli appena un colpetto, divertito. «Ci ricaverò un bel gruzzolo da questo damerino.»

Danarius lo guardò con disgusto. «La tua cieca avidità non mi sorprende, ma ammetto che hai rispettato gli accordi.» Si limitò a dire. Accennò poi ad Isabela, sollevando un sopracciglio. «La mia offerta è ancora valida, appena prenderemo strade diverse non sarà più così docile.»

Il pirata ghignò, portando la sua attenzione sulla donna. «Oh, ci conto.» Abbassò lo sguardo sul seno prosperoso dell'altra, accarezzando i due pugnali che portava alla cintura. «Ci sarà da divertirsi...»







 

«Ho molti nomi, ma potete chiamarmi Shani. Sono qui per aiutarvi.»

Garrett si scambiò uno sguardo confuso con Anders, che si era portato più vicino a lui. «Non per rifiutare una gentile offerta, s'intende, ma... come fai a sapere che siamo in difficoltà?»

«Più che altro, perché dovremmo fidarci di te?» Rincarò la dose Anders.

La nuova arrivata sembrò pensarci su un attimo. «Ma voi siete in difficoltà.» Spostò la sua attenzione su Merrill, che aveva interrotto il suo incantesimo e ora teneva gli occhi puntati su di lei, ridotti a fessure come se stesse cercando di risolvere un enigma. «On dhea'him, asha'lanne»1 La salutò cortesemente. «Ho osservato i vostri compagni dall'altro lato, ma non mi è stato possibile contrastare la forza che li tiene in ostaggio. Abbiamo poco tempo.»

Merrill non sembrava convinta. «En'an'sal'en, Shani... non sei del Popolo.»

L'altra scosse la testa. «Lo ero, un tempo, prima che paura e sospetto mi spingessero a lasciare il mio clan per trovare la mia strada altrove.»

«La Guardiana ha parlato di qualcuno anni fa, quando trovammo quel mezz'elfo, l'i've'an'virelan... ti ha chiamata-»

«Shielan'nydh'aera.» Concluse la strana elfa con un piccolo cenno del capo. «“Colei che nella quiete notturna si aggira nei sogni”, così mi chiama il Popolo. Per alcuni sono solo una voce che dimenticano appena si svegliano, per altri ancora un'ombra vista di sfuggita, un ricordo confuso di un mondo che hanno imparato a rifiutare o peggio ancora, temere. La verità è quella che ciascuno di loro crede, suppongo, ho smesso da tempo di interessarmene. Ma il Velo è sottile in questo luogo, troppo sottile, e ciò che vi accade attira le attenzioni di molti, da questo e dall'altro lato.»

«Intendi i demoni?» Chiese Garrett, confuso.

L'elfa portò gli occhi innaturalmente verdi su di lui, che rabbrividì d'istinto. «Non solo. Demoni o spiriti, è una concezione sbagliata quella che vi insegnano, essi non sono altro che il riflesso più puro e semplice del nostro mondo. Vengono attirati da ciò che gli somiglia, o traviati dall'esatto opposto.» Gli si avvicinò di un passo, piegando di nuovo il capo. «Tu stesso ne hai sentito il tocco.»

Garrett si trasse indietro, sulla difensiva. «Tutti i maghi sentono il richiamo dei demoni-»

Shani sorrise. «Hai incontrato disperazione, desiderio, rabbia e superbia, come molti altri, ma non è ciò che intendevo.» Colmò la distanza tra di loro, allungando l'indice e premendoglielo sul petto. Era minuta, gli arrivava a malapena alla spalla, ma il gesto aveva una solennità inaspettata. «Un'azione coraggiosa, di puro sacrificio per gli altri, per proteggere ciò che ti è più caro. Il Velo attorno a te è diverso, qualcosa è cambiato, te ne sarai accorto.» Si girò verso Anders, aggrottando le sopracciglia sottili. «Era'elgar'nan2, sei caduto a tal punto da non riconoscere un atto di Valore?»

Un atto di sacrificio, valoroso, per proteggere qualcuno a lui caro.

Sapeva esattamente di cosa parlava l'elfa, anche se quella manciata di secondi in cui si era tuffato nel salone del Visconte per salvare Marian erano abbastanza nebulosi nella sua memoria, si ricordava chiaramente l'ondata di pura energia che aveva attinto dall'Oblio, una risolutezza mai provata prima come se sentisse la mano del Creatore stesso sulle spalle ad infondergli coraggio. «Era uno spirito?» Si voltò verso Anders, confuso. «Perchè non me l'hai detto?»

Il compagno si mordicchiò il labbro inferiore. «Ne avevo il sospetto, ma non volevo spaventarti, magari avresti temuto di diventare come me e Giustizia-»

Garrett gli afferrò la mano, d'istinto. «Sai che puoi dirmi qualsiasi cosa, Anders.»

L'altro cercò di abbozzare un sorriso dispiaciuto. «Cercherò di ricordarmelo. Scusa.»

