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Autore: Voglioungufo    31/10/2020    4 recensioni
Role swap AU | Akatsuki Naruto | No Uchiha Massacre
ShiIta | KakaIta | ObiKonan | SakuHina | Maybe SasuNaru.
Tutti conoscono la storia di Naruto e Sasuke com'è stata scritta.
Ma se Iruka non fosse mai stato l'insegnante di Naruto?
Se Sasuke non avesse mai perso il suo clan?
Se Shisui non si fosse sacrificato per il bene di Konoha?
E se Obito, abbandonato il piano dello Tsuki no Me, avesse preso Naruto con sè?
E se Sakura, stanca di essere sottovalutata dal suo maestro, scappasse per inseguire il vero potere?
Sarebbe un'altra storia, la storia che voglio raccontarvi...
Genere: Avventura, Generale, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Itachi, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Obito Uchiha, Sasuke Uchiha, Shisui/Itachi
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Cap V
Consolazione
 
 
 
“Capisco” fu l’unica cosa che disse il Sandaime quando la squadra sette fece rapporto.
Seduto sulla scrivania, con il grande cappello che ombreggiava il suo visto e le vesti che nascondevano il suo corpo, con solo le mani rugose congiunte sotto il mento… dimostrò tutti i suoi lunghi anni.
Sasuke aveva voglia di urlare. Capisco. Cosa doveva significare? Che cosa capiva? Erano appena tornati da una dannata missione di scorta di grado D con la notizia che un pericoloso nukenin di Konoha si era fatto vivo insieme a Uzumaki Naruto, e questo era tutto quello che aveva da dire?
Kakashi intercettò il suo sguardo furioso e appoggiò una mano sulla sua spalla, a intimargli di mantenere la calma.
“Mi dispiace di non essere riuscito a fermarli” disse.
Il Sandaime scosse la testa.
“Non crucciarti. La sicurezza della tua squadra veniva prima di tutto” lo rassicurò. “Ma ora abbiamo un punto di riferimento per ritrovare Shisui, questa è la sua prima comparsa dopo anni. E Uzumaki Naruto è con lui, vivo”.
“Manderemo una squadra ANBU sulle loro tracce” garantì Danzō, al fianco del’Hokage.
A Sasuke quel vecchio non piaceva molto, gli lasciava una sensazione sgradevole, come se in sua presenza dovesse guardarsi sempre alle spalle. Inoltre non gli piaceva l’ossessione che aveva per suo fratello, ogni volta che ci pensava si sentiva a disagio.
“Potete andare” disse quindi il Sandaime guardando con dolcezza i tre bambini. “Kakashi, vorrei che tu ti trattenessi per i dettagli”.
Sasuke era riluttante a lasciare la stanza, voleva sapere tutto e voleva partecipare alla missione di salvataggio. Forse era perché si trattava di Naruto, ma sentiva che lo riguardava in prima persona. Nonostante ciò si inchinò rispettosamente come fecero Himawari e Sakura, pronto a lasciare la stanza.
Quando fu alla porta, però, si ricordò di un particolare.
“Hokage-sama” disse, catturando l’attenzione degli adulti. Alzò il mento, mostrando sicurezza. “Prima di andarsene, Shisui ha detto alcune cose”.
Fece una pausa, curioso di vedere la reazione dell’Hokage e del suo consigliere, ma entrambi rimasero stoici.
“Che cosa, Sasuke-kun?” lo spronò il Sandaime con dolcezza.
“Voleva che chiedessi a mio padre se ha ancora quell’ambizione” rispose con sicurezza, fece un’altra pausa di pochi secondi e poi continuò: “E se lei attuerà ancora quell’ultima soluzione”.
Questa volta gli parve di scorgere un lampo di preoccupazione negli occhi miti dell’Hokage, ma fu troppo veloce per capire se ci fosse stato davvero o se lo avesse immaginato. Del resto Danzō al suo fianco non aveva mosso un solo muscolo facciale e lui era il braccio destro dell’Hokage, sapeva tutto.
“Qualcos’altro?” si informò con lo stesso tono dolce.
Sasuke scosse la testa e il Sandaime lo guardò pensieroso.
“Sono domande molto specifiche quelle di Shisui, Sasuke-kun” considerò. “Ma temo di non avere una risposta per nessuna delle due. Non so a cosa si riferisca”.
