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Autore: SkyDream    13/10/2020    3 recensioni
La squadra di pallavolo della Karasuno è in ritiro estivo sul Monte Nagi, a Tottori.
Un'occasione per allenarsi e diventare più forti, se non fosse per la presenza della squadra femminile del Nekota, anch'essa in ritiro.
Shoyo è stato adocchiato da una ragazza, Mel, durante uno dei vecchi raduni e ora tocca proprio a Kageyama fare da Cupido.
Ma ci riuscirà davvero, o si intrometteranno dei fastidiosi sentimenti di mezzo?
-
Dal testo:"Quest’ultimo, notando il suo amico che continuava ad accoccolarsi fino a sparire nella felpa, allungò un braccio per poggiarlo sopra le sue spalle.
Sho si ritrovò con la guancia sul petto di Tobio, da sotto il pigiama si sentivano i rapidi battiti del suo cuore, quel suono gli piacque.
Gli piacque tantissimo".
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Karasuno Volleyball Club, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Andiamo!» Shoyo afferrò Kageyama per un polso trascinandolo fino al campo d’allenamento. L’altro non si oppose, d’altronde aveva bisogno di distrarsi e dedicarsi a delle alzate perfette sarebbe stato un ottimo metodo.
Shoyo gli lanciò la felpa e infilò la sua, già pronto per il primo giro di corsa prima di cominciare a saltare.
Adorava quei momenti dopo cena, tutti i loro compagni si dedicavano allo stretching, al riposo o alle strategie da adoperare.
Loro no, potevano godersi il loro campo vuoto e darsi da fare con delle schiacciate fenomenali. Tobio lanciò la prima, la seconda, la terza volta.
Shoyo non faceva che caricarsi sempre di più, come un pupazzo a molla. Sorrideva così tanto da brillare di luce propria, l’altro cominciò ad imitarlo emozionandosi ogni volta che il pallone andava esattamente dove volevano e con la potenza massima.
Alla decima volta si batterono il cinque guardandosi dritti negli occhi.
Erano in piena sintonia, sapevano esattamente come si sarebbe mosso il corpo dell’altro, in che istante e con che potenza.
Si ritrovarono a sorridere, soddisfatti dei risultati ottenuti.
Ma i loro cuori dicevano “di più! Possiamo fare di più!” e andavano alla ricerca della perfezione, di altri piccole escamotage che avrebbero permesso a quella tecnica di non essere prevista e di avere un tasso di efficienza altissimo.
Andarono avanti per due intere ore, la luna era ormai alta in cielo e l’aria fresca cominciava ad infastidire i visi inumiditi dal sudore.
«Per oggi direi che abbiamo finito!» Urlò Daichi dalla finestra della loro camera comune, i due si voltarono grattandosi il capo e cominciando a raccogliere i palloni che rotolavano per tutto il campo.
«Sei stato grande, Kageyama! L’ultima schiacciata è stata proprio…».
«Woosh?» Lo anticipò l’altro sapendo già dove sarebbe andato a parare.
Hinata scosse la testa come per annuire, poi raggiunse gli scalini e tracannò l’intera borraccia in un solo sorso.
Kageyama si avvicinò alla borsa, vi era qualcosa che usciva dalla cerniera interna. La afferrò.
Era un foglio di carta ripiegato con una graffetta rossa, non aveva bisogno di aprirla per sapere cosa fosse.
Sentì un pallone dentro lo stomaco che rimbalzava, grazie alla vitalità di Hinata aveva totalmente dimenticato la storia in cui si era cacciato, finendo per immergersi solo nell’allenamento.
“Dovrei leggerla?” Si chiese mentre la stringeva tra le dita e continuava a fissare quella graffetta rossa.
Shoyo si spinse verso di lui per guardare meglio, portò la testa di lato con aria interrogativa e indicò la lettera.
«Cos’è?» Chiese con tono curioso, Kageyama non riuscì immediatamente a rispondere. Era ancora indeciso.
Però vi fu un momento, non seppe dire quale, in cui capì che nel momento in cui avrebbe aperto quella lettera, tutto sarebbe andato in fumo.
Si sarebbe opposto a Mel e ai suoi sentimenti, privando Shoyo dell’amore di una ragazza buona come lei.
Sarebbe stato parecchio egoistico e alla prima occasione in cui avrebbe visto Shoyo abbattersi, avrebbe pensato a Mel e a come avrebbe potuto sostenerlo.
No! Doveva farlo per lui!
«Kageyama? E’ per me?» Shoyo era sbiancato e aveva portato il dito davanti il suo viso, indicandosi. Le pupille si erano rimpicciolite fino a diventare due spilli neri.
Tobio ci mise un paio di secondi a capire, sentì il sangue affluirgli al viso.
«Boke, Hinata! Non l’ho mica scritta io! Ti sembro tipo da scrivere letterine d’amore?!» Kageyama gli tirò almeno tre pugni in testa prima di fargli scivolare il foglio tra le mani. Shoyo sollevò la testa e il relativo bernoccolo.
«Come fai a sapere che si tratta di una lettera d’amore se non l’hai scritta tu?» Chiese l’altro ancora più confuso ma, stranamente, più sereno.
«Lo so e basta, smettila con le domande e leggila».
Hinata fissò il suo amico per qualche minuto, poi tolse la graffetta e aprì il foglio. Lo girò al contrario sulle ginocchia e cominciò a frugare dentro il borsone alla ricerca di qualcosa.
Il suo amico lo fissò di sbieco, senza capire.
Hinata tirò fuori un asciugamano e lo tirò all’altro, aggiungendo un «Prendi freddo.» detto quasi sottovoce.
Cominciò a leggere.
 