«Quello che hai fatto a Giustizia non c'entra nulla.» Ribattè fredda Shani. «Ciò che siete diventati ha poco a che fare con uno spirito, tuttavia non è un demone. La vostra unione ha conservato una certa dualità, è curioso, ma non senza precedenti.»

«Come fai a sapere tutte queste cose?» Le chiese Garrett, stranito. «Hai parlato di sogni, sei anche tu una Somniari?»

L'altra annuì. «Non ho avuto la fortuna di trovare una Guardiana comprensiva come Marethari. Il Clan Lavellan aveva già una Prima e nessun altro clan avrebbe accettato a cuor leggero le mie abilità... me ne sono andata prima che potessero prendere loro una decisione che spettava a me.»

«Avresti potuto aspettare Arlathvhen, sono certa che qualcuno avrebbe-»

Shani rivolse un'occhiata di ghiaccio alla Dalish, che si zittì intimidita. «Non sono una reliquia di qualche era passata da scambiarsi di clan in clan per essere conservata e celata al mondo, asha'lanne. Il Popolo è cieco e superstizioso, geloso della poca conoscenza che ancora possiede anche se non la comprende neppure.» Scosse il capo, e il tono di voce si fece più morbido. «Sai di cosa parlo. Usi una magia potente, di cui gli stolti hanno paura come se non fosse che un mezzo nelle mani di qualcuno, al pari di ogni altra arma.»

Merrill annuì, abbassando lo sguardo sulle punte dei piedi. «Capisco cosa intendi. Ir abelas, non volevo offendere, siamo grati di avere il tuo aiuto per salvare i nostri amici.»

«Quindi... per tornare sull'argomento, qual è il piano?» Chiese Garrett con una certa urgenza. «Sai dove si trovano, li hai visti dall'alto?»

Shani scosse la testa. «No, non mi serve volare per sentirne la presenza. La traccia di Feynriel è talmente potente che fa tremare il Velo tutto attorno, i vostri amici sono qui vicino. Seguitemi, intanto, vi spiegherò strada facendo.»

«Feynriel?» Chiese confuso Garrett, accelerando il passo. Per essere così minuta, la strana elfa aveva un passo spedito, i piedi che sfioravano il terreno schiacciavano a stento i fili d'erba. «L'abbiamo aiutato, perché dovrebbe rivoltarcisi contro?»

«Non è per sua volontà che ha incatenato la mente dei vostri compagni. È una storia lunga, che non ho tempo di raccontarvi ora, ma ho buone ragioni per credere che Feynriel stia venendo sfruttato da maghi molto potenti e con un particolare accesso all'Oblio, non dissimile dal nostro.» Rispose lei, fermandosi d'un tratto. Chiuse gli occhi in una piccola smorfia, scuotendo il capo come a scacciare un insetto fastidioso. Quando riaprì le palpebre, le iridi brillavano un poco. «Un Viandante ha la capacità di plasmare l'Oblio a suo piacimento ed entrare nelle menti degli incauti sognatori che gli si avventurano a tiro, ma se usa le sue abilità con intenzione, può scegliere la mente da visitare, i ricordi da sfruttare per indebolirla e, alla fine, impossessarsene completamente. Gli antichi magister del Tevinter appresero questa abilità e la sfruttarono senza remore per accrescere il proprio potere, poi lentamente cadde in disuso. Negli ultimi secoli è riaffiorata sempre più spesso, soprattutto tra coloro che hanno il sangue del Popolo o dei primi Somniari dell'Imperium. Non ne conosco il motivo, potrei solo fare delle speculazioni basate su ciò che ho visto e appreso da ricordi di epoche passate, ma non abbiamo tempo da perdere in discorsi puramente teorici.» Aggrottò la fronte, muovendo la mano di fronte a sé ed evocando una serie di scintille verdi, che si raggrupparono attorno a lei per un attimo prima di fondersi con l'erba sul terreno in una scia che serpeggiava ad un paio di metri di distanza. «Feynriel, e chiunque gli stia alle spalle, ha il pieno controllo dell'umano che dubita della sua fede e di colei che nasconde sé stessa.»

«Sebastian e Isabela, intendi?» Chiese Garrett, confuso.

Shani annuì. «Uno dei magister ha usato Feynriel per entrare nelle menti di coloro che sono più vicini all'elfo e a tua sorella, non potendo arrivare direttamente a loro per via del loro contatto con il lyrium, hanno soggiogato le menti dei loro compagni. Devono aver cercato nei loro ricordi più nascosti, e trovato così l'uomo che li ha portati fino a qui, quello che governa la nave.»

«Tutto questo per arrivare a Marian e Fenris?»

«Esatto. Non sono riuscita a scoprirne il motivo, però, i magister del Tevinter sono abili ad innalzare barriere anche nell'Oblio. Mi sono avvicinata celando le mie sembianze, come avete visto prima, quanto bastava a sentirli parlare di una sorta di esperimento, o rituale, di cui tua sorella dovrebbe essere il fulcro.»

