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Autore: EleWar    24/10/2020    15 recensioni
Kaori sta partendo senza Ryo, per una vacanza con Reika e Miki ma........ c'è sempre un ma. Perché le cose non sono mai come sembrano, e se c'è di mezzo un famoso ladro, tutto si complica.
Genere: Azione, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Miki, Reika Nogami, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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Pensavo e speravo di fare presto, di aggiornare presto, e invece sono andata leggermente lunga. Spero però che con questo capitoletto un po' più lungo, riesca a farmi perdonare.
Ancora GRAZIE a lettere cubitali per le bellissime rec ricevute, siete tutte stupende *.* GRAZIE  a chi legge e commenta, a chi legge e va, a chi c'è sempre.
Vi adoro!
Eleonora



Cap. 6 Cose da non fare…forse
 
 
La prima sensazione che provò Kaori ridestandosi, fu di freddo.
Un disagio dato da un’insolita frescura che la pervadeva tutta.
Muovendosi e sgranchendo gambe e braccia, riacquistò un po’ del calore corporeo che sembrava averla abbandonata, e così facendo si accorse di essere involtolata solo nel lenzuolo, e che gran parte del suo corpo era scoperto e… nudo.
Si svegliò all’istante.
Era ancora dalla sua parte del letto, ma non aveva il coraggio di voltarsi a guardare in direzione del socio.
Fu presa da un’ondata d’imbarazzo, e iniziò a tirare la stoffa per potersi coprire, ma il lenzuolo faceva resistenza e lei sapeva perché.
Diede uno strattone più forte, e sentì l’uomo mugugnare nel sonno e dire un: “Kaori… lasciami dormire” con voce impastata e vagamente sensuale.
Fu percorsa da un brivido che non era di freddo.
Si decise a guardare il suo compagno di letto, e lo trovò disteso, supino, con braccia e gambe divaricate, i capelli arruffati, e un sorriso soddisfatto e beato sul viso: era evidentemente appagato e anche un po’… spossato.
La ragazza si sentì male!
Sapeva molto bene perché era, erano, in quella condizione.
 
Saltò su e gli fu addosso, lo prese per le spalle e iniziò ad imprecare, sballottandolo:
 
“No, no, no! Non è possibile!”
 
Lui, colto alla sprovvista, riuscì appena ad aprire gli occhi, mentre la testa oscillava avanti e indietro come quella di un pupazzo di pezza; stentava a riprendere i contatti con la realtà, eppure c’era abituato a certi risvegli traumatici.
Lei proseguì dicendo:
 
“Ryo, Ryo, cosa abbiamo fatto??? Cosa ho fatto???”
 
Lui articolò un:
 
“Eh?”
 
Infine, dopo tanto sbattimento, lui si svegliò del tutto, e bloccandola saldamente con le mani, leggermente contrariato sbuffò:
 
“Insomma Kaori, ti vuoi calmare?”
 
“Ma non capisci?” rincarò lei, sull’orlo del pianto “Lo abbiamo fatto!”
 
“E allora?”
 
“Come sarebbe a dire allora??? Avevamo deciso di aspettare… e invece…”
 
“Ehi, non vorrai mica dare la colpa a me? Io sono stato ai patti, sei tu che hai iniziato!” puntualizzò lui, che non si aspettava una tale reazione da parte della ragazza e già si stava innervosendo.
 
Lei smise di piagnucolare e tacque.
Allora lui riprese più dolcemente:
 
“Kaori ascoltami, cosa avrei dovuto fare secondo te? Ad un certo punto della notte ti sei avvicinata, anzi mi hai abbracciato, sussurrandomi all’orecchio ‘Ryo stringimi’. Sembravi un gattino che faceva le fusa!” e al solo ricordo gli brillarono gli occhi di una strana luce; riprese, ancora più accorato: “… io ti ho stretto, e poi… boh? Eravamo lì che ci baciavamo, ed io non capivo più niente” disse con aria estatica.
Poi la guardò fermamente e aggiunse:
 
“Tu sai che ti desidero, e che ti rispetto anche, ma per me è stato troppo; ti ho respinto tutta la vita facendo violenza su me stesso, stavolta non avrei potuto farlo di nuovo, e non quando eri  tu a cercarmi… in quel modo. Credo che ormai fosse inevitabile per noi, no? E comunque, ad un certo punto, se ben ricordi, ti ho anche chiesto se ne eri consapevole, se eri sicura di quello che stavi per fare… e mi hai risposto di sì.”
 