Sasuke strinse le labbra deluso alla non-risposta. Insieme al senso di colpa, quelle parole di Shisui lo avevano pungolato per tutto il viaggio. C’era stato così tanto astio mentre le diceva, ma anche una sorta di dolore.
Pensando che fosse un congedo definitivo, fece un cenno del mento e si preparò a uscire dalla stanza. Ma quando stava ormai per richiudere la porta, il Sandaime lo richiamò.
“Ah, Sasuke-kun” disse. “È meglio non dire quest’ultima cosa a tuo padre. Lo turberebbe inutilmente sapere che è stato menzionato da un criminale”.
Sentire il proprio cugino chiamato in quel modo gli fece sobbalzare il cuore, ma del resto era proprio quello che era diventato Shisui abbandonando il villaggio, un traditore.
Lasciò l’ufficio pieno di amarezza e ignorò sia Sakura che Himawari. Doveva parlare con suo fratello.
 
 
“Davvero non sapete di cosa stava parlando Shisui?” domandò Kakashi non appena i suoi piccoli genin se ne furono andati e i sigilli di sicurezza riattivati.
Rispetto alla dolcezza che c’era prima sul Sandaime mentre parlava con Sasuke, ora il suo volto era una maschera di pietra.
“Questo è classificato” rispose impassibile.
Kakashi annuì, perché suo malgrado era sempre stato un ninja leale e non avrebbe mai disobbedito al suo Hokage. Se era un segreto che non voleva condividere aveva le sue ragioni, non spettava a lui questionare sulle sua scelte, sarebbe stato tradimento.
“Tutto questo è molto sospetto” riprese Hiruzen. “Durante la tua assenza, è stato trafugato il Rotolo Proibito”.
Kakashi spalancò leggermente l’unico occhio visibile.
“Il colpevole?”
“Apparentemente, Mizuki. Lo abbiamo catturato poco prima che tu tornassi con la tua squadra. Si trovava al confine del Paese, pronto a lasciarlo, ma la pergamena non era con lui”.
“L’ha rubata per qualcun altro”.
“La domanda è chi” sospirò Hiruzen. “Le prime indagini di Ibiki-san hanno fatto pensare che fosse una commissione di Iwa”.
“Ma?” intuì Kakashi e sapeva che non era una buona risposta se lo stesso Hokage era titubante.
“Itachi-kun ha confermato che Mizuki si trovava sotto genjutsu, un genjutsu così potente che sembrava essere stato operato da uno sharingan” rispose Danzo.
Kakashi si concentrò per mantenere la propria espressione neutra, per non lasciare che il suo occhio si ristringesse di fastidio. C’era sempre qualcosa che lo inquietava quando Danzo nominava Itachi, il modo in cui strascicava il suo nome… c’era così tanto compiaciuto possesso che gli metteva i brividi. Ma riuscì a trattenere il fastidio, concentrandosi unicamente sul Sandaime.
“Credete che sia stata opera di Shisui?”
“Spiegherebbe molte cose… Non esistono altri nukenin Uchiha, è l’unico sharingan che si trova fuori dal villaggio. Inoltre chiarirebbe la sua presenza nel Paese del Fuoco lo stesso giorno in cui è stato trafugato il Rotolo Proibito. Non può essere una semplice coincidenza”.
Kakashi si ritrovò a dargli ragione, raramente le coincidenze nel mondo shinobi si dimostravano tali. Purtroppo non aveva la conferma che il suo Hokage voleva.
“Nel nostro incontro Shisui non ha dato segno di possedere la pergamena. Se non me lo aveste detto voi ora, non lo avrei mai sospettato”.
“C’è altro che non hai potuto dirci davanti ai tuoi sottoposti?” insistette Danzo.
Kakashi non lo guardò, tenne la sua attenzione solo sull’Hokage.
“Naruto sa del Kyūbi” disse.
Un’espressione sbigottita baluginò solo per qualche secondo nei piccoli occhi del Sandaime, dopodiché tornò controllato e impassibile. Emise un sospiro di stanchezza.
“Ovviamente è stato Shisui a parlargliene” ragionò.
Del resto il fatto che Naruto fosse il Jinchūriki del Kyūbi era sempre stato il segreto di pulcinella al Villaggio, nonostante il tentativo di nasconderlo lo sapevano tutti.
“Pensi stiano lavorando per qualcuno?” domandò Danzo intromettendosi nel silenzio lasciato da Hiruzen.
Kakashi scosse la testa sconsolato.