Garrett si sentì afferrare dal panico. «Dobbiamo salvarli...» Sentì Anders stringergli la mano, cercando di infondergli un poco di sicurezza. Ricambiò la stretta, quasi aggrappandosi a lui.

«Seguitelo, e vi porterà nelle vicinanze del loro covo.» Spiegò Shani con un cenno del capo verso la striscia d'erba, che ondeggiava debolmente. «Andrò ad avvisare i vostri compagni in mare, sperando non mi attacchino. Avremo bisogno delle loro abilità per contrastare quelle del Magister e della sua accolita. Immagino che gli altri umani non saranno un problema.»

«Stai attenta!» La avvertì Merrill, nel momento stesso in cui l'altra svaniva in un piccolo sbuffo di fumo color ruggine, a prenderne il posto il piccolo pettirosso. «Sono pur sempre templari...»

L'uccellino rispose con un breve cinguettio, virando poi verso il mare a tutta velocità.

«Spero che non si spaventino troppo. Se cascano in acqua, Trevelyan è in armatura completa.» Commentò Garrett mentre seguivano la traccia d'erba.

Sentì Anders stringergli nuovamente la mano, sogghignando. «Sì, sarebbe proprio un peccato...»






 

Marian rabbrividì a sentire le parole di Castillon e strattonò le catene con più forza, ignorando il dolore ai polsi e alla spalla e gli avvertimenti astiosi di Danarius, un solo pensiero in mente: allontanare quei due dalla sua migliore amica e dal suo compagno. E liberare Fenris, qualsiasi cosa gli avessero fatto per farlo chinare il capo in quel modo.

Una nuova sferzata la colpì al petto, il tentacolo di magia che si dimenava minaccioso sotto il controllo del magister.

«Non costringermi a deturparti in modo permanente.» Sibilò il Tev, estraendo poi qualcosa da una tasca interna della veste. Era un medaglione dalla forma ovale, che si aprì con uno scatto rivelando un cristallo all'interno, che si sollevò un poco iniziando a ruotare lentamente su sé stesso. «Vera, spero siate ormai arrivati.»

Dal medaglione risuonò una risata femminile. «Abbiamo avuto qualche piccolo inconveniente qualche giorno fa con una fregata Qunari poco dopo lo stretto, ma siamo quasi in vista della città. Mezza giornata e dovremmo esserci, Magister, come promesso.»

«Muovetevi, ho urgenza di tornare ai miei studi in tutta fretta.»

«Oh, prima che me ne dimentichi, Lyssa chiede se le rune hanno funzionato.»

Danarius alzò gli occhi al soffitto della caverna, una smorfia infastidita sul volto. «Riferisci alla nana che se non fossi stato già sicuro delle sue capacità, non sarebbe stata pagata. Anzi no, non perdere altro tempo in chiacchiere, parlerò io stesso con Orion della buona riuscita della spedizione, voglio tenerlo ancora un poco sulle spine.»

Seguì una risatina. «Come preferite, anche se sapete che non ama le sorprese... benefariae

Il mago borbottò qualcosa in Tevene che Marian non riuscì ad afferrare, per poi riportare lo sguardo sulla sua accolita. L'elfa nel frattempo non aveva staccato gli occhi da lui, evitando accuratamente di guardare Fenris al suo fianco. «Varania, riportalo nella mia cabina, poi torna qui portando il rattus, ti sei comportata egregiamente ed è tempo di un altro insegnamento.»

«Sì, Magister, ai vostri ordini.»

Non era nemmeno a metà della passerella quando la vide irrigidirsi, voltandosi di scatto verso un punto alla sua sinistra, dietro l'imboccatura della grotta e fuori dalla visuale della templare. «Magister-!»

La videro barcollare all'indietro e, al contempo, sentirono un urlo di dolore. Le parve che qualcuno fosse caduto in acqua, ma improvvisamente l'aria era piena di grida, scoppi e clangore metallico di armi contro armi.

Danarius aveva estratto un bastone magico dal nulla e, fatto cenno ad Isabela e Sebastian di allontanarsi da lei, aveva eretto attorno a sè una barriera protettiva. «Castillon!»

Il pirata stringeva già nelle mani le daghe corte, avanzando lentamente verso l'acqua. «Cosa cazzo?» una freccia gli sibilò ad un soffio dall'orecchio, costringendolo a buttarsi di lato per evitarne un'altra. «Hijos de puta...»

Una saetta elettrica si schiantò con un fragore spaccatimpani sulla barriera di Danarius, il quale ricambiò spedendo una palla di fuoco davanti a sé, che andò a schiantarsi contro dei massi sul costone di pietra causando un esplosione di detriti e schegge. Quando il fumo si diradò un poco, ne emersero tre figure.

Marian riconobbe con una fitta di sollievo le insegne templari sull'armatura di uno di loro.

«A rapporto, tenente!» Urlò Trevelyan, mulinando la spada e aprendo in due un pirata che gli era stupidamente corso incontro armato di coltelli. Aveline e Andrew, poco dietro di lui, cercarono riparo da una pioggia di frecce che gli si riversava contro. L'amico allungò il braccio per trascinare dietro una cassa anche il Trevelyan, che invece puntava il magister.

