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Autore: ChrisAndreini    16/10/2020    3 recensioni
Cinque coppie, cinque cliché, tropes letterari e delle fanfiction ovunque, e un narratore esterno e allo stesso tempo interno che sembra attirare a sé le più assurde coincidenze e situazioni da soap opera.
Un gruppo di amici si ritrova a passare l'anno più movimentato della loro vita guidati dai propositi, dall'amore, e da una matchmaker che non accetta un no come risposta.
Tra relazioni false, scommesse, amici che sono segretamente innamorati da anni, identità segrete e una dose di stalking che non incoraggio a ripetere, seguite le avventure della Corona Crew nella fittizia e decisamente irrealistica città di Harriswood.
Se cercate una storia piena di fluff, di amicizia, amore, e una sana dose di “personaggi che sembra abbiano due prosciutti negli occhi ma che alla fine riescono comunque a risolvere la situazione e ottenere il proprio lieto fine”, allora questa è la storia che fa per voi.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Corona Crew'
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Chiusi insieme

 

Venerdì 31 Maggio 

Norman iniziava a chiedersi perché fosse ancora nella Corona Crew a dare retta ad Amabelle.

Seriamente, non lo capiva.

Perché era dal primo Gennaio che quella ragazza stava cercando in tutti i modi di farsi odiare da tutte le persone che la circondavano, e nonostante ciò nessuno l’aveva ancora mandata a farsi friggere.

Forse Norman avrebbe dovuto essere il primo a farle rendere conto di stare esagerando parecchio, ma non trovava proprio le parole.

-Amabelle, cosa hai intenzione di fare?- chiese all’amica, che guardava con occhi folli e sadici una piccola chiave che Norman non aveva idea di dove avesse preso e quale scopo avesse, ma in ogni caso temeva.

-Sai cos’è questa?- Amabelle agirò la chiave sotto al naso di Norman, tenendola ben stretta in modo che non tentasse di prendergliela dalle mani.

-No, e non vorrei saperlo ma la conoscenza è fondamentale per fermarti, quindi, cos’è?- chiese Norman, rassegnato alla consapevolezza che quel giorno avrebbe passato l’ennesima serata “Ferma Amabelle da qualsiasi cosa stia tentando di fare per rovinare la vita delle persone che teoricamente vorrebbe aiutare”.

E questa volta non c’era neanche Petra ad aiutarlo. La futura fidanzata di Amabelle aveva una cena in famiglia. Di solito la facevano sabato, ma quel weekend il padre e Mirren partivano per un viaggio di lavoro insieme, quindi l’avevano anticipata.

E il resto della Corona Crew stava partecipando alla serata film a casa di Max e Denny, anche se il primo non era presente dato che doveva lavorare.

Clover si era indignata per il fatto che avesse accettato di coprire il turno di Sonja, quindi aveva insistito per avere comunque la serata cinema, anche se Norman aveva intuito che avrebbero visto i film che Max disprezzava, per non fargli pesare troppo la sua assenza.

Quindi al momento, al Corona Café c’erano solo lui e Amabelle.

E una ragazza che Amabelle aveva appena reclutato a caso nell’operazione matchmaker, e al momento controllava Roelke e Kodie per assicurarsi che non interferissero con i loro piani.

-Questa, caro amico mio carissimo, è la chiave dello scantinato del café- spiegò Amabelle con occhi brillanti, stringendo con affetto la chiave al petto.

-Questo café ha uno scantinato?- chiese Norman, sorpreso.

-Sì, ci mettono le scorte. A quanto pare l’edificio era una casa un tempo e lo scantinato era un rifugio antiatomico di qualche genere- spiegò Amabelle, agitando la mano davanti a Norman come se non fosse importante.

In effetti c’erano questioni più urgenti.

-Amabelle, perché hai la chiave dello scantinato del café?- chiese Norman con pazienza, anche se di pazienza non gliene rimaneva poi molta.

Il sorriso furbetto di Amabelle si allargò.

-Faremo come l’episodio 107 della settima stagione di Gorgeous- spiegò eccitata.

Norman le lanciò uno sguardo eloquente.

Rimasero a fissarsi qualche secondo.

-Amabelle, lo sai che non ho la più pallida idea di cosa sia successo nell’episodio 107 della settima stagione di Gorgeous, vero?- le fece presente, come se parlasse a una bambina.

-Come?! Ma se è il momento più iconico della serie!! Quando Kyle e Barone mettono da parte le loro divergenze e si alleano per spingere Pablo, Francisca e Angelica a parlarsi per chiarire finalmente la situazione, e li rinchiudono in uno scantinato ammanettati tra loro e l’unico modo per uscire è trovare la chiave che però è nascosta nella stanza e per trovarla devono risolvere degli indovinelli e lavorare insieme e poi mentre stanno litigando un tubo si rompe e lo scantinato inizia ad allagarsi e quindi i tre rischiano di annegare e iniziano a lavorare insieme, scappano per il rotto della cuffia e alla fine decidono di provare una relazione poliamorosa- spiegò Amabelle, senza prendere fiato neanche una volta.

Norman annuì leggermente, mentre le informazioni gli arrivavano alla testa.

-Bene, interessante. Dammi immediatamente quella chiave!- fece poi uno scatto verso Amabelle, che però riuscì a ritirarsi in tempo.

-Ehi, perché sei restio? È un’idea geniale!- esclamò Amabelle, confusa.

-Un’idea geniale?! Hai appena descritto la trama di Saw. È il piano più terrificante e da film horror che hai congegnato, ma ti rendi conto almeno un po’ che è una pura follia?!- chiese Norman, incredulo. Pensava che la sua amica avesse dei limiti.

-In effetti, ora che ci penso, quello era l’episodio di Halloween, ma tranquillo, non ho intenzione di nascondere la chiave, né di fare gli indovinelli e se si dovesse rompere un tubo dell’acqua li libererei subito.

Norman tirò un sospiro di sollievo, ma si diede uno schiaffo mentale per averlo fatto.

Quello era il minimo, insomma! In generale il piano era pura follia.

-Amabelle, prova a ragionare. Stai parlando di rinchiudere una povera ragazza e un tuo amico, oltretutto in una relazione…- Norman cominciò a fare il punto della situazione. Amabelle grugnì quando sentì che Max era impegnato -…dentro uno scantinato, ammanettati, il giorno del compleanno di questa ragazza, solo nella speranza che parlino, si mettano insieme e realizzino i tuoi desideri malati da matchmaker?! Capisci che è una follia?- chiese, prendendo l’amica per le spalle e guardandola dritta negli occhi nella speranza di trovare una traccia della sanità mentale che era evidente stesse perdendo sempre di più.

-Ma che hai capito!- Amabelle lo scansò, e lo guardò come se fosse lui quello pazzo.

Per un singolo istante Norman si sentì sollevato. Quindi la ragazza non era precipitata in un turbine di pura follia, aveva ancora un briciolo di buonsenso.

Ma durò poco.

-Non li ammanetterò mica. In realtà volevo farlo, ma le manette non mi sono ancora arrivate. Per qualche strano motivo dicono che dovrei avere almeno ventuno anni per ordinare manette in quel sito. Però sto cercando di convincere Petra ad ordinarle per me- Amabelle si massaggiò il mento con l’aria di chi tramava qualcosa, e Norman decise che ne aveva avuto abbastanza per quella sera.

-Okay, io me ne vado. È stato bello finché è durato ma preferisco tornare ad essere asociale- mise le mani sulle orecchie e fece dietro front pronto a tornare al dormitorio e ributtarsi sui libri.

-Ehi no! Ho bisogno di te- Amabelle lo fermò con forza, facendogli gli occhi da cucciolo, e Norman si pentì in anticipo per quello che stava per fare.

Perché era così debole alle sue richieste?! 

Non è che in fondo era un sadico che si divertiva della soap opera causata dai tentativi di Amabelle di unire i loro amici?

In effetti era una possibilità.

No, dai, forse sperava solo con la sua presenza di contenere i danni.

non aveva idea che li aumentasse inconsciamente.

-Uff, che vuoi che faccia?- chiese, sospirando rassegnato.

Gli occhi di Amabelle si illuminarono di luce malvagia e soddisfatta.

-Devi andare da Max e riferirgli che Roelke vuole che vada a prendere delle candele nello scantinato, ma è troppo occupata per dirglielo di persona- spiegò Amabelle -Poi vai da Sonja e gli dici la stessa cosa- aggiunse pratica.