La ragazza abbassò gli occhi, sconfitta; sapeva benissimo che Ryo aveva ragione: era stata lei che lo aveva cercato, non resistendo alla tentazione di averlo fra le braccia e, come era giusto che fosse, il resto era venuto da sé, nella maniera più naturale e semplice del mondo.
Quell’assaggio nell’ascensore ne era la prova, erano finiti i tempi in cui ci si nascondeva dietro un dito.
Era stata lei che non aveva rispettato i patti, e non poteva fargliene una colpa se lui la voleva come aveva sempre sognato che facesse.
Ryo, vedendola così scorata, cercò di sdrammatizzare a modo suo, dicendo:
 
“Oh, Sugar, sei stata fantastica! E poi quando hai iniziato a fare quella cosa…”
 
“Zitto, zitto non dire niente!” si precipitò a tappargli la bocca per non fargli finire la frase: “Non aggiungere altro, mi vergogno troppo” e il suo viso prese fuoco.
Ma lui, offeso dal suo comportamento che sfiorava quasi il rifiuto, le afferrò la mano e la scansò con forza così da poter parlare di nuovo; con sguardo accigliato si rivolse a lei così:
 
“Cosa vorresti dire, che ti vergogni? Ti sei forse pentita di averlo fatto con me? Perché, per quanto mi riguarda, è stata la notte più bella della mia vita, e fare l’amore con te è stata un’esperienza travolgente!”
 
“Di-dici sul serio?” riuscì a dire lei.
 
“Certo! Cosa pensi che abbia fatto con te, se non l’amore?”
 
Lo sguardo di Kaori si addolcì all’istante, e le ciglia le s’inumidirono; gli si buttò al collo, nascondendo il viso nell’incavo della spalla:
 
“Oh, Ryo, perdonami, perdonami!” proruppe piangendo.
 
Lui l’accolse fra le braccia, e accarezzandole i capelli, con tenerezza, le disse:
 
“Sshhhhh, Kaori-chan, dai, non fare così… non piangere.”
 
“È che sono così confusa!” disse lei soffocando le parole nel petto dell’uomo, e già il suo alito caldo risvegliava in lui un certo interesse nei suoi confronti; erano entrambi ancora nudi, a parte quel lenzuolo stropicciato che scopriva, più che coprire, i loro magnifici corpi; lei era balzata a cavalcioni su di lui, e gli echi della loro notte d’amore tornavano prepotenti ad invadere la mente di questi novelli amanti.
 
Lei si scostò lentamente da Ryo, che le deterse una lacrima con una dolcezza infinita:
 
“Va tutto bene Sugar, e poi sono io, siamo noi!”
 
“È vero, Ryo, hai ragione. Che disastro che sono, rovinare così il nostro primo risveglio insieme…”
 
“Be’ sì, l’affronto è stato veramente grave, e sono profondamente offeso, mi aspettavo di meglio dalla mia donna” e la guardò ammiccando; quell’ammissione riempì di gioia il cuore della sweeper, che si sentì rincuorata e amata.
Lui proseguì dicendo, con finta saccenteria:
 
“Direi che dovrai farti perdonare…”
 
“Ah, se è così allora, non c’è problema!” rispose lei seguendo la linea del suo giochetto, e stupendolo non poco, perché lui si aspettava un tergiversare, un imbarazzo paralizzante, anche se, pensandoci, la sua socia si era rivelata una donna passionale e intensa: si era data a lui completamente, e da lui aveva preteso la stessa dedizione.
Kaori era stata una piacevole scoperta, e se Ryo avesse saputo che stare con lei si sarebbe rivelato così meraviglioso, si sarebbe deciso molto prima.
Lei era la donna giusta per lui, in tutto e per tutto.
Donna che non lasciò troppo spazio ai pensieri del socio, perché lo baciò subito con passione e trasporto, trascinandolo con sé in un gorgo di voluttà e piacere.
 