«Varania!» Urlò Danarius e, dopo aver lanciato un rapido sguardo verso Marian, svanì in uno sbuffo di fumo, riapparendo poco più avanti dietro uno spuntone di roccia.

L'elfa stringeva in alto sopra la testa il bastone magico, davanti a lei vi era un elfo minuto, che fluttuava a mezzo metro da terra con il capo a penzoloni. Ad un cenno dell'apprendista, puntò le orbite vuote verso Aveline e gli altri. Marian lo riconobbe dopo pochi istanti come il ragazzo che aveva servito da bere a lei e Sebastian alla Rosa.

Uno schiocco sinistro e il corpo dell'elfo si deformò innaturalmente, piegandosi all'indietro ad angolo retto mentre una bocca irta di denti affilati gli si apriva sul petto, arti allungati come quelli di un ragno a spuntargli dalla schiena e dai fianchi. Cacciò un urlo che riuscì a gelarla fino alle ossa, prima di gettarsi ad una velocità impressionante sul gruppetto.

Una barriera argentata si frappose con un'esplosione tra la cosa e i suoi amici, accecando tutti gli astanti quando al secondo colpo venne mandata in frantumi, complice anche un incantesimo del Magister. Uno dei pirati venne scaraventato verso di lei da un pugno granitico comparso dal nulla, perdendo la scimitarra che volò poco lontano.

Marian vide Sebastian incoccare una freccia e puntarla contro Andrew, che era distratto a cercare di contrastare l'abominio fiancheggiandolo assieme ai compagni.

«Marian!»

La voce di Garrett fu un sollievo e al contempo motivo di ulteriore preoccupazione: intravide il fratello dietro un'altra barriera magica, Merrill ed Anders al suo fianco. Una fiammata li avvolse completamente, costringendoli ad indietreggiare, e Marian perse di vista Isabela e Castillon.

Strattonò le catene, rendendosi conto che non ci sarebbe stato alcun modo di romperle. Strinse i denti, per poi afferrarsi il pollice della mano sinistra con la destra e tirarlo con forza.

Urlò di dolore ma cercò di rimanere lucida, schiacciando l'arto e, complice il sangue che aveva sui polsi che funzionò da lubrificante, riuscendo a liberare finalmente almeno una mano e togliersi anche il bavaglio dalla bocca.

Non si erano presi la briga di legarle le caviglie ai polsi quindi, seppur a piccoli passi, riuscì ad avanzare un poco, recuperando la scimitarra del pirata caduto e guardandosi attorno.

Una sferzata scarlatta la mancò per un soffio. Riuscì a deviare la seconda con la lama, ma una freccia le si conficcò nella coscia.

Urlò di dolore, sollevando lo sguardo e incontrando quello impassibile di Sebastian, che stava incoccando di nuovo.

L'attimo di esitazione le costò caro: venne sollevata di peso da terra, una morsa rosso sangue che la schiacciò prima contro il soffitto della grotta e poi la scaraventò contro il terreno, trascinandola senza che potesse opporsi verso il Magister, il quale ringhiò qualcosa in Tevene che la templare non riuscì a capire, il sangue che pompava furiosamente nelle orecchie.

Danarius sollevò la mano e una lancia d'ombra comparve davanti a lei. Lo vide ghignare, per poi ruotarla e puntarla contro Garrett. «Peccato che il Campione abbia deciso di interferire...»

Merrill riuscì a parare il colpo con una muraglia di roccia prima che la lancia si schiantasse in pieno petto all'altro, ma vennero poi colpiti da un'onda di energia evocata da Varania.

L'accolita sbattè violentemente il bastone a terra, e due degli uomini di Castillon che aveva vicino esplosero, accartocciandosi su sé stessi e crollando a terra mentre il loro sangue si sollevava dal terreno in una miriade di tentacoli, che andarono a colpire la barriera eretta al volo da Anders. Garrett riuscì ad eliminarne parecchi con una scarica di elettricità, ma alcuni li raggiunsero ugualmente, trafiggendoli seppur superficialmente nonostante l'incantesimo di protezione del Guaritore.

Dall'altro lato, Aveline e Trevelyan cercavano di proteggere Andrew che si reggeva a stento in piedi, la giacca inzaccherata di sangue, la spada spaccata a metà e inutilizzabile. L'abominio strillò di nuovo e Marian avvertì una forte aura antimagia, che fu sufficiente a rallentare l'avanzata del mostro e ad annullare la scarica di fulmini che Varania stava lanciando loro addosso.

Fu in quel momento che Castillon e Isabela spuntarono alle spalle di Garrett e gli altri.

La barriera attorno ai maghi era ormai indebolita, e le lame dei due riuscirono a farvi breccia come se fosse acqua.