“Mi dispiace, non saprei dirlo. Nel nostro breve scontro non c’è stato nulla che lo lasciasse pensare. Ma…” esitò brevemente.
“Continua”.
“Secondo Sasuke, Naruto gli ha parlato di una presunta famiglia di ex-shinobi che l’ha allenato al chakra. Forse sono affiliati a un gruppo di altri nukenin” suppose.
“È la cosa più probabile” concordò il Sandaime. “Shisui non è solo ricercato da Konoha, ma anche dalla Nuvola e dalla Nebbia. Deve aver qualcuno che lo protegge dai cacciatori di taglie e lo tiene nascosto”.
“I miei ANBU lo scopriranno” garantì Danzo.
“Avviserò anche Jiraiya. Hai detto che Shisui indossava un mantello con nuvole rosse… Forse può dirci se ci sono state attività da parte di shinobi vestiti in questo modo”.
Kakashi si schiarì la voce. “Vorrei partecipare alle ricerche”.
Calò un breve silenzio alla sua richiesta. Danzo lo guardò con interesse, valutando davvero l’opzione. Kakashi, insieme agli Inuzuka, era sempre stato un buon ninja inseguitore; senza contare che era stato recentemente a contatto con l’odore di Naruto, ora poteva riconoscerlo meglio rispetto ai ricordi sbiaditi di quattro anni prima.
Ma Hiruzen scosse con decisione la testa.
“Hai la tua squadra a cui badare” disse gentile. “Hanno bisogno di te”.
Kakashi voleva dissentire, come da quando lo aveva ritirato da ANBU per farlo diventare un jonin-sensei; non era quello il suo ruolo. Come aveva ricordato Naruto, lui era Friends-Killers Kakashi, era il Segugio migliore di ANBU, l’ombra più letale che uccideva a sangue freddo. Era folle che Hiruzen pensasse fosse in grado di crescere dei bambini, era troppo rotto per farlo.
Tutto quello che voleva in quel momento era salvare il figlio di Minato, rimediare ad almeno una delle sue colpe.
Invece l’Hokage disse soltanto:
“Sei licenziato”.
E Kakashi lasciò la stanza.
 
 
**
 
Trovò Itachi al tempio Naka, proprio come suo padre gli aveva indicato.
Sasuke tentennò qualche secondo più del dovuto sulla soglia, provando un strano senso di inadeguatezza e titubanza davanti a quel luogo sacro, permettendo a Itachi di accorgersi da solo della sua presenza. Lo vide terminare la preghiera silenziosa e lasciare un’offerta, poi uscì verso di lui con un sorriso gentile.
“Sei tornato dalla missione” commentò stringendo gli occhi per la luce troppo forte in confronto alla penombra del tempio.
Con  grande fastidio di Sasuke, riuscì comunque a individuare il cerotto alla sua fronte e le bende alle braccia. Allarmato lo afferrò delicatamente per il viso iniziando a studiare la gravità del danno.
“Ti sei ferito?” chiese apprensivo e confuso.  Anche se erano usciti fuori dal Villaggio era ancora una semplice missione di grado D, del resto Sasuke era ancora un genin.
Il tredicenne sfuggì alla sua presa con un gesto stizzito e ribelle.
“Sto bene” si lamentò con superiorità. “Siamo stati attaccati, ma l’ho gestito”.
“Sei stato in ospedale?”
Lo incenerì con lo sguardo. “Ci ha pensato Himawari” rispose staccandosi con uno scatto nervoso. “Non è niente” sottolineò.
Itachi lo fissò intensamente e Sasuke odiò quello sguardo, perché suo fratello riusciva sempre a capire tutto quello che nascondeva.
“Cos’è successo?” chiese infatti.
Provò a resistere al suo sguardo serio e penetrante, ma alla fine si trovò a soffiare fuori la verità, anche se tutti – persino suo madre – lo avevano scongiurato di non farlo.
“Abbiamo incontrato… Shisui”.
Le sue parole ebbero un effetto immediato e riuscirono a strappare una reazione a Itachi, anche se fu solo un minimo irrigidimento, che solitamente riusciva sempre a essere illeggibile e imperturbabile.
Sasuke non sapeva perché Shisui avesse tradito il villaggio. Shisui non era un argomento che si parlava volentieri nel clan e ancor di più era tabù nella loro casa, visto il forte legame che c’era stato tra lui e suo fratello. Erano sempre stati inseparabili e Sasuke davvero non capiva perché Shisui avesse abbandonato Konoha, Itachi, diventando un nukenin.