Si liberarono del lenzuolo e presero ad accarezzarsi e cercarsi, punteggiando il corpo dell’altro di baci umidi, piccoli morsi, strette, prese e carezze languidissime, che li facevano sospirare e gemere di piacere.
Si amarono lentamente e lungamente, e persero la cognizione del tempo e dello spazio, dimentichi di tutto il resto, ormai solo un insulso contorno alla loro favola d’amore.
E se la notte era stata tempestosa e tumultuosa, pregna di desiderio e urgenza, le luci dell’alba che filtravano dall’oblò sorpresero due corpi e due anime che anelavano ad unirsi e a diventare una sola magnifica entità.
Erano fatti per amarsi, e quello fecero, semplicemente.
 
Felici ed appagati del piacere dato e ricevuto, si riaddormentarono ancora abbracciati e avvinghiati.
Non sarebbe stata la cattura di un semplice ladro a fermare la potenza del loro sentimento, che finalmente aveva rotto gli argini in cui l’avevano costretto per tanti, troppi anni.
Era giunto il momento di viverlo appieno.
 
 
Stavolta la prima sensazione che provò Kaori ridestandosi fu di caldo, un caldo benefico che le arrivava fino al cuore.
Era ancora abbracciata all’uomo della sua vita, e sorrise pensando all’evoluzione che aveva avuto la loro relazione in meno di ventiquattro ore.
In quegli ultimi mesi si era creata una strana tensione fra loro, che li faceva stare all’erta ai movimenti, alle parole, ai detti e non detti dell’altro, molto più di prima.
Era cresciuta giorno dopo giorno, fino a farli diventare come due pentole a pressione, pronte ad esplodere in qualsiasi momento, e quel caso inatteso, che avrebbe dovuto dividerli, almeno sul lavoro, li aveva invece uniti più che mai.
E se all’inizio lei aveva lottato perché non succedesse altro fra loro, dopo quell’incontro rovente nell’ascensore, per paura di distrarsi troppo seguendo l’evolversi della loro storia d’amore, anziché stare concentrata sulle indagini, dovette arrendersi all’evidenza che quella era un’impuntatura sciocca e inammissibile.
Coronare un sogno, vivere pienamente un amore che si è rincorso per tutta la vita, non dovrebbe straniare le persone dal resto del mondo, altrimenti non sarebbe quello un sentimento malato?
Erano due adulti, e non adolescenti in preda ad una tempesta ormonale, anche se essersi proibiti di amarsi non aveva fatto altro che esasperare il desiderio e l’attrazione reciproca.
Ma potevano ancora ragionare, forse…
E poi lei era e si sentiva una sweeper a tutti gli effetti, e non poteva fare una scelta, fra l’amore e il lavoro.
Era una professionista, e tutto ciò che sapeva e che aveva imparato, indirettamente a volte, lo doveva a Ryo e alle sue frequentazioni, composte da ex-sweeper ed ex-mercenari; non erano una coppia normale, e il loro menage non sarebbe mai stato come quello di nessun altro, a parte forse al riparo delle mura domestiche, e la loro storia d’amore era intessuta dello stesso lavoro che lei aveva voluto anteporre alla sua felicità… anche se solo temporaneamente.
No, le due cose non potevano essere divise; e no, non avrebbe passato le sue giornate a sospirare pensando a Ryo, o a quello che avevano finalmente fatto.
Fuori da quella cabina, che per il momento rappresentava la loro casa, il loro nido d’amore, Kaori sarebbe tornata l’esperta che era; tutto il resto era solo rimandato, con la magnifica prospettiva che sarebbe successo veramente, perché ora anche Ryo si era dichiarato, si era dato a lei con il cuore e con il corpo, ora sapeva che si appartenevano.
 