-Perché hai bisogno di me per fare questo?- Norman era confuso. Non poteva semplicemente chiederlo lei? O chiedere a Gerda, la sua nuova collega part-time nell’operazione Matchmakers?

-Se andassi io capirebbero che tramo qualcosa, ovviamente. E Gerda non è abbastanza in confidenza con Roelke per essere credibile, e poi la sta distraendo. Tu invece sei affidabile e ti crederanno- Amabelle alzò le spalle, ovvia.

-Non mi stai per niente incoraggiando ad aiutarti, anzi mi fai sentire estremamente in colpa- commentò Norman, massaggiandosi le tempie. Iniziava a venirgli mal di testa.

-Su su, Max e Sonja capiranno e ti ringrazieranno quando si sposeranno, avranno tre figli, e uno di loro sposerà il figlio di Clover e Diego rendendo a tutti gli effetti le due famiglia ancora più unite- Amabelle batté le mani tra loro, sorridendo.

Norman iniziò a riflettere che era il caso di chiamare uno psicologo e farla vedere, perché cominciava a dare davvero i numeri.

-Se vado da Max e Sonja e faccio quello che mi chiedi, la smetterai di condividere, almeno con me, questi pensieri terrificanti?- chiese, cercando di negoziare.

-Okay!- promise Amabelle, annuendo speranzosa.

-Bene, vado prima da Max e poi da Sonja- acconsentì infine, riflettendo su come dirlo.

Prima che potesse tornare dentro il locale, però, venne anticipato da Gerda, e Roelke. La prima preoccupata, la seconda con sguardo di ghiaccio.

-Oh oh- commentò Amabelle, nascondendo discretamente la chiave dello scantinato dietro la schiena.

-Allora, cosa succede qui?- indagò la proprietaria del café, incrociando le braccia e guardando tutti con cipiglio severo.

-È colpa di Amabelle! Se deve bandire qualcuno bandisca lei!- Norman si affrettò a tirarsi fuori dai guai. L’amicizia era importante, ma il suo caffè mattutino, pomeridiano e serale lo era molto di più.

-Che razza di amico sei?! Roelke, cara, non stavamo facendo niente!- Amabelle gli tirò uno schiaffo sul collo, e sorrise caldamente a Roelke, fingendo che non stesse succedendo nulla. Poi lanciò un’occhiataccia in direzione di Gerda, che abbozzò un sorriso imbarazzato.

-Oh, quindi non sapete dov’è la chiave del mio scantinato? Perché volevo chiedere a Sonja e Max di andarmi a prendere delle candele- tutta l’aria minacciosa di Roelke scomparve nel nulla, lasciando posto ad un sorrisino rilassato. Gerda scoppiò a ridere.

-Aspetta, che?- chiese Amabelle, confusa, facendo passare lo sguardo tra le due.

-Si è resa conto che stavo cercando di distrarla, le ho detto del piano e l’ho reclutata nell’operazione- spiegò Gerda, asciugandosi le lacrime provocate dalle troppe risate.

-La tua intenzione è obbligare al dialogo a Sonja e Max per incoraggiarli ad iniziare una relazione, è corretto?- chiese Roelke, in tono pratico.

Amabelle annuì.

Norman era senza parole quanto lei.

-Perfetto! Shippo molto Sonja e quel ragazzo, credo possano essere un’ottima coppia- osservò Roelke, con uno scintillio negli occhi molto simile a quello della sua miglior cliente -Sono sorpresa che tu abbia acconsentito ad aiutare Amabelle nell’impresa. Credevo che non volessi che mia nipote trovasse qualcuno- Roelke si rivolse poi a Gerda, come se la conoscesse bene.

La ragazza alzò le spalle.

-Ho i miei motivi per sperare che i due parlano. E poi vorrei vederla felice- commentò, criptica.

Norman non si fidava molto delle intenzioni di quella ragazza. Da quello che aveva capito aveva conosciuto Sonja online in un blog, ed era molto amica dell’attuale ragazzo di Max. Gli sembrava davvero strano che cercasse di mettere i bastoni tra le ruote alla loro neonata relazione. Forse aveva una cotta per Manny, e voleva tenerselo tutto per se? La faccenda era sospetta, ma Norman decise di lasciare che le cose andassero per il loro corso e farsi trascinare dagli eventi.

Dopotutto quelle tre lo superavano in numero, non poteva proprio opporsi.

Soprattutto non poteva opporsi a Roelke, la sua fonte primaria di caffeina.

-Allora, suppongo che potrei ordinare a Max di andarmi a prendere le candele, e Norman potrebbe chiedere a Sonja di dargli dei cerotti. Li teniamo lì e non rifiuterebbe di aiutare qualcuno che ha bisogno- propose Roelke, pensierosa.

-Perché non possiamo usare la stessa scusa anche con Sonja?- chiese Amabelle, interessata.

-Oggi Sonja è molto infastidita con me. Mi aveva chiesto un giorno libero per festeggiare il suo compleanno ma per farle la sorpresa ho rifiutato, e non credo che acconsentirebbe a una mia richiesta, al momento. Quella ragazza è testarda come suo padre- Roelke scosse la testa, sospirando.

-Tsk, fortuna che l’hai fermata dal fare quello che voleva fare- borbottò Gerda, roteando gli occhi, infastidita.

-Perché, cosa voleva fare?- indagarono insieme Roelke e Amabelle.

-Niente!- si affrettò a negare Gerda, arrossendo appena -Allora, appena sono entrambi dentro, io li chiuderò a chiave. Se vedessero Amabelle fuori dalla porta si insospettirebbero- cambiò repentinamente argomento, tornando al piano.

-Poi io starò fuori dalla porta in attesa che mi dicano la parola d’ordine per uscire- intervenne Amabelle, sfregandosi le mani.

-Che sarebbe?- provò a chiedere Norman, preoccupato.

-“Amabelle, avevi ragione. Siamo fatti l’uno per l’altra. Abbiamo deciso di metterci insieme, poi ci sposeremo, faremo tre figli e uno di loro sposerà un figlio di Clover e Diego così uniremo finalmente le due famiglie!”- rispose Amabelle, battendo di nuovo le mani con gioia.

Norman rabbrividì.

-Una parola d’ordine piuttosto singolare- commentò Roelke, per niente turbata dalla pazzia della cliente.

-Io suggerirei come parola d’ordine un più consono “Abbiamo parlato, ci siamo chiariti. Facci uscire”- propose Gerda, a bassa voce.

-Nah, troppo semplice da indovinare. Ovviamente se non indovinano la parola d’ordine li faremo uscire, alla peggio, domani mattina all’apertura- li rassicurò Amabelle.

-Stai scherzando, vero?- chiese Norman, preoccupato.

-O all’apertura, o se si dovesse allagare lo scantinato come nell’episodio 107 della settima stagione di Gorgeous- annuì Roelke, in tono sacrale.

Oh, beh, non si obiettava con la fonte del caffè. Norman si scusò mentalmente con Sonja e Max per la pessima serata che avrebbero passato.

-Oh per tutti gli orsetti di peluche! Segui Gorgeous?! Ma è fantastico! Quali sono le tue coppie preferite? Io adoro Angelica e Francisca, ma anche tutte le altre coppie sono meravigliose, anche se dovrebbero iniziare a stare tutti insieme in una gigantesca relazione poliamorosa, perché…- Amabelle partì in quarta con un’analisi della sua serie del cuore, e Norman cercò la partecipazione di Gerda, almeno lei, nella speranza che lo aiutasse ad interromperla.

Purtroppo i successivi trenta minuti passarono con le tre donne intente a parlare una sopra l’altra dei migliori colpi di scena, personaggi, e coppie della trashata peggiore del secolo.

Quando finalmente arrivò il momento di attuare il piano, Norman non vedeva l’ora. 

Persino imbrogliare una povera ragazza innocente era meglio che continuare a sentire le vicissitudini di Pablo, Angelica e Francisca. Che poi, era palese che alla fine Pablo sarebbe finito con Francisca, il suo primo amore. Andiamo, era così ovvio!

 

Sonja era pensierosa e irritata, e probabilmente fu per questo motivo che non si accorse del pericolo, quando Norman le chiese, con poca convinzione ed evidente rassegnazione, un cerotto e un disinfettante per una ferita che Sonja non aveva notato da nessuna parte.