Garrett si voltò appena, spostandosi a proteggere Anders e venendo trafitto al braccio e alla spalla da Castillon. Ringhiò qualcosa, incanalando una scarica di energia che lo spedì all'indietro, facendolo sbattere contro il molo ridotto ad una carcassa incenerita e fumante.

Isabela si era lanciata su Merrill: l'elfa se ne accorse troppo tardi, cercando di evitare l'assalto scartando di lato e frapponendo tra loro il bastone. La daga della pirata si fermò però ad un soffio dalla dalish.

Marian vide l'amica irrigidirsi in una smorfia di dolore, per poi roteare gli occhi all'indietro e crollare a terra come un sacco di patate.

Anche Danarius sembrò rendersi conto che c'era qualcosa che non andava, perché si voltò irato verso Sebastian, il quale dopo un secondo collassò anche lui immobile sul terreno, gli occhi vitrei. «Vishante Kaffas

Fu abbastanza perché Marian riuscisse a muovere goffamente la scimitarra e recidere alcuni dei tentacoli magici che la tenevano immobilizzata.

Picchiò le ginocchia sulla roccia, trattenendo un gemito data la gamba ferita e accucciandosi quel che bastava per scattare in avanti, tenendo l'arma con due mani nonostante il pollice rotto e il sangue che le rendeva scivolosa la presa, gettandosi di peso contro il Magister.

Danarius le sferzò il viso di striscio con un altro colpo, ma aveva perso il bastone magico. Marian ne approfittò per colpirlo con una gomitata nel costato, rotolando da un lato per evitare al pelo una fiammata che si alzò dal terreno dove si trovava fino ad un attimo prima.

Lo vide rimettersi il piedi a fatica, ringhiando maledizioni in Tevene e allungando la mano verso il bastone magico, che tornò con un guizzo nella sua presa.

Poco lontano, con un urlo di vittoria, Trevelyan riuscì a liberarsi dell'abominio.

Varania era prostrata a terra, schiacciata sotto una gabbia di pura elettricità sotto il controllo di un Garrett furente come non mai. Merrill era china su Isabela, mentre Anders finì di liberarsi degli ultimi due pirati ancora in piedi, tra cui quello che Marian riconobbe come Velasco.

Indietreggiò di qualche passo, Danarius che raccoglieva l'energia attorno a sé. Le rune sulle catene che Marian aveva attorno al polso e alle caviglie brillavano accecanti, impedendole persino di sentire il Velo tutto attorno, rendendola inerme contro il potere del Magister.

«Il fereldiano aveva ragione, siete delle spine nel fianco.» Ringhiò quello, e una sfera di fuoco sfrigolò a pochi metri da lei, il calore che le bruciava la pelle accecandola e costringendola a chiudere gli occhi mentre si gettava di lato per evitarla.

Si accorse dopo un istante di non aver udito il secondo attacco.

Riaprì gli occhi, confusa, ancora a terra.

Danarius era in piedi, ma non guardava più lei. Aveva il capo chino su qualcosa che gli spuntava dal petto, il volto terreo e un'espressione confusa in volto. «Come...?» Biascicò, una bolla di sangue a colargli sul mento e mozzargli le parole in gola.

Con uno schiocco, quella che Marian realizzò un secondo più tardi essere una mano si ritrasse di scatto dal petto del Tev, il quale venne scaraventato in avanti.

Fenris, i tatuaggi che rilucevano quasi accecanti sulla pelle scura, libero dalle catene che l'avevano tenuto prigioniero, guardò intensamente il cuore che stringeva nel pugno, prima di serrare la presa e stritolarlo, gettandolo poi a terra. «Non sono più il tuo schiavo.» Premette il tallone sulla schiena del magister, pulendosi la mano insanguinata sul pantaloni e chinandosi a frugargli nelle vesti. «Mi dispiace ti abbiano trascinata in tutto questo...» estrasse dal cadavere un paio di chiavi, avvicinandosi poi a Marian e sedendosi sui talloni, aiutandola a mettersi seduta e liberandola dalle catene. «Sono stato uno sciocco.»

Gli afferrò la mano, tirandosi in piedi con un grugnito di dolore. «Non è colpa tua... come ti sei liberato?»

«È comparsa dal nulla un'altra maga, ma almeno lei non voleva ucciderci.»

«Marian!»

Garrett e Anders corsero verso di lei. Il fratello le gettò il braccio sano al collo, stringendola con forza. «Abbiamo fatto appena in tempo.»

«Non mi lamento.» Sorrise debolmente, nascondendo una smorfia dolorante.

Lo vide cacciarsi la mano in tasca, estraendone l'anello della madre col sigillo di famiglia. «Te l'ho tenuto al sicuro.»

Marian si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Non aveva nemmeno registrato la sua scomparsa, ma era sollevata di non aver perso uno dei pochi cimeli ereditati da Leandra. «Grazie.» Gli tese la mano sana, di modo che l'altro potesse infilarle l'anello al medio.

Garrett corrugò la fronte, lo sguardo alla mano sinistra della sorella. «Anders, puoi aiutarli?»