Si mosse, e si accoccolò meglio nell’abbraccio dell’uomo, aderendo ancora di più al suo possente corpo, che poteva essere una macchina da guerra, ma anche dispensare così tanta tenerezza che c’era da commuoversi al solo pensiero.
Era estremamente eccitante stare pelle a pelle in quel modo, un’esperienza intima e piacevole che le faceva rimpiangere il momento in cui si sarebbe dovuta rinfilare i vestiti.
Questo pensiero la portò a ricordarsi che, effettivamente, era bene che si rivestisse, e in fretta per giunta, perché una delle sue compagne d’avventura avrebbe potuto passare di lì, e non era ancora pronta a dare spiegazioni, né a farsi sorprendere a letto con il suo socio.
Sospirò.
 
“Ryo? Ryo, svegliati!” sussurrò al suo orecchio, ma abbastanza forte per poterlo destare senza farlo sobbalzare.
 
Lui mugugnò.
Lei riprese più insistente, e accompagnò i suoi richiami con piccoli baci sul bel viso del compagno e sull’incipiente barba che le faceva il solletico sulle labbra.
 
“Dai, Ryo!! Devo alzarmi… lasciami andare! E poi potrebbero passare Miki o Reika!”
 
Sotto quel fuoco incrociato di baci e richiami dolcissimi, finalmente lui si mosse e allentò la presa; aprì gli occhi e lei si perse in quegli abissi di nera antracite.
Era lui che la guardava, guardava lei, e Kaori sentì uno strano sfarfallio nello stomaco.
Quanto l’amava?
E nemmeno potesse leggere nei suoi pensieri, Ryo le sorrise grato, con gli occhi e con la bocca.
Lo sweeper avrebbe voluto protestare che desiderava restare ancora un altro po’ lì con lei, ma capiva che non poteva pretendere altro; lei stava lavorando, e lui aveva promesso di non intralciarla… né di distrarla più di quello che aveva già fatto.
 
Kaori, allontanandosi da lui, gli disse:
 
“Stamattina molto probabilmente andrò in piscina insieme alle ragazze, sperando che il Camaleonte si faccia vivo. I coniugi Sora, che Miki ha conosciuto, l’hanno invitata a passare la giornata insieme” e gli riportò brevemente le informazioni raccolte sui ricchi signori Taiyo e Tsuki Sora, e sulla loro passione per i gioielli antichi.
Ryo ascoltava attentamente e annuiva.
Poi lei gli chiese:
 
“E tu, cosa farai?”
 
“Per prima cosa una bella colazione ricostituente” e le fece l’occhiolino facendola arrossire fino ai capelli; divertito per quel suo innato pudore, le chiese per stuzzicarla:
 
“Perché, tu non hai fame? Eppure di attività ne abbiamo fatta parecchia.”
 
“Ho-ho capito” tagliò corto lei, per poi aggiungere: “Probabilmente scenderò in sala per la colazione, dovrebbe esserci anche Reika…” e lo squadrò, alla ricerca di un qualche guizzo che tradisse il suo interesse per la bella investigatrice, ma Ryo rimase impassibile, come se lei gli avesse parlato del tempo o delle quotazioni di borsa in Nepal.
Allora Kaori riprese con:
 
“E dopo la colazione? Programmi, mio bel moretto?”
 
“Andrò a farmi un giro per negozi, che non ho niente da mettermi a parte quel vestito là; dovrò pur rifornirmi di outfit consoni all’ambiente!”
 
“Caspita, e dove hai imparato a parlare così?” gli domandò divertita.
 
“Cara la mia socia, negli anni mi hai fin troppo sottovalutato. Comunque, fra le cose che mi comprerò, ci sarà anche un bel costume da bagno, perché ho intenzione di venire anch’io in piscina e godermi… la vacanza” finì con aria maliziosa.
 
“Ma-ma Ryo! Avevi promesso che non saresti intervenuto!”
 
“Ed è quello che farò, però non puoi impedirmi di gironzolarti intorno, non più, soprattutto dopo stanotte” e la guardò con occhi penetranti.
 
La ragazza sospirò in un misto di felicità e rassegnazione.
 
“E comunque faremo finta di non conoscerci, giusto?” riprese lui “Però, visto che ieri sera abbiamo ballato insieme e in parecchi ci hanno visto, non potremo ignorarci più di tanto. Magari un salutino, un cenno, potremmo anche scambiarcelo: dobbiamo essere credibili. È una delle prime regole da tenere quando si agisce sotto copertura: non dare troppo nell’occhio, uniformarsi alla massa, e soprattutto essere credibili.”
 