-
 
Kageyama non riusciva a prendere sonno. Shoyo non gli aveva rivolto più la parola da quando aveva letto il foglio scritto da Melody, si chiese anche se la ragazza fosse sveglia come lui.
Sicuramente doveva sentire le farfalle nello stomaco. Sospirò e si voltò dall’altro lato.
Shoyo era sgattaiolato via dal futon subito dopo aver sentito Daichi e Nishinoya russare.
Era stato fin troppo silenzioso per essere il solito Shoyo Hinata, ciò non aveva fatto altro che spaventare Kageyama ancora di più.
Si sedette sul suo futon, strinse i pugni  e tirò la coperta fin sotto le ginocchia.
“Perché diavolo ha reagito in quel modo? Se vuole andare da Melody e parlarle, che lo faccia! Se vuole risponderle con una lettera, che la scriva! Gli do una mano io piuttosto, ma che torni a parlarmi, santo cielo!” Pensò mentre si alzava dal futon e portava la felpa sulle spalle.
Sapeva dove trovarlo, poteva essere in un posto solo.
Shoyo stava seduto sul pozzo con le gambe a penzoloni e la lettera tra le dita, fissava l’orizzonte  e sembrava assorto nei suoi pensieri.
Kageyama pensò che fino a due giorni prima non avrebbe mai immaginato Shoyo in cerca di un luogo appartato dove stare solo e riflettere. Ora si trovava esattamente nella posizione opposta a quella della famosa notte in cui si erano ritrovati così vicini da sentire l’uno il battito dell’altro.
«Stai bene?» Chiese Tobio mentre si faceva spazio sul pozzo.
Shoyo sentì addosso il peso di quella domanda che, quella stessa mattina, aveva rivolto al suo amico. Non rispose, continuò a far ciondolare i piedi e rigirare il foglio tra le mani.
Proprio non riusciva a stare fermo.
Kageyama si spazientì.
«Boke! Rispondimi e non farmi preoccupare!» Esclamò tirandogli l’ennesimo pugno in testa. Prima o poi gli avrebbe sfondato il cranio, ne era certo.
Shoyo gli tirò un pugno sulla spalla e si massaggiò il bernoccolo con aria sofferente. Guardò malissimo il suo amico.
«Sto bene, sto bene. Stavo solo cercando di capire cosa devo fare».
«Per parlare con Melody?».
Shoyo annuì, non sembrava particolarmente entusiasta della lettera ricevuta.
«Le sue parole sembrano così sincere e piene d’affetto e io capisco pure cosa significa!» Esclamò con aria sofferente, non più per il bernoccolo.
Kageyama aggrottò le sopracciglia, confuso.
«Sai cosa significa?».
«Sì! Lei mi ha scritto che quando sta accanto a me il suo cuore batte all’impazzata e che vorrebbe condividere ogni momento felice e ogni momento triste, che vorrebbe sostenermi e passare con me ogni attimo libero, condividere il pranzo e perfino tenermi la mano!» Shoyo era tremendamente serio, Kageyama invece sentiva i denti cariarsi.
Melody si era dimostrata una ragazza molto dolce, ma quelle parole erano davvero tremendamente zuccherose anche per lui.
«E tu sai cosa si prova?» Chiese ancora più confuso, non si immaginava proprio Shoyo alle prese con quei pensieri stucchevoli e mielosi.
«Certo! Io ho già con chi fare tutte queste cose e non voglio cambiare persona, quella che ho al mio fianco va benissimo! Solo che non ho idea di come dirlo, so che la ferirei. A me farebbe male se mi venissero a dire che i miei sentimenti non sono ricambiati.» Shoyo portò le ginocchia al petto e ci poggiò il mento sopra, sospirando.
Ricordava Melody e come si erano conosciuti, da quando erano uno al Karasuno e l’altra al Nekoma era capitato di vedersi durante le assemblee o i raduni di pallavolo misti, a volte si incontravano perfino al supermercato o alle feste di paese.
Si erano sempre salutati e fermati a parlare, ma non immaginava di certo che lei nascondesse una cotta di quella portata.
Kageyama non aveva ancora chiuso la bocca, che si era inevitabilmente spalancata dopo la prima frase. Cercò di darsi un contegno e, per riprendersi, cominciò a scompigliarsi i capelli.
“Okay, calmo. Devo stare calmo.” Si disse mentre guardava Hinata con la coda dell’occhio, l’altro non si era minimamente scomposto e continuava a fissare l’orizzonte con quel cappuccio che gli copriva mezza testa.
«Forse domani mattina dovrei dirglielo in faccia, non sono bravo con le lettere.» Riflettè fissando il foglietto ormai stropicciato.
«Dovresti dirgli quello che provi, boke! Non c’è nulla di male se non ricambi i suoi sentimenti, l’importante è essere gentili e non avrai problemi.» Cercò di rassicurarlo l’altro. Poi però si morse la lingua.
“Non è il momento di chiederlo!” Si disse ancora.
Hinata si voltò verso di lui con gli occhi colmi di speranza.
«Vuol dire che secondo te, se sarò gentile con lei, non mi odierà?».
Kageyama avrebbe voluto spalmarsi una mano in faccia.
“Come credi che possa odiarti se gli parli con quell’espressione da cane bastonato?!” Avrebbe voluto urlargli. Era impossibile odiare Hinata.
«Certo che no, idiota! Sii sicuro di te e digli le cose come stanno. Melody mi sembra una ragazza ragionevole, capirà.» Rispose, e in cuor suo lo pensava davvero. Era una ragazza timida e sentimentale, non la immaginava davvero a perdere le staffe o ferire il suo amico.
Ci sarebbe rimasta male, quello era inevitabile, ma con le parole giuste si poteva evitare di ferirla più del dovuto.
«Menomale.» Aggiunse Shoyo sospirando, sentire Kageyama dire quelle parole lo aveva rassicurato e gli aveva riempito il cuore di speranza. Quasi gli dispiaceva dover aspettare il mattino dopo per poterle parlare, in qualche modo.
«Piuttosto - cominciò Tobio guardando altrove - a chi ti riferivi prima, quando parlavi della persona che ti sta vicino? La conosco?».
Pensò a Yachi, oppure si stava riferendo a quella ragazza della sua classe che ultimam-.
«Dici sempre “Boke” a me, ma sei tu il vero boke!» Esclamò Hinata gonfiando le guance, risentito. Dover sottolineare l’evidenza lo infastidiva.
Anzi, a dir la verità, lo imbarazzava.
Prese fiato e continuò.