Aveva anzi accolto la proposta per alzarsi da quel tavolo che al momento era vuoto ad eccezione dello zio, e allontanarsi da una cena di compleanno che non avrebbe mai voluto festeggiare.

Voleva organizzare tutt’altro, ma l’insistenza di sua zia glielo aveva impedito, e non sopportava la sua invadenza nella sua vita privata e in alcune sue decisioni. Non era sua madre! E non era mai stata presente nella sua vita, fino a quel momento.

Certo, Sonja sapeva che non era necessariamente colpa sua, ma era testardamente decisa a colpevolizzarla comunque.

Scese i gradini che portavano allo scantinato così sovrappensiero che non si rese neanche conto che nel frattempo la porta le si stava chiudendo alle spalle.

In effetti si accorse che c’era qualcosa di davvero molto sospetto solo ed esclusivamente quando si ritrovò faccia a faccia con un sorpreso Max. 

Ed era così impreparata all’idea di trovarlo lì che si ritrovò ad arrossire come un pomodoro.

-Max, cosa ci fai qui?- chiese, indietreggiando di qualche passo e andando a sbattere contro la caldaia.

-Roelke mi ha chiesto di prendere delle candele. Tu cosa ci fai qui?- Maxi si affrettò a controllare le sue condizioni, posando in un angolo la scatola con le candele.

-Norman mi ha chiesto di prendere un cerotto… oh- all’improvviso tutte le stranezze capitate fino a quel momento ebbero senso nella sua testa.

Lei e Max si lanciarono un’occhiata.

E poi entrambi corsero su per le scale sperando, con tutto il cuore, che non fosse esattamente come temevano che fosse.

Purtroppo la porta era bloccata.

-Krass!- imprecò Sonja, prendendosi il volto tra le mani.

-Mi dispiace. Non pensavo che Amabelle arrivasse a tanto. Come faceva a sapere che Roelke mi avrebbe chiesto le candele?- commentò Max, pensieroso.

-È probabile che tante abbia partecipato- gli fece notare Sonja, allontanandosi dalla porta per non stare troppo vicina a Max.

Quella era davvero una situazione pericolosa.

Si sedette alla fine delle scale, cercando di trovare una soluzione per uscire da lì.

Le sembrava di essere nell’episodio 107 della settima stagione di Gorgeous. Almeno non erano ammanettati e non sarebbero annegati. Ma di certo non era il compleanno che aveva immaginato.

-Amabelle, se sei lì, non è divertente, facci uscire!- Max iniziò a battere contro la porta, cercando di far ragionare l’amica.

Sonja si era arresa prima ancora di provare. 

Amabelle era davvero una mina vagante.

-Parola d’ordine?- chiese l’inconfondibile voce di tale mina vagante, con un ghigno soddisfatto.

-Sul serio, Amabelle, facci uscire, devo lavorare- insistette Max, iniziando a disperarsi.

-Sei scusato, ti do la serata libera- la voce di Roelke accompagnò quella di Amabelle, con lo stesso identico tono.

-Capo? Ma… e la festa di Sonja?- Max provò a ragionare con lei. Sonja scosse la testa. Sua zia era davvero incredibile, nel senso peggiore possibile.

-Non temete, vi conserverò un po’ di torta- promise, rassicurante.

Max sbatté la testa contro la porta, rassegnandosi. Sonja borbottò qualche insulto in tedesco.

-Mi dispiace- Max le si avvicinò, titubante, superandola e iniziando a camminare avanti e indietro per la stanza.

-Non è colpa tua. Avrei dovuto immaginarlo- Sonja lo rassicurò, fissandosi le scarpe e continuando a riflettere su cosa fare.

-Ma adesso festeggerai male il compleanno a causa di Amabelle, che è amica mia, e vuole mettere noi due insieme, quindi un po’ di colpa ce l’ho- insistette Max, molto dispiaciuto.

-Tranquillo. Non è che fossi entusiasta della cena di compleanno, ad essere onesta. Preferisco passare un po’ di tempo con te piuttosto che con i miei zii- Sonja gli sorrise rassicurante. 

Per un attimo Max ricambiò il sorriso, poi arrossì e tornò a fare avanti e indietro, evitando lo sguardo della ragazza.

Sonja condivideva il suo imbarazzo, ma era molto più brava a nasconderlo e ignorarlo.

-Hey, solo perché Amabelle e altre persone sperano di ottenere qualcosa chiudendoci in uno scantinato non significa che accadrà. Possiamo anche semplicemente chiacchierare e aspettare che si annoino nell’attesa. Ho provare ad indovinare la parola d’ordine- cercò di convincere Max che non c’era niente di necessariamente romantico nel piano di Amabelle.

-Conoscendo Amabelle sarà qualcosa di imbarazzante tipo: “Avevi ragione. Siamo fatti l’uno per l’altra. Abbiamo deciso di metterci insieme, poi ci sposeremo, faremo tre figli e uno di loro sposerà un figlio di Clover così uniremo le due famiglie!”- propose Max, imitando il tono da fangirl dell’amica alla perfezione e non posando gli occhi su Sonja neanche per sbaglio.

-Come diavolo hai…?!- arrivò l’esclamazione sorpresa della citata dalla porta.

-Era quella?- chiese Sonja, sorpresa e speranzosa.

-NO!- negò la ragazza con veemenza.

-Ma ha detto esattamente…- provò ad obiettare una voce maschile che Sonja suppose fosse di Norman, ma venne zittito immediatamente.

-Ha sbagliato qualcosa!- insistette, lasciando la porta rigorosamente chiusa.

Max sbuffò esasperato, e si appoggiò al muro il più lontano possibile da Sonja, sempre evitando di guardarla.

-Sta peggiorando, ultimamente. Non so cosa le prenda, ma è fuori di sé, e inizio davvero a preoccuparmi- commentò, riferito ad Amabelle e scuotendo la testa tra sé.

-Mi dispiace molto che tu sia così a disagio- commentò Sonja, posando la testa sulle ginocchia.

Da quando la ragazza lo aveva tristemente friendzonato, non erano mai stati soli insieme per più di qualche minuto. Era ormai chiaro che, nonostante Max le avesse promesso di restare suo amico, fosse davvero difficile per lui comportarsi come tale, e fingere che non fosse successo niente.

Max sembrò rendersi conto del suo sconforto, perché si avvicinò leggermente alla ragazza, pur mantenendo le distanze.

-Non mi mette a disagio stare con te- provò a rassicurarla.

Sonja provò a guardarlo negli occhi.

Max evitò nuovamente il suo sguardo.

-Certo- Sonja sospirò, abbattuta -Pensavo che, adesso che entrambi siamo impegnati, saresti stato più amichevole nei miei confronti- ammise, torturandosi una ciocca di capelli.

Max si prese il volto tra le mani, e si sedette titubante al suo fianco.

-Non è così semplice- ammise, a bassa voce.

-Perché non provi a spiegarmi?- lo incoraggiò Sonja, posando il volto sulla mano e guardandolo in cerca di risposte.

-Tu mi piaci ancora!- esclamò Max, girandosi a guardarla.

Sonja sgranò gli occhi.

Era convinta che stesse bene con Manny, e che l’avesse messa da parte. 

-E Manny?- indagò, sorpresa.

Max distolse nuovamente lo sguardo, arrossendo copiosamente.

-Mi piace tantissimo anche lui! Non ci starei insieme se non mi piacesse, ma i sentimenti sono complicati. Mi piacete entrambi, e so che è ingiusto nei suoi confronti essere ancora attratto da te. Per questo sto cercando di ignorare i miei sentimenti, e suppongo che inconsciamente cerco di evitare anche te- Max provò a spiegarsi in modo più approfondito, torturandosi nervosamente le mani.

Sonja capiva la sua incertezza. Anche lei, sebbene impegnata, non riusciva a non pensare a Max. Anzi, probabilmente Max gestiva l’attrazione molto meglio di lei, dato che almeno stava facendo un qualche tentativo per evitare di cedere alla tentazione e comportarsi da fidanzato fedele e onesto. Sonja, al contrario, avrebbe voluto passare ogni momento possibile con Max, anche senza fare niente di compromettente, ma beandosi egoisticamente della sua compagnia e cercando di imprimere nella sua mente ogni dettaglio del suo aspetto e personalità.

Forse l’atteggiamento giusto stava nel mezzo.

-Non puoi controllare i tuoi sentimenti- ammise, cercando di trovare le parole giuste per rassicurarlo.