“Hai ragione… Però hai visto cosa intendevo? Mi basta averti intorno o sapere che ci sarai, che vado nel pallone!” ammise sconsolata.
 
Allora lui, tornando ad abbracciarla, le sussurrò lascivamente ad un passo dalle labbra:
 
“Lo so, faccio questo effetto!”
 
“Ma smettila, sbruffone!” esclamò ridendo la ragazza e dandogli un mezzo spintone, che lo allontanò leggermente, per poi aggiungere:
 
“Dai, fammi andare, che devo proprio farmi una doccia.”
 
“Vengo anch’io?” saltò su speranzoso Ryo, quasi scodinzolando come un cagnolino felice.
 
“Non. Ci. Pensare. Nemmeno.” scandì lei, alzandosi infine dal letto e dirigendosi in bagno, per poi voltarsi un secondo prima di entrare: “E non provare a seguirmi!” disse con aria leggermente minacciosa.
 
Lui si lasciò ricadere disteso sul letto, felice come non lo era mai stato; sospirò soddisfatto: finalmente la vita aveva acquistato un ben altro sapore, e lui lo voleva gustare fino in fondo.
Ragionando con il suo amichetto, che non mancava mai di presentarsi a certi appuntamenti, gli disse:
 
“Caro mio, siamo fortunati non credi? Quella donna è fantastica e ci piace un sacco… Come dici? Era ora che mi facessi avanti? Sì, hai ragione, ho perso un sacco di tempo, ma non sarei l’idiota che sono altrimenti no?”
 
Poi si zittì, e tendendo l’orecchio sentì la socia cantare sotto la doccia.
La sua soddisfazione crebbe di pari passo col suo sorriso, e prima di voltarsi a pancia sotto e agguantare il cuscino che sapeva di lei, di loro, bofonchiò, sprofondando nella federa:
 
“Senti? È felice anche lei!”
 
E quasi si appisolò.
 
Quando lei rientrò in camera lo trovò così, disteso di traverso, con quel suo corpo scolpito, perfetto, che finalmente aveva avuto il piacere di scoprire e percorrere tutto, con pazienza e dedizione; i baci con cui lo aveva assaggiato e le carezze che gli aveva riservato, avevano procurato una tale soddisfazione ad entrambi che, orgogliosamente, sorrise soddisfatta.
Ora era il suo uomo.
Ma si riscosse al pensiero che sarebbero potute entrare le sue amiche, da un minuto all’altro, e a voce un po’ più alta disse:
 
“Forza, vestiti! Se dovessero passare le ragazze, probabilmente non si stupirebbero più di tanto di trovarti qui, ma di certo non in queste condizioni.” Poi, fermandosi ad osservare il letto che era ormai un campo di battaglia: “E comunque basterebbe questo per arrivare alle giuste conclusioni.”
 
Ma il socio, voltandosi pigramente, piuttosto che ribattere in qualche modo, vedendola lì ritta al centro della stanza, schizzò in piedi e chiese, quasi balbettando:
 
“Do-dove andresti vestita così, tu?”
 
“Ma che stai dicendo?”
 
“Non andrai in giro così… così…” indicandola.
 
“Così come? Sto andando in piscina, è ovvio che indossi un costume da bagno, mica posso andarci con una muta da sub!”
 
“È-è… sgambatissimo! Quel bikini è da infarto secco!” e già il suo viso era una maschera grottesca, alterato dal solito ghigno da maniaco e dalla gelosia che lo stava dilaniando.
 
“Oh, su, non dirmi così, che dopo mi sento a disagio più di quello che non sono già!”
 