Il guaritore storse il naso, spostando lo sguardo da Marian ad Andrew, che li stava raggiungendo zoppicando vistosamente, il braccio ferito ormai inutilizzabile. Trevelyan lo sorreggeva per un braccio, mentre Aveline aveva metà armatura ammaccata, ma sembrava incolume. «Se me lo lasciano fare...»

«Grazie, Anders.» Disse a denti stretti lei, chinando un poco il capo. «Vi devo un favore.»

Avvertì quasi con sollievo un assottigliamento del Velo mentre il mago iniziava a curare alcune delle loro ferite, una piacevole sensazione di frescura ad avvolgerla.

Trevelyan guardava con una punta di sospetto Merrill e Anders. Incrociò lo sguardo di ammonimento di Garrett, che si spostò con fare protettivo più vicino al compagno. Il guaritore, notandolo, gli cinse il fianco con la mano, passando delicatamente la mano sulle sue ferite per risanarle una dopo l'altra. Gli strinse il polso, chinandosi un attimo su di lui per sfiorargli la fronte con le labbra. «Come nuovo. Quasi.»

Aveline si avvicinò a lei, il volto coperto di fuliggine e una leggera escoriazione sulla fronte, poggiandole la mano sul braccio. «Stai bene?»

Marian sorrise riconoscente, annuendo. «Ora va meglio. Ce la siamo vista brutta.»

L'amica la colse di sorpresa, stringendola a sé per un attimo. «Smettila di cacciarti nei guai.» Bofonchiò con voce tremante, allontanandosi dopo pochi istanti rossa in volto.

«Ci provo... ma sono i guai a trovare me.»

La sorella di Fenris giaceva a terra priva di sensi, due pesanti manette da templare ai polsi ad impedirle di lanciare altri incantesimi. Merrill era china su Isabela, ancora incosciente.

Individuò con una stretta al petto Sebastian, raggiungendolo e accucciandosi accanto a lui. Lo sollevò delicatamente per le spalle, appoggiandosi il capo in grembo e accarezzandogli il viso, mormorando il suo nome. Aveva la fronte imperlata di sudore e la pelle scottava. Mormorava frasi sconnesse, e qualche volta Marian riuscì a sentire il proprio nome, assieme a quello dei genitori.

«Ha detto che poteva farcela, vero?»

Si voltò verso Garrett, confusa. «Chi?»

Il fratello si grattò la barba, mordicchiandosi il labbro inferiore. «È una storia lunga che non ho ben capito, ma abbiamo incontrato un'elfa con lo stesso potere di Feynriel, ha detto che Isabela e Sebastian erano stati soggiogati da qualcuno, ma che poteva liberarli.»

Il compagno si mosse convulsamente, costringendola ad afferrarlo saldamente per le spalle per evitare che potesse farsi male. «Sebastian, per favore, svegliati.» Sussurrò perché solo lui potesse sentirla, spaventata dalla nota di terrore nella propria voce. Aveline era corsa a raggiungere Merrill, tenendo ferma Isabela nelle medesime condizioni. Marian artigliò le spalle dell'uomo, cercando di non cedere al panico, inviando una silenziosa preghiera al Creatore perché li riportasse da lei.

Dopo alcuni lunghi istanti, Sebastian sembrò calmarsi, il respiro che si faceva più regolare.

«Avrà funzionato?» Chiese con un filo di voce Merrill, allentando la presa sulla pirata che ora giaceva pesantemente addormentata.

Si guardarono straniti, in attesa di una qualche conferma.

Dalla barca semi distrutta comparve una chioma ramata e un'elfa minuta saltò giù da ciò che restava del ponte, atterrando con grazia sulle rocce come planando. Si massaggiò le tempie, avanzando verso di loro a passo stanco. Sulla pelle pallida spiccavano le guance arrossate per lo sforzo, gli occhi innaturalmente verdi che le ricordarono qualche incantesimo. «I vostri amici sono fuori pericolo.» Sussurrò, a stento udibile. «Tuttavia Feynriel è ancora in mano loro.»

Trevelyan si era messo a frugare nelle vesti di Danarius, estraendone il medaglione col cristallo parlante all'interno. «Questo era decisamente un classico Tev, assetato di sangue come da manuale.»

«Preferivi qualcun altro, eh?» Commentò Andrew, sogghignando nella sua direzione nonostante fosse ancora terreo in volto dalle ferite riportate e ora rattoppate.

«Senza alcun dubbio.» Ribatté l'amico, aprendo il medaglione incuriosito. «Questo che è?»

Marian si strinse nelle spalle. «L'ha usato prima per comunicare con una donna chiamata Vera, aveva anche lei l'aria di essere del Tevinter, diceva di essere quasi arrivata qui, mezza giornata ancora di viaggio...»

«Potrebbe essere un'altra magistra?» Chiese Garrett a Fenris, che per tutto il tempo non aveva staccato lo sguardo dalla sorella, ancora a terra priva di sensi.

«Quello non è un nome che mi è familiare.»

