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Autore: Saigo il SenzaVolto    07/10/2020    2 recensioni
AU, CROSSOVER.
Sequel de 'Il Pianto del Cuore' e de 'La Battaglia di Eldia'
Il Villaggio della Foglia ha una lunga serie di precedenti nella formazione di alcuni dei più pericolosi e famigerati Ninja Traditori che abbiano mai messo piede sulla Terra: Orochimaru, Kabuto, Obito, Itachi, Sasuke... era solo questione di tempo quindi prima che ne producessero un altro. Ma nessuno, specialmente Naruto, si era aspettato che il prossimo Nukenin sarebbe stato Boruto Uzumaki, il prodigio di Konoha. Questa è la conclusione della sua storia, e di tutto ciò che ha generato. Una nuova Guerra sembra aleggiare inevitabilmente all'orizzonte. La Quinta Guerra Mondiale.
Una Guerra per porre fine a tutte le Guerre.
Uno scontro tra Bene e Male. Tra Luce e Oscurità. Tra Shinobi e Guerrieri. Tra Famiglia e Famiglia.
Riuscirà Naruto a rimettere insieme la sua famiglia spezzata? Oppure la sua storia terminerà così, schiacciata sotto la morsa crudele ed implacabile del Destino?
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boruto Uzumaki, Himawari Uzumaki, Naruto Uzumaki, Sarada Uchiha, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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LA CALMA PRIMA DELLA TEMPESTA




10 Febbraio, 0022 AIT
Occhio della Tempesta
20:30

Mikasa osservò la scena dinanzi a lei con occhi attenti. C’erano proprio tutti. Boruto, Sora, Kairi, Gray, Juvia e Shirou stavano, ovviamente, seduti assieme a lei attorno ad un tavolo pieno di mappe, grafici e relazioni dettagliate, talmente numerose da far impallidire le montagne di carta con cui l’Hokage aveva a che fare ogni giorno nel suo ufficio. Assieme a loro, Toneri e Urahara erano radunati a loro volta attorno al tavolo, intenti a guardare con attenzione il loro leader, in attesa che prendesse parola, mentre Kumo e Mitsuki stavano invece seduti sulla destra, intenti a studiare dei rotoli pieni di caratteri in codice. Lucy, infine, se ne stava un po' più in disparte rispetto a tutti, con un’espressione mista alla noia e alla tristezza tutt’assieme.

La nera la osservò con sospetto per diversi secondi. Tra tutti, Lucy era quella che sarebbe stata più problematica da gestire, da oggi in poi. Ne era certa. Dopo tutto quello che era successo tra lei, Boruto e Himawari… era nata una sorta di tensione nel gruppo. Mikasa temeva che quella bionda potesse fare una pazzia e disobbedire agli ordini che le sarebbero stati dati. Tuttavia, non ebbe il tempo di pensarci oltre. Nemmeno un secondo dopo averlo pensato, infatti, la discussione per cui si erano radunati ebbe finalmente inizio.

“Abbiamo ricevuto notizie che la Foglia ed i suoi alleati stanno assemblando un esercito,” disse Boruto, prendendo parola per primo. Le sue dita indicarono una mappa inviatagli dalle sue spie nascoste a Konoha. “Secondo le nostre fonti, lo stanno mobilitando nella Capitale del Fuoco.”

I Kara e tutti gli altri si scambiarono un’occhiata. “Questo… è un problema,” sospirò Toneri. “Se le Nazioni Alleate finissero per assemblare quest’esercito, non avremmo più occasione per attaccare i nostri obiettivi. Non con una quantità tale di nemici riunita in un solo luogo. Saremmo costretti alla difensiva, e dovremmo aspettare… chissà quanto tempo prima di poter concludere l’unificazione del pianeta.”

“Già,” rifletté anche Mitsuki. “L’Impero è vasto, ma non avrebbe speranza difronte alla potenza combinata della Foglia, della Sabbia e della Nebbia riunite assieme come un esercito solo. Finiremmo per perdere ogni battaglia.”

Il biondo annuì, la sua espressione gelida. “Esattamente,” confermò. “Come avete appena detto, gli eventi recenti hanno dimostrato quanto, in realtà, siamo esposti e vulnerabili dinanzi all’offensiva nemica. Ma questo non è l’unico problema. Ciò che più allarmante è il fatto che ci sono troppi avversari da cui siamo costretti a difenderci. Avversari talmente potenti da essere pericolosi persino per me. Fino a due anni fa, solamente il Settimo Hokage e Sasuke Uchiha erano gli unici che potevano metterci i bastoni tra le ruote. Ma adesso, a causa dell’inaspettato intervento di Hagoromo Otsutsuki, anche Sarada ed i suoi compagni sono diventati una minaccia più che consistente per l’Impero. E questa situazione di svantaggio è inaccettabile.”

Juvia lo fissò acutamente dopo quelle parole. “E quindi cosa vuoi fare, biondino?” domandò. “Dubito che tu non abbia già pensato ad una contromisura.”

Il morale di tutti si risollevò non appena Boruto sorrise feralmente. Mikasa sogghignò mentre lo osservava di sbieco. Il suo biondino era astuto e sagace, e questa era una delle cose che più amava di lui. Anche se in svantaggio, anche se accerchiato da avversari immensamente più potenti di lui, Boruto non smetteva mai di pensare, pianificare, ed orchestrare strategie per ribaltare la situazione. Per mettere i suoi nemici in svantaggio ed uscirne vincitore. Era sempre così con lui.

“La Quinta Guerra Mondiale che abbiamo condotto fino ad ora non può continuare in queste condizioni,” spiegò Boruto lentamente. “Le Nazioni Alleate non possono vincere perché noi ci rifiutiamo di combatterle direttamente sul campo di battaglia, e l’Impero e la Rivoluzione non possono vincere perché il nemico sta recuperando i danni che gli abbiamo inflitto e assemblando un esercito immenso per ripagarci con la stessa moneta. Per cui, l’Organizzazione Kara dovrà spronare di nuovo la Guerra verso la sua conclusione.”

Il Nukenin prese tempo per fissare i suoi amici negli occhi. Uno per uno. “Dovremo accelerare il processo,” dichiarò, solenne. Vide un fuoco ardente di determinazione ardere nei loro cuori. Finalmente avevano l’occasione per tornare in campo ancora una volta. “E anche se l’idea originale era attendere fino alla fine della Guerra, il recente sviluppo della situazione ha dimostrato che non possiamo più attendere. Se vogliamo costringere i nostri nemici alla resa, allora dobbiamo colpire per primi e colpire duro.” Poi si fermò, e fece un respiro profondo prima di continuare. “Pertanto, a partire da oggi… mi vedo costretto a dare ufficialmente il via all’operazione ‘Kara’,” dichiarò solennemente.

Le sue parole vennero accolte dal silenzio più totale. Tutti quanti i presenti, dopotutto, sapevano benissimo in che cosa consistesse quell’operazione. Poi, com’era prevedibile, la determinazione venne rimpiazzata dallo stupore.

Mikasa, Sora, Urahara e tutti i presenti rimasero a bocca aperta.

“S-Sei impazzito?” esclamò Gray, riscuotendosi furiosamente di colpo.

“È una follia!” dichiarò anche Kairi.

Sora annuì freneticamente. “È troppo presto, Boruto! Non siamo ancora pronti per farlo!” esalò.

“Potremmo finire ammazzati!” esclamò anche Juvia.

Mikasa esitò nervosamente. Nemmeno a lei piaceva molto quella decisione. I suoi occhi neri si posarono subito sul volto di Boruto, il quale era intento a fissarli a sua volta uno per uno, attentamente e forzatamente. “Lo so,” rispose lui. “Proprio per questo dovremo sfruttare al massimo questi quattro mesi di tregua che ho richiesto alla Foglia. Li useremo per allenarci, per prepararci, per migliorarci. E allo stesso tempo, per pianificare nel dettaglio lo sviluppo e l’attuazione dell’operazione ‘Kara’. Questa decisione è finale.”

Il silenzio riecheggiò nella sala per diverso tempo appena il loro leader finì di dire quelle cose. Nessuno di loro, nemmeno Mikasa, osò fiatare dopo quella dichiarazione.

“...ne sei convinto?” Urahara fu il primo a ritrovare la sua voce. Gli occhi di Mikasa e di tutti si posarono su di lui. “Sei davvero certo che convenga attuare quel piano adesso?”

Mikasa vide Boruto sospirare dinanzi alla domanda decisiva del loro maestro. “Sì,” rispose il Ninja traditore. “Ne sono certo. Se esitassimo ancora, i nostri nemici crescerebbero in forza, difese ed organizzazione, e noi finiremmo inevitabilmente per subire ingenti danni a causa della loro potenza combinata. L’impero non può permettersi altre sconfitte, sensei. Perderemmo credibilità, sostegno e morale se lo facessimo. L’unico modo per evitare tutto questo è colpire per primi il nemico, quando meno se l’aspetta, distruggendo le loro speranze e facendo a pezzi tutto ciò che hanno ottenuto.”

I presenti esitarono ancora un po'. Poi Gray sospirò rumorosamente. “Quindi… stiamo per farlo davvero, eh? L’operazione ‘Kara’…”

“È davvero l’unica opzione che ci rimane?” tentò ancora Kairi. “La Guerra punta ancora a nostro vantaggio, no?”

“Un vantaggio che durerà poco,” la incalzò Boruto con solennità. “Fidatevi di me. Ne sono certo.”

Mikasa e Sora si scambiarono un’occhiata silenziosa. Sapevano benissimo in cosa stavano per cimentarsi, e non era una scelta facile da intraprendere. La nera si fece avanti con la sedia. “Allora il momento è finalmente giunto,” sussurrò infine.

Boruto la guardò negli occhi. “Sì,” disse, parlando a lei e a tutti. “Dobbiamo distruggere il Villaggio della Foglia.”

L’intera Organizzazione Kara e tutti i presenti rimasero impietriti come statue.

“…come hai intenzione di farlo?” domandò eventualmente Lucy.

Mikasa vide il suo ragazzo raddrizzarsi con la schiena. “Divideremo l’Organizzazione Kara in tre divisioni,” spiegò loro. “La prima – la divisione principale – fungerà da fanteria e squadra d’assalto che raderà al suolo il Villaggio. La seconda – la divisione di supporto – avrà invece il compito di colpire ed abbattere alcuni obiettivi secondari mentre la Foglia sarà assaltata. Infine, la terza divisione – quella di difesa – dovrà restare qui nell’Occhio per assicurare agli altri una via di fuga in caso qualcosa vada storto.”

Urahara ammiccò dopo quella spiegazione. “Obiettivi secondari?” ripeté.