«Ogni volta che scendiamo sul campo insieme il mio cuore fa woosh e tutte le schiacciate sembrano fare poof poof! - Shoyo allargò le braccia con fare teatrale - Quando facciamo punto ci guardiamo e io so perfettamente di essere lì con te, quando voglio fare una schiacciata arriva sempre una tua alzata e quando vinciamo so che provi esattamente ciò che provo io. Anche quando perdiamo e io sento la tristezza insieme alla voglia di lottare e mi viene da piangere, poi vedo che piangi anche tu di nascosto e non mi sento più solo».
Shoyo evitò il suo sguardo, Kageyama invece non fece altro che trovarlo quasi tenero.
«Hinata?».
«E quando non ci alleniamo mi piace passare del tempo insieme! Condividere il pranzo o girare le edicole per trovare l’ultimo numero di Fly Volleyball per vedere se siamo finiti nella copertina o andare a inseguire i nostri avversari e spiare i loro allenamenti. Mi piace addormentarmi sul bus e sapere di avere le tue spalle accanto su cui poggiarmi o tornare a casa e ricevere le tue chiamate per sapere se sono arrivato intero. A me basta questo, non ho bisogno di nessun altro accanto.» Shoyo si sentì molto più leggero, talmente tanto che finalmente pensò di poter toccare il cielo se avesse spiccato un salto.
Si immaginò a volare in aria come un palloncino.
Se era riuscito a dire tutto ciò che pensava e provava quando stava accanto a Tobio, sarebbe senz’altro riuscito a parlare con Melody il mattino dopo.
A proposito di Tobio, l’altro non aveva detto nemmeno una parola. Hinata si voltò appena in tempo.
Si sentì afferrare per la collottola della maglia e si ritrovò un paio di labbra fredde contro le sue. Erano fredde e rigide, decisamente inesperte.
Lo stupore fu tale da non permettergli lì per lì di ricambiare. Però fu un bacio risolutivo.
Aiutò entrambi a schiarirsi le idee, anzi, ad accettarle. Sapevano già cosa si celava sotto, avevano solo bisogno di una piccola spinta.
Quando Kageyama si allontanò, non sentì l’esigenza di aggiungere nulla. Portò un braccio sulle spalle di Hinata e lo costrinse a poggiarsi sul suo petto, proprio come qualche sera prima.
Dopo qualche minuto, fu il primo a parlare.
«Come lo chiameresti questo?» Chiese con la voce ancora un po’ in imbarazzo, riferendosi al bacio.
«Tobio».
«Come?».
«Tobio. Voglio chiamarti Tobio.» Scandì come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Kageyama pensò, in effetti, che lui ed Hinata non si erano mai chiamati per nome.
Erano solo “Boke, Hinata!” e “Kageyamaaa”. Non che gli dispiacesse.
«Shoyo?» Provò a chiamarlo lui, non era la prima volta che pronunciava il suo nome. Ma era la prima volta in sua presenza.
«La smetterai di chiamarmi boke?» Chiese speranzoso l’altro, sapendo già la risposta.
Kageyama gli tirò un piccolo ennesimo pugno in testa, a sottolineare che le cose non sarebbero cambiate.
Se non in meglio. In piccolo.
Hinata quella notte non si addormentò sul petto dell’altro, ma rimase a parlare con lui fino all’alba.
 
