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Autore: Star_Rover    07/11/2020    7 recensioni
Fronte Occidentale, 1917.
La guerra di logoramento ha consumato l’animo e lo spirito di molti ufficiali valorosi e coraggiosi.
Dopo anni di sacrifici e sofferenze anche il tenente Richard Green è ormai stanco e disilluso, ma nonostante tutto è ancora determinato a fare il suo dovere.
Inaspettatamente l’ufