Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: mask89    19/10/2020    7 recensioni
Naruto è in esilio auto inflitto, ma un omicidio, legato a delle circostanze misteriose, lo costringe a ritornare a Konoha, dove sarà costretto ad affrontare il suo passato.
Genere: Azione, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ino Yamanaka, Jiraya, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno | Coppie: Minato/Kushina, Naruto/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Chapter XIX

 
Sakura non riusciva a darsi pace. Era da dieci, lunghissimi, giorni che non vedeva Naruto. Era come sparito all’improvviso nel nulla. Aveva provato a contattarlo, ma ad ogni sua chiamata rispondeva la segreteria telefonica. Aveva lasciato oltre cento messaggi, ma non aveva ricevuto risposta. Era andata a cercarlo in facoltà, anche lì nessuna traccia; anche il suo appartamento si era rivelato un buco nell’acqua. Forse era partito per una missione all’improvviso, si disse e, probabilmente, non aveva avuto il tempo di avvisarla. Eppure, sentiva che quella risposta non l’appagava. Il suo sesto senso le diceva che fosse successo qualcosa di grave. Inoltre, quello stato d’ansia, si ripercuoteva anche sul suo lavoro. Commetteva errori stupidi, banali, che neanche un medico alle prime esperienze avrebbe compiuto. Per sua fortuna, anche la sua professoressa sembrava persa nei suoi pensieri. Era da oltre una settimana che aveva perso la sua solita carica vitale. Il suo volto era scavato e gli occhi gonfi e rossi. Le era sembrata devastata da un’orribile notizia, ma non aveva osato chiedere. Poiché, l’unica persona che aveva provato a domandarle cosa fosse successo, se ne era pentita amaramente. Tsunade le aveva urlato contro come un’ossessa. Si era ripromessa di parlarle, magari quando le acque si sarebbero calmate un po’. Per di più, le era apparso come se la volesse evitare. Avrebbe affrontato tutto al momento debito. Ora, la sua priorità, era un’altra persona. Si ritrovò a chiedersi chi potesse aiutarla. Ebbe un’epifania. Come aveva fatto a non pensarci prima?! Uscì correndo di casa, sperando che la sua intuizione fosse giusta. Era davanti a quella porta rossa da cinque minuti buoni. Da quanto tempo non li andava a trovare? Troppo. L’ultima volta non era stata una visita molto piacevole, considerato che si erano rifiutati categoricamente, anche se con un certo tatto, di dare notizie su Naruto. Sperò che, questa volta, la sua visita avesse un altro esito. Suonò il campanello. Una donna, dai lunghi capelli rossi, le aprì la porta. Non era cambiata molto, era bella come sempre, nonostante avesse passato i cinquanta. Ma, in quel frangente, la sua bellezza era deturpata da un volto intriso di dolore.       
«Ciao Kushina, scusa il disturbo.»
«Sakura, da quanto tempo!» Esclamo la donna sorpresa. «Entra.»
«Sicura che non arrechi fastidio?»
«Ma stai scherzando? Quale fastidio! Sono felice di vederti. Vieni, c’è anche Minato, sarà contento d’incontrarti. Sei proprio diventata una bella donna, sai?»
«Grazie!» Rispose arrossendo. Entrò nel soggiorno, dove trovò l’uomo. Rimaneva sempre sbigottita nel constatare quanto padre e figlio si somigliassero. Se non fosse stato per i capelli più lunghi e per qualche ruga, li si sarebbe potuti confondere.
«Sakura, sono felice che tu sia qui.»
Nonostante il tono allegro usato dal biondo, l’espressione sul volto era cupa. Sentì lo stomaco chiudersi. Si sedette. Serrò i pugni all’altezza delle ginocchia. L’atmosfera di quella casa non era la solita. Abitualmente, fin da quando aveva avuto modo di frequentarla, si respirava un’aria di serenità, pace e spensieratezza. Ora, tutto questo, sembrava un lontano ricordo sbiadito nel tempo. La voce della donna interruppe il suo flusso di pensieri.
«Naruto ci ha detto tutto. Siamo felici che, finalmente, vi siate ritrovati. Fin da quando eravate piccoli facevamo il tifo per voi due.» Un leggero sorriso si formò sulle labbra.
«A quanto pare lo avevano capito tutti, tranne la sottoscritta…»
«Non biasimarti. Non è facile comprendere un sentimento come l’amore. Non tutti sono fortunati, da capire chi è la persona giusta, dal primo momento.» Guardò l’uomo alla sua destra.
«Voi sapete dov’è Naruto? Sono giorni che non lo sento!» Diretta, brutale. Non le andava ti tergiversare sull’argomento. Vide i due che si scambiavano uno sguardo preoccupato. Lo aveva già visto in passato. Le sembrò di rivivere lo stesso momento, ma, questa volta, non avrebbe demorso. Avrebbe abbattuto, con tutte le sue forze, quel muro di silenzio imbarazzato.
«Non possiamo dirtelo.» Rispose l’uomo.
Nuovamente quella risposta. No, non avrebbe accettato quel verdetto. Le loro continue occhiate, quel tono poco rassicurante. Loro sapevano. Si sarebbe giocato il tutto per tutto.
«So tutto! Naruto mi ha raccontato ogni singolo aspetto della sua vita!» Osservò i loro volti. Erano sconcertati. Non erano pronti ad una reazione del genere.
«Sakura» disse dolcemente la rossa. «Noi non sappiamo…»
Minato posò una mano sul braccio della moglie. Poi la guardò intensamente.
«Kushina, se le ha raccontato tutto, allora è giusto che sappia.» Poi posò il suo sguardo su Sakura «Naruto è in carcere…»
«Cosa?» Era sicura di aver sentito male.
«Ha ucciso un uomo…Il suo capo, Jiraiya.»
Quella vaga sensazione di malessere che provava esplose nel suo petto, come una supernova. Sentì il fiato mozzarsi. Non era possibile. Il Naruto che conosceva non sarebbe stato in grado di uccidere nessuno, per alcuna ragione al mondo. C’era qualcosa di profondamente sbagliato. E poi, perché quel nome le era familiare? Un’intuizione la folgorò. Era l’uomo che vedeva spesso accanto a Tsunade. Non poteva essere! Adesso riusciva a dare una spiegazione razionale al comportamento della donna.
«Non può essere…»
«Invece è così» disse l’uomo addolorato. «Non riusciamo a credere a quello che ha fatto. Lo abbiamo saputo grazie a delle nostre conoscenze. Non ci permettono di vederlo o di avere contatti con lui…» Abbracciò la moglie che, nel mentre, era scoppiata in lacrime.
«No, no, no. Mi rifiuto di crederci. Non può aver commesso un gesto del genere. Non è da lui!»
«La fonte è sicura…»
«Non mi interessa.» Poi come un lampo, le sovvenne la promessa che le aveva fatto fare il biondo. «Io ho fede in lui. Finché non lo sentirò dalla sua voce, io mi rifiuterò di crederci! Ditemi in che carcere si trova…»
«Non è possibile…» Ma una carezza della moglie lo interruppe.
«Sakura ha ragione. Dobbiamo avere fiducia in nostro figlio. Dobbiamo batterci con tutte le nostre forze per vederlo. Quello che ci stanno facendo è disumano.» Nello sguardo della donna, ora, vi era una feroce determinazione.
«Avete ragione. Andiamo!»
Una voce, proveniente dall’ingresso, bloccò i loro movimenti e li gelò sul posto.
«Fossi in voi non muoverei un muscolo.» Si sentì il rumore di una pistola che veniva armata. «Almeno, se ci tenete alle vostre vite.»