Il Nukenin annuì. “Non possiamo attaccare Konoha con tanta leggerezza,” spiegò in tutta serietà. “Non più, ormai. Dopo tutto quello che è successo nella Guerra, limitarci a colpire il Villaggio sarebbe solamente un suicidio. Per questo, mentre alcuni di noi devasteranno Konoha, gli altri si occuperanno – in contemporanea all’assalto – della cattura del Rokubi (Esacoda) e del Nanabi (Eptacoda).”

I giovani del gruppo trasalirono per la sorpresa. Persino Mikasa sgranò gli occhi a quella rivelazione.

Toneri invece sorrise maliziosamente. “Ora capisco… vuoi puntare a dividere le forze nemiche assaltando tre fronti diversi,” dichiarò. Tutti quanti si voltarono a fissarlo mentre l’Otsutsuki parlava. “Per distruggere qualsiasi tentativo di difesa, un attacco su più fronti è la mossa più conveniente. Costringerebbe il nemico dividere le sue forze, diminuendo sostanzialmente la loro capacità offensiva. Saranno divisi, terrorizzati, pressati… e costretti a difendere più obiettivi nello stesso arco di tempo. Questa mossa ci permetterebbe di abbatterli del tutto senza che possano riuscire ad organizzare una difesa efficiente. Un piano astuto, non c’è che dire.”

Mikasa trattenne il suo orgoglio crescente mentre realizzava a sua volta quella verità. Vide il suo amato Boruto annuire con decisione. “È così, sostanzialmente. Se non possiamo permetterci di affrontare tutte le forze nemiche riunite assieme, allora dobbiamo costringerle a difendersi su più fronti. Solo così avremo qualche possibilità di successo, in fondo.”

“…wow,” esclamò Sora con euforia e trepidazione. “Potrebbe davvero funzionare.”

“Funzionerà,” disse invece Mitsuki, sorridendo col suo sorriso indecifrabile di sempre. “Non può non funzionare. Abbiamo un precedente storico che lo dimostra. In passato, l’Akatsuki era quasi riuscita a distruggere Konoha durante il suo assalto. L’unico motivo per cui ha fallito è perché ha deciso di attaccare su un fronte solo, forzando Pain a combattere frontalmente contro il Settimo Hokage. Ma se avessero puntato a più obiettivi, costringendo il nemico a dividersi, le cose sarebbero sicuramente andate in modo diverso.”

“Ma questo porta alla domanda più importante di tutte: cosa fare con il Settimo Hokage?” dichiarò seriamente Urahara, fissando Boruto coi suoi occhi più freddi del solito. “Combatterlo frontalmente sarebbe difficile, se non impossibile. E con la presenza dell’Eremita delle Sei Vie e di Sarada… possiamo davvero farcela come credi?”

Per tutta risposta, l’Uzumaki sorrise velenosamente. “Non dovremo preoccuparci del Settimo Hokage, e nemmeno dell’Eremita,” rispose con decisione. “Di questo posso assicurarvi. Sono consapevole che quei due sono nemici ancora al di fuori della nostra portata, specialmente uniti assieme come adesso. Perciò, ho ideato un piano speciale per riuscire ad allontanarli. Quando attaccheremo la Foglia, farò in modo che non possano intervenire in nessun modo, indipendentemente da tutto. Questo ve lo giuro sul mio nome.”

Tutti quanti si scambiarono degli sguardi perplessi all’udire ciò. Poi però annuirono lentamente. Era palese che Boruto avesse un piano in mente, e sia Mikasa che tutti gli altri avevano imparato a fidarsi delle sue parole. Se diceva che poteva gestire quei due da solo, loro gli avrebbero creduto. Non aveva mai deluso la loro fiducia prima d’ora, e Mikasa era pronta a scommettere la sua stessa vita pur di dimostrare che non avrebbe certo iniziato a farlo oggi.

“E con Sarada, invece?” premette ancora Urahara. Boruto aveva detto di potersi occupare dell’Hokage e di Hagormo. L’Uchiha, invece, non l’aveva proprio menzionata.

Mikasa vide Boruto puntare a Toneri con un cenno del capo dopo quella domanda. L’Otsutsuki annuì e prese parola. “Secondo le mie osservazioni recenti, le abilità di Previsione dell’Uchiha sono quasi onniscienti,” spiegò l’uomo dai capelli bianchi. “Boruto mi aveva chiesto di cercarne un’eventuale debolezza, tempo fa, ma temo di non averne ancora trovata alcuna. Tuttavia, se i miei ragionamenti sono corretti, c’è ancora un modo per riuscire ad aggirare le sue abilità oculari.”

Shirou si sporse in avanti. “E quale sarebbe?”

L’essere celeste sorrise. “La mia ipotesi è che per essere in grado di prevedere le mosse dell’avversario, bisogna avere delle conoscenze approfondite su di esso,” rivelò seriamente, sollevando un dito. “Sarada conosce alla perfezione Boruto. Sa ogni cosa su di lui: quello che pensa, quello che vuole, il modo in cui combatte… tutto. È per questo che è riuscita a sopraffarlo l’ultima volta. Ma se si trovasse ad affrontare un nemico sconosciuto, invece? Un avversario di cui non sa niente di niente, e con cui non ha mai avuto nulla a che fare? Allora le sue abilità oculari sarebbero, a mio parere, inutili. Quelle di Previsione, almeno.”

I ragazzi sgranarono gli occhi per lo stupore. “Ne sei certo?” chiese Juvia.

Toneri annuì. “Quasi sicuramente. Ogni Potere, per quanto formidabile, possiede delle debolezze. E in base a quello che abbiamo visto ed osservato su Sarada negli ultimi tempi… questa conclusione è l’unica che abbiamo ottenuto fino ad ora. Vale la pena tentare.”

Sora inarcò un sopracciglio. “Quindi dobbiamo far combattere Sarada contro una persona che non ha mai visto lottare prima d’ora,” rifletté ad alta voce. “Ma chi? Sarada ha praticamente affrontato o visto combattere tutti noi, in passato! L’unica eccezione sei tu, Toneri, che non puoi lasciare questo posto, e Kumo, che non è abbastanza forte per affrontarla.”

“No, invece,” lo corresse immediatamente Boruto. Mikasa e gli altri si voltarono a guardarlo. “A parte lui, c’è un altro di noi che quell’Uchiha non ha mai visto lottare, e con cui non ha mai avuto alcun tipo di rapporto. E quella persona… è Urahara-sensei.”

Gli occhi di tutti caddero sull’uomo col cappello. Boruto lo osservò col suo occhio sinistro mentre quest’ultimo sorrideva maliziosamente. “Voglio che sia tu a combattere Sarada, sensei. Sei l’unico a cui posso chiederlo, e sei anche l’unico di noi abbastanza forte da poterle tenere testa in uno scontro frontale. Pensi di poterlo fare?”

Urahara allargò il suo sorriso. “Ragazzo mio, per chi mi hai preso?” ribatté casualmente, ironico. “Certo che posso farlo. Per te, questo e altro!” dichiarò con allegria.

Boruto annuì, sorridendo a sua volta. “Allora tu sarai a capo della seconda divisione. Assieme a te, ci saranno anche Mitsuki e Kumo. Avrete il compito di attaccare e catturare i due Cercoteri difesi dalle forze della Foglia. Vi affiderò i tre anelli dell’Akatsuki che ci sono rimasti prima della missione.”

Tutti e tre gli interessati annuirono con enfasi, i loro occhi che ardevano di decisione.

“La prima divisione, quella che assalterà il Villaggio, sarà invece composta dall’originale Organizzazione Kara,” continuò a dire il guerriero. “Per cui, i suoi membri saranno: Mikasa, Sora, Gray, Juvia, Kairi, Shirou, ed io. Gli obiettivi di questa divisione sono due: localizzare e recuperare tutti gli anelli dell’Akatsuki che abbiamo perso due anni fa e che sono nascosti nella Foglia; e subito dopo radere al suolo l’intera città, eliminando e distruggendo qualsiasi nemico oserà opporsi a noi.”

Mikasa, Sora e i Kara sfoggiarono dei sorrisi decisi e pieni di ardente ferocia.

Lucy assottigliò gli occhi. Il suo nome non era stato ancora menzionato. “E la terza divisione?” domandò.

Mikasa vide Boruto voltarsi verso di lei con un’espressione combattuta. “La terza divisione sarà composta da te e Toneri,” rispose alla fine. “Voi due resterete nell’Occhio della Tempesta, e vi assicurerete che tutti gli altri possano ritornare qui in caso di pericolo, prima di poter essere catturati dal nemico.”

La bionda non la prese per niente bene. “Che cosa?!” esclamò furiosamente. “Vuoi farmi restare qui mentre voialtri distruggete Konoha?! Col cavolo, non se ne parla! Non ho intenzione di restarmene a guarda-”

Un piccolo arco di elettricità guizzò fuori dai capelli di Boruto, ma fu l’unico avvertimento che ricevette. Il getto di fulmine attraversò Lucy con prepotenza, zittendola all’istante mentre le parole venivano sostituite da sibili di dolore. Mikasa provò un po' di compassione per lei, dato che sapeva esattamente quanto fosse frustrante l’idea di doversene restare lontani dalla battaglia, ma provava anche un minuscolo piacere perverso nel vederla soffrire. Se lo meritava, nella sua opinione, dopo tutto quello che era successo con Shikadai, suo padre ed Himawari a causa sua.

Lucy si afflosciò sulla sedia, ansimando, mentre la scossa elettrica svaniva dal suo corpo. Toneri la aiutò a restare diritta con un braccio. “Devo forse ricordarti cosa è successo durante la tua ultima esplosione di rabbia?” ribatté Boruto con un tono di voce freddo e potente. “La tua incapacità di obbedire agli ordini, alimentata dalla tua rabbia e dalla tua sete di vendetta, sono ciò che devi biasimare per questa mia decisione. Io ti ho promesso vendetta una volta, e non lo nego, ma ciò che hai fatto di recente mi ha dimostrato che è stato un errore darti ciò che volevi. Non posso più, in buona fede, lasciarti agire come vuoi. Per questi motivi, oltre che per la salvaguardia della missione e della tua stessa vita, mi ritrovo costretto ad escluderti dalla battaglia. Kumo e Mitsuki prenderanno il tuo posto ed affiancheranno Urahara nella cattura dei Demoni codati, e questo è quanto.”

Lucy ansimò e fece per parlare, ma l’altro non le diede il tempo. “Non fraintendermi,” dichiarò solennemente Boruto, con tono gelido. Si alzò in piedi di scatto, fissandola dall’alto in basso, mentre lei si rimpiccioliva sotto la sua figura, terrorizzata e vergognosa più che mai. “L’unico motivo per cui non ti ho punita maggiormente è perché ci tengo a te. Tu sei una mia amica, Lucy. Io ti voglio bene. Ma non posso lasciarti combattere dopo aver visto quanto le tue abilità ed il tuo giudizio siano offuscati dalla rabbia. La tua inutile sete di vendetta potrebbe costarti la vita in battaglia, ed io non voglio perderti. Nonostante quello che hai fatto, io ci tengo a te. Per cui, dovrai restare qui.”