A essere onesti, non ci aveva pensato poi molto da quando era diventato genin. Ormai era un adulto, un ninja, e aveva altro di cui pensare. Ma rivederlo dopo tutto quel tempo lo aveva destabilizzato.
“È stato lui ad attaccarti?” chiese Itachi dopo un lunghissimi silenzio. La sua voce era distaccata come al solito, anzi lo era più del solito.
“Sì… cioè, non proprio” esitò. “Ha reagito quando Kakashi-sensei ha provato a colpirlo. È stato un incidente”.
Sasuke non sapeva perché stesse giustificando il cugino scomparso, forse c’entrava in qualche modo l’affetto infantile ancora radicato in lui.
Itachi annuì. “Torniamo a casa” disse soltanto.
Era ovvio che non ne voleva parlare, che si trattava di una ferita ancora aperta, e sicuramente se si fosse morso la bocca e avesse ingoiato il rospo Itachi non avrebbe indagato oltre.
Ma Sasuke era troppo curioso.
“Mi ha detto una cosa” eruppe.
Itachi si voltò a guardarlo ancora, incoraggiandolo in silenzio a continuare. Sasuke corrucciò lo sguardo, come se stesse cercando di ricordare le esatte parole.
“Mi ha detto di chiedere a papà se ha ancora quell’ambizione” riportò, “mentre ha detto a Kakashi di chiedere se il Sandaime userà mai quell’ultima soluzione”.
Appena lo disse, Itachi si irrigidì visibilmente. Quello non era un buon segno e si rese conto che quelle parole criptiche avevano un significato pericoloso, talmente tanto da far preoccupare perfino suo fratello.
“Che cosa significa?” chiese quindi con determinazione.
“Non ne ho idea”.
Stava mentendo e realizzarlo gli mandò il sangue alla testa. Sasuke aveva quasi tredici anni, si era laureato all’accademia ed era un ninja con una sua squadra. Ormai era formalmente un adulto, Itachi non poteva continuare a trattarlo come un bambino ignaro.
“Sì che lo sai” lo sfidò. “Che cosa intendeva?”
“Te l’ho detto, non lo so”.
Fissò con odio la sua schiena che si allontanava e sbottò:
“Aveva un messaggio anche per te!” Attese che si fermasse prima di sibilare: “Ha chiesto se conosci il posto dove la tartaruga superò la lepre a mezzogiorno”.
Itachi si fermò, ma con le spalle voltate gli era impossibile riconoscere la sua espressione. Era solo ovvio che stesse guardando in basso, rigido con i pugni chiusi.
“Che cosa insensata da dire” commentò solo, pacato, come se quelle parole gli fossero scivolate addosso come acqua.
Sasuke non chiese altro e lo raggiunse al fianco. Quando arrivarono a casa nessuno sollevò più l’argomento Shisui.
 
**
 
Itachi incrociò le braccia al petto e si morse le labbra per non emettere un sospiro di pura esasperazione, sarebbe stato poco professionale visto che era rivolto al suo superiore. Guardò quindi con disapprovazione Kakashi intento ad allungare i muscoli delle gambe sul prato.
“Itachi, qual buon vento” salutò leggero, per nulla impressionato dagli occhi carbone che emettevano scintille.
“Senpai” disse l’undicenne Uchiha. “Dovevamo partire un’ora fa”.
I ritardi di Hatake Kakashi erano leggendari a Konoha, tutti sapevano come facesse perfino aspettare l’Hokage. Ma durante le missioni ANBU era sempre stato puntuale,  partendo dal cancello al secondo spaccato, soprattutto se tali missioni erano fondamentali per il villaggio. Era la prima volta che Itachi subiva un suo ritardo e si era anche sentito abbastanza preoccupato da cercarlo.
Invece era lì, con nessun vero motivo per mancare l’appuntamento.
“Senpai, cosa stai facendo?” insistette.
“Scusami, ma mentre venivo ho incontrato Gai” iniziò Kakashi e quando fu nominato l’altro jōnin di Konoha non poco distante alzò il pollice nella sua direzione, “e mi ha chiesto una sfida di velocità. Non potevo rifiutare, quindi eccomi qui. Partiremo non appena avrò finito”.