 
Ormai aveva perso la percezione del tempo. In quella cella non filtrava uno spiraglio di luce naturale. Solo grazie al suo orologio sapeva che era lì da ben quindici giorni. Non era pentito di ciò che aveva fatto. L’unico rimpianto che aveva, era quello di non aver potuto dire niente ai suoi cari. Non gli era permesso di vedere nessuno. L’unica visita che riceveva era quella di Ibiki Morino; ma quegli estenuanti interrogatori, non erano riusciti a fiaccare la sua resistenza. Non avrebbe detto una sola parola, avrebbe accettato, in tutta tranquillità, la sua condanna. Se lo meritava. Aveva deluso tutti. Provava un solo rimpianto: non aver trascorso abbastanza tempo con Sakura. Ancora una volta aveva distrutto ciò che più amava; ma, ora, non poteva incolpare nessuno, solo biasimare sé stesso. Il martellare di un bastone, sulla robusta porta di acciaio, lo ridestò dai suoi pensieri. Lentamente, si alzò in piedi. Provò dolore nel fare quel gesto così normale. Ma, dopo quindici giorni passati disteso sul letto o seduto, i suoi muscoli si erano leggermente atrofizzati. Vide entrare due guardie.
«Cosa volete?»
«Ti trasferiamo.» Rispose laconica la guardia più anziana.
«Dove?»
«Fuori da questa nazione. Noi saremo la tua scorta.» Indicò gli altri componenti del gruppo. Erano in sei.
«Così hanno deciso di torturarmi…»
«Visto che non ti decidi a parlare. Ora andiamo. In marcia.»
Camminò a lungo. L’unica nota positiva, era che sentiva i suoi muscoli riattivarsi. Arrivò davanti all’entrata principale del cortile interno del carcere. Quando i battenti si schiusero, la luce del sole lo colpì con forza. Dovette schermarsi gli occhi con le mani, o almeno ci provava, considerato che le manette ai polsi limitavano i suoi movimenti. Si sentì trascinare di peso, per poi essere gettato malamente nel blindato. Il pavimento in acciaio gli diede un freddo benvenuto. Le guardie, che erano entrate dopo di lui, lo aiutarono a rialzarsi e a sedersi. Un clangore metallico sentenziò la chiusura del portellone del furgone. Guardò l’orologio, era passata quasi un’ora da quando era iniziato il viaggio, dovevano essere giunti all’aeroporto. Si ritrovò a pensare che il destino aveva uno strano senso dell’umorismo. Appena ritornato voleva far di tutto per andarsene, ora, invece, desiderava rimanere a Konoha con tutto sé stesso. Avvertì il mezzo frenare, per poi spegnersi. Subito dopo, il portellone si aprì. Fu quasi scaraventato a terra, era riuscito a mantenersi in piedi grazie al suo straordinario senso dell’equilibrio. Si guardò intorno, l’aereo che lo avrebbe portato chissà dove era a una decina di metri. I motori erano già accesi, anche se alla minima potenza. Intuì che appena salito sarebbe decollato. Venne strattonato, era il segnale per indicargli di procedere verso il velivolo. Appena tutti furono a bordo, il portellone venne richiuso. Fu un attimo, poi il caos invase quell’angusto abitacolo. Osservò, inerme, la sua scorta falcidiata. Guardò allarmato chi avesse sparato. Quando si tolsero i passamontagna, gli si gelò il sangue nelle vene.
«Sei un deficiente!»
«Gaara, ragazzi?!»
«Chi altri sennò? Dovevi fare solo una cazzo di cosa!» Inveì il rosso. «Seguire il piano! Sparare e scappare.»
«Mi dispiace! Ma perché ammazzare questi uomini innocenti?»
«Non sono morti, guarda meglio, fratello!» Intervenne B.
Vide dei dardi conficcati nel collo degli uomini della scorta.
«Si sveglieranno domani mattina, non si ricorderanno nulla.» Spiegò Polpo.
«Ma cosa avete intenzione di fare?» chiese allibito Naruto.
«Semplice!» Rispose il rosso. «Riprendere con il piano Scudo di Sabbia!»