-Lo so, ma dovrei almeno provarci- borbottò Max, molto incerto.

-Puoi però controllare come agire in funzione di essi- continuò Sonja. Era difficile esprimere un concetto così complicato nella sua seconda lingua, ma ce la mise tutta per provarci. Non per vantarsi, ma era davvero a un livello alto di inglese. Più di quanto Max sospettasse, probabilmente.

-In che senso?- Max si voltò leggermente nella sua direzione, incerto, come se temesse che solo guardando Sonja negli occhi potesse tradire in qualche modo Manny. 

Sonja ci  mise qualche secondo a formare nella sua mente un discorso decente.

-Le tentazioni sono parte della vita. I sentimenti e l’animo umano sono così complessi che è oltremodo impossibile controllare o fermare le emozioni che possiamo provare in determinate circostanze. Soprattutto nei confronti di qualcuno. L’amore è qualcosa di talmente intricato e profondo che è normale essere attratti da più persone contemporaneamente, soprattutto quando il sentimento che provi per qualcuno è solo agli stadi iniziali. Stai con Manny da poco, devi ancora conoscerlo meglio, e capire come procedere con la vostra relazione. È normale che nel frattempo tu possa ancora essere attratto da me- Sonja cercò di mantenersi professionale, ma non riuscì a non arrossire al pensiero.

Soprattutto perché Max la fissava rapito, e le si era avvicinato come se temesse di perdersi qualche parola.

-Il punto è…- Sonja cercò di riprendersi, e finire il discorso mantenendosi professionale e un po’ distaccata -…che ciò che conta, alla fine, è come agisci. E tu stai agendo davvero bene nei confronti di Manny- lo rassicurò, con un sorriso incoraggiante.

Di certo stava agendo meglio di lei, poco ma sicuro.

-Grazie Sonja. Hai ragione. Anche se…- Max ci pensò un attimo -…forse dovrei dirglielo- 

-Dirgli cosa?- 

-Di te. No, magari è presto, ma mi sembra come se gli tenessi nascosto qualcosa, e il senso di colpa mi sta uccidendo. Solo che ho paura che mi lasci- Max seppellì nuovamente il volto tra le mani, preoccupato.

Sonja non sapeva come rassicurarlo. Ne avrebbe avute molte, di parole da usare, ma non voleva rischiare di dire sciocchezze. 

-Tu che faresti?- chiese poi, cercando di vedere la situazione da un’altra prospettiva. O meglio, farla vedere a Max.

-Io? In che senso?- Max piegò la testa, confuso.

-Se Manny ti dicesse che si trova nella tua stessa situazione. Che aveva una cotta per una persona, che però è già impegnata, e che ora sta con te nonostante provi ancora qualcosa per questa persona. Insomma, se fosse nella tua stessa identica situazione e te lo rivelasse, tu che faresti?- spiegò, senza guardarlo negli occhi.

-Sarei molto felice della sua sincerità, rassicurato per la sua fiducia. E cercherei di conquistarlo ancora di più, e tenerlo stretto. Non so, per me l’onestà viene prima di tutto- ammise Max, riflettendo e sorridendo appena tra sé al pensiero.

Sonja dovette necessariamente distogliere lo sguardo da lui perché praticamente risplendeva di luce angelica.

-Ecco, quindi se lui ci tiene a te dovrebbe provare lo stesso, e sono sicura che non ti lascerebbe per questo- lo rassicurò, provando a dargli una pacca sulla spalla ma mancandolo (dato che non lo stava ancora guardando) e colpendogli la gamba.

Max ridacchiò.

-Wow, non mi aspettavo che i consigli migliori sulla mia relazione li avrei ricevuti proprio dalla mia friendzonatrice- commentò, cercando di stemperare un po’ la tensione.

Sonja rise, accettando di buon grado la conclusione del discorso.

Rimasero in silenzio per qualche secondo, lanciando occhiate alla porta nella speranza che si aprisse magicamente per farli uscire.

Poi Max parlò di nuovo.

-Posso parlarti di Manny?- chiese titubante.

Sonja non capì il motivo della richiesta, ma annuì.

-Va bene, di che vuoi parlarmi?- indagò, un po’ preoccupata.

-Ho bisogno di parlare di lui per non pensare di essere chiuso in una stanza con te- ammise Max. Evidentemente, nonostante il discorso incoraggiante, trovava comunque difficoltà a non pensare ai propri sentimenti.

Era così adorabile!

No, Sonja! Neanche tu devi avere certi pensieri!

Ma è così fantastico!

Sonja, no!

-Certo, parla pure. L’ho sentito nominare un sacco e sono molto curiosa di sapere che tipo è- commentò, mettendosi comoda pronta ad ascoltare, con una certa curiosità, doveva ammetterlo.

Gerda le aveva condiviso alcune impressioni, su Manny, ma ognuno vive le persone in modo diverso. Chissà qual era il modo di Max.

-Da dove cominciare, Manny è… simpatico- 

Interessante primo complimento. Di solito simpatico era sinonimo di brutto. Povero Manny

-…e gentile. Timido, ma quando si apre è davvero piacevole parlare con lui. Ed è carino, bisogna ammetterlo. Ha l’aria da nerd assoluto e si veste sempre in modo da sembrare invisibile, ma non importa quanto ci provi, non riesco a staccare gli occhi da lui quando lo vedo- 

Ah… okay. Sonja non se lo aspettava per niente.

Non si aspettava di vedere gli occhi di Max così brillanti mentre parlava del suo ragazzo. Non credeva che la sua analisi sarebbe stata così piena di complimenti e affetto. Doveva immaginarlo, probabilmente, ma non sapeva come sentirsi al riguardo. Abbozzò un sorriso incoraggiante e tentò per il resto di rimanere impassibile.

-Ma non è l’aspetto la cosa importante, abbiamo un sacco di interessi in comune. Adoro il suo anticipo. E la sua risata, e la sua abitudine di canticchiare tra sé quando è sovrappensiero. È adorabile. Vorrei che fosse un po’ più sicuro di sé, ma la sua discrezione è tenera- Max non aveva finito, e più andava avanti, più si illuminava.

Sonja, al contrario, si sentiva sempre peggio.

Ma lo incoraggiò con un cenno ad andare avanti.

-Ammetto che ho un po’ paura perché è estremamente imbranato, e rischia di farsi male nei modi più strani. Tipo durante il nostro primo vero appuntamento si è bruciato la mano cercando di cucinare (non credo che lo lascerò più vicino ai fornelli) e mi sono quasi preso un infarto. 

Aveva una grossa scottatura proprio qui…- Max prese la mano di Sonja e indicò un punto sul dorso, facendola sobbalzare e portando il cuore della ragazza a battere troppo veloce -Per fortuna la scottatura è sparita subito e non sono rimaste cicatrici- commentò poi Max, lasciando immediatamente la mano di Sonja e ritirandosi leggermente imbarazzato.

Sonja si accarezzò la mano, respirando lentamente per far tornare il cuore a battere ad un ritmo regolare.

-Si vede che sei davvero innamorato- commentò con la prima cosa che le venne in mente. Si pentì subito. Non era una frase che lei, tra tutti, avrebbe dovuto dire.

Ma le stava salendo leggermente il panico.

-Beh, non direi amore, ma… mi piace davvero tanto. Mi sembra come se lo conoscessi da tanto tempo, e allo stesso tempo non lo conoscessi affatto. È come se mi nascondesse qualcosa, ma probabilmente è solo perché l’ho incontrato poco tempo fa- rifletté Max, rabbuiandosi leggermente.

Sonja aveva le lacrime agli occhi, ma fece del suo meglio per non mostrare alcuna emozione. Non voleva che Max si preoccupasse, o indagasse, o capisse qualcosa.

-Tu, invece?- Max interruppe il silenzio e si rivolse a lei.

Sonja sbatté gli occhi un paio di volte, colta alla sprovvista dalla domanda improvvisa.

-Io cosa?- 

-Com’è il tuo ragazzo? Non me lo hai mai descritto. Magari può aiutare anche te a fare ordine nelle tue emozioni. Confesso che a me ha aiutato molto- la incoraggiò Max.

In effetti adesso la stava guardando negli occhi, e le stava vicino senza imbarazzo.

Ma Sonja non sapeva proprio come descrivere il suo fidanzato.