La ragazza tremolò ed abbassò la testa. Mikasa vide delle piccole scie di lacrime colarle lungo le guance.

“Sono stato chiaro?” domandò lentamente Boruto, più pacato rispetto a prima.

Lucy si limitò ad annuire in silenzio, tremando per la rabbia.

Boruto sospirò, tornando a focalizzare la sua attenzione su tutti gli altri. “Adesso,” cominciò a dire allora. “Il nostro allenamento inizierà domani mattina è sarà obbligatorio per ognuno di voi. Abbiamo quattro mesi di tempo per prepararci al meglio prima della missione. Voglio che raddoppiate la vostra capacità di lotta e la vostra conoscenza di Tecniche. Svilupperò anche delle contromisure per permettervi di contrastare i membri più potenti dell’esercito nemico. E nel mentre, inizierò anche i preparativi per allontanare l’Eremita ed il Settimo Hokage dalla Foglia prima di dover scendere in campo per davvero.”

Mikasa e tutti gli altri annuirono. Boruto aveva ovviamente un piano in mente, anche se non voleva rivelarlo ad alta voce. Ma loro si fidavano di lui, per cui lo avrebbero lasciato fare. I loro sguardi si riempirono di solennità ed ardente determinazione.

Il Nukenin guardò tutti i presenti. “Altre domande?” Nessuno osò fiatare. “Molto bene. Potete andare.”
 


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28 Febbraio, 0022 AIT
Villaggio della Foglia, Terra del Fuoco
Distretto del clan Hyuuga
16:41

"Ah!” esclamò Hanabi, inviando una raffica di colpi verso il suo avversario.

Hinata mantenne la sua base forte, affondando i piedi a terra, e schiaffeggiò abilmente ogni palmo che tentava di colpirla. Il viso di sua sorella si contorse in un sorriso; un sorriso che emanava ammirazione, gioia e tristezza in parti uguali. Hinata sapeva bene il perché di quelle emozioni. In battaglia, le persistenti tracce di dolore, sia fisico che emotivo, che la infestavano… sparivano. Sparivano completamente. Combattere era uno dei pochissimi momenti in cui la moglie dell’Hokage si permetteva di dimenticare quanto la sua famiglia fosse spezzata e piena di dolore. E se doveva essere sincera, non sapeva se fosse un bene o un male.

Il sessantaquattresimo colpo di palmo gli venne incontro e lei lo respinse con un grido. Hanabi rise, cadendo all'indietro, crollando sulla schiena ed allargando le braccia e le gambe. Hinata sorrise, mettendosi a sedere mentre il suo petto si sollevava su e giù per lo sforzo. "B-Ben fatto, sorellona," ansimò sua sorella, sedendosi accanto a lei. “Stai migliorando a vista d’occhio. Cavolo, ricordo ancora quando eri così debole da non riuscire a resistere nemmeno ad una sola raffica dei miei colpi…”

Hinata ridacchiò. Era vero. Quando era giovane, era sempre stata debole ed incapace di combattere per davvero. Persino sua sorella Hanabi, che era più giovane di diversi anni, era stata più forte di lei, tanto da doversi assumere il titolo di erede del clan al suo posto. Ma adesso? Le carte in tavola venivano finalmente ribaltate.

I suoi occhi si disattivarono, posandosi verso il cielo. Era una bella giornata, quella di oggi. Calda, con un leggero venticello fresco che rinfrescava le membra accaldate. Le piccole zone verdi ed i boschetti radi attorno al distretto degli Hyuga erano ancora verdi, nonostante fosse ancora inverno. E gli edifici del clan erano gli stessi di un tempo. Hinata lasciò che i ricordi la pervadessero mentre li osservava. Era bello allontanarsi dalla sua abitazione, ogni tanto. Lì, i ricordi e il dolore della sua famiglia spezzata la tormentavano ogni giorno. Ma quando il suo amato Naruto non c’era, uscire e tornare alle mura del suo vecchio clan la faceva sentire meglio.

Hanabi le fece scorrere una mano sulla frangia per liberarle un ciuffo di capelli dagli occhi. "Ti senti bene?"

Hinata annuì leggermente con la testa. "Sto bene," la rassicurò, fissando il cielo. "Mi stavo solo perdendo nei ricordi."

Sua sorella strinse le labbra. "Non ti fa bene vivere nel passato, sorellona," disse seriamente. "Non sei ancora completamente guarita dalla depressione. Devi concentrarti sul presente e combattere per un nuovo futuro, ricordi?"

Hinata sospirò. Era la millesima volta che sua sorella le faceva quel discorso. "Hanabi, so che sei preoccupata per me, ma mi sento meglio, davvero," ribadì ancora una volta. Aveva parlato a lungo, nel corso delle ultime settimane, sia con Shizune che con Ino. Le due donne si prendevano cura di lei da tempo e cercavano di aiutarla a superare la depressione. Si fidava di entrambe, e loro le avevano raccomandato di non sforzare troppo i suoi ricordi. "Il ricordo di ciò che ho fatto mi perseguita ancora, ma... l’ho accettato. Ho imparato a conviverci, ormai."

Sua sorella non disse niente, limitandosi a fissarla. Poi annuì, mentre delle piccole lacrime iniziavano ad accumularsi nei suoi occhi. Le allontanò ammiccando le palpebre e girando la testa in modo da non fargliele vedere. Ma Hinata le vide, e sentì il suo cuore spezzarsi un po’. Sapeva quanto sua sorella fosse preoccupata per lei, ma son sapeva cosa dirle. Non sapeva cosa fare. Perciò, si limitò ad accarezzare la sua sorella più giovane, sorridendole amorevolmente.

Rimasero lì, ferme e unite assieme, per un po'.

"C-Come fai, sorellona?" chiese ad un certo punto Hanabi. "Come fai ad avere ancora tutta questa forza, e a sperare? A sperare che… lui… torni a casa da te? Da noi?"

Hinata fece un sorriso triste, chiudendo gli occhi con pesantezza. Questa era una domanda che anche lei si era posta molte, molte volte. Ma non l'avrebbe mai ripetuta ad alta voce, nemmeno sotto minaccia di morte. Perché lei l’aveva visto. Aveva visto il mostro che suo figlio era diventato. Aveva visto chiaramente il modo in cui era stato spezzato; spezzato così tanto da trasformarlo in qualcosa – qualcosa, non qualcuno – che non poteva nemmeno definirsi umano, ormai. Perciò, riusciva a capire appieno il dolore, la rassegnazione e l’incredulità di Hinabi.

Eppure, per qualche motivo, nonostante riuscisse a comprenderle… lei non poteva accettarle.

C’era qualcosa, dentro di lei, che non voleva arrendersi. Qualcosa che la faceva sperare. Qualcosa che si rifiutava di accettare quello che il mondo le stava dicendo ogni giorno senza parole: ovvero che suo figlio era ormai un mostro irrecuperabile. E questo qualcosa, Hinata lo sapeva, era l’amore che provava per lui. L’amore che solo una madre prova per suo figlio. Quell’amore puro, dolce e disinteressato che non ha logica e motivo d’esistere; ma che c’è, e che non se ne può mai andare davvero. Quell’amore unico e gratuito, che gode semplicemente del fatto che suo figlio è vivo, e che esiste, e che questo basta ed avanza per lei. E questa cosa, per quanto illogica fosse, era l’unica cosa che le importava.

A volte, però, Hinata sentiva la sua rabbia ribollire dentro di lei. Nei confronti di Boruto. Nei confronti di sé stessa. E lei sapeva che questa rabbia era dovuta dal suo fallimento. Lei era sua madre. Aveva un dovere nei confronti del figlio. Un dovere che, purtroppo, non era riuscita ad adempiere per la maggior parte della sua vita, facendo soffrire tutta la sua famiglia a causa di questo. E adesso, mano a mano che i giorni e i mesi passavano, le possibilità di rimediare a questo errore diminuivano sempre di più.

Ma non per questo lei si arrendeva. No, lei non doveva arrendersi. Non poteva arrendersi. Non poteva, perché aveva chiaramente visto il dolore, l’esitazione e lo smarrimento che Boruto stava provando dentro di lui. Li aveva visti, chiaramente, senza nessuna possibilità di dubbio. Li aveva visti assieme a Naruto, quel fatidico giorno in cui si erano scontrati tutti e tre nella Valle della Fine. E dopo averlo visto esitare e piangere prima che potesse ucciderla, lei ne era diventata certa. Quella era stata la prova che le serviva per essere certa che ci fosse ancora speranza. E che questa speranza non sarebbe mai morta.

Eppure, Hinata sapeva che, per quanto Boruto fosse ferito e spezzato, aveva allo stesso modo ferito e spezzato anche la sua famiglia. Aveva ferito e spezzato lei, Naruto, ed Himawari. E questa cosa andava risolta al più presto. Le cose tra di loro non potevano continuare così in eterno. Boruto era la luce e l’amore nella loro vita. E adesso, quella luce stava tremolando pericolosamente, minacciando di spegnersi per sempre. Lei non poteva permetterlo.

"Sorellona?" chiese Hanabi, fissandola con evidente preoccupazione. I suoi occhi privi di pupille erano brillanti di lacrime.

Hinata sospirò. "Non lo so, Hanabi," rispose, la sua voce sommessa. "Boruto… non è forte come sembra. Anche lui è triste come noi. È solo che lo nasconde meglio di altri, penso," fece una pausa. "Penso che cerchi di essere crudele perché ha paura. È in questo che lui e Naruto sono diversi. Naruto sta cercando di essere forte e di fermarlo per dimostrargli che si sbaglia. Per dimostrargli che tutti noi lo amiamo ancora oggi. Che per noi non è un mostro come lui crede di essere."

Di questo, la Hyuuga era certa. Non importa quanto a fondo nel buio e nella crudeltà potesse cadere, lei, Naruto ed Himawari avrebbero sempre amato Boruto come prima. Non avrebbero mai potuto voltargli le spalle. Non più. Non ancora. Non di nuovo.

"E Boruto?" insistette Hanabi.

Hinata esitò. "E Boruto... credo che per lui valga il contrario. Cerca di essere crudele perché ha paura di essere rifiutato di nuovo. Perché tenta disperatamente di considerarsi libero dal trauma che gli abbiamo lasciato. Ciò che gli abbiamo fatto, Hanabi, il modo in cui lo abbiamo trattato… è stato disumano,” la donna ammiccò un paio di lacrime a quel punto. “P-Penso che sia stato questo a spezzarlo definitivamente. Lo abbiamo reso incapace di vedere l’amore del mondo, e questo lo ha trasformato in quello che è oggi," concluse Hinata.

