Chiusure
“Noi non… beh, io non sapevo se invitare o meno Malfoy”, di corresse
Ginny, dato lo sguardo di Harry.
Hermione si trovava dai Potter per un’altra cena nel bel mezzo della
settimana. Visto che i disordini della sua vita si stavano sistemando, aveva
trovato un po’ di tempo per le piccole cose come le cene con gli amici. Era bello
tornare alla routine, ora che i giornali avevano smesso di accamparsi fuori da
casa sua e seguirla ovunque. Ovviamente, ciò non significava si sarebbero
tenuti alla larga da lei e Draco se fossero usciti assieme in pubblico.
“Perché dovresti invitarlo?”.
“Beh, inviteresti mai Harry a cena senza di me?”, chiese Ginny con un
sorriso in volto.
“No, perché siete una coppia e sarebbe… Oh! Davvero divertente Ginevra, ma
io e Draco non siamo una coppia”.
Ginny alzò un sopracciglio, evidentemente incredula. Hermione alzò le
braccia. “Ok, andiamo d’accordo e non avrei mai pensato sarebbe arrivato un
giorno in cui l’avrei detto. Ma siamo solo amici, niente di più”.
“Niente di più? Mmm… I credo, Hermione, ma molti non lo faranno”.
“Harry!”, disse Hermione, chiedendo al suo migliore amico un intervento.
“Ehi, non coinvolgermi. Se dici che non c’è niente tra te e Draco, allora cavatela
da sola”, disse Harry, mentre si spingeva gli occhiali sul naso con uno sguardo
scherzoso.
“Cosa? Non mi credi nemmeno tu?”.
“Credo che tu e Draco vi frequentiate? No. Ma non chiedermi se penso che voi
due possiate frequentarvi, perché non sono sicuro ti piacerebbe la
risposta”.
“Siete entrambi impossibili”, disse Hermione con un broncio.
Harry si allungò verso di lei, prendendole le mani sul tavolo, ormai senza
più quel sorriso di prima. “Sai
che non sarebbe male, vero? Intendo, voi due avete gestito decisamente bene
tutto questo. Siete riusciti a diventare amici, il che è tutto dire,
specialmente se tieni conto da dove vieni”.
Hermione rimase toccata dalle parole di Harry. Lei e Draco avevano fatto un
grande sforzo nel buttare il passato alle spalle ed ora erano al punto in cui,
se si incontravano per pranzo o andavano assieme a comprare delle cose per il
bambino, non sembrava più tanto imbarazzante. Le piaceva quella nuova
comprensione reciproca e Draco era molto più interessante di quanto avesse
immaginato. Ma nonostante ci avesse pensato da quel compleanno, Hermione non
aveva idea se se la sentisse o meno di portare oltre quell’amicizia. Era rimasta
sveglia più di una notte a pensare alle possibili opzioni.
E poi c’era Draco stesso. Non aveva dato segni di voler essere qualcosa in
più per lei, oltre che essere un padre. A volte sperava che le cose fossero un
po’ meno complicate e soprattutto di capire ciò che lei stessa pensava.
“Non lo so Harry. Non penso nessuno dei due sia pronto a fare un passo del genere”.
“Forse perché voi due analizzate tutto troppo”, si intromise Ginny, facendo traballare
il tavolo con la sua pancia, mentre si alzava. “Lo giuro, divento più grossa ad ogni
gravidanza”.
Hermione sorrise, guardando Ginny vestita con gli abiti che di solito usava
quando ormai era al termine. Era
adorabile. Harry si alzò di scatto, prendendole i piatti dalle mani e disse:
“Siediti, amore. Non c’è bisogno di starci dietro. Ora è il tuo turno di
rilassarti”.
“Rilassarmi! Come se
fosse possibile con voi ragazzi”.
Harry rise. “Effettivamente ci tengono su chi va là, ma visto che sta sera
sono da Molly tu puoi rilassarti e dormire domani mattina”.
Ginny sospirò. “Aspetta e vedrai, Hermione. Se fossi in te, coglierei al
volo ogni occasione di stare a letto perché appena mio nipote o nipotina arriverà
potrai dire addio ai sogni”.
Hermione si accarezzò il proprio pancione, pensando a quanto velocemente
stesse procedendo la gravidanza.
“La prossima settimana ti diranno il sesso?”, chiese Harry.
“Io e Draco ne abbiamo parlato la volta scorsa e abbiamo deciso di volerlo
sapere”.
Harry lanciò uno sguardo a sua moglie. “Vedi, Hermione e Malfoy si
comportano normalmente. Vogliono sapere se tenere o meno i vestiti da maschio”.
“Oh, sta zitto!”, replicò di cuore Ginny.
Harry voleva disperatamente sapere cosa sarebbe stato il prossimo figlio, ma
era una tradizione Weasley mantenere la sorpresa. Hermione sapeva quanto sperasse
in una femmina e si era imbattuta in una borsa piena di piccoli vestitini nel
suo ufficio, qualche giorno prima. Lui aveva sostenuto appartenessero ad un collega
che stava per avere una figlia, ma lei sapeva per certo di chi si trattasse e
sapeva anche che avrebbero sicuramente avuto un maschio.
“Narcissa non vuole nemmeno aspettare di sapere il sesso. Mi ha invitata sabato,
vuole che veda la nursery al Manor e le dica cosa mi piacerebbe tenere”.
“Ti trasferisci?”, chiese Ginny, alzando un sopracciglio.
Hermione le lanciò uno sguardo glaciale. “Smettila! Voleva ridecorare per
quando il bambino rimarrà da loro, e pensava mi sarebbe piaciuto darle qualche
consiglio”.
Harry rise. “Faccio ancora fatica ad accettare quanto siano amabili Narcisa
e Lucius”.
“Vogliono disperatamente un nipote. Mi avrebbero accolto a braccia aperte
anche se fossi stata una piovra”.
Ginny mormorò in disaccordo. “O forse non sono completamente ciechi e
riconoscono quanto su sia migliore di quanto si aspettassero”.
Hermione rise ma prese la mano della sua amica. “Immagino tutto sia
possibile, ora che i Malfoy hanno davvero accettato un mezzosangue”.
“Se c’è qualcosa che mi dà speranza per il nostro mondo, è proprio questo”,
disse serio Harry. “Chi avrebbe mai pensato, quindici anni fa, che tutto questo
sarebbe stato possibile? Ma se anche Lucius può imparare che il sangue non
conta, allora ho fiducia”.
Ci fu un momento di silenzio, mentre tutti metabolizzavano il discorso. Hermione
ripensò ai giorni di scuola ed a quanto fosse stata cattiva la famiglia Malfoy.
Se qualcuno, a quel tempo, avesse detto alla sé stessa quindicenne che avrebbe avuto
un figlio con Draco Malfoy, prima avrebbe riso e poi l’avrebbe maledetto. Sorrise
appena, mentre ricordava di come sognasse di sposare Ron, far parte della famiglia
Weasley ed avere un posto permanente nel mondo magico.
Beh, in realtà si era ritagliata da sé il suo posto, di cui ne sarebbe stata
fiera; non aveva bisogno di far parte di una famiglia magica per sentire un’appartenenza.
Per di più, avrebbe cresciuto suo figlio nel mondo magico. Voleva fargli
provare l’esperienza di nascere nella magia e in tutto ciò che essa comportava.
Era eccitata alla prospettiva di diventare madre e di avere un supporto anche
da parte del padre. Se tutto fosse andato secondo i piani, tutto ciò l’avrebbe
comunque fatto, ma si sarebbe trovata sola. Comunque, ormai si era acclimatata
nella nuova realtà ed aveva fatto presto a scoprirne i vantaggi.
Un sospiro di Ginny interruppe i suoi pensieri. “Tuo figlio avrà cose meravigliose.
Immagina quanto sarà bella la
nursery a Malfoy Manor”.
“Sarò felice finché non scorgerò qualche decorazione che rappresenta dei
babbani soggiogati sul lettino”, disse scherzosamente Hermione. La risata che
ne seguì ruppe quella sfera di pesantezza.
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La differenza tra le sale formali e quelle per la famiglia, a Malfoy Manor,
era sempre un motivo di meraviglia per Hermione. Non importava quante volte ci
fosse entrata negli ultimi mesi e, a parte il compleanno di Draco, si era
ritrovata soprattutto nell’ala più privata della dimora. L’eleganza rimaneva. Non credeva che una
casa, sotto le grinfie di Narcissa, non potesse esserlo, ma alcuni piccoli
tocchi qua e là la rendevano più accogliente.
Sorrise, mentre procedevano per il corridoio che portava alla nursery e
Narcissa emise un suono d’irritazione alla vita della scopa e della divisa da Quidditch
che erano state malamente appoggiate alla porta.
“Un giorno brucerò le cose da Quidditch di Draco”, disse Narcissa, mentre
dava una stoccata di bacchetta e le riponeva in un armadio. “Non importa quante
volte gli dica di non lasciare cose in giro, non manca mai di farmi inciampare
in quella dannata scopa”.
“Harry sarebbe d’accordo con lei. L’incapacità di Ginny di riporre il
vestiario da Quidditch lo ha fatto uscire di testa per anni”.
Narcissa rise leggera. “Non avrei mai pensato che un giorno avrei scoperto
di avere qualcosa in comune con Harry Potter”.
Ad Hermione non venne data possibilità di replica, perché Narcissa aprì una
doppia porta e rivelò un’enorme e luminosa nursery. Era sicuramente più grande
di quanto fosse necessario per un solo bambino, circa quanto un intero monolocale,
ma sicuramente era bellissima. Le finestre ricoprivano un’intera parete e
davano sulla parte est del giardino.
“È stata costruita nell’ala est per fare in modo che potesse filtrare la
luce mattutina”, disse Narcissa. “Le finestre sono rinforzate con la magia,
così che non accadano incidenti”.
“È enorme”, disse Hermione.
“Oh, lo so. È una cosa ridicola, in effetti. Draco trotterellava qui dentro,
quando era piccolo. Ma è stata costruita in tempi diversi, quando avere famiglie
allargate era la norma”.
Hermione si costrinse a non chiedere il motivo per cui Narcissa non avesse
avuto altri figli, visto quanto le piacessero. Ci era voluto un po’ perché le
si affezionasse, più che con Lucius, quindi non voleva intromettersi più del
necessario.
Piuttosto, gli occhi di Hermione osservarono la stanza. In quel luogo Draco
era cresciuto, aveva dormito e giocato. Notò il lettino in fondo e rimase in
contemplazione. Aveva scherzato quando, a casa Potter, aveva menzionato un lettino
intagliato, ma ormai non poteva davvero stupirsi. Era di solida quercia, sembrava
molto antico, ed aveva creature magiche tra cui unicorni, draghi, manticore e sfingi
che risalivano sulle gambe e le sbarre. Ci passò una mano, apprezzando il
lavoro a mano. Era bellissimo e riusciva ad immaginarsi mentre metteva a
dormire suo figlio. Sicuramente non aveva niente a che fare con quello che
aveva comprato lei da John Lewis.
“Non è adorabile?”, chiese Narcissa. “Sono stata così grata che i Malfoy già
ne avessero uno, dato che mia madre mi aveva offerto quello dei Black. Credo tu
abbia vissuto a Grimmauld Place per un po’, quindi non ti ci vorrà molta
immaginazione per capire che di sicuro non volevo accettare l’offerta”.
Un lettino con decorati dei babbani soggiogati le spuntò nella mente ed
Hermione represse una risata, che fece sorridere Narcissa. “I Malfoy,
nonostante le idee sulla purezza del sangue, apprezzando davvero la bellezza”.
“Qualcosa che avete in comune, se suo marito ha ragione”.
Fu il turno di Narcissa di ridere. “Oh sì, mi piacciono le cose belle. È stata
la prima cosa che mi ha attratta di Lucius, ed ho subito immaginato quanto sarebbero
stati belli i nostri figli.
Hermione ignorò l’uso del plurale. Qualcosa la tratteneva ancora dal chiederle
perché ne avesse avuto solo uno. “Beh, Draco di certo è venuto bene”.
Il sorriso di Narcissa si aprì maggiormente, mentre lanciava uno sguardo di
approvazione ad Hermione. “Non
ero sicura l’avessi notato”.
Hermione riusciva a sentirsi le guance imporporarsi, ma decise che avrebbe
parlato, piuttosto che atteggiarsi a ragazzina innamorata. “Credo bisogni essere ciechi per non farlo”.
“Sì, beh, il mondo a volte può esserlo”.
“È vero. Draco si sentiva colpevole per questo, quando eravamo giovani”, disse
Hermione.
Notò subito il barlume di vergogna negli occhi di Narcissa, ma non era
imbarazzata di averlo detto. Sì, i Malfoy potevano non essere facili da gestire
prima della guerra, ma non si sarebbe scusata dato che erano state le loro azioni
a metterli in certe situazioni. Non significava, comunque, che non potesse apprezzare
il loro cambiamento.
“Ascolta, riguardo a quello…”, iniziò Narcissa, ma Hermione alzò una mano.
“Non l’ho detto per avere delle scuse, Narcissa. Di tutta la famiglia, è quella
che ha meno di cui fare ammenda, ed ho buttato alle spalle le differenze sia
con Draco che con Lucius. Non porto rancore e sicuramente voglio avere un buon
rapporto con voi, per il bene di questo bambino”.
Narcissa le fece un sorriso esitante. “Credo che, se qualcosa può provare
quanto ci sbagliassimo io e Lucius, sia la grazia con cui ti sei destreggiata
in questa situazione”.
“Non credo di essere stata così graziosa all’inizio”, disse Hermione.
Ciò fece spuntare un’altra risata dalla signora Malfoy. “Non te ne farò una
colpa. Il primo trimestre è sempre il più duro”.
Hermione ripensò ai cambi d’umore, a quanto si sentisse stanza, le nausee
assillanti, e scrollò le spalle. “Non sarò io a dissentire”.
“Ma io e Lucius ti siamo grati per averci perdonato abbastanza da
permetterci di far parte della vita di nostro nipote. Altre nella tua
situazione non sarebbero state così generose, considerando il passato”.
“È importante per me che questo bambino abbia una famiglia, sia magica che
non”.
Hermione fece del suo meglio per ignorare le lacrime che le si stavano
accumulando. Non avrebbe dato sfogo agli ormoni. Anche Narcissa però era un po’
commossa.
“Avevo sperato che questa nursery riprendesse vita, ancora una volta”,
mormorò Narcissa. “Quando Draco ha sposato Astoria, pensavo che avrebbero voluto
una famiglia allargata. I Greengrass hanno sempre avuto un sacco di figli ma,
mentre gli anni passavano, ho rinunciato a quel desiderio e sperato di averne
almeno uno”.
Hermione la raggiunse e le prese la mano. “E adesso ce l’ha”.
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Il rumore della serratura che scattava fece alzare la testa di Draco dai documenti
che stava cercando di leggere, prima che la sua presenza fosse richiesta a
pranzo.
“Sei ancora qui?”, chiese suo padre, mentre entrava.
Mentre Lucius si posizionava alla luce di una delle finestre, Draco notò
quanto si appoggiasse al bastone e si accigliò. Sapeva che non avrebbe dovuto
dire niente. Suo padre diventava ancora irrequieto quando si parlava della sua
malattia e non avrebbe ammesso di provare dolore. Se lo avesse fatto, Narcissa
lo avrebbe immediatamente spedito a riposo a letto, e Draco sapeva quanto lui
lo odiasse.
“L’ultima volta che ho ficcato il naso, tua madre stava tirando fuori i tuoi
vecchi vestiti da neonato”.
Draco grugnì.
“Dovresti preoccuparti”, continuò Lucius. “Hermione era una chioccia, mentre
sparlava di quanto fossero deliziosi”.
Draco sorrise al pensiero. La cosa più sorprendente di tutta la situazione
era il rapporto che Hermione era riuscita a costruire con i suoi genitori. In qualche
modo, durante le ultime settimane dopo il compleanno, era diventata parte integrante
della famiglia. Non c’era un fine settimana in cui Narcissa non la invitasse
per il pranzo domenicale, anche se Draco sapeva che lei rifiutava così spesso perché
aveva già impegni con i suoi genitori ed i Weasley. Sembrava una sua qualità,
riuscire a mettere d’accordo tre famiglie completamente diverse senza mai ferirne
nessuna.
Tra le altre cose, due settimane prima, Hermione aveva annunciato fosse
arrivato il momento, per Draco, di conoscere i suoi genitori. Così l’aveva invitato
all’inevitabile grigliata della domenica. Era stato il momento più imbarazzante
della sua vita. I genitori di Hermione non avevano fatto mistero della loro
disapprovazione e, nonostante fosse ovvio quanto amassero la figlia,
sicuramente non approvavano la sua scelta.
Lo avevano anche accolto molto freddamente, il che aveva svelato chiaramente
quanto Hermione avesse raccontato degli anni di scuola. Ricordava di averli
visti brevemente a Diagon Alley, quando suo padre ed Arthur Weasley si erano
messi a discutere. Era stato appena prima del terzo anno? No, forse il secondo.
Sirius Black non era ancora fuggito da Azkaban. Ad ogni modo, quel ricordo non
aveva sicuramente aiutato a far rilassare i Granger.
In seguito, Hermione aveva detto che era stato un successo. Ma se riteneva
tale qualche risposta secca e un paio di brevi sorrisi, allora solo Merlino
poteva sapere quanto pessime fossero le sue aspettative.
“Sono fiero di te, figliolo”.
Quelle parole fecero allontanare di scatto Draco dai documenti sui quali
stava inconsciamente disegnando delle figure. Con un mormorio e un gesto della
bacchetta, li fece sparire. Ciò gli diede anche modo di schiarirsi la voce per
l’emozione.
“Grazie papà, ma perchè?”.
“Per come hai gestito tutta la questione. Avresti potuto propendere anche tu
per una relazione finta, ma non hai voluto ed avevi ragione. Ciò che avete ora
tu ed Hermione è molto meglio di ciò che io avrei immaginato”.
Accigliandosi, Draco allungò lo sguardo verso la seduta di suo padre. “Sono
contento di saperlo, ma perché me lo dici ora?”.
Un lampo di dolore attraversò il viso di Lucius. Se Draco non lo avesse
studiato a lungo probabilmente se lo sarebbe perso.
“Va tutto bene?”.
“Non voglio farti carico anche di questo”, iniziò a dire suo padre.
“Ne abbiamo già parlato”, lo interruppe Draco. “Hai nascosto a me e mamma la
tua malattia per troppo tempo, ed hai promesso che non ci sarebbero più stati
segreti, che non avresti più cercato di nasconderti”.
I battiti del cuore di Draco accelerarono, mentre l’ansia gli attanagliava
lo stomaco ed il silenzio tra i due si allungava. Riusciva a vedere il cervello
di suo padre al lavoro, mentre cercava di dire qualcosa. Il fatto che dovesse
fare così non portava niente di buono.
Lucius prese un respiro profondo, prima di aprire la bocca. “Non mi rimane molto”.
“Che significa”.
Per un momento un moto d’irritazione passò negli occhi di Lucius. “Sai cosa significa, Draco. Sto morendo”.
“No!”, obiettò lui. “No! I guaritori ci stanno ancora lavorando, troveranno
qualcosa. Devono farlo”.
Suo padre scosse tristemente la testa. “Sono a corto di tempo. Riesco a
sentirlo”.
“Stai solo facendo lo stupido. È ovvio che non puoi”.
Appena quelle parole lasciarono le sue labbra, Draco seppe di essere in
negazione. Il viso di suo padre glie lo disse, e sapeva che ormai non aveva più
tempo. La combinazione di stanchezza e tristezza aveva reso Lucius molto più
vecchio di quanto non fosse qualche settimana prima.
“Mamma?”, disse lui.
“Non ho detto una parola a tua madre. Non posso. È così felice, Draco. Non era felice da un pezzo e non
posso portarglielo via”.
Il discorso si interruppe, ma Draco non aveva bisogno che continuasse. Il
fardello di ciò gli sarebbe arrivato sulle spalle. Lucius glie lo stava facendo
capire, ma la parte egoista di Draco quasi sperava che se lo fosse tenuto per sé.
Cosa avrebbe dovuto fare di
quell’informazione?
Stava morendo.
Quella parola gli echeggiò nella mente, facendogli provare un brivido lungo
la schiena, mentre il panico prendeva possesso del suo corpo e, per un momento,
gli mancò il respiro, che rimase intrappolato nella gola. Stava soffocando al
pensiero della morte di suo padre.
Stava morendo.
Si passò una mano tra i capelli, per riportarsi alla realtà.
“Draco”, disse dolcemente suo padre, aiutandolo a focalizzarsi con uno
guardo pieno di calma.
“Ok”, disse lui, balbettando appena. “Sto bene. Posso farcela”.
“So che puoi. Possono non essere sempre stato di supporto o non aver accettato
i tuoi sentimenti, ma quei giorni sono andati. E mi vergogno nel dire che ci è voluto
che questa famiglia arrivasse sull’orlo del baratro perché io capissi. Avrebbe dovuto
essere diverso dal primo giorno”.
“Papà, non farlo”.
“No, devo togliermi questo peso dal petto. Ho bisogno che tu lo sappia, perché
tu non faccia lo stesso errore. Non
essere il padre che sono stato io, Draco”.
“Non lo sarò”, disse Draco, mentre le lacrime gli facevano perdere la voce. “Sarò
il padre che sei ora”.
Nei suoi trent’anni, Draco poteva dire con certezza di non aver mai visto
suo padre piangere. Nemmeno nei giorni più bui, quando il Signore Oscuro comandava
il Manor e li aveva posti agli arresti domiciliari.
Ora non riusciva a fare altro che stare seduto in silenzio, mentre un paio
di lacrime sfuggivano dagli occhi di Lucius e scendevano lungo le guance, prima
di essere velocemente spazzate via. Un rumore di fogli ruppe quel momento.
“Prendi”, disse uso padre, mentre gli allungava una busta sigillata.
Draco si schiarì la voce. “Non dovrebbe averli Horatio, se è quello che penso?”.
Un sorriso appena accennato spuntò sulle labbra di Lucius. “Non è il
testamento. No, quello Horatio ce l’ha già e, perché tu lo sappia, l’ho
modificato così che sia incluso anche il bambino”.
Se si fosse trattato di un altro momento, in cui suo padre non stava morendo,
allora sapere che Lucius aveva accettato volontariamente un figlio Mezzosangue
gli avrebbe riscaldato il cuore. Ma Draco non riuscì a non sperare che quella modifica
non fosse necessaria.
“Ciò che voglio sia fatto per il funerale”.
Draco lo fissò, sotto shock. “Ma Horatio…”.
“Sì, avrei potuto dargli anche queste. Ma volevo le avessi tu”.
Prendendole dalla mano di Lucius, Draco notò che le sue invece stavano
tremando. Si alzò e si avviò verso il mobile bar, sbloccando la serratura con la
bacchetta. Un pannello si spostò, rivelando una cassaforte. Vi ripose i
documenti, sperando ci sarebbero voluti molti mesi prima di doverli riprendere.
Fatto questo, si voltò verso Lucius, che annuì silenziosamente prima di
alzarsi ed uscire dalla stanza. Draco poteva giurare che i suoi passi risuonavano
un po’ più leggeri.
Rimase lì, con i pensieri in tumulto, finché non suonò la campanella del
pranzo.
Ripensandoci, Draco avrebbe fatto tesoro di quella giornata. Hermione e
Narcissa erano arrivate dalla nursery contente ed eccitate, piene di progetti
per il bambino, e Lucius sorrideva in modo accecante, intervenendo qui e lì con
qualche suggerimento per le decorazioni. Un’atmosfera felice si era infusa in tavola
e Draco aveva faticato a ricordare un altro momento simile. Sicuramente era
successo prima della guerra, prima della resurrezione dell’Oscuro Signore.
I suoi stessi pensieri erano stati banditi, mentre osservava la mano di Hermione
che si accarezzava dolcemente la pancia ogni tanto. Aveva grugnito quando sua
madre aveva preso gli album delle sue foto da piccolo, per mostrare ad Hermione
tutte quelle più imbarazzanti. Lucius era rimasto alle loro spalle, per tutto
il tempo con una mano appoggiata sulla spalla di Narcissa.
Le risate e l’atmosfera allegra rimasero con lui finché, quella sera, i
guaritori apparvero alla Metropolvere, in risposta ad una chiamata urgente. Rimasero
a mezz’aria come un caldo abbraccio, mentre il corpo senza vita di suo padre
lasciava il Manor per l’ultima volta, e le urla di sua madre gli riempivano le
orecchie.