-Beh, che dire… lo conosco da quando eravamo piccoli. Le nostre famiglie sono amiche, ed è quasi naturale che poi siamo finiti insieme. È molto intelligente e preparato, e bello. Sì, parecchio affascinante- cercò altro da dire, ma non le venivano le parole.

La imbarazzava parecchio descriverlo a Max.

Lui però continuava a guardarla in attesa di altre informazioni.

-Ti trovi bene con lui?- chiese infine, notando che non sembrava in procinto di continuare.

-Certo- Sonja annuì in fretta. Max aggrottò le sopracciglia.

-Sicura?- indagò, iniziando a preoccuparsi.

Non ne aveva bisogno. Non era come probabilmente temeva.

Sonja si rassegnò al fatto che doveva necessariamente dire di più.

-Il mio ragazzo…- cercò le parole, ma non le venivano in mente parole decenti, almeno non nella lingua corrente -come posso dire… quando sono con lui mi sento… come si traduce “Zweisamkeit”?- chiese a Max, pur consapevole che non avrebbe saputo risponderle.

-Zweisamkeit?- ripeté lui, con pessima pronuncia e grandissima confusione.

-È, ecco, una parola intraducibile. Quando stai così bene con una persona, che il mondo intorno a te non esiste più. Siete solo voi due nell’intero universo. E dimentichi ogni dovere, responsabilità, impegno. Vuoi solo stare con questa persona per il resto della tua vita- provò a spiegare, accennando un sorriso.

-Wow- Max era a bocca aperta. Sussurrò la parola appena imparata come se cercasse di mantenerla nella sua mente.

E ora che Sonja aveva iniziato a parlare del suo ragazzo, non riusciva più a fermarsi.

-È la persona più gentile dell’universo. La più altruista che abbia mai incontrato, sul serio. Mette sempre gli altri prima di se stesso, anche quando secondo me dovrebbe pensare alla sua felicità. È molto paziente, anche divertente, e semplice nel modo più tenero. Non deve neanche pensare a fare ciò che è più giusto, perché gli viene naturale. Praticamente se devo descriverlo in pochissime parole direi “principe azzurro”, perché è così ai miei occhi. Si impegna tanto per raggiungere i suoi sogni, eppure non mi ha mai messa in secondo piano. Non lo merito proprio- sospirò, sentendosi davvero in colpa per il modo in cui si stava comportando nei suoi confronti.

-Non dire così. Chiunque sarebbe fortunato ad essere il tuo ragazzo- la rassicurò Max, dandole un’incoraggiante pacca sulla spalla.

Sonja si girò verso di lui, e si rese conto che i suoi occhi erano velati di tristezza, ma cercava di nasconderla dietro un sorriso. Stava cercando, in tutti i modi, di essere felice per lei.

Le vennero le lacrime agli occhi. Che situazione difficile!

-Sonja, va tutto bene?- Max sollevò la mano come se volesse asciugarle le lacrime, ma la ritirò immediatamente, arrossendo appena.

Sonja si affrettò ad annuire.

-Sto bene, solo…- cercò di calmarsi, non poteva perdere la compostezza in questo modo.

-Deve mancarti molto, si vede che sei davvero innamorata- suppose Max.

La ragazza annuì.

-Avrei voluto passare con lui il mio compleanno- ammise, con sguardo basso.

-È in città?- indagò Max, sorpreso.

-Skype- Sonja alzò le spalle.

-Giusto. Mi dispiace- 

-Sai, avevi ragione. Parlarne ha aiutato a chiarire molte cose- ammise poi la ragazza. Non voleva assolutamente arrivare a questa conclusione, ma sapeva fosse inevitabile.

-Posso farti una domanda molto personale, Sonja? Sei libera di non rispondere- 

Sonja annuì.

-Perché sei venuta qui? Allontanandoti da tutti per un anno intero? Insomma, capisco tantissimo il desiderio di viaggiare, ma non so se riuscirei a stare lontano dalla persona che amo- la sua voce era un sussurro, ma era evidente che la curiosità fosse davvero tanta.

Sonja sospirò.

Certo che era un’ottima domanda, bisognava ammetterlo.

-Hai mai visto il film “Non torno a casa stasera”?- chiese.

Max scosse la testa.

-È di Francis Ford Coppola. Se ti capita di vederlo, magari alla serata film, tieni presente che nel film io sono Natalie- spiegò, criptica -…ma non sono incinta- aggiunse poi in fretta, ricordando uno dei dettagli del film.

-Oh, okay. Lo proporrò venerdì prossimo allora- Max accettò la risposta strana e tornò a riflettere.

L’atmosfera era diventata meno imbarazzante, ma per certi versi più pesante.

E umida, davvero umida.

Perché c’era tanta umidità in quello scantinato?

Un momento…

Perché le sue scarpe erano bagnate?!

Si alzò di scatto e fece qualche passo indietro, mentre si rendeva conto che, troppo impegnati a parlare, lei e Max non avevano notato che lo scantinato iniziava a riempirsi d’acqua, e si stava allagando molto velocemente.

-Oh diamine!- Max si accorse insieme a lei dell’emergenza, sorpreso a sua volta di non averci fatto caso prima, e si mise davanti a Sonja come a proteggerla dall’acqua.

-Non riesco a credere che sia esattamente…- borbottò Sonja, incredula. Era uguale all’episodio. Tranne per le manette, per fortuna.

Si affrettò a salire le scale.

-Amabelle, tante! Fateci uscire!- provò a ordinare, in tono autoritario.

-Parola d’ordine?- chiese Amabelle poco impressionata.

-C’è un problema con la caldaia, dei tubi stanno perdendo acqua e lo scantinato si sta allagando. Non abbiamo tempo per parole d’ordine- intervenne Max, spiegando la situazione.

Ci fu qualche secondo di silenzio dietro la porta.

-Ahah. Non sapevo che avessi iniziato a vedere Gorgeous, Max- ridacchiò poi Amabelle, divertita dalla coincidenza della situazione.

-Non è uno scherzo, Amabelle. Lo scantinato si sta davvero allagando, e un sacco di merce rischia di rovinarsi!- urlò Max contro la porta, scendendo nel frattempo le scale e cercando di mettere in salvo gli oggetti più a rischio.

Sonja la trovò un’ottima idea, e decise di aiutarlo.

-Un momento, non state scherzando?- la voce di Amabelle si fece all’improvviso più seria.

-No!- esclamarono insieme, con convinzione.

-Ah…. AH! Chiamo subito Kodie!- Amabelle corse via, lasciandoli comunque chiusi lì dentro.

-Poteva almeno aprire la porta- borbottò Sonja, un po’ tra sé.

-Almeno ci ha creduto- sospirò Max, felice, sotto sotto, di avere almeno qualcosa da fare per ingannare l’attesa di rinforzi.

Alla fine non ci furono danni irreparabili, Max e Sonja furono liberi di finire il lavoro e il compleanno, e, con grande disappunto di Amabelle, uscirono dallo scantinato maturati, più sicuri dei propri sentimenti, e meno decisi ad averli l’uno per l’altra.

Tutto bene ciò che finisce bene… oppure no?

 

Martedì 4 Giugno

Come ben ricorderete, dopo il compleanno di Petra, per Mirren la faccenda con Felix era chiusa.

E avevano passato qualche settimana in grande tranquillità.

Per Mirren quello che si erano detti nell’armadio aveva completamente risolto ogni tensione che ci potesse ancora essere tra loro, e tutto era finalmente e definitivamente tornato come prima.

Quindi quel pomeriggio, mentre studiavano in camera sua, lui alla scrivania, e Felix buttato sul letto con la copia stampata della tesi che doveva correggere in mano, era la persona più rilassata e tranquilla del mondo.

Del tutto ignaro della tempesta che di lì a poco si sarebbe abbattuta su di loro.

-Dimmi la differenza tra striscia continua e discontinua- gli chiese Felix, distrattamente, mentre armeggiava con i propri fogli.

Era loro abitudine farsi domande a vicenda in momenti casuali per mettersi alla prova ed evitare che Felix si distraesse troppo. Era un metodo che aveva sempre funzionato alla grande.

-La linea discontinua si può oltrepassare, quella continua no- rispose Mirren meccanicamente, nonostante stesse studiando le luci.

Felix annuì soddisfatto, continuando le sue cose.

Sembrava un po’ assente, ma continuava con le domande, quindi Mirren era piuttosto certo che non fosse nel mezzo di uno dei suoi attacchi.

Probabilmente doveva ricambiare.