Hanabi non parlò, incerta su cosa dire. Poi annuì, e loro due non dissero nulla, restando in silenzio per diverso tempo, limitandosi ad ascoltare il canto degli uccelli ed il vento che soffiava nel cielo.

"Pensi che riuscirete a riportarlo indietro?" chiese alla fine, dopo pochi minuti.

Hinata guardò sua sorella con un sorriso deciso. "Certo," rispose, come se fosse scontato. E lo era. Lo era davvero, per lei. Perché lei doveva farlo. Doveva riportarlo indietro. Per il suo bene, per quello di Naruto, di Himawari, e del mondo intero. Doveva tenere viva la speranza. La speranza che la loro famiglia spaccata possa essere riparata ancora una volta. "Naruto-kun ed io ci stiamo preparando proprio per questo."

Sua sorella ammiccò con confusione. “Preparando? Cosa vuoi dire?” sussurrò. “A che state tramando tu e tuo marito?”

La donna si limitò a sorridere innocentemente.
 


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01 Marzo, 0022 AIT
Villaggio della Foglia, Terra del Fuoco
Campo di Addestramento n°14
09:00

Naruto sapeva che doveva darsi una mossa.

Dentro di lui, nell’angolo più oscuro e remoto della sua mente, l’ex Hokage si costrinse a ricacciare indietro l’ansia che lo assaliva. Eppure, per quanto tentasse, non riusciva ad eliminarla. E non era la prima volta che succedeva. Negli ultimi tempi anzi, sin da quando Sentoki – o meglio, Hagoromo Otsutsuki – aveva rivelato a lui e sua moglie la sua vera identità, le cose non avevano fatto altro che degenerare per lui. Talmente tanto da costringerlo a prendersi letteralmente una pausa dai suoi obblighi di consigliere per Konohamaru. Dopotutto, però, Naruto sapeva di aver preso la decisione giusta. Chi poteva biasimarlo, in fondo?

Venire a sapere che suo figlio, lo stesso sangue del suo sangue, si era attirato non solo le ire della Foglia e del mondo, ma anche del leggendario Eremita delle Sei Vie non era una cosa che si poteva digerire subito.

Il biondo represse un sospiro. Aveva sempre saputo che Boruto era importante, e non solo per lui, ma per il mondo intero. Era stato evidente. Tutto ciò che aveva causato, tutto ciò che aveva costruito seguendo la sua strada di sangue… era semplicemente troppo da poter ignorare. Che lui lo volesse o meno, che gli piacesse o meno, il nome di suo figlio sarebbe stato per sempre ricordato nella storia del loro popolo. Esattamente come il suo, tra l’altro. Anche se, in un certo senso, in un modo più macabro e oscuro di quanto gli piacesse ammettere.

Ma Naruto non sapeva se esserne felice o meno. Boruto era un personaggio importante, ovvio, ma era diventato estremamente ingombrante nell’insieme delle cose. Si era ribellato al mondo intero, all’Unione, a tutto ciò che lui e Sasuke avevano costruito con anni di sacrifici e lotte; distruggendo ogni cosa e rimpiazzando la precedente pace con un’Impero totalitario più vasto di qualsiasi altra Nazione esistita prima di lui. Era, come dire, sconcertante. Più ci pensava, più sembrava impossibile ai suoi occhi. Eppure era così, e niente poteva negarlo, nemmeno lui.

Ma la cosa peggiore non era questa. No, affatto. Per quanto fosse brutto da dire, Naruto si era quasi completamente abituato a convivere con l’idea che suo figlio fosse un mostro ed un criminale. Era una storia che andava avanti da più di otto anni, in fondo. Quindi, no. Non era questa la cosa che lo faceva soffrire di più. La cosa veramente insopportabile era la nuova consapevolezza che aveva avuto su di lui.

La consapevolezza che suo figlio stava diventando una minaccia non solo per la Terra, ma per moltissimi altri mondi.

L’ex Settimo Hokage non sapeva, sinceramente, cosa pensare al riguardo. Non sapeva cosa fare per assimilare completamente quell’informazione. Non c’era nulla, per meglio dire, che poteva fare per riuscire a digerire questa cosa in maniera sana. Era per questo che da quando l’Eremita gli aveva detto la verità, il precedente Hokage della Foglia aveva completamente rischiato di impazzire per lo stupore. E chi poteva dargli torto? Venire a sapere che suo figlio stava rischiando di causare la distruzione del loro mondo non era una notizia che si poteva accettare facilmente. E poi, onestamente, Naruto non era mai stato una persona molto brava ad assimilare le cose con calma.

Per cui, la sua ansia era prevedibile. Era comprensibile. Hagoromo stesso glielo aveva detto. Eppure, né lui, né tantomeno Hinata riuscivano ancora a scendere a patti con questa realtà. Dopotutto, se quello che diceva l’Eremita era effettivamente vero… allora c’erano solo due modi in cui potevano finire le cose: con la cattura di Boruto, o con la sua morte.

Hagoromo era stato estremamente chiaro su questo. Se Boruto avesse continuato a guidare l’umanità attraverso questa strada di sangue e totalitarismo che aveva intrapreso, allora la popolazione mondiale sarebbe giunta alla sua estinzione. O per mano sua, o per mano degli Otsutsuki. Per cui, doveva essere necessariamente fermato. Con le buone, o con le cattive.

E le buone, per quanto fosse terribile ammetterlo, non stavano funzionando con suo figlio. Boruto non era affatto intenzionato a smettere di conquistare il mondo. Non si sarebbe fermato, Naruto ne era certo, fino a quando lui e tutti gli Shinboi esistenti non sarebbero stati sconfitti e sottomessi a lui. Non c’era possibilità di tregua, nessun accordo da poter raggiungere. E la colpa di tutto questo… era sua. Era stato lui il vero responsabile del cambiamento di suo figlio. Era stato lui a forzarlo a mutare, a spingerlo ad intraprendere questa strada oscura e distorta che lo aveva spezzato e trasformato in mostro.

Quindi, la responsabilità di tutto ciò che era successo per colpa di Boruto… era anche sua.

Così come era sua la responsabilità di riuscire a fermarlo una volta per tutte.

Era per questo che, nel corso di quest’ultimo mese, il Settimo Hokage aveva ripreso – dopo quasi vent’anni d’inattività – ad allenarsi ancora una volta. Sotto la guida e la costante presenza di Sentoki/Hagoromo, aveva rafforzato la sua decisione e si era messo a studiare il Ninshū per imparare ad utilizzarlo. La sua speranza: riuscire a trovare un modo per raggiungere suo figlio come aveva fatto Sentoki e forzarlo a mettere fine alla Quinta Guerra Mondiale. Più facile a dirsi che a farsi, vero?

Ma se c’era una cosa che Naruto era incapace di fare, essa era arrendersi. Per cui, si era messo d’impegno e aveva iniziato ad allenarsi con più forza e costanza che mai per tutto il corso di quest’ultimo mese. E il vecchio Hagoromo, ancora sotto le sembianze di Sentoki, aveva giurato di aiutarlo nella sua impresa.

Il Settimo non sapeva ancora cosa pensare di quell’essere. Certo, era felice di sapere finalmente la verità su di lui, ma la sua figura lo metteva un po' a disagio. Non capitava certo tutti i giorni di incontrare una figura che era stata – letteralmente – una leggenda. Lui e Hagoromo si erano già incontrati in passato, durante la Quarta Guerra Mondiale, ma quello era stato tanto tempo fa. Adesso che era tornato di nuovo... per colpa di suo figlio, per di più… era una sensazione strana. Naruto non sapeva descriverla bene, a parole.

Se non altro, Kurama era rimasto estremamente felice di questa inaspettata svolta degli eventi. L’Eremita delle Sei Vie era colui che aveva generato lui e tutti gli altri Bijuu. Era come un padre per loro – oh, se solo la maggior parte dei Demoni codati non fossero già stati catturati – per cui, il fatto di poterlo rivedere era qualcosa di cui si rallegrava molto. E questo, già di per sé, era qualcosa. La Palla di Pelo raramente si rallegrava per qualcosa, se non mai. Per cui, era stato solamente grazie a Kurama che Naruto aveva deciso di fidarsi di Sentoki, come anche Hinata.

Ed era proprio per questo motivo che anche oggi, così com’era stato per tutte le recenti mattine, lui ed il falso monaco se ne stavano ancora una volta seduti nel bel mezzo di un campo di addestramento, intenti a meditare in silenzio per riuscire a padroneggiare il Ninshū e le sue abilità.

Ma i risultati, com’era prevedibile, erano molto scarsi.

“Bah! È impossibile, non ce la faccio!”

Seduto a gambe incrociate davanti a lui, Naruto vide l’anziano essere sorridere. Anche senza un braccio –braccio che aveva perso per colpa di suo figlio, si ricordò il biondo – sembrava solenne e insondabile come un tempo. Nelle ultime sessioni, Hagoromo lo aveva forzato a meditare per ore ed ore nel tentativo di insegnargli ad allargare la sua aura, ad allentare la sua coscienza e la sua anima per guidarle fuori dal corpo. Il problema era che, per quanto l’Hokage si sforzasse di farlo, non ce la faceva mai.

Era estremamente frustrante. Naruto non si era più sentito così irritato sin dai tempi in cui era stato un ragazzino, quando si era allenato per padroneggiare l’Arte Eremitica dei Rospi. Era stato frustrante già all’epoca, ma adesso? Adesso che era un adulto? Un adulto con un mandato da Hokage alle spalle? Era infinitamente più frustrante. Per quanto chakra e padronanza di sé possedesse, ogni volta che provava a meditare ed allentare la sua anima come l’Eremita, finiva sempre per fallire. Come se la sua anima venisse improvvisamente colpita da un muro invisibile che gli impediva di uscire, e per questo si rifiutava di superare quel punto.

Era immensamente fastidioso. “Non capisco, perché non funziona?” domandò. Dopo tutti questi giorni di tentativi inutili, stava seriamente iniziando ad essere frustrato da quell’intera faccenda.

Sentoki/Hagoromo aprì semplicemente un occhio per guardarlo. “Queste cose richiedono pazienza, giovane Naruto. L’estensione di sé è uno dei passi più difficili della comprensione del Ninshū. Una volta che avrai iniziato a comprendere come fare, le cose cominceranno a farsi più semplici,” lo rassicurò.

Naruto sospirò, frustrato. “Lo so, lo so. È solo che non ho fatto un singolo progresso fino ad ora. Hai idea del motivo per cui non sto migliorando?”

Quello scosse la testa. “No,” rispose semplicemente.

Il biondo inarcò un sopracciglio, visibilmente irritato. Una risposta così secca non se l’era aspettata. “Davvero? Niente di niente? Non hai nemmeno un solo consiglio da darmi?” ritentò ancora.

“Non posso dirti molto,” ribatté l’anziano con un sorriso. “Te l’ho detto: la comprensione del Ninshū avviene in maniera diversa per ognuno di noi. Io non sono te, e tu non sei me, quindi le nostre abilità di comprensione sono diverse. Il motivo per cui stai fallendo così tante volte è semplicemente perché non sei abituato ad usare il Ninshū. Fino ad ora hai sempre fatto affidamento su Kurama e sulle tue abilità empatiche nella lotta. Per cui, se dovessi azzardare il motivo per cui hai problemi, esso è che sei troppo abituato a combattere senza avere, effettivamente, pieno controllo di te.”

Naruto rimase di sasso, completamente imbarazzato da quella dichiarazione. “Keh! Parole sante!” sghignazzò la Volpe dentro di lui. “Fai così tanto affidamento su di me che ormai saresti quasi incapace di lottare senza il mio chakra.”

“Ehi! Non è vero!” protestò lui.

Sentoki sospirò. Aveva chiaramente visto l’imbarazzo nel suo volto. “Forza, mio giovane amico. Ritenta di nuovo,” lo esortò ancora.

Naruto brontolò sottovoce, ingoiando il suo orgoglio ferito. “Come diavolo fa Boruto ad essere in grado di usare il Ninshū se nemmeno io ci riesco?” borbottò.

L’anziano essere sorrise con affetto. Poteva capire appieno la sua frustrazione. “Boruto è estremamente diverso da te,” decise di rispondere. Naruto si voltò immediatamente per osservarlo dopo quella dichiarazione. La sola menzione di Boruto lo aveva catturato all’istante. “Nel campo della lotta interiore, non c’è quasi nessuno che possa tenergli testa, nemmeno tu. Ha pieno controllo di sé, delle sue emozioni, dei suoi pensieri, e del suo chakra; ed è estremamente abituato ad osservare e percepire ciò che accade attorno a lui. Tutto questo, assieme alle esperienze terribili e frenetiche che ha vissuto nella sua giovane vita, lo hanno reso estremamente sensibile al Cerchio e a ciò che lo circonda. È per questo che è in grado di usare il Ninshū, anche solo inconsciamente.”

L’ex Hokage esitò. “…stai dicendo… che Boruto ha più controllo di sé rispetto a me?” esalò.

Sentoki annuì. “Più controllo di sé stesso, sicuro. E anche del suo chakra. L’ho visto coi miei occhi, giovane Naruto. Tuo figlio è ben consapevole di ciò che è e quello che fa. Proprio per questo è diventato così pericoloso. È convinto delle sue azioni, e non c’è niente di più pericoloso di un folle che crede di essere nel giusto.”

“Quindi, se io avessi più controllo del mio chakra, potrei iniziare a raggiungere il suo livello?” dedusse il biondo.

“Non proprio,” lo corresse l’altro. “Forse è in questo che sbagli. Non riesci a comprendere il Ninshū perché lo stai inconsciamente paragonando al chakra. Ricorda, non sono la stessa cosa. Il chakra si controlla con l’abitudine e coi Sigilli a mano, l’energia spirituale no. È un’estensione di sé. Tutto quello che devi fare è sentirla e guidarla a tuo piacimento. Ma devi fare attenzione, specialmente quando avrai a che fare con l’oscurità dentro di essa. Devi essere tu a guidarla, e non a lasciarti guidare da essa. Mantieni sempre la mente lucida o sarai controllato dal buio… a volte senza nemmeno rendertene conto.”

Naruto esitò, incerto su cosa pensare. Non ci aveva capito molto, se doveva essere sincero. I ragionamenti astratti, eterei, e la filosofia non erano decisamente il suo campo. Tuttavia annuì, decidendo di ritentare ancora una volta. Anche se non riusciva a comprendere per bene quel discorso, lui non avrebbe di certo smesso di tentare a migliorarsi. Lui era Naruto Uzumaki, e Naruto Uzumaki non si arrendeva mai. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di riuscire a riprendersi suo figlio, e al diavolo le difficoltà. Niente e nessuno poteva opporsi a lui, nemmeno questo stupido Ninshū incomprensibile.

Il Settimo Hokage sentì un fuoco deciso ardere dentro al suo cuore.

Non si sarebbe arreso per nessuna ragione al mondo.

Né ora, né mai.
 


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31 Marzo, 0022 AIT
Terra dei Fiumi, Valle senza Nome
Nascondiglio Segreto di Saiken e Chōmei
14:13

Sarada si avviò tra gli alberi mentre correva attraverso la foresta, allontanandosi dal nuovo nascondiglio del Rokubi (Esacoda) e del Nanabi (Eptacoda). Era diventata una specie di routine per lei. Ogni volta che aveva bisogno di allenarsi o di restare da sola rispetto al resto del gruppo, le sue gambe finivano sempre per condurla nella foresta ad Est della valle, in un luogo sperduto e solitario, dove poteva trovare silenzio e pace.

Era un bel posto, pensò la corvina. Un fiume piccolo e lento serpeggiava attraverso la campagna, con foreste che si dispiegavano in ogni direzione per miglia e miglia, tranne che per una piccola radura su entrambi i lati del fiume. Più avanti nella foresta c'erano diversi alberi secolari, ottimi per arrampicarsi ed allenarsi col chakra. Erano una rarità nella Terra dei Fiumi. La radura era ben conservata, e non c’era traccia di alcuna forma di vita ostile. L’unico difetto era l'erba alta. In questa Nazione, infatti, le piante e gli arbusti crescevano alti dopo tutti questi decenni in cui nessuno li aveva mai calpestati, se non qualche animale selvatico. Ma per il più delle cose, era un posto piacevole dove restare.

Sarada sorrise saltando su una grande fossa nel suolo della foresta. La riconobbe come la conseguenza di un potente colpo potenziato dal chakra. La terra si era frantumata sotto la forza dell'attacco ed era crollata su sé stessa. Nessuno si era preso la briga di rattopparla. Evidentemente, anche sua madre aveva preso l’abitudine di venire ad allenarsi qui. Avrebbe riconosciuto i segni della sua distruzione anche ad occhi chiusi. L'intera foresta portava le cicatrici dell’addestramento che Sakura aveva iniziato a fare per sfogarsi durante tutti questi lunghi e noiosissimi mesi di guardia ai Bijuu.

Ma adesso non c’era tempo di pensare. Sarada iniziò il suo allenamento quotidiano come aveva sempre fatto. Si esercitò nel lancio di shuriken e kunai, usando i trucchi che le aveva insegnato suo padre. Erano piuttosto semplici da capire, ma non altrettanto da effettuare: usare uno shuriken per deviarne un altro e fargli colpire un albero che non poteva vedere. Quando ebbe finito le armi da lancio, la giovane passò al Ninjutsu (Arte dei Ninja). Sputò diverse sfere di fuoco, mandando ondate di fiamme a cascata sul fiume che scorreva. Mandò raffiche di fuoco anche nell'aria in rapida successione, riducendo il tempo tra i respiri mentre procedeva.

Quando le sue labbra furono coperte di vesciche per il calore, iniziò a praticare il suo secondo elemento: il Fulmine. Evocò col pensiero un Chidori (Mille Falchi); ricoprendo le sue mani di chakra e permettendogli di trasformarsi da energia a fulmine elettrico. Il suo pugno crepitò mentre aumentava l'intensità della Tecnica. Le labbra di Sarada si incurvarono in un sorriso dopo aver modellato e riformato la Tecnica tre volte.

Anche allora, non si concesse una pausa. Il prossimo passo era il Taijutsu (Arte della Lotta). Facendo un grosso respiro, si fermò davanti a tre tronchi di alberi secchi ed iniziò a picchiarli con pugni e calci. Eseguì i movimenti nello stile di lotta del clan Uchiha: una combinazione di scatti corpo a corpo e forza bruta che aveva ereditato da sua madre. Tutti e tre i tronchi vennero obliterati dopo mezzo minuto, come se non fossero mai esistiti.

Sarada cadde in un silenzio soddisfatto. Il suo corpo si muoveva istintivamente mentre lasciava vagare la mente. La ragazza pianificò e tramò, pensando ai prossimi combattimenti futuri. Con le sue nuove Abilità Oculari, era certa di poter tenere testa a Boruto ancora una volta. Era riuscita sopraffarlo, ma negli ultimi tempi le sue abilità di Previsione non le stavano mostrando più niente. Sarada era abbastanza certa che fosse una cosa preoccupante. Ciò significava che il suo compito era diventato doppiamente difficile: non solo doveva essere abbastanza forte da battere il suo vecchio amico; ma doveva anche escogitare qualcosa per affrontarlo senza poterne prevedere appieno le mosse.

Non era certa di poterci riuscire, in tutta onestà. Boruto era forte, maledettamente più forte di quanto volesse ammettere, e non c’era uomo sulla Terra che non avrebbe avuto timore di affrontarlo.

Ok, no. Stava divagando. Una cosa alla volta, si ricordò Sarada. Prima l’allenamento, poi il timore. Aveva bisogno di migliorarsi ed essere cauta se voleva scovare i punti deboli del suo avversario. Lei conosceva Boruto più di chiunque, e non c’era nessun altro che potesse vantarsi di questo; nessuno che potesse prendere il suo posto. Fermarlo, perciò, era una sua responsabilità. E la giovane Uchiha era pronta a mettere in gioco la sua stessa vita pur di riuscirci.

Gli occhi di Sarada diventarono rossi quando il suo Sharingan si manifestò. Lei sapeva che doveva migliorarsi. Doveva essere più veloce, più forte, più decisa. Doveva essere in grado di evitare qualunque offensiva che Boruto potesse lanciarle. Ora che lo aveva affrontato così tante volte, una cosa l’aveva imparata: la miglior difesa era non essere colpiti. Doveva trovare un modo per assicurarsi di prevederne ancora le mosse. Per essere in grado di leggere e simulare i suoi pensieri, le sue azioni, i suoi intenti. Doveva letteralmente essere pronta a ricevere qualsiasi sua mossa. Era l’unica in grado di farlo.

Il suo nuovo Potere era ciò che serviva. La Tecnica della Realtà Condivisa che l’Eremita le aveva concesso era la chiave di volta per riuscirci. Ma non poteva usarla con tanta leggerezza, e lei lo sapeva. La sua vista, dopo questo continuo ed incessante utilizzo dello Sharingan Ipnotico, ne stava pagando le conseguenze a caro prezzo. Ormai, Sarada lo sapeva, aveva già perso diversi gradi di vista solamente nel corso di questi ultimi due mesi. Sua madre la stava controllando giornalmente per aiutarla al meglio delle sue possibilità, ma non c’era rimedio alla deteriorazione dei suoi occhi. Di questo passo, se avesse continuato, sarebbe diventata cieca.