-
 
Melody mise lo zaino sulle spalle e uscì nel cortile dove gli ultimi raggi del tramonto coloravano l’erba, il primo bus era arrivato e i membri della Karasuno erano già saliti tutti, il loro sarebbe arrivato a breve.
«Sicura di star bene, Mel?» Chiese Yui mentre poggiava una mano sulla spalla della sua amica, quella sospirò e si lasciò coccolare dall’altra.
«Sì, ci metterò un po’ per elaborare il tutto, ma in fondo sono felice così. Avrei dovuto capirlo dall’inizio, ancor prima di parlare con Kageyama-san.» Rispose sollevando gli occhi verso il finestrino, cercandoli.
«Non potevi saperlo, Mel, non fartene una colpa. Hai fatto bene a tentare, o saresti rimasta per sempre con quel dubbio, no?» Yui cercò dei fazzoletti, sapeva che la sua amica sarebbe scoppiata a piangere da un momento all’altro.
La conosceva troppo bene.
«Lo so - singhiozzò l’altra -, ma speravo davvero che ricambiasse, o che almeno mi dicesse che voleva pensarci. Invece lui provava ciò che provavo io, semplicemente non per me, ma proprio per lui. Chissà come deve essersi sentito Kageyama-san mentre gli dicevo tutte quelle cose.» Melody si morse un labbro.
Con i suoi sentimenti credeva di aver ferito sia Shoyo che Tobio, quando invece non aveva fatto altro che farli ritrovare.
Yui le diede un pizzicotto per farla rinsavire, quella la guardò con gratitudine nonostante il braccio le facesse male.
Shoyo si affacciò dal finestrino e alzò un braccio salutandola con grande energia, com’era solito fare.
Mel ne era lieta, avrebbe potuto ancora godere della sua compagnia in quei rari momenti, almeno. La sua vitalità era contagiosa, averlo a fianco avrebbe continuato a farla sentire bene, nonostante tutto.
La ferita sul cuore si sarebbe rimarginata poco a poco, grazie alla pallavolo, grazie a Yui che continuava a consigliarla e sostenerla, grazie alla consapevolezza di non essere la sola a provare le farfalle nello stomaco. Almeno non si sarebbe sentita stupida la prossima volta che l’amore avrebbe bussato alla porta.
«Andiamo dai, finiranno per lasciarci qui!» Yui le prese il polso tirandola verso il bus, Mel si voltò un’ultima volta cercando di nascondere le lacrime.
Dal finestrino potè vedere Kageyama e Hinata tirarsi dei pugni e battibeccare per chissà quale motivo, però, forse solo lei, riuscì a scorgere un piccolo sorriso malcelato sui volti di entrambi.
Il sorriso di chi aveva acquisito consapevolezza di non essere solo.
Si chiese se sul suo volto vi fosse lo stesso sorriso.
 
 

Extra.
Bus della Karasuno, ore 22:00. Arrivo previsto per le 00:00.
«Ehi, Tobio, prova a poggiarti sulla mia spalla, così saremo pari!» Sussurrò Sho indicando la sua spalla sinistra, tutti gli altri membri della squadra dormivano pesantemente, stremati dagli allenamenti di quella settimana.
Tobio provò a mettersi comodo, ma con scarsissimi risultati.
«Boke! Sei troppo basso, guardami sono tutto storto, non riuscirei più a giocare se mi addormentassi così.» Si lamentò guardandolo truce. Entrambi si fissarono per qualche secondo prima di trovare una soluzione.
Kageyama si raggomitolò sul suo sedile, poggiando la testa sulle ginocchia di Hinata che con una mano cercava di fargli da cuscino, l’altra invece l’aveva stesa sulle sue spalle. Andava decisamente meglio.
«Ah-ha! Siamo pari adesso, vedremo chi dei due crollerà più spesso sull’altro, eh Tobio? Tobio?!».
Kageyama non si era mai addormentato con una sensazione di calore e di affetto come quella. Fu la dormita migliore della sua vita.
 
Qualche sedile dietro, Sugawara e Daichi stavano spiando dallo spazietto tra i due sedili per cercare di capire qualcosa in più. Quella notte non avevano dormito niente proprio a causa di quei due tonti, avevano provato ad origliare ma si erano subito pentiti, avevano già violato la privacy di Kageyama durante la conversazione con la ragazza del Nekoma.
Avevano quindi optato per lasciarli soli, salvo controllare di tanto in tanto che non tentassero di ammazzarsi a vicenda. Era stato proprio durante uno di quei controlli che li avevano beccati a baciarsi.
Avevano sospirato entrambi, felici che finalmente quei due avessero trovato il coraggio per dichiararsi, anche se a modo loro.
«Credi che lo diranno mai alla squadra?» Chiese Daichi mentre notava come Kageyama fosse crollato sulle gambe dell’altro.
«Lo diranno quando saranno pronti, intanto continuiamo a fingere di non sapere nulla.» Suggerì Suga mentre tornava sul suo posto.
«Aaah, certo che sono proprio carini!» Sospirarono entrambi, felici di quell’amore che finalmente aveva trovato espressione.

 
   
 
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