E lo sweeper dovette ammettere che era necessario che Kaori si mettesse in mostra, per accalappiare il Camaleonte, e il fatto che fosse una bellissima donna giocava a suo favore; peccato che ora fosse la sua, di donna, e che non avrebbe permesso a nessun altro di guardarla.
Allo stesso tempo, però, non poteva certo pensare di chiuderla a chiave nella cabina e non farla uscire, solo perché lui si sentiva in preda alla gelosia più nera.
Anche lei era una professionista, e certi atteggiamenti possessivi non dovevano danneggiare il suo lavoro; anche questo voleva dire non interferire.
Alla fine, a malincuore, si convinse che era una partita persa fin dall’inizio.
E in ogni caso era più che sicuro che lei non si sarebbe atteggiata – non ne aveva bisogno, tra l’altro, perché le sarebbe bastato essere sé stessa – e non avrebbe fatto la sciocchina con l’intento di attirare l’attenzione maschile; e aveva classe da vendere.
E questa era una delle innumerevoli doti che lo avevano fatto innamorare.
 
“Hai ragione, scusami” capitolò l’uomo, stupendo la compagna che sgranò tanto di occhi; quella era una novità assoluta, che il grande Ryo Saeba le desse contemporaneamente ragione e le chiedesse scusa.
Provò un moto di affetto verso quel ragazzone complicato e semplice allo stesso tempo, e gli sorrise dolcemente:
 
“Se può farti stare tranquillo, sappi che indosserò il pareo, almeno durante la colazione; poi però dovrò toglierlo per prendere il sole.”
 
Ryo pensò che questa copertura sarebbe stata totalmente inutile, visto che lei sarebbe stata meravigliosa anche e soprattutto con un pareo, un leggero telo che avrebbe giocato a scoprire le sue lunghe gambe quando camminava o si sedeva; che avrebbe delineato il suo sedere perfetto, oscillando ritmicamente ad ogni passo; legato ai fianchi che… oddio stava partendo per la tangente, meglio fermarsi in tempo prima di farsi travolgere dal desiderio e riprenderla fra le braccia e non lasciarla più andare.
 
Ma furono interrotti da un leggero bussare; tesero le orecchie: era il segnale in codice con cui si annunciavano le ragazze quando andavano a farsi visita nelle rispettive cabine.
Un attimo di panico.
Poi Kaori, voltandosi verso il socio, gli sussurrò:
 
“Presto! Copriti con il lenzuolo, dai dai!”
 
Quindi si diresse di corsa alla porta e l’aprì.
Miki era lì davanti a lei, splendida come sempre, in un bellissimo costume intero color acqua marina, un borsone di paglia gettato sulla spalla e un cappello a tesa larga sulla mano, e anche lei indossava un pareo.
Si fermò sulla soglia indecisa; percepiva una variazione nell’aura dell’amica, e soprattutto sentiva che non era da sola.
Aspettò che fosse la sweeper ad invitarla ad entrare, cosa che non tardò a fare, con un leggero imbarazzo dissimulato a fatica.
L’ex mercenaria avanzò guardinga nell’alloggio, prima attraverso il salottino dove il carrellino delle vivande, carico di piatti sporchi, sostava ancora in un angolo, e poi, seguendo Kaori, nella camera da letto, il posto più riparato e sicuro, l’ideale per parlare, lontano da eventuali orecchi indiscreti… anche se lì c’era pur sempre Ryo.
Un’altra cosa che saltò subito agli occhi della barista, fu l’insolito disordine che regnava nella stanza, il letto disfatto al centro del quale, una montagnola in rilievo, delineava inequivocabilmente un corpo umano, disteso.
Miki interrogò con lo sguardo Kaori, che stringendosi nelle spalle, ammise, sforzandosi di essere più disinvolta possibile:
 
“Sì, è Ryo.”
 
In fondo non c’era da stupirsi se i due soci condividevano la stessa cabina, tanto più che lui, di fatto, era un clandestino e si era imbarcato all’ultimo momento solo per seguire lei, anche se questo Miki non poteva ancora saperlo.
Però lo sweeper non resistette oltre, e scoprendosi di colpo, con un ampio gesto del braccio, finì quasi per mostrare le pudenda; esordendo con:
 
“Tadaaan!” e immediatamente dopo: “Ciao, Miki!!! Che piacere rivederti!”
 
Kaori aveva già impugnato un nuovissimo martello con la scritta “traditore”, pronta a polverizzarlo, ma, per fortuna, Ryo stranamente si fermò lì senza nemmeno accennare a saltarle addosso, come le altre volte.
Le ragazze rimasero entrambe interdette, seppur per i motivi più disparati, e Miki, dopo averlo osservato con gli occhi a fessura, proruppe con:
 
“Ma è nudo!”
 