Sarada non poteva permetterlo.

Per questo doveva allenarsi. Doveva migliorarsi così da non dover fare affidamento sempre e solo sui suoi occhi. C'era ancora spazio per migliorarsi in altri campi, dopotutto. Poteva assimilare più chakra, aumentare la densità delle sue Tecniche, duplicarne il voltaggio. Lasciarsi andare e smettere di allenarsi sarebbe stato un gesto suicida nella situazione di costante pericolo in cui si trovavano lei ed i suoi compagni.

La corvina contrasse le dita. Un fulmine le coprì la mano destra all’istante. Poi, un cinguettio acuto echeggiò nella radura mentre balzava in avanti ed affondava il braccio un albero grosso il doppio di lei.

Il suo braccio si impigliò nel legno. Il Raikiri (Taglio del Fulmine) infuriò all'interno del ceppo, bruciandolo dall'interno verso l'esterno. Sarada mise la mano libera sulla corteccia e spinse con tutte le sue forze, cercando di liberarsi. Dopo pochi secondi, l’intera pianta cadde all'indietro mentre cenere e carbone si gonfiarono dalla ferita che aveva inflitto al tronco.

Sarada rimase lì, in ginocchio, ansimando pesantemente. La radura era inondata dalla calda luce arancione del sole del pomeriggio. Era davvero molto bello. Una volta che il suo respiro si fu stabilizzato ed il suo cuore cessò di battere furiosamente, Sarada si alzò in piedi. Un piccolo corvo stava appollaiato accanto a lei, intento a fissarla coi suoi occhi neri. La ragazza lo fissò con attenzione. Il volatile rimase semplicemente lì e la guardò per alcuni minuti, perso nei suoi pensieri, prima di gracchiare furiosamente e volare via.

In un improvviso attacco di rabbia, gli occhi iniziarono a pulsarle. Sarada sibilò, colta alla sprovvista, cercando disperatamente di non pensare. Si portò le mani sul volto, stringendo i denti, tentando inutilmente di abbandonare il flusso di pensieri e ricordi che le inondava la mente. Come al solito, però, fallì, e la sua mente continuò a vagare e ricordare imperterrita. Pensò, ricordò e rammentò, pensando a Boruto e ricordandosi di tutto ciò che era successo tra di loro negli ultimi tempi. Sarada si odiò per questo. Il dolore durò per un tempo che parve infinito, prima che i suoi occhi smettessero finalmente di dolere. Quando lo fecero, Sarada si tolse le mani dal volto.

Come al solito, le sue dita tornarono macchiate di sangue.

L’Uchiha serrò i denti in un moto di impotente frustrazione. Alzò entrambe le mani al cielo e strillò ferocemente mentre le sbatteva a terra. La sua forza potenziata dal chakra fece sì che la terra si frantumasse ed esplodesse, sradicando diverse piante e seppellendole sotto le macerie. Balzando via verso il fiume, Sarada si concentrò sul calmarsi mentre si lavava il volto con l’acqua.

Un ramoscello si spezzò nella foresta dietro di lei e Sarada si girò all’istante. Himawari uscì fuori da dietro un albero. "Scusa," le sussurrò. "Non tornavi da diverso tempo, ed ero preoccupata."

Ecco, proprio l'unica persona che non voleva incontrare. La corvina maledisse la sua fortuna. Himawari era talmente simile a Boruto che vederla bastò a farle pulsare nuovamente gli occhi. Notò, tuttavia, che la sorellina del suo amico era visibilmente triste e depressa. Il suo volto era un miscuglio di vergogna e rammarico. Probabilmente aveva visto il suo dolore di prima.

Quella consapevolezza la fece calmare un pochino. "Stavo solo... sfogandomi un po'," esalò Sarada. Guardando la radura parzialmente distrutta, la sua spiegazione sembrava inutile.

Himawari annuì. "Volevo allenarmi anch’io nello stile del Pugno Gentile. Ma dato che hai distrutto tutti gli alberi qui intorno… ti va di allenarci insieme?" chiese debolmente.

Sarada sentì le sue guance diventare calde. "Certo," concordò. Si diresse velocemente al centro della radura, lontano dalle piante in rovina. La giovane Uzumaki la seguì a ruota.

"Hai avuto altre previsioni su mio fratello?" chiese improvvisamente Himawari.

La speranza nella sua voce fece stringere il petto di Sarada in maniera dolorosamente preoccupante. La corvina esitò. "Io... no. Non ancora," rispose nervosamente alla fine. Non poteva mentirle su questo.

La ragazza più giovane annuì debolmente, abbassando gli occhi. "…cosa credi che succederà da adesso in poi?" chiese ancora con voce rotta. “Io… sono diversi giorni che ho un brutto presentimento. Anche se non so perché.”

La preoccupazione e il timore nella sua voce erano così forti che Sarada non poté resistere. Con riluttanza, si costrinse ad attivare il suo Sharingan. "Qualunque cosa abbia in mente, noi saremo pronti a fermarlo," dichiarò, forte, cercando di suonare più decisa di quanto non si sentisse realmente.

Himawari scosse la testa. "Mio fratello è il Ninja più forte dell’intero pianeta. Non c’è nessuno a parte mio padre che potrebbe avere speranza contro di lui," ribatté Himawari con riluttanza. Poi i suoi occhi si attivarono a loro volta, diventando di un colore pallido e arrabbiato. "Nessuno, a parte me!" aggiunse con decisione, un leggero sorrisetto sulle labbra che mostrava quanto lo intendesse veramente.

Sarada sorrise. Almeno adesso aveva trovato un po' di determinazione. "Oh, davvero?" ridacchiò con finto sarcasmo. Doveva puntare su quell’atteggiamento se voleva spingerla al massimo. "Ho già battuto tuo fratello una volta, e ho intenzione di rifarlo ancora. E poi, il Ninja più forte del pianeta è l’Hokage, ed io ho intenzione di essere Hokage, un giorno," dichiarò.

Himawari allargò il suo sorriso, facendolo sembrare più ferale. "Nessuno riuscirà a sconfiggere Boruto a parte me," affermò di nuovo con aria di sfida, mentre guardava Sarada dall’alto in basso, giudicandola silenziosamente.

L’Uchiha non cedette, raddrizzandosi con la schiena. "Perché non me lo dimostri? Hai detto che volevi allenarti, no?"

Himawari aggrottò seriamente la fronte ed assunse la posizione di base del Pugno Gentile, abbassando il suo centro di gravità. I suoi occhi si concentrarono e Sarada poté vedere le vene intorno ad essi pulsare visibilmente. Il Byakugan era davvero inquietante quando lo si osservava così da vicino.

Con tacito accordo, le due ragazze si scontrarono. Himawari era più giovane di Sarada, ma non si muoveva affatto come se fosse più debole, o inesperta. I suoi movimenti erano rapidi e precisi, potenti e feroci; per niente paragonabili a quelli di una Kunoichi senza esperienza. No, questi erano i colpi di una Maestra nell’Arte Eremitica, e di una persona che si era allenata personalmente con il Settimo Hokage. I colpi di una persona con talento. Anche Boruto era proprio così, pensò Sarada. Anni e anni di lotte ed addestramenti avevano plasmato fratello e sorella in due pericolosissime macchine da guerra.

L’unica differenza tra i due? Boruto ne era consapevole. Himawari no.

Sarada si chinò e si mosse sapientemente mentre sentiva il vento che le sfiorava il viso per via dei colpi a palmo aperto di Himawari. La corvina si vendicò con pugni e calci veloci, stando attenta a non essere colpita per non farsi bloccare i punti di uscita del chakra.

Poi, Sarada inciampò sul terreno irregolare che aveva creato in precedenza. Himawari si lanciò in avanti, il suo dito indice teso, mentre la pungolava delicatamente nell'addome. L’Uchiha sussultò e saltò all'indietro, ma il suo stomaco si sentiva come se fosse stato legato in un nodo. Nonostante la statura più bassa, quella ragazzina era veloce. Le due sfidanti si fissarono l'un l'altra mentre i loro occhi cominciavano a pulsare, rabbiosi e decisi a vincere.

Il loro secondo scontro andò in vantaggio di Sarada. Adesso che si era abituata alla velocità, con il suo Sharingan poteva seguire più facilmente i movimenti del Pugno Gentile. Se non poteva essere toccata, quello stile di lotta non era pericoloso. L’Uchiha schivò un ampio calcio basso e prese a calci Himawari nello stomaco, facendola allontanare con un salto. Quest’ultima le saltò di nuovo addosso in un istante, lo sguardo nei suoi occhi più determinato che mai. Era un po' spaventoso, in un certo senso. Il Byakugan aveva un aspetto più innaturale dello Sharingan.

Himawari si allontanò di colpo da lei, inspirando profondamente mentre intrecciava dei Sigilli con le mani. Gli occhi di Sarada lessero i sigilli al rallentatore mentre la ragazza più giovane balzava verso il fiume vicino al quale combattevano. Proprio mentre stava per immergere i piedi nell’acqua, un muro di fiamme ruggì dalle sue labbra. Le fiamme ruggirono e si agitarono sul pelo dell’acqua, e Sarada le evitò mentre sputava a sua volta delle lance di fuoco che bruciarono l'erba e illuminarono la radura.

Himawari danzò nel vuoto, schivandole tutte. Anche quando era di spalle, sapeva dove si trovavano i suoi attacchi grazi alla vista a 360° del Byakugan. Sarada si rifugiò sotto il fiume mentre Himawari le scagliava contro una manciata di shuriken. La corvina schizzò fuori dall'acqua e scattò in una corsa mentre Himawari le alitava addosso un altro muro di fuoco. Ritirò due kunai ed incanalò il suo chakra in essi. I coltelli brillarono di fulmini mentre li scagliava contro l’Uzumaki.

La principessina degli Hyuuga li schivò, come Sarada si aspettava. Ma la mossa l’aveva costretta a smettere di sputare fuoco. Allora, Sarada creò un clone col pensiero e lo lanciò contro il suo avversario con la sua forza potenziata, rendendolo più veloce di quanto lei stessa potesse correre. Con il suo Sharingan, vide gli occhi violacei di Himawari assottigliarsi per la rabbia mentre abbatteva il clone con un solo colpo di palmo. Sarada le scattò addosso a mezz'aria, spingendo fuori la gamba per un calcio. Guardò Himawari inginocchiarsi, tessendo dei sigilli mentre faceva.

Entrambe le sue mani toccarono il suolo ed un muro di terra fu eretto tra lei e la corvina. Il calcio di Sarada polverizzò il muro all’istante, trasformandolo in una polvere sottile che inondò qualsiasi cosa. L’Uchiha tossì, la sua vista offuscata, e lottò per riprendere la concentrazione. La polvere l’aveva momentaneamente accecata.

Ma così non fu così per Himawari e il suo Byakugan. Sarada sussultò quando sentì che due indici la centravano in pieno, facendola sobbalzare, uno alla vita e l'altro sulla spalla. "Hakke Sanjūni: Shō! (Tecnica degli Otto Trigrammi: Trentadue Palmi)" udì urlare Himawari. Un istante dopo, sentì altri innumerevoli colpi di palmo collegarsi a lei con una rapidità disumana, e la giovane ringhiò di dolore. Il suo chakra pulsò, divenendo di colpo pesante e ingombrante, facendola restare senza fiato. Sarada si agitò, sibilando, mentre cercava di reagire, ma non ci riusciva. Il suo corpo non rispondeva più ai suoi comandi.

Per fortuna, però, i colpi si fermarono. La polvere si diradò ed una Himawari molto orgogliosa e arrogante guardò Sarada dall'alto in basso. "Te l'avevo detto," dichiarò. "Solo io posso battere mio fratello."

La corvina sibilò, il suo corpo dolorante, mentre tratteneva a stento un sorriso. Aveva volutamente deciso di non usare il suo Sharingan Ipnotico e le sue abilità di Previsione durante lo scontro, ma preferì non dirglielo. La giovane Uzumaki era davvero diventata più forte, anche senza la Modalità Eremitica. "Sei stata fortunata," si limitò a dire, ironica, mentre la più giovane le rilasciava i punti del chakra.

Himawari sorrise di trionfo. "Pronta per il secondo round?" chiese allora.

Sarada annuì, rimettendosi in piedi.
 


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05 Aprile, 0022 AIT
Occhio della Tempesta
23:00

"Prendi nota," gracchiò Kumo. Dietro di lui, Mitsuki stava osservando la crescita cellulare dei campioni in lampada dallo schermo di un computer, annotando fedelmente le sue parole ed i dati che ottenevano. Dopotutto, il lavoro che stavano svolgendo era decisivo più che mai. "I campioni sette e ventinove sono biologicamente morti. Divisione cellulare fallita. Dobbiamo usare la riga successiva: i campioni ottant’otto e ventidue. Le reazioni precedenti sembravano particolarmente promettenti."

“Agli ordini,” disse Mitsuki. Poi, allungando casualmente un braccio, l’albino tirò fuori dagli incubatori le fiale contenenti il rizoma elencato. Poi, con una semplice trazione delle dita, gli incubatori vennero sterilizzati e i campioni inceneriti come niente. Kumo annuì, accigliandosi per la mancanza di successo che lui e il suo compagno stavano ottenendo con il loro compito. Le cellule del braccio destro di Danzo Shimura erano notevolmente difficili da usare per il progetto di Boruto, ma la Spada Muramasa ne aveva decisamente bisogno.

Mitsuki stava anche lavorando per migliorare la potenza e la distruttività dei Demoni artificiali che avevano creato in precedenza. E proprio come lui, Kumo non poteva prendersi una pausa dopo il loro recente fallimento. Era da diverse ore che non lasciavano il laboratorio, e le uniche volte che lo avevano fatto era stato solo per cimentarsi nell’addestramento che Boruto aveva impartito loro. 

Ma, ancora, la loro vera forza stava nella ricerca. Il progresso che stavano ottenendo era lento, ma importante. Con la conversione del cadavere di Danzo in una marionetta umana, avevano a disposizione l’arma perfetta per catturare i Bijuu rimasti. Sarebbe bastato qualche giorno in più al massimo. Poi, grazie agli Sharingan recuperati dal cadavere e appositamente modificati, il loro piano sarebbe andato a gonfie vele. Lui e Mitsuki avevano messo molto impegno in questo compito così importante. Boruto ne sarebbe stato decisamente contento.

Era bello, pensò Kumo, avere delle persone a cui importava del loro lavoro. Boruto e i Kara erano decisamente la famiglia di cui aveva bisogno.

Iniziò a dare gli ultimi ritocchi alla matrice interna delle cellule mentre Mitsuki digitava i dati nel computer a parete. Muoveva le braccia in maniera irreale, allungandole per premere tasti e leve talmente distanti che nemmeno lui coi suoi fili di chakra avrebbe potuto raggiungere. Una rapida contrazione delle sue dita dimostrò che tutto funzionava normalmente e in modo ottimale. Poi, Kumo ammiccò quando uno dei suoi burattini gli portò un vassoio con acqua e qualche bicchiere.

"Prendi nota," gracchiò di nuovo, offrendo un bicchiere a Mitsuki. "Servono altre due infusioni. La parete cellulare dei campioni è debole."

L’albino scarabocchiò frettolosamente l’informazione. Kumo annuì a sé stesso e andò verso il tavolo dove il cadavere di Danzo era stato adagiato. Il suo occhio destro, quello originale, mancava completamente. Questo forniva loro l'opportunità di impiantagli un occhio meccanico superiore che potesse funzionare meglio di uno organico. Non aveva nemmeno bisogno di mascherarlo, dal momento che Danzo portava spesso bende su quel lato del viso. Kumo aveva svolto diverse ricerche approfondite per impersonare in modo più accurato l'ex anziano della Foglia.

Tese la mano e Mitsuki gli porse subito un grosso trapano. Il marionettista lo posizionò sopra la cavità oculare vuota e perforò la parete cerebrale dietro di esso. Uno spruzzo di carne polposa, sangue nebbioso e frammenti d'osso lo ricoprì dalla testa ai piedi. Kumo si asciugò furiosamente il viso. "Strano," notò Mitsuki. "Le cellule del Primo Hokage hanno preservato il flusso sanguigno."

Kumo annuì. Usò una provetta sterile per conservare i resti di materia grigia conservati all'interno del cranio. Poi accese una luce, illuminando il cadavere. Notò che c'era molto spazio inutilizzato all’interno del corpo. "Interessante," sussurrò. "Potremmo inserire un’arma tecnologica nella cavità cranica. Qualcosa per sparare Jutsu a distanza, per esempio."

Successivamente, le ossa potevano essere sostituite con qualcosa di più denso, più robusto. Un amalgama di acciaio temprato dal chakra. Sì, suonava bene. Gli organi potevano anche essere eliminati per fare spazio a strumenti e armi. Un lanciafiamme, ad esempio. Danzo possedeva chakra del Vento. Inserire il Fuoco avrebbe creato una potente combinazione. Forse un po' di veleno nelle armi, anche, per fare contenta Mikasa. Lame nascoste negli avambracci, o artigli nelle nocche e nelle unghie, o fori per aghi nei palmi delle mani, con etichette esplosive fuori dalle gambe e catene sigillanti fuori da petto. Le possibilità erano innumerevoli, e le funzionalità altrettanto grandi. Forse poteva-

"Ragazzi?" fece la voce di Sora.

Kumo e Mitsuki non si voltarono nemmeno. Avevano percepito il suo arrivo diversi secondi prima. "Sì?" risposero entrambi, in coro.

"Boruto mi ha chiesto di venirvi a controllare," spiegò lentamente il moro. Sembrava esitante, quasi. "Sono passate... otto ore da quando vi abbiamo lasciato in pausa."

I due scienziati ammiccarono. Si scambiarono un’occhiata. "Ah," dissero con un cenno del capo. Poi scrollarono le spalle, tornando al loro lavoro. Era necessario rinforzare la colonna vertebrale e la cassa toracica per difendere meglio le matrici di tenuta...

Sora li afferrò entrambi per la spalla, trascinandoseli con sé. "Ciò significa," disse con un sospiro esasperato. "Che avete bisogno di dormire. Non siete marionette. Dovete andare a letto."

Kumo aggrottò la fronte e Mitsuki ammiccò, ma si arresero comunque alle parole del moro. Sì, supposero, un po' di sonno sarebbe stato utile per entrambi.

"Va bene," concordarono insieme.
 


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30 Aprile, 0022 AIT
Occhio della Tempesta
19:55

“Come sta procedendo?”

Urahara vide Boruto voltarsi di scatto verso di lui, abbandonando i rotoli e i fogli su cui stava scarabocchiando da diverse ore. Il suo occhio sinistro era sgranato per lo stupore, come quello di un animale selvatico colto alla sprovvista, e con una borsa scura sotto di esso. Quella visione lo fece preoccupare. Era stato talmente immerso nel suo lavoro da trascurare il sonno, e per la stanchezza non si era nemmeno reso conto del suo arrivo. “Tutto bene, Boru-kun?” chiese ancora.

Boruto annuì una volta. Poi due. Poi tre. Poi emise un sospiro lacero dalle labbra. “Sì,” esalò, passandosi una mano sull’occhio stanco. “È solo che sto cercando di migliorare il Sigillo che ci impedisce di essere percepiti. Voglio renderlo ancora più efficiente di prima.”

L’uomo col cappello inarcò un sopracciglio. Sapeva molto bene quanto fosse geniale il suo studente, ma che bisogno c’era di modificare ulteriormente quel Sigillo? Andava già bene così com’era, no? L’Hokage e l’Eremita non potevano comunque percepirli in nessun caso. “E per quale motivo?” domandò, curioso.

Il biondo non rispose. Urahara ridusse gli occhi a due fessure. Vide chiaramente l’ombra dell’esitazione aleggiare nel suo volto, e non gli piacque per niente. “Stai tramando qualcosa, non è vero?” dedusse immediatamente. Le sue labbra assunsero un sorriso divertito. “E sono pronto a scommettere che abbia a che fare con quel tuo misterioso piano per allontanare dalla Foglia l’Hokage e l’Eremita.”

Gli occhi di Urahara si assottigliarono ulteriormente non appena videro il biondo esitare visibilmente. Sospirò, scuotendo la testa con stanchezza. “Boruto, che cosa hai intenzione di fare?” domandò alla fine, scegliendo di essere diretto.

“…non posso dirtelo,” rispose lui. “Se lo facessi, le cose potrebbero degenerare.”

Quella rispose non gli piacque. Perché non poteva dirglielo? Non aveva senso. Boruto non lo teneva mai all’oscuro di qualcosa. Mai. Le rare volte che era successo era stato solamente perché aveva avuto in mente qualcosa di terribilmente… Oh. Ecco perché. “Hai in mente di fare qualcosa di pericoloso, vero?” sospirò ancora lui.

Il sorriso che Boruto gli rivolse era tutt’altro che rassicurante. “Diciamo di sì,” ammise il ninja traditore.