Itachi si sentì un po’ confuso, ma mantenne la sua espressione immobile e indecifrabile. Non conosceva bene l’Hatake, non all’infuori della squadra Rō almeno, e tutto quello che aveva erano le voci di corridoio degli shinobi che amavano spettegolare. Conosceva la sua tragica storia, del padre e della squadra, e aveva sempre visto la figura fredda e autoritaria che era nelle vesti da capitano.
Era la prima volta che lo vedeva senza ombre oscure negli occhi.
“Correrai davvero?” chiese senza pensarci troppo.
Kakashi gli lanciò un lungo sguardo laterale e Itachi notò il sorrisetto soddisfatto nascosto dalla maschera.
“Ovviamente. Resterai a fare il tifo per me?”
Non reagì alla domanda per domare l’improvvisa sorpresa, era da poco nella squadra Ro – era vero – ma quella era in assoluto la prima volta che Kakashi si mostrava così amichevole. Risolse di inclinare la testa all’indietro, lasciando che le ciocche di capelli neri cadessero oltre le sue spalle sulla schiena.
“Resterò e mi assicurerò che partiremo quando avrai vinto”.
Si accorse troppo tardi del suo errore, lo vide riflesso nello sguardo ironico e malizioso che Kakashi gli rivolse.
“Pensi che vincerò? Che carino, Itachi-kun!”
Si morse l’interno della guancia e si sforzò per non arrossire, per qualche motivo gli sembrava di essersi lasciato sfuggire qualcosa di troppo grande e lui doveva restare sempre controllato e calmo.
“In realtà Gai è molto veloce, forse più di me” riprese Kakashi con voce lamentosa. “Non so se posso farcela senza un portafortuna”.
“Un portafortuna?”
“Sì, da indossare nella gara, in battaglia. Nei libri tutti gli eroi hanno un portafortuna, un segno di affetto della loro persona amata”.
Itachi non riuscì a trattenere la curiosità.
“Hai una persona amata?”
Ma Kakashi non soddisfò la sua curiosità, si limitò a sospirare accentuando quella finta aria affranta.
“Dovrò correre senza… Perderò sicuramente senza un portafortuna, senza un supporto morale…”
Fissò Itachi a lungo e il ragazzino si ritrovò a sospirare rassegnato. Allungò una mano ai suoi capelli e sfilò l’elastico che li racchiudeva in una coda. I ciuffi lisci e scuri si allargarono sulle sue spalle e schiena, incorniciandogli delicatamente il viso magro.
“Questo può andare bene?”
Nonostante lo scherzo fosse stato imbastito da lui stesso, Kakashi rimase sorpreso ed esitò a prendere il semplice elastico, forse non si aspettava che sarebbe stato al gioco. Ma poi lentamente alzò la mano e prese il nastro, lo fece in modo circospetto come se si aspettasse che ritrattasse l’offerta. Alla fine se lo infilò al polso come un bracciale.
“È perfetto” garantì, glielo mostrò fieramente. “Con questo vincerò subito!”
“Spero” disse solo, cercando di essere il più freddo possibile.
Si voltò per andare a cercare un punto dove sedersi e poter allo stesso tempo guardare i due idioti sfidarsi, ma Kakashi lo richiamò gridando il suo nome.
“Cosa?” chiese rassegnato girandosi.
Il sorriso di Kakashi era perfettamente visibile anche se l’unica porzione di pelle scoperta era il suo occhio destro. Lo socchiuse mentre diceva:
“Sei molto carino con i capelli sciolti”.
Itachi voltò la testa, sperò abbastanza velocemente per nascondere il rossore. Sicuramente, se la risatina di Kakashi significava qualcosa, non era stato abbastanza veloce.
 
**
 
Lo stomaco vuoto era doloroso da sopportare, ma Kakashi ignorò i crampi della fame e continuò per la sua strada. Sapeva che il frigo nel suo appartamento era vuoto quanto il suo stomaco, che non avrebbe trovato niente da mangiare, perciò non lo sfiorava nemmeno l’idea di tornare a riposarsi nel suo appartamento. Così come non lo aveva sfiorato l’idea di fermarsi in uno qualsiasi dei tanti locali gastronomici che tappezzavano Konoha.
Aveva fame, ma non avrebbe mangiato.
Invece camminò finché la mezzanotte non passò e arrivò fino ai confini del villaggio, ai campi di allenamento speciali per ANBU. Nonostante fosse stato ritirato contro la sua volontà, conosceva ancora i sigilli per accedervi ad allenarsi. La cosa interessante di quei campi di allenamento era che, a differenza di quelli standard utilizzati anche dai genin, erano già presenti set di armi e non era necessario portare le proprie.
