Tonks e Lupin erano sposati da poco tempo. Si erano sposati in fretta ed in segreto, tanto era il loro amore. Non avevano panificato la loro vita, non pensavano al futuro. Sospirando preparò la moka del caffè e la mise sul fuoco. Remus la raggiunse poco dopo lasciandole un lungo bacio che la fece sorridere.
«Remus, ti devo dire una cosa» disse nervosamente mentre lui prendeva posto al tavolo. La caffettiera iniziava a borbottare, il caffè sarebbe uscito a momenti.
«Dimmi tutto» rispose lui addentando un biscotto. Tonks si avvicinò al tavolo e gli prese le mani, lo sguardo di Remus era carico d’ansia.
«Sono incinta» disse.
Se l’espressione di prima era carica d’ansia, quella di ora era carica di disgusto. Tonks prevedeva una reazione forte ma non di certo così, per qualche secondo odiò l’uomo di fronte a lei. «Com’è possibile?» chiese solamente staccando le mani dalle sue. «Com’è possibile? Siamo stati attenti, com’è possibile che tu sia incinta?» domandò quasi urlando. La caffettiera iniziò a fischiare e Tonks corse e spegnere il fuoco prima che scoppiasse.
«Certe cose succedono, Remus, anche se si sta attenti!» esclamò offesa.
«Io sono stato attento, e tu, Dora?» chiese.
«Remus!» lo rimproverò.
«Io non posso averlo questo bambino, non posso crescerlo, non posso, Dora. È stato un errore sposarti, è stato un errore metterti incinta. Mi dispiace, non dovevo farti così male». Remus camminava a grandi passi per la cucina e non la guardava in faccia. Tonks era ferma immobile in cucina, incapace di dire qualcosa, profondamente delusa dalle parole del marito che adesso stava lasciando la casa sbattendo la porta, diretto chissà dove.
 
Il resto della giornata trascorse al rallentatore, tra le missioni per l’Ordine e quelle per il Ministero, passò a salutare sua madre, che vedendola con quel vecchio grigio topo la abbracciò forte e le disse che si sarebbe sistemato tutto, senza fare domande. La sera, quando ormai aveva perso le speranze, la serratura della porta scattò. Tonks prese la bacchetta sull’attenti, non si rilassò manco quando la figura di suo maritò entrò. «Cosa ti ho detto stamattina?» chiese con la bacchetta puntata contro Remus.
«Che aspetti un bambino». Tonks abbassò la bacchetta amareggiata.
«Sei tornato a dormire nel tuo hotel?» chiese ironica. «Oppure a dirmi qualche altra cattiveria?»
«Ho sbagliato, Dora» disse solamente stupendo la moglie. «Non dovevo reagire in quel modo, mi sono fatto prendere dal panico, ho davvero paura di passargli la licantropia. Passerei il resto della mia vita sentendomi in colpa per lui» spiegò.
«E se nascerà con la licantropia chi meglio di te potrebbe capirlo?» gli fece notare.
«E se mi odiasse per questo?»
«Pensi che se te ne andassi ti odierebbe di meno?» ribatté. Remus sospirò arrendendosi.
«Io ti amo Dora, e amo il nostro bambino…»
«E allora resta e crescilo insieme a me». Remus si avvicinò e prendendole leggermente i fianchi la baciò. E fu in quel gesto che entrambi trovarono la promessa di un futuro insieme.