Urahara scosse la testa, ma sapeva che non c’era niente che potesse dire o fare per fargli vuotare il sacco. Quando quel biondino si metteva in testa qualcosa, era impossibile farlo ragionare o desistere. Gli Uzumaki erano teste estremamente dure. Si limitò a scrollare le spalle prima di dirigersi verso la porta. “Almeno puoi dirmi quando hai intenzione di attuare questo piano?” chiese improvvisamente, fermandosi sull’uscio.

Il Nukenin guardò la pergamena su cui stava scrivendo, il suo sguardo distante. “…tra un mese esatto,” rispose.

L’uomo col cappello non disse niente, limitandosi ad annuire.
 


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15 Maggio, 0022 AIT
Terra dell’Erba
Villaggio di Krest
08:00

Izuku sorrise, fissando gli sguardi tesi e nervosi di Uraraka e Trunks con occhi decisi e allegri. Se doveva essere sincero, non sapeva nemmeno lui da dove gli venisse tutta questa determinazione che provava. Semplicemente… c’era. Era lì, dentro di lui, solenne e ardente come un fuoco indomabile, e niente e nessuno poteva riuscire a farla vacillare. Se lo sentiva dentro.

Dopotutto, però, come poteva non sentirsi così? Aveva finalmente capito cosa doveva fare. E niente e nessuno sarebbe riuscito a farlo desistere adesso.

“Ne sei davvero sicuro?” la voce della signorina Kira lo fece ridestare dai suoi pensieri.

Il bambino allargò il suo sorriso, voltandosi verso il volto incerto della donna ed annuendo col capo. “Sì,” rispose, con assoluta convinzione. La sua voce non vacillò per niente. “Ho preso questa decisione, e ora devo farlo. Me lo sento dentro.”

“Ma… perché?” esclamò Trunks, completamente perso.

Deku abbassò lo sguardo, ma il suo sorriso non cadde. Quella era la vera domanda, vero? Perché? Ma se doveva essere sincero, non sapeva nemmeno questo. Non lo sapeva. Non c’era una risposta precisa. Semplicemente se lo sentiva, con una certezza sconcertante e cristallina, talmente forte come nessun’altra emozione che avesse mai provato prima di allora. “Non lo so. Me lo sento e basta. Devo farlo,” fu tutto ciò che riuscì a dire.

La sua risposta non parve piacere ai suoi due amici. Trunks sbruffò con fastidio e Uraraka esitò visibilmente. Il sorriso di Izuku si fece più triste. La signorina Kira sospirò alla sua destra. “Forse dovresti pensarci ancora un po',” disse lei, cercando di essere ragionevole. “Dopotutto, non c’è fretta. Uscire dal Villaggio è pericoloso, e anche se la nostra Nazione è finalmente in pace grazie all’Impero, non è detto che non ci siano pericoli in agguato da qualche parte.”

Il piccolo annuì. “Lo so. Non ho intenzione di andare subito. Ma la mia decisione è presa.”

Trunks lo guardò negli occhi. “Quindi è così?” sussurrò. La sua voce non era accusatoria, né arrabbiata. Solo… triste. Come se stesse cercando di capire il suo ragionamento, ma non ci riusciva. “Quel tipo ti manda una seconda lettera e tu senti l’irrefrenabile bisogno di metterti in viaggio per trovarlo? Perdonami, ma è decisamente stupido.”

Deku ridacchiò con imbarazzo. “Ahaha… immagino di sì,” ammise anche lui. “Ma è così che stanno le cose. Non posso più ignorare quello che provo. Devo fare chiarezza. E l’unico modo per riuscirci… è andare a fondo della questione.” Vide che i suoi amici stavano per parlare, ma non diede loro il tempo. “Devo farlo, ragazzi. Devo avere le risposte. Devo trovare quell’uomo,” ripeté, fissandoli con due occhi carichi di fermezza.

Uraraka e Trunks esitarono visibilmente dinanzi alla sua determinazione. Mai prima di quel giorno il loro amico era stato così deciso, così convinto. Così irremovibile su una sua decisione. Era sempre stato incerto ed esitante, pauroso e prudente; ma adesso… sembrava un’altra persona, quasi. Una persona certa, che sa fino in fondo quello che vuole. Una persona matura. E questa cosa li spaventava.

I due bambini si scambiarono uno sguardo. Poi annuirono tutti e due prima di farsi avanti.

“Deku…” Uraraka si porto dinanzi a lui, le sue mani unite nervosamente insieme. “…io e Trunks veniamo con te.”

Quella dichiarazione lo fece trasalire. Deku la guardò con comprensione, il suo sorriso triste. “Ragazzi, non dovete farlo se non volete. So che qui state bene. Non dovete necessariamente abbandonare il villaggio per seguire m-”

“Non spetta a te deciderlo,” lo incalzò saccentemente Trunks, sospirando con pesantezza. Si passò con forza una mano nei capelli viola. “Veniamo anche noi, e questa decisione è finale. Accettalo.”

Uraraka annuì. “Siamo sempre rimasti assieme, no?” disse con un sorriso. “E continueremo a farlo sempre.”

“E poi, senza di noi finiresti sicuramente per perderti,” aggiunse l’altro prima che Deku potesse aprir bocca. “Perciò verremo con te, e ci assicureremo che tu rimanga fuori dai guai.”

Deku esitò, incerto su cosa dire, mentre sentiva le sue guance farsi più calde. Ma in quel momento, vedendo la certezza che brillava nei loro occhi, il piccolo bambino sentì un’incommensurabile senso di affetto e gratitudine crescergli nel cuore. Cavolo, quei due erano davvero la sua famiglia. Anche nonostante la sua decisione insensata, erano decisi a seguirlo lo stesso fino in capo al mondo. Era davvero fortunato ad averli incontrati. “…grazie,” disse, con le lacrime agli occhi. “Vi voglio bene.”

La bambina dai capelli color cioccolato lo abbracciò subito dopo, senza la minima esitazione. Trunks si unì a lei borbottando sottovoce, ignorando il sorriso affettuoso che la signora Kira stava rivolgendo loro. E Deku si sentì il bambino più fortunato al mondo.

Ora, la sua missione poteva cominciare.

Doveva trovare Boruto Uzumaki.
 


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01 Giugno, 0022 AIT
Villaggio della Foglia, Terra del Fuoco
Cancelli
10:00

Le sue labbra si incurvarono in un sorriso privo di emozione.

Boruto esitò, restando immobile sopra un ramo in alto tra gli alberi che circondavano il Villaggio della Foglia. Con il suo Jougan, poteva chiaramente vedere la barriera di chakra che circondava l’intero villaggio. Un Jutsu interessante, non poteva negarlo. Una combinazione tra una barriera invisibile ed un circuito ad onde magnetiche. Doveva essere stato aggiunto subito dopo la sua ultima ‘visita’ al distretto del clan Nara. E in base alla struttura e al tipo di onde di suggellamento che emetteva quella barriera, il giovane poteva chiaramente determinarne lo scopo come se fosse stato scritto su un foglio di carta: monitorare ogni persona che entrava ed usciva dalla città.

Ed era anche ingegnoso. Coloro che superavano la barriera venivano riconosciuti e filtrati tramite un Sigillo nascosto sui loro coprifronte, mentre chiunque fosse stato registrato senza identificazione finiva tempestivamente immobilizzato dal chakra invisibile. Ingegnoso, poteva ammetterlo. Davvero ingegnoso.

Il suo sorriso divenne ferale. Boruto suppose che il Dipartimento di Difesa avesse, in qualche modo, cercato di prepararsi in caso di un secondo attacco da parte sua. Ma questa patetica barriera non era abbastanza. Boruto non era un maestro del Fuuinjutsu (Arte dei Sigilli) senza un motivo. Il suo nuovo Sigillo Maledetto che lo rendeva immune alla percezione nemica lo avrebbe schermato senza alcuna difficoltà. Di questo era sicuro.

Lasciando che il suo occhio destro si richiudesse, Boruto saltò giù dal suo trespolo e camminò casualmente verso i cancelli del Villaggio. Gli sarebbe piaciuto vedere cosa sarebbe successo se la barriera lo avesse identificato, ma era meglio tenere un profilo basso. Almeno, per il momento. Due Jonin facevano la guardia al piccolo edificio che fungeva da check-in per le persone in arrivo. Lo fissarono con evidente incredulità, i loro occhi sgranati che guizzavano freneticamente tra il suo viso ed un muro che Boruto non poteva vedere. C’era senza dubbio la sua fotografia da ricercato attaccata lì. Fece loro un cenno di saluto e le due guardie impallidirono con terrore.

Era ora di attuare il suo piano.
 
 
 




 
 

ATTENZIONE!!! IMPORTANTE!!!

Ciao a tutti, lettori e lettrici. Oggi ho una richiesta per voi.

Negli ultimi tempi, molte persone hanno iniziato a scrivermi in privato per farmi domande, chiedermi chiarimenti sulla storia e/o raccontare meglio qualche dettaglio che interessava loro. E per quanto questa cosa mi faccia immensamente piacere ed io sia grato a tutti voi per l’interessamento che mostrate, le domande che ho ricevuto da parte vostra sono decisamente troppe. Per cui, mi è venuta un’idea che vorrei mettere sotto vostro giudizio.

Se per voi va bene, posso fare un capitolo aggiuntivo fatto interamente con le vostre domande. Un capitolo dove io riporterò le vostre domande, una per una, e risponderò nel dettaglio a qualsiasi curiosità, chiarimento e quesito che voi mi mandate. L’idea mi è venuta perché i messaggi, davvero, sono troppi. Non ce la faccio a rispondere a tutti con gli impegni che ho. Non subito, almeno. Ma se invece riunissi assieme tutte le domande in un unico capitolo aggiuntivo e rispondessi lì allora potrei farcela con un po' più di tempo. Può essere anche l’occasione per coloro che non mi hanno ancora fatto domande e che vorrebbero sapere qualcosa, non ci sono problemi. Ma la mia è soltanto un’idea.

A questo punto vorrei che mi faceste sapere il vostro parere. Secondo voi conviene? Vi va bene che io faccia un capitolo a parte per rispondere a tutte le vostre domande? Vi interessa? Oppure preferite che io risponda privatamente, mettendoci più tempo? Vi chiedo il favore di farmi sapere le vostre opinioni, di dirmi cosa ne pensate. Io sono aperto a qualunque tipo di proposta, per cui deciderò in base a quello che preferite voi.

Detto questo, quest’ultimo capitolo funge da introduzione e prologo al prossimo. In esso, vedremo qualcosa di inaspettato. Dopotutto lo avete visto: Boruto sta per compiere qualcosa. Non posso fare spoiler, ma vi consiglio di prepararvi a qualcosa di grande.

Vi chiedo ancora una volta di farmi sapere cosa nel pensate della faccenda. Non siate timidi, ve ne prego. Grazie mille a tutti in anticipo e a presto!

Saigo
   
 
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