Kakashi studiò con attenzione l’offerta di spade corte presenti e scelse la più congeniale e bilanciata con i suoi movimenti. Era da quando aveva lasciato ANBU che non si allenava nel kenjutsu, gli avrebbe fatto bene sgranchirsi.
L’ora successiva fu riempita dai fendenti di Kakashi, dal rumore secco dell’aria che veniva tagliata da una lama velocissima e letale. I muscoli delle sue braccia cominciarono a tremare dopo poco, il sudore appiccicato sulla sua fronte e lo stomaco dolorante per l’assenza di cibo.
Continuò finché non percepì che qualcuno stava superando le barriere di protezione per entrare nel campo di allenamento. Istintivamente si irrigidì, ma poi si sforzò di non tendersi troppo e continuare con il suo katà. Poteva trattarsi di un qualsiasi ANBU insonne, venuto lì per allenarsi.
Si fermò del tutto però quando riconobbe la calda e rassicurante impressione di chakra. Abbassò la posa rigida e offensiva, i muscoli che gridavano bisognosi di uno stiramento dopo lo sforzo, e si voltò a guardare Itachi.
C’erano delle luci bianche al campo di allenamento, rischiaravano la notte abbastanza da rendere distinguibile l’Uchiha nell’oscurità. La sua pelle brillava pallida come la luna, ma i suoi abiti neri si abbinavano bene al buio circostanze.
“Sapevo di trovarti qui”.
Anche la sua voce bassa e roca era in perfetta sintonia con la notte tarda. Kakashi socchiuse gli occhi, vergognandosi un po’ di come bastasse il suono di quella voce a calmare parte del dolore.
“Sono così prevedibile?” domandò sforzandosi di scherzare.
Itachi teneva in mano un sacchetto di carta chiuso, prima di rispondere glielo lanciò contro e Kakashi riuscì a prenderlo al volo.
“Temo di sì” disse.
Aprì il sacchetto a sorrise fra sé vedendone il contenuto: dango, ovviamente.
“Se ti dicessi che non ho fame?”
Lo sguardo di Itachi era serio, per nulla scalfito dai tentativi di Kakashi.
“So che non hai cenato” rispose imperturbabile.
Certo che lo sapeva, pensò rassegnato. Itachi conosceva tutti i suoi meccanismi di coping: allenamento ossessivo, privazione di cibo e privazione di sonno erano solo alcuni punti della lunga lista di cattive abitudini che aveva sviluppato per rendere il senso di colpa più sopportabile. E come Itachi sapeva queste cose, Kakashi sapeva anche che niente che avrebbe detto avrebbe distolto Itachi dalla missione auto-imposta di prendersi cura di lui.
Con un sospiro quindi si arrese, rimise la spada al proprio posto e si stiracchiò un po’ per sciogliere i muscoli. Itachi ne frattempo era andato a sedersi sul prato che costeggiava il campo, in attesa che Kakashi facesse lo stesso.
“So che avresti preferito altro, ma il negozio dei dango è l’unico che resta aperto così tardi” si scusò Itachi.
“In realtà preferivo non mangiare” borbottò cupo, ma strappò un morso prima che Itachi gli ordinasse di farlo comunque. A dispetto delle sue parole, appena la lingua toccò la morbidezza di quei gnocchi dolci, i morsi della fame tornarono a pungolarlo. Dovette sforzarsi per non ingoiare ogni gnocco in un solo boccone.
Itachi non lo stava guardando, ovviamente, aveva distolto lo sguardo non appena si era abbassato la maschera rivelando il resto del suo volto. Itachi era sempre stato l’unica persona a non spingere o ideare piani strampalati per strappargli la maschera. Anche ora che era l’unico ad avere il permesso di vederlo completamente nudo, all’infuori dell’intimità gli lasciava il suo spazio.
Fu quindi lui ad approfittarne per spiare Itachi di nascosto, lo sguardo puntato sul suo profilo elegante, affilato, simile alla lama di un kunai. Altrettanto bello, altrettanto letale. I capelli ricadevano ai lati un po’ scarmigliati, arruffati dalla lunga giornata e dall’essere stati costretti per tutto il tempo nella solita coda bassa. I segni sul viso erano più marcati del solito, le occhiaie macchiavano le palpebre di colori violetti e, insieme alla piega abbassata delle labbra, davano un aspetto malinconico e stanco a Itachi. .