 
Kakashi era furioso. Come poteva un aereo militare scomparire dai radar, pochi minuti dopo il decollo?
Ma, quella rabbia, era la somma dei bocconi amari che aveva dovuto ingoiare nei giorni precedenti. Da quando il nuovo direttore aveva preso il posto di Jiraiya, l’agenzia peggiorava ogni giorno che passava. Innanzitutto, le indagini condotte sull’omicidio del suo ex capo; non aveva mai visto tanta incompetenza tutt’assieme. Le ricerche erano state condotte in modo superficiale, approssimativo e la cosa, incredibilmente, sembrava avere l’approvazione delle più alte cariche dirigenziali e governative. Non si erano neanche affannati più di tanto nella ricerca del corpo. Asserendo che, siccome era caduto nel fiume e le piogge dei giorni precedenti avevano reso la corrente troppo forte, ricercare la vittima sarebbe stato molto dispendioso; poteva essere stato trasportato chissà dove, l’area da indagare era troppo grande! Come poteva la morte di un uomo, così importante poi, essere liquidata in quel modo? Non riusciva a capacitarsene. Per non parlare della sua esclusione dal caso. Troppo coinvolto, avevano sentenziato! Caricò, stizzito, la sua pistola d’ordinanza. Per non parlare di come stavano trattando Naruto. Il suo allievo aveva commesso un crimine atroce; ma, neanche i peggiori criminali, che aveva personalmente arrestato, avevano subito il suo trattamento. Isolato dal mondo, un solo pasto al giorno, nessuna ora d’aria e interrogatori lunghi ore, senza, a volte, la possibilità di poter andare in bagno. Lo stavano distruggendo. E dulcis in fundo, siccome resisteva a tutto questo, il nuovo direttore, aveva deciso di estradarlo in un paese, dove la tortura fosse consentita. Poiché, oltre a uccidere un uomo, durante le sue indagini, aveva “violato” dati che non competevano all’investigazione che stava effettuando. Violazione dei segreti di Stato, il capo di accusa. Per questo volevano estorcergli ogni singola informazione. Ma, la cosa peggiore era un’altra. Hidan era stato rilasciato nei giorni precedenti. Poiché, secondo il nuovo direttore, i capi di accusa non erano sufficienti per tenerlo ancora in stato di fermo. Un centinaio di omicidi, fra cui la ragazza di Naruto e non vi erano abbastanza elementi! Cazzate! E lui, in tutto questo cosa aveva fatto? Niente. Non era stato in grado di muovere un dito. Finì di allacciarsi il giubbotto antiproiettile e si diresse furente verso la sua macchina, situata al meno cinque. Vi entrò sbattendo la portiera. Stava per mettere in moto, quando sentì qualcosa di gelido premere contro la sua nuca. La riconobbe, era la canna di una colt.
«Un solo movimento e raccoglieranno il tuo cervello dal parabrezza



Spazio autore:

 
Ciao, 
è lunedì,  quindi ecco a voi il nuovo capitolo.
Siamo giunti al terz'ultimo capitolo di questa storia. Chi è il misterioso uomo che minaccia la famiglia di Naruto, Sakura e Kakashi? Riuscirà il nostro eroe a portare a termine il suo piano, aiutato dai suoi amici? 
Come sempre, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento. Un commento è sempre gradito. :-P
A presto!
Mask.
 
 
   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: mask89