-Come puoi collegare i ready-made al tema della sessualità nell’arte?- chiese. Era la domanda che Felix odiava di più, sapeva rispondere meno, ed era proprio il caso che ripassasse. L’avrebbe volentieri esclusa dalla sua tesi, ma la referente glielo aveva imposto.

-Ugh, odio i ready-made- borbottò Felix.

-Su, su, rispondi alla domanda- lo incoraggiò Mirren, segnando un appunto sulle luci abbaglianti.

-No, seriamente! Come possono considerarla arte? È come se io adesso prendessi la mia biancheria sporca, la attaccassi a un bastone di legno e la vendessi per centinaia di dollari. Mi sai dire che senso ha?!- si infiammò Felix, gesticolando con la mano destra, mentre la sinistra continuava a prendere appunti sulla tesi.

Mirren si impose con straordinario autocontrollo di non ridacchiare tra sé, e restare concentrato.

“Allora, gli abbaglianti sono segnati in blu perché sono pericolosi e devono risaltare subito all’occhio”

-Lo sai che non è l’oggetto, ma l’interpretazione che gli si da- provò a farlo ragionare, anche se condivideva il pensiero di Felix, sull’argomento.

-Già, ma questo è carisma, non arte. Allora io posso tranquillamente prendere questa matita, buttare giù una profonda spiegazione di come la matita sia l’origine e la fine dell’arte, o qualcosa del genere, e guadagnarci i milioni. Preferisco usare la matita per disegnare- insistette Felix, agitando in aria la matita come fosse un oggetto sacro.

Mirren non si trattenne più, e ridacchiò sommessamente.

-Oppure, senti che idea, prendo un water, lo chiamo “readymade” e lo lascio lì in bella mostra. Perché per me tutti i readymade sono dei water. Ah, no, aspetta. C’è troppa filosofia in questa scelta, non è un readymade decente- continuò Felix, ritornando con la matita sul foglio e guardando Mirren, soddisfatto da come stesse riuscendo a farlo ridere.

Mirren cercò di trattenersi, senza troppo successo.

-Oh, oh, senti questa. Compro un’opera d’arte che vale ventimila dollari, la faccio a pezzi, la deturpo e la rivendo per centomila dollari. Perché è una decostruzione dell’arte, no? Mica vandalismo. Viva Duchamp!- il tono polemico di Felix c’era ancora, ed era ancora leggermente assente, ma era anche chiaramente divertito.

E l’ultima proposta fu davvero troppo per Mirren, che scoppiò a ridere di gusto senza potersi trattenere.

Certo che il suo migliore amico era davvero un idiota.

Ma era il suo idiota.

E l’unico che riuscisse a farlo ridere senza filtri.

Felix non commentò oltre, e tornò estremamente concentrato sui propri appunti.

Mirren ci mise un po’ a rendersi conto della cosa.

Riuscì a smettere di ridere, e guardò Felix incuriosito dal suo zelo.

E quando notò che il movimento della mano era troppo veloce e poco lineare, e gli occhi dell’amico ben poco attenti, sospirò, e tutta la leggerezza provata fino a quel momento iniziò ad evaporare.

Si alzò lentamente dal proprio posto e prese con uno strattone la tesi dalla mani di Felix.

-Lo sapevo!- esclamò poi, controllando i fogli.

Quasi tutte le pagine erano piene di disegni, soprattutto su di lui.

Non era una cosa rara. Felix aveva l’abitudine di disegnare ciò che lo circondava, e in quel momento a circondarlo era Mirren.

Il problema vero, che lo distrasse dal cuore che aveva iniziato a battere forte vedendosi in così tanti schizzi, era che non doveva disegnare.

Doveva pensare alla sua tesi, erano lì per questo.

-Ridammelo subito!- Felix si alzò di scatto e provò a riprendere la tesi. Sembrava nel panico.

-Dovresti studiare, non disegnare. Tra poco di daranno la data della discussione della tesi, e devi assolutamente presentarla finita entro il 20 se vuoi laurearti!- lo sgridò Mirren, agitandogli il dito contro.

-Magari non voglio laurearmi!- esclamò Felix, riprendendo con violenza la tesi e strappando qualche foglio.

-Stai scherzando, vero? Hai praticamente finito, devi solo correggere qualcosa, e sai ogni argomento a memoria! Vuoi passare un altro anno di stallo?- Mirren era incredulo. Di cosa mai poteva avere paura Felix? Non riusciva proprio a capirlo.

-E poi?- chiese lui, lanciando i fogli per aria. Per fortuna aveva ancora tutto sul computer e non aveva buttato via mesi di lavoro.

-E poi cosa?!- Mirren capiva sempre meno, si affrettò a recuperare qualche pagina.

-E poi cosa farò, Mirr?! Con una stupida laurea in belle arti, pochissime opportunità lavorative e un disturbo da deficit dell’attenzione che sta sfuggendo di mano! Cosa pensi possa fare?! Farmi mantenere dai miei genitori per il resto della mia vita? Lavorare al McDonalds? Persino lì una persona come me verrebbe cacciata nel giro di pochi giorni. Sono disperato, Mirren. E terrorizzato!- Felix esplose, sorprendendo non poco Mirren e andando da una parte all’altra della stanza in una piena crisi di nervi.

L’amico non l’aveva mai visto così turbato. Era un ragazzo enfatico, ma vedeva sempre il lato buono delle cose, era un eterno ottimista, e provava in ogni momento a trovare il lato positivo.

Mirren lasciò immediatamente perdere i fogli e si affrettò a mettere le mani sulle spalle di Felix, per calmarlo.

-Felix, va tutto bene e andrà tutto bene. Sei un ragazzo incredibile e il tuo problema non ti precluderà lavori anche migliori di uno stupido impiego al McDonalds- cercò di rassicurarlo, Felix si scansò, e si appoggiò al muro, dandogli le spalle.

-È facile per te parlare, tu hai sempre avuto la strada spianata- borbottò, in tono acido.

-Non è stato facile neanche per me- obiettò Mirren. Non voleva fare paragoni, ma Felix glieli tirava fuori dalla bocca -Ero spaventato anche io prima della discussione della tesi. È normale. E il futuro preoccupa, ma non esistono problemi a cui non ci sia una soluzione, e troverai questa soluzione, ne sono certo- si avvicinò lentamente per offrirgli supporto emotivo, ma Felix si allontanò nuovamente da lui, e si sedette sul letto, dove si prese la testa tra le mani.

Mirren voleva correre nuovamente al suo fianco, ma si fermò sul posto. Felix lo stava evitando, evitava accuratamente il suo aiuto, ed era davvero innaturale, per niente da lui.

Di solito era Mirren quello che evitava il contatto, e Felix quello che lo bramava costantemente.

Forse in quel momento, Mirren doveva andarci piano.

Si sedette sul bordo del letto, non troppo vicino a lui, e lo lasciò parlare, senza provare ad intervenire o ad imporgli il suo pensiero. Era chiaro che Felix aveva solo bisogno di sfogarsi.

-Come? Io ci provo a trovare soluzioni, ma non è così semplice. Ogni volta che provo ad andare avanti vengo irrimediabilmente rispedito indietro. Sono in un limbo dal quale non riesco ad uscire, e le poche cose che posso cambiare mi terrorizzano. Io non so davvero cosa fare, Mirren- iniziò a singhiozzare.

Mirren non sapeva proprio cosa dire per aiutarlo davvero. Si avvicinò leggermente, e lo incoraggiò a continuare mettendogli dolcemente una mano sulla spalla.

Felix sembrò apprezzare il gesto attento e rassicurante. O forse era troppo devastato psicologicamente per ritirarsi di nuovo.

-Non volevo parlarne con te. Tu sei l’ultima persona con cui dovrei parlarne- Felix scosse la testa, rifiutandosi di guardarlo.

Quel commento fu per Mirren come un pugno nello stomaco.

-Perché? Tu puoi dirmi tutto, lo sai- provò a rassicurarlo, avvicinandosi un altro po’.

Finalmente Felix alzò lo sguardo verso di lui. Ma i suoi occhi erano freddi e tristi, come prima di un attacco.

-Posso, davvero?- chiese, sarcastico.

La presa di Mirren sulla sua spalla si fece più forte.

-Ovviamente, sei il mio migliore amico, e la persona più importante per me- Mirren si avvicinò ancora, di qualche centimetro.

Ormai le loro gambe si toccavano.