Marian si morse il labbro inferiore, cercando di ricordarsi qualsiasi altro dettaglio utile. «Prima ha parlato di un certo Oro... Orion?»

Fenris si voltò finalmente verso di lei. «Magister Orion Krisafi.» Sputò ogni singola parola come se fosse puro veleno. «È un collega di vecchia data di Danarius, un giorno si chiamavano amici, il successivo si tramavano alle spalle a vicenda, tipico dei magister... volevano replicare su di te quello che porto addosso. Fare di te il soldato perfetto, schiava dei loro comandi.»

La templare annuì, stringendo il pugno. «Ha detto qualcosa anche a me, sì...»

«L'abbiamo fermato, questo conta.» Fenris si voltò verso gli altri, in particolare i due templari ed Aveline. «Vi ringrazio per averci salvato.»

«Figurati, è stato un piacere!» Trillò Merrill, una punta di sarcasmo nella voce ma un sorriso genuino sulle labbra. «Siamo amici, no?»

L'elfo storse la bocca, ma non replicò. «Dammi quell'affare, avvisiamo chiunque abbia il gemello di come è finita qui. Voglio che quei bastardi sappiano chi ha ucciso uno di loro.»

Con sgomento, le venne in mente qualcun altro menzionato di sfuggita da Danarius. «Garrett. Ha parlato di un fereldiano che l'aveva messo in guardia su di noi.»

Vide il fratello sbiancare, così come Anders accanto a lui. «Non penserai mica-?»

«Quanti altri fereldiani conosciamo che potrebbero essere andati a rifugiarsi nel Tevinter in cerca di vendetta contro di me, in particolare?»

Garrett serrò la mascella, scintille di magia che sfrigolavano tutt'attorno. «Se è davvero stato lui...»

«Dubito che si farà rivedere molto presto, visto che si è rivelato l'ennesimo fallimento.» Cercò di rassicurarlo Anders, stringendogli la mano e riuscendo a calmarlo un poco, anche se era pure lui visibilmente alterato. «Che bastardo.»

Fenris, nel mentre, aveva attivato il cristallo, che iniziò a ruotare su sé stesso.

«Immagino dal silenzio teso che tu non sia Danarius.» Parlò la voce femminile, con una nota divertita. «Complimenti, niente male per dei pezzenti.»

«Vieni pure a provare di persona quanto siamo incapaci.» Ribattè l'elfo senza battere ciglio.

Dall'altra parte, si levò una risata sguaiata. «Non ci penso nemmeno, il mio solo scopo era tenere d'occhio Danarius durante il viaggio di ritorno, assicurarmi che non facesse scherzi. Kaffas, sarà complicato adesso.» Ci fu una breve pausa, seguita da un sospiro. «Beh, non ho intenzione di morire per nulla, non era nel piano dopotutto... almeno abbiamo ancora il ragazzino, se non gli è esplosa la testa nel mentre, Krisafi ci va giù pesante. Elfetta, se sei in ascolto, vieni pure a farci visita. Ci divertiremo tanto assieme.» Scoppiò a ridere di nuovo e il cristallo si infranse in mille pezzi, troncando la conversazione.

Marian guardò verso la strana elfa, rigida come un palo con i pugni stretti lungo i fianchi e gli occhi ridotti a fessure, puntati dove fino ad un attimo prima fluttuava l'oggetto. La sentì ringhiare qualcosa tra i denti, scostandosi indietro una ciocca di capelli rossi.

La templare aggrottò le sopracciglia, come ipnotizzata dal gesto. «Io ti conosco.» Sussurrò, sgranando gli occhi. «Ti ho sognata!»

L'elfa si voltò verso di lei, annuendo secca. «Kirkwall non fa altro che attirare guai, qualche anno fa ero sulle tracce di una setta alla ricerca di un modo per trascinare da questa parte del Velo uno degli Esiliati, e sono incappata in una recluta templare che si aggirava nella mia stessa zona dell'Oblio.»

«Com'è possibile?» Chiese confusa Marian. Solo i maghi potevano spostarsi coscientemente nell'Oblio, e i templari dopo le prime dosi di lyrium non riuscivano più ad accedervi con tanta facilità, fatta eccezione per gli incubi che sembravano attirare i demoni come ad un banchetto, nonostante tutto.

L'altra si strinse nelle spalle. «Dimmelo tu, avevi una traccia di sangue addosso che mi ha attirata.»

La templare si sfiorò sovrappensiero il braccio, ricordandosi com'era stata ferita da quello strano demone del desiderio durante il Tormento dei ragazzini gemelli, uno dei quali aveva supplicato di essere sottoposto al Rituale dopo aver visto il fratello tramutarsi in Abominio. «Quel demone... ho incontrato un demone del desiderio che mi aveva avvertito di Xebenkeck, e di qualcosa collegato al mio sangue, ma non ero riuscita a capire-»

«Cercai di avvertirti, ai tempi, ma non riuscii più a ritrovare la tua traccia. Voi templari siete strani. La traccia di sangue era la stessa che hanno usato per liberare Xebenkeck, ma ai tempi ero troppo lontana per intervenire di persona...»