“Lunga giornata?” chiese, anche se la risposta era ovvia.
Le giornate di Itachi erano sempre lunghe e faticose. Anche se non era in ROOT, per qualche motivo era l’ANBU preferito di Danzo e il vecchio consigliere richiedeva sempre la sua presenza nelle missioni più delicate; inoltre l’Hokage gli aveva detto che era stato Itachi a scoprire che Mizuki era stato messo sotto genjutsu, quindi doveva aver partecipato alle ricerche e all’interrogatorio.
“La solita” rispose infatti con disinteresse.
Si arrischiò a voltarsi, per assicurarsi che Kakashi stesse effettivamente mangiando. Beccò l’uomo a fissarlo a sua volta, gli occhi fissi sui suoi. Aveva già finito tutti i dango, ma non dava cenno di volersi rimettere la maschera. Era sempre così raro riuscire a vedere l’intero volto di Kakashi e quando poteva farlo in un modo così semplice e spontaneo, semplicemente voltandosi, sentiva un calore allo stomaco che gli serrava la gola. Soprattutto quando abbassava gli occhi sulle sue labbra: ogni volta era come rivederle per la prima volta.
“Sasuke mi ha detto che avete incontrato Shisui” mormorò. “Mi dispiace”.
Kakashi ruppe il contatto visivo ed emise un lungo sospiro.
“Perché ti stai scusando? Non è successo per colpa tua. Dovrei essere io a scusarmi, non sono riuscito a fermarlo” puntualizzò amaramente.
“Dovevi proteggere la tua squadra” ricalcò senza rendersene conto le stesse parole del Sandaime.
“Sasuke è stato ferito”.
Seppe di aver colpito un nervo scoperto, lo sapeva ancor prima del piccolo silenzio che accompagnò le sue parole. Kakashi sapeva di essere importante per Itachi, ma sapeva con maggiore certezza che per lui niente era più importante di Sasuke. Sasuke sarebbe stato al primo posto in qualsiasi situazione, anche all’inferno, anche davanti alla sua stessa vita e dignità.
“È solo un graffio, almeno è quello che dice lui” rispose infine Itachi, imperturbato. “E si è offeso con chiunque si sia preoccupato. Sta bene, poteva finire peggio”.
Shisui del resto era lo stesso ragazzo che a quindici anni era riuscito a ferire Danzo e una sua squadra ROOT, anche se nel farlo aveva perso un occhio. Itachi si morse le labbra a quel pensiero, il ricordo di Shisui con il viso grondante sangue e le sue parole folli si mescolò a quello di Danzo davanti all’Hokage, mentre dichiarava che Uchiha Shisui lo aveva attaccato poco dopo che aveva mostrato delle rimostranze sul suo piano.
Sentì una fitta al petto, mai nella vita prima avrebbe pensato di valutare Shisui come un nemico. Ma ormai era quello che era diventato: un nemico della Foglia.
“C’era Naruto con lui”.
Le parole di Kakashi lo strapparono dai suoi tristi pensieri. Strabuzzò gli occhi e lo guardò incredulo.
“Davvero? È ancora vivo?”
Kakashi si accigliò. “Sasuke non te l’ha detto?”
“Sasuke è stato silenzioso tutta la sera. Tutto quello che ha detto sono stati scontrosi monosillabi alle domande di nostra madre” replicò amaro.
“Quindi non vi ha nemmeno detto che ha sviluppato lo sharingan?”
Se prima Itachi era rimasto sorpreso, ora rimase sconvolto. Guardò Kakashi come se stesse scherzando, ma l’espressione seria sul suo volto non dava modo di sbagliarsi.
“No, non ce l’ha detto…” mormorò triste, il cuore pesante.
Aveva sempre creduto che quando sarebbe arrivato il momento sarebbe stato il primo a cui lo avrebbe detto, che se ne sarebbe vantato con tutta la famiglia. Invece lo aveva tenuto segreto.
“Pensavo non vedesse l’ora di svilupparlo” considerò Kakashi, probabilmente arrivato alla stessa conclusione davanti a quella stranezza. “Invece è stato strano da quando è successo…”
“Pensi che Shisui possa avergli detto qualcosa a riguardo?”
Scosse la testa. “Shisui è arrivato quando c’ero anch’io, non hanno parlato dello sharingan. Ma ha passato  molte ore con Naruto, non vorrei che…” sospirò. “Non lo so”.