In qualsiasi altra occasione, probabilmente Mirren non avrebbe osato tanto, ma era sicuro che con Felix fosse tornato tutto normale, ed era deciso ad agire di conseguenza. E poi non riusciva a vederlo così abbattuto, voleva aiutarlo in ogni modo possibile.

E sapeva che Felix aveva bisogno di contatto quando era giù di morale. Lo necessitava esattamente nel modo in cui Mirren aveva bisogno del suo spazio vitale, in medesimi momenti.

Erano due opposti che però, nel loro rispetto e comprensione reciproca, si completavano completamente.

Felix lo guardò scettico, in silenzio, e Mirren lo prese come un invito a continuare.

-Posso capire che tu ti senta in un limbo, ma il modo migliore per superare una situazione è provare a cambiare le cose che sono sotto il tuo controllo, a cominciare da quelle più piccole, fino ad arrivare alle più grandi. E se cambiamenti troppo sostanziali ti fanno paura, ma sono necessari per andare avanti, chiedi l’aiuto delle persone che ti sono vicine. I tuoi genitori, Tender, la Corona Crew… e me. Io ci sarò sempre per te- gli rassicurò. 

Felix mormorò qualcosa, ma a voce troppo bassa, e Mirren non sentì.

-Cosa?- chiese, avvicinandosi per sentirlo meglio, i loro volti erano talmente vicini che Mirren rischiò quasi di bagnarsi con le lacrime ancora rimaste sulle guance di Felix. Talmente vicini che il suo respiro le spostava leggermente.

-Mirren allontanati- Felix alzò leggermente la voce, ma disse l’ultima cosa che Mirren si sarebbe aspettato.

E Mirren si sarebbe volentieri allontanato.

Per evitare che Felix fraintendesse, per mantenere le distanze dall’amico che doveva, a tutti i costi, restare tale. 

Ma non poteva.

Non quando Felix lo guardava con quell’angoscia negli occhi. Non quando aveva così disperato bisogno di lui.

Che razza di amico sarebbe stato se l’avesse allontanato in quel momento?!

E poi avevano chiarito, ormai. Non aveva nulla da temere.

-Io non ti lascio, Felix- gli promise, accarezzandogli il braccio con il pollice della mano che continuava a tenere premuta sulla sua spalla.

L’istante dopo, le labbra di Felix erano sulle proprie.

E Mirren si ritrovò a ricambiare prima ancora di rendersi conto di cosa stesse succedendo. 

Baciare Felix era più naturale che respirare. Anzi, era come se fosse quello il suo ossigeno, senza cui non poteva assolutamente vivere.

Ma doveva vivere senza.

Non poteva assolutamente permettere che succedesse quello che stava accadendo.

Felix era solo, e unicamente, suo amico.

Il suo migliore amico, certo, ma niente di più.

E non sarebbe mai stato niente di più.

Allora perché stava ricambiando quel bacio?!

Mirren scansò Felix così violentemente che rischiò quasi di fargli male, e si allontanò il più possibile da lui.

-Avevamo chiarito- obiettò, quasi offeso.

Felix lo guardò con l’espressione più ferita che Mirren gli avesse mai visto in volto, ma prima che l’amico potesse sentirsi in colpa e provare a metterci una pezza sopra, la sofferenza mutò in rabbia, e Felix si alzò di scatto dal letto, furente.

-Chiarito? Quando mai?! Quando mai abbiamo affrontato questo argomento?!- si indignò, alzando la voce.

Mirren non capì. Ne avevano parlato nell’armadio, giusto? Alla festa di Petra. Avevano deciso che sarebbero rimasti amici per sempre e tutto sarebbe tornato come prima.

Beh, non avevano parlato dei propri sentimenti, ma…

-Era… implicito?- obiettò, ovvio.

-Oh, beh, se era implicito allora perché non lo rendiamo esplicito, per una buona volta?- propose Felix, in tono acido, mettendo le mani in tasca e armeggiando con qualcosa che Mirren non riusciva a vedere.

Mirren grugnì irritato.

-Perché dovremmo parlare di qualcosa che è ovvio?! Non possiamo semplicemente accettare la verità, andare avanti ed essere amici come sempre?- rimase seduto, e guardò l’amico quasi supplicante.

Felix di solito a questo punto cedeva. Mirren aveva smesso di contare i suoi tentativi di flirtare che lui evitava costantemente o fingeva di non notare. Ma questa volta Felix era deciso. Emotivamente troppo scosso per tirarsi indietro, e con un desiderio estremamente acuto di certezze, nella sua vita.

Il consiglio di Mirren gli rimbombava in testa: “il modo migliore per superare una situazione è provare a cambiare le cose che sono sotto il tuo controllo”. E aveva finalmente capito che non sarebbe cambiato niente finché non avesse preso il controllo di quella situazione.

-Quale verità devo accettare, Mirren? Non sono intelligente quanto te, perché non mi fai lo spelling?- incoraggiò l’amico a parlare.

Ma Mirren non ne aveva la minima intenzione.

Non capiva che evitava di parlare perché non voleva ferirlo? Era davvero così stupido o semplicemente masochista?

-Sei ridicolo, Durke. Ho provato ad aiutarti ma se fai così non…- si alzò finalmente dal letto e fece per andarsene dalla stanza. Era la sua camera da letto, ma avrebbe preferito andare in un hotel piuttosto che continuare quella conversazione.

Felix si precipitò alla porta e ci si mise davanti, chiudendo ogni via di fuga.

Mirren lanciò una discreta occhiata alla finestra, ma non era ancora abbastanza disperato da buttarsi dal primo piano.

-Felix, fammi passare- provò ad usare la diplomazia.

-Se non vuoi cominciare tu comincerò io, allora. Partiamo da una cosa abbastanza semplice, va bene?- Felix non rispose nemmeno, e prese un profondo respiro, prima di confessare l’ultima cosa che Mirren avrebbe voluto sentire in assoluto.

-Io ti amo, Mirren- la voce del ragazzo era tremante, ma provava a tutti i costi a farsi forza per ammettere un sentimento che provava da anni e non gli era stato mai permesso rivelare.

Mirren strinse i denti, a accolse la confessione come fosse una coltellata in pieno petto. Sentì quasi il dolore fisico, la lama di un coltello spingersi a fondo dentro la sua carne, pronta ad ucciderlo.

Ma troppo lentamente per i suoi gusti.

Non rispose, non ne aveva la forza.

Tutti i suoi timori si stavano concretizzando, troppo in fretta perché lui riuscisse ad elaborare un modo di evitarli.

-E prima che tu privi a rigirare la questione con uno stupido “Ti amo anche io, Felix, perché siamo migliori amici” meglio che specifichi. Io sono innamorato di te, romanticamente, da anni, e per quanto ci provi non riesco in alcun modo ad andare avanti, dimenticarti e smettere di amarti. Quindi, te lo chiederò una volta sola, Mirren…- Felix aveva ancora una mano in tasca, mentre l’altra teneva la porta chiusa.

La sua voce era decisa, ma i suoi occhi terrorizzati, e tremava leggermente.

Mirren non l’aveva mai visto così pallido.

Continuò a non rispondere, e distolse lo sguardo. Non voleva guardarlo, non voleva affrontare la situazione.

Ogni parola era una coltellata al petto.

Voleva solo che smettesse tutto, svegliarsi e rendersi conto che era l’ennesimo sogno con Felix protagonista. Ne faceva ogni notte, ormai.

-Tu…- Felix esitò, mentre provava a porre la domanda fatale -…pensi che potresti amarmi?- chiese infine, in un sussurro così flebile che quasi si perse nel rumore dei battiti forsennati di entrambi i loro cuori.

Era il momento che Mirren temeva più di tutti, quello della verità.

Non aveva la forza di rispondere.

-Ho bisogno di una risposta, Mirren. È l’unico modo che ho per andare avanti. E ti prego, ti supplico, sii sincero. Non cambierà niente tra di noi, la nostra amicizia proseguirà immutata. Ho solo bisogno di qualche certezza, per favore!- la voce di Felix si alzò all’improvviso, e cercò di intercettare lo sguardo schivo di Mirren.

Sì o no.

Una parola di due lettere avrebbe cambiato la sua vita per sempre.

Avrebbe ammesso i propri sentimenti? Anche per Mirren la confessione di Felix era stata la conferma di una teoria che aveva sempre sostenuto ma di cui non aveva mai avuto prove. Ed ora era assolutamente certo che il suo migliore amico provasse qualcosa per lui.

Avrebbe potuto acconsentire, iniziare una relazione romantica con lui. Avrebbe potuto finalmente essere felice, come nei suoi sogni. Passare la vita intera a fianco di Felix, chiedergli di toccargli i capelli tutte le volte che voleva, baciarlo, liberarsi di ogni sua barriera.

Dopotutto con chi altri avrebbe potuto fare una cosa tanto folle e meravigliosa, se non con il suo migliore amico da tutta la vita?

Ma non poteva, non ci riusciva.

Iniziò a scuotere la testa prima ancora che valutasse esattamente l’altra alternativa. La paura prese il sopravvento su di lui, e fece un passo indietro.

Vide letteralmente qualcosa spezzarsi negli occhi di Felix, ma non mantenne il suo sguardo abbastanza da permettere che questa ferita lo coinvolgesse pienamente.

Il sì avrebbe aperto una strada con possibilità infinite.

Il no avrebbe chiuso per sempre quella porta, e tenuto Mirren sui binari programmati. Felix sarebbe stato solo suo amico, ma lo sarebbe rimasto per sempre. Ed era l’unica cosa di cui Mirren avesse bisogno.

Lui non poteva perdere Felix, e una relazione era destinata a fallire in partenza, soprattutto con lui.

Felix avrebbe superato la sua cotta, prima o poi. Mirren poteva vivere per sempre nascondendo i propri sentimenti, aveva abbastanza autocontrollo per farlo.

-No- rispose infine, in un sussurro -Non ti amo- mentì, provocandosi una pugnalata al petto peggiore delle precedenti.

Riusciva quasi a sentire fisicamente il suo cuore piangere, ma mantenne l’espressione più impassibile del suo vasto repertorio.

Felix sobbalzò, come se avesse preso una piccola scossa.

Lanciò un’occhiata verso la sua mano ancora in tasca, poi guardò Mirren a bocca aperta.

-Stai mentendo- lo accusò, in un sussurro, come se non ci credesse neanche lui.

Mirren si irrigidì leggermente, ma non aveva intenzione di cedere solo perché Felix aveva fatto una supposizione giusta. C’era un motivo per mentire, e avrebbe continuato a farlo per sempre.

-No, Felix. Non sto mentendo. Non ti amo- ripeté, guadagnandosi un’altra coltellata.

Nella sua testa una voce che gli ricordava sua nonna Rea gli stava gridando insulti molto coloriti.

Felix sobbalzò di nuovo, più forte.

-Stai mentendo! Perché continui a mentire?! Perché vuoi spezzarmi il cuore se provi lo stesso?- Felix provò ad avvicinarsi a lui, ma Mirren indietreggiò fino a sbattere contro il muro.

-Non provo lo stesso- Felix sobbalzò di nuovo -Io ti voglio bene, Felix- ammise, cercando di non rovinare completamente l’amicizia che stava cercando in tutti i modi di preservare -Ma non uscirei mai con te, mai, in tutta la vita. Mi dispiace, non voglio ferirti, ma devi accettare la verità- 

Felix non sobbalzò, sbarrò gli occhi e se possibile divenne ancora più pallido.

Lanciò nuovamente un’occhiata molto rapida alla sua tasca, poi tornò su Mirren.

-Perché?- provò a chiedere, confuso e terrorizzato.

Mirren si portò una mano sul viso, cercando di riordinare le idee. Perché stavano continuando quella conversazione?! Ormai aveva chiarito il suo punto. E stava troppo male per continuare ferire entrambi in questo modo.

-Perché siamo amici, non siamo altro che amici, e saremo sempre, e solo amici!- la sua successiva esclamazione uscì più rude di quanto pensasse, cercò di addolcirla almeno un po’ -Sei il mio migliore amico, e la persona a cui tengo di più al mondo. Ma non possiamo stare insieme, lo capisci?- provò a farlo ragionare.

-Io… capisco- sussurrò Felix, in tono vuoto, lasciò andare qualsiasi cosa stesse tenendo in tasca, e la sua mano crollò immobile lungo il suo corpo.

Mirren si sentì rassicurato. Stava ottenendo qualche risultato, finalmente. Alzò la testa verso Felix, per guardarlo in volto e recuperare meglio la situazione, ma il sollievo che iniziava ad impossessarsi di lui sparì immediatamente, lasciando posto ad un terrore agghiacciante.

Lo sguardo di Felix era vuoto come le sue parole, i suoi occhi spenti e rassegnati. 

Era come quando aveva un attacco, ma Mirren sapeva che in quel momento era perfettamente lucido, e questa consapevolezza rendeva l’apatia di Felix mille volte peggiore.

-Felix…- accennò qualche passo nella sua direzione, pentendosi di essere stato così diretto e crudele nella sua friendzone. Avrebbe dovuto andarci piano, essere più gentile. Dosare meglio le parole, invece era stato fin troppo categorico.

Ma era andato nel panico.

-Mi dispiace, Mirren. Devo starti lontano per un po’- sussurrò poi Felix, bloccando l’amico sul posto.

-C_cosa?!- esclamò lui con un filo di voce -No, no, un momento. Mi avevi promesso che la nostra amicizia non sarebbe cambiata!- gli ricordò, mentre il panico faceva breccia nel suo cuore.

-Scusa, ho sottovalutato il mio dolore. Non posso essere vicino come sempre soffrendo così tanto. Dammi un po’ di tempo- continuò Felix, dandogli le spalle e prendendo le sue cose per uscire.

Mirren provò a fermarlo, ma era troppo lontano dalla porta per evitare che lui uscisse dalla stanza.

Provò comunque ad usare  le parole.

-Aspetta, Felix! Non è giusto! Non puoi allontanarmi solo perché non ricambio i tuoi sentimenti!- gli fece notare, in tono accusatorio.

-Non posso neanche fingere di stare bene- obiettò Felix, uscendo definitivamente dalla porta e chiudendola dietro di sé. 

-Aspetta!- Mirren provò a seguirlo, ma le ginocchia gli cedettero, e cadde a terra.

-Non è giusto- borbottò tra sé, portandosi una mano al petto, dove sentiva che il cuore gli fosse appena stato strappato via e sbriciolato.

Notò con la coda dell’occhio una pagina della tesi dell’amico, con uno dei disegni di quel giorno.

Era un semplice schizzo fatto in pochi secondi, che riprendeva Mirren intento a ridere.

Le lacrime uscirono fuori dai suoi occhi senza che potesse controllarle.

Prese il foglio tra le mani e se lo portò al petto, singhiozzando rumorosamente.

-Non è giusto- continuava a ripetere tra sé, a voce sempre più bassa e impastata.

-Non è giusto…- 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Premessa… mi dispiace tantissimo! Chiedo scusa dal profondo del cuore a tutti i Ferren shipper (io sono la prima tra voi). Scrivere il “litigio/separazione/confronto” tra i due è stata la sfida più difficile dall’inizio della fanfiction, ma era anche una delle scene base che ho in mente per la fanfiction dagli esordi. Ho tagliato e aggiunto cose, ma questa scena ci doveva essere. 

Felix ha bisogno di pensare un po’ a sé stesso. Mirren deve rendersi conto che non deve sempre dare Felix per scontato. 

Ma, come ho promesso, questa fanfiction avrà un lieto fine, quindi pazientate, e vi assicuro che i Ferren daranno tante soddisfazioni.

Solo che… non adesso. E non in tempi brevissimi.

Parlando del capitolo in ordine…

Norman è sempre più done con Amabelle, e non lo biasimo. Chissà perché la ragazza è così estremamente decisa a mettere insieme le sue coppie… beh, più del solito. Che la consapevolezza di avere una cotta centri qualcosa?

Max e Sonja hanno avuto una conversazione davvero interessante, e Sonja sembra davvero nascondere qualcosa? Avete qualche teoria?

Poi, vabbè, Felix e Mirren sono quello che sono.

E a proposito di loro… secondo voi, chi ha ragione e chi ha torto? 

E chi dovrebbe fare il primo passo per risolvere le cose?

Domande a parte, spero che il capitolo vi sia piaciuto, nonostante il grande dramma.

Il prossimo passa ad argomenti molto più fluff, promesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Mathi e Denny presentano il laboratorio. Clover e Diego aiutano Miguel e Paola a scegliere il catering e il vestito.

   
 
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