“Geralt. La traccia di sangue, quello che condividevano nonostante tutto, ecco cosa doveva aver attirato il demone e l'attenzione dell'elfa.” «Grazie, in ogni caso.»

L'elfa si stropicciò gli occhi, sospirando. «Su una cosa quella stronza dall'altra parte ha ragione, hanno ancora Feynriel. Non penso possa riuscire a prendere di nuovo il controllo dei vostri compagni, raramente funziona due volte un incantesimo del genere, ma in ogni caso non posso lasciare che lo tengano soggiogato in eterno. Teldirthalelan3, non avrei dovuto lasciarmelo sfuggire da sotto il naso... Pala adahl’en4

«Se è davvero ostaggio di quei magister...» Provò a parlare Garrett, preoccupato. «Non sarà troppo pericoloso cercare di recuperarlo?»

L'altra sospirò pesantemente. «L'alternativa è ucciderlo, lo sai. E vorrei fosse l'ultima opzione, non ci tengo a causare morti inutili, soprattutto quando si tratta di un altro Viandante. Ma devo prevenire che possano sfruttarlo nuovamente come hanno fatto qui, sono già troppo pericolosi di loro...»

«Se vuoi andare da sola a strappare uno schiavo dagli incredibili poteri magici proprio sotto al naso di una setta di magister altamente pericolosi... condoglianze.» Commentò piatto Fenris, che si era riportato ora su Varania. «Io mi concentrerò sull'eliminare i loro seguaci quando li ho sotto tiro.»

«Fenris, aspetta!» Cercò di fermarlo Marian, ma l'elfo aveva già recuperato la sua spada.

Lo vide dare un calcio alla ragazza a terra, che si svegliò con un gemito soffocato.

«Leto...»

«Non chiamarmi con quel nome!» Ringhiò lui, sollevando lo spadone sopra la testa e piantandoglielo dritto nel petto, ruotandolo di un quarto di giro e non staccando gli occhi da quelli della sorella finché quella non smise di sussultare. «Non sono più quella persona.»

Marian gli si avvicinò incerta, fermandosi a qualche metro da lui senza sapere cosa fare o cosa dire.

L'amico liberò l'arma con uno strattone, dando le spalle al cadavere e pulendo alla bell'e meglio la lama sulla manica inzaccherata. «Non era mia sorella. Non ho sorelle, non ho nessuno. E di certo non ho niente in comune con una stronza che mi ha venduto per essere l'apprendista di uno di loro.» Strinse il pugno ancora sporco di sangue rappreso, lo sguardo basso. «Le avevo mandato dei soldi per raggiungermi qui a Kirkwall, ma non mi aveva mai risposto. Pensavo Hadriana mi avesse preso in giro, o che fosse morta, o magari avesse cambiato città... invece era stata contattata da Danarius per il puro piacere di guardarmi in faccia mentre scoprivo che lei, la persona per la quale avevo venduto la mia libertà, era diventata una cazzo di maga del sangue al suo servizio.»

Senza pensarci, Marian gli sfiorò la spalla, la mano che ancora tremava. «Hai noi, Fenris. Siamo una famiglia. Una famiglia che non ti tradirà mai.»

Incontrò gli occhi dell'altro, leggermente lucidi. Le fece un cenno col capo, riconoscente. «Andiamocene, ho bisogno di... stare da solo. Ma grazie, davvero.»

Marian si voltò verso Sebastian e Isabela, ancora svenuti. Si chinò sul compagno, cercando di tirarlo su e venendo affiancata da Trevelyan.

«Cerchiamo di non farne un'abitudine, tenente, d'accordo?» Scherzò l'altro, passandosi un braccio di Sebastian attorno alle spalle e aiutandola a sostenerlo. Lo ringraziò con un sorriso stanco, mentre Aveline prendeva in braccio Isabela, borbottando imbarazzata quando l'altra inconsciamente andò ad abbracciarla. Fenris guardò nella loro direzione, esitando per un attimo prima di aiutarla.






 

1“Buongiorno, figlia del Popolo”

2“era'elgar” è la parola elfica per un mago che funge da contenitore per uno spirito, “elgar'nan” qui è inteso letteralmente come “spirito di Vendetta”, e non come il dio del Pantheon elfico.

3Letteralmente: uno stupido, uno che non impara mai

4Letteralmente: “Vai a farti fottere da una foresta”












Note dell'Autrice: spero che questo plot twist sia stato abbastanza entusiasmante, non vedevo l'ora di presentare per bene Shani (che resterà a Kirkwall ancora per un pochino), e si aprono anche sottotrame nel Tevinter. Se qualcuno ha letto il piccolo spin-off ambientato nell'Imperium, "Flectar ne frangarriconoscerà il compare di Danarius. 
Che dire, si chiude un capitolo e se ne aprono altri futuri, ma siamo verso la conclusione delle vicende di Kirkwall... a presto! 

  
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