Una processione di corvi bercianti transitò sulla testa dei due City Hunter, ma la sweeper si affrettò a riprendere in mano la situazione e, cercando di sdrammatizzare, esclamò:
 
“Capirai che novità!”
 
Poi però, Kaori mise le mani sulla schiena dell’amica e la sospinse via, per poter parlare più liberamente e, soprattutto, per non dover indugiare ancora in quella situazione a dir poco imbarazzante: Miki non era una stupida e non ci avrebbe messo tanto a fare due più due.
Kaori si augurò che non facesse domande mettendola ulteriormente a disagio,  comunque l’amica precisò:
 
“Non voglio sapere come avete passato la notte, non sono affari che mi riguardano, anche se…” e fece una pausa a effetto che fece arrossire enormemente Kaori; a quel punto, sicura di aver capito tutto, Miki aggiunse ammiccando maliziosamente: “Prima o poi mi racconterai ogni cosa!” E rivolgendole un sorriso radioso, un po’ più a bassa voce: “E se è come penso io, be’ sono molto contenta per te… per voi” e poi, rialzando il tono: “Ma ora parliamo di lavoro” mettendo fine a quelle puntualizzazioni imbarazzanti; Kaori gliene fu grata e impercettibilmente si rilassò, e le sorrise di rimando.
 
Rassicurata, la sweeper chiese:
 
“Allora, come pensi di procedere oggi?”
 
“I coniugi Sora mi hanno invitato a passare un po’di tempo con loro; sono la classica coppia che ama raccontare un’infinità di aneddoti sulla loro vita avventurosa, e insomma alla fine non sono male. Magari non hanno niente a che fare con il Camaleonte, ma già il fatto che sono ottimi intenditori di gioielli e che sembrano interessatissimi a quelli che indosso io, mi dà da pensare. Insomma in mancanza di meglio, standogli vicino, avrò modo di studiarli, di capire che intenzioni hanno. E tu?” chiese infine “Che farai?”
 
“Come d’accordo scenderò a fare colazione nella sala comune, e mi lascerò abbordare” e ridacchiò per la sua espressione; non era abituata a riferirsi a sé stessa in quei termini, e anzi a pensarci si sentiva morire dalla vergogna, ma aveva accettato il caso e quelle erano le condizioni.
Proseguì spiegando:
 
“Poi ti raggiungerò in piscina, dato che è uno dei passatempi preferiti da questi ricconi.”
 
Allora Miki, osservandola attentamente, non riuscì a trattenersi ed esclamò:
 
“Ma Ryo ti lascia andare in giro così?”
 
Kaori fu sul punto di esplodere dalla vergogna e si confuse, e non appena sentì il socio gridare dall’altra stanza: “Ragazze? Mi avete chiamato per caso?” si affrettò a rispondere: “No no, niente, hai capito male!” e poi rivolta a Miki, quasi sussurrando:
“A proposito… emmm… volevo chiederti…” iniziò a balbettare “non dire niente… a Reika” e la guardò con occhi imploranti.
Allora Miki saltò su e con aria trionfante:
 
“Lo sapevo!!!”
 
Però, vedendo la sua amica al colmo dell’imbarazzo, aggiunse:
 
“Stai tranquilla, non alimenterò la sua insana curiosità.”
 
Quindi, guardando il suo elegantissimo e costosissimo orologino da polso, esordì:
 
“S’è fatto tardi, è ora che vada. In ogni caso teniamoci in contatto come abbiamo fatto ieri, poi magari a metà giornata, o appena abbiamo delle novità, cercheremo di ritrovarci in qualche modo, okay?” e fece per avviarsi verso la porta d’uscita.
Poi ci ripensò e tornò indietro, verso il letto dove ancora giaceva Ryo, mezzo addormentato; era contenta che i due avessero fatto il grande balzo e che, apparentemente, Saeba avesse accantonato le sue arie da maniaco, per questo non si trattenne da ammonirlo:
 
“Saeba? Mi raccomando! Ora niente scherzi!”
 