Itachi non rispose e rimasero in silenzio. Con il passare della notte si era alzato un vento leggero, ma in alta quota doveva soffiare con molta più forza. Le nuvole chiare si muovevano velocissime sul cielo inchiostro, passando sulle stelle e la luna come tende di vapore. Veloci e inafferrabili, proprio come…
“Non sono riuscito a farlo tornare”.
Itachi non si stupì che Kakashi avesse ripreso a parlare, né del tono incrinato. Gli provocò semplicemente un dolore al petto, perché era sempre doloroso vedere un uomo forte e potente come Kakashi soffrire e piegarsi al dolore. La scomparsa di Naruto era da sempre il suo punto debole, da quando era successo il fatto, proprio come il tradimento di Shisui era il suo.
“Era lì, davanti a me, sono riuscito ad afferrarlo… ma non è bastato. Se n’è andato, ancora”. Il respiro di Kakashi era raspante, come se stesse correndo quando stava solo cercando di arginare le emozioni negative che lo scombussolavano. “E sai la cosa peggiore? Non voleva venire, era terrorizzato alla sola idea. Terrorizzato da me”.
“Kakashi…”
“Sapeva di Rin. E della volpe. Ovviamente glielo ha detto Shisui, ma chissà cos’altro sa! Ora sa perché tutti lo odiavano, che cosa gli è stato fatto fin dal suo primo giorno di vita. Chissà… magari sa anche di suo padre”.
Itachi questa volta non tentò di interromperlo, perché la sola prospettiva sarebbe stata terribile. Naruto aveva molti motivi per odiare Konoha e quel che era peggio era che dentro di sé aveva un potere enorme, un potere che avrebbe potuto indirizzare contro Konoha. E a quel punto Kakashi che avrebbe fatto? Sarebbe stato disposto a combattere il figlio del suo amato sensei?
Se Shisui attacca ancora Konoha, cosa farò?
“Non è stata colpa tua” disse Itachi.
Il vento continuava ad alzarsi, probabilmente quella mattina sul presto avrebbe piovuto.
Kakashi emise un lungo e rumoroso sospiro, un sospiro che chiariva esplicitamente che pensava esattamente il contrario. In fondo Kakashi tendeva a colpevolizzarsi per ogni cosa, anche per ciò che non era sotto il suo controllo. Ma non disse niente, il momento di vulnerabilità era già passato e stava già domando la turbolenza negativa che lo aveva spinto a parlare. Era uno shinobi, gli shinobi fanno questo: sopportano il dolore e vanno avanti, proteggono.
“Maa, si sta facendo davvero tardi” considerò sforzando un tono leggero.
Itachi annuì. “Torniamo. È probabile che faccia più freddo questa notte”.
Abbassò gli occhi scuri, sentendo che Kakashi aveva allungato una mano per intrecciare le loro dita. Per tutta la conversazione erano stati seduti vicini, ma non si erano mai sfiorati; Itachi preferiva sempre aspettare che fosse Kakashi a prendere l’iniziativa. Una volta in missione aveva avuto la brutta idea di toccargli la spalla senza lasciarsi percepire e il capitano era scattato pronto all’omicidio. Erano in pace, ma una parte di Kakashi era ancora ancorata nella guerra.
Ricambiò il gesto, stringendo abbastanza forte da fargli capire che era davvero lì e che era tangibile, non un fantasma.
“Ti va… di restare da me?”
Itachi sorrise fra sé, consapevole fin dall’inizio che quella notte non sarebbe tornato al complesso Uchiha e andava bene così. Kakashi viveva un appartamento essenziale, con un solo e minuscolo letto, ma riuscivano sempre a incastrarsi su esso.
“Certo” disse dolce. “Ma domani mattina dovrò andarmene abbastanza presto”.
“Hai una missione?” chiese Kakashi.
Itachi non rispose subito, esitante.
“Una sorta…” ronzò infine.
Itachi, conosci il luogo dove la tartaruga superò la lepre a mezzogiorno?
 
 
 
 
Buon Halloween!
Mi sarebbe piaciuto pubblicare una storia a tema spooky, ma temo ci dovremo accontentare di questo nuovo aggiornamento. Finalmente Itachi! E la mia primissima scena KakaIta! Spero vi sia piaciuta <3
Grazie mille per le recensioni, ci vediamo al prossimo capitolo!
Hatta.
   
 
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