“Eh?” rispose lui emergendo dal sonno.
 
“Hai capito molto bene” e gli strizzò l’occhio in segno d’intesa; poi raggiunse velocemente la porta della cabina, l’aprì, e guardingamente mise fuori la testa per controllare che non ci fosse nessuno sul corridoio, sgusciò fuori e se ne andò a passo svelto.
 
Kaori sospirò e non seppe nemmeno lei bene il perché.
Si voltò verso  l’interno della cabina, e pensò al suo partner, che se ne era rimasto buono tutto il tempo: non aveva insidiato Miki come al solito, e non si era interessato ai discorsi delle due donne; stava mantenendo la promessa di non intralciare le sue indagini, ma soprattutto aveva dimostrato di tenere a lei, di rispettarla… che fosse la volta buona?
Perché a quel punto non avrebbe sopportato che lui corresse dietro alle altre donne, ora stavano insieme, no?
Sospirò di nuovo, e si diresse alla stanza da letto, dove rimirandosi allo specchio, si appuntò la spilla ricetrasmittente allo scollo del reggiseno del costume, e fece scomparire l’auricolare all’interno dell’orecchio.
Ryo, affascinato, non si era perso nemmeno un movimento della socia; era rimasto sdraiato sul letto, appoggiato ad un gomito, il viso sulla forte mano; la guardava con ammirazione e affetto: lei era una donna fantastica, ed ora era libero di amarla e di dimostrarglielo.
La ragazza, sentendosi osservata e intercettando lo sguardo del compagno nel riflesso dello specchio, si girò lentamente, colpita dalla strana luce che vi vedeva danzare.
Si perse nella contemplazione di quell’uomo straordinario, che ora era totalmente suo.
Sussurrò:
 
“Che c’è?”
 
“Niente. Ti stavo solo guardando.”
 
Si sorrisero.
E restarono lì a guardarsi, persi ognuno negli occhi dell’altro, poi la ragazza si riscosse e disse:
 
“Devo andare” e lui annuì; poi però si mosse e, mettendosi a sedere con le gambe fuori dal letto, sempre senza smettere di guardarla, le disse:
 
“Kaori… dimentichi qualcosa.”
 
“Oh, è vero!” e si diresse velocemente al comodino lì vicino, a prendere le chiavi della cabina, ma lui fu più lesto, e bloccandole le braccia le disse:
 
“No, intendevo questo.”
 
E la baciò con dolcezza, lasciandola per un attimo frastornata: ogni bacio di Ryo le procurava un’emozione sempre diversa, ed era esaltante scoprire come lui riuscisse ad essere un amante dei più passionali, e allo stesso tempo un innamorato tenero e adorante.
Rispose senza indugio al suo bacio, sentendosi la donna più felice del mondo; si separarono a fatica e lei gli sussurrò sulle labbra:
 
“… lavoro.”
 
“Sì, sì certo” mormorò l’uomo a malincuore.
 
Infine la ragazza raggiunse la porta con passo sostenuto, per non dover indulgere troppo fra le braccia del suo partner, ora più che mai invitanti; prima di uscire si voltò a guardarlo ancora una volta, e gli inviò un ultimo bacio, per poi sparire nel corridoio.
 
Il socio si ributtò sul letto gongolando, con un sorriso che gli andava da orecchio a orecchio, ma un secondo dopo si ritirò su di scatto; non poteva restarsene lì e continuare a sognare la sua ragazza, mentre lei se ne andava, bella a quel modo, per quella nave ricolma di ricconi sbavanti.
Doveva fare tante cose prima di raggiungerla e poterla ammirare di nuovo in quel suo costume da infarto. Si passò una mano sul mento ispido e pensò che urgeva una bella rasatura; lo stomaco brontolava già da un po’ e, soprattutto, doveva comprarsi un intero guardaroba, con buona pace delle finanze di Saeko.
Si diresse in bagno velocemente, ma quando sentì riaprirsi la porta della cabina, contento tornò indietro esclamando:
 
“Sentivi già la mia mancanza?” convinto di ritrovarsi davanti la sua bellissima partner.
Ma dovette invece aggiungere:
 
“Reika? Che ci fai qui?”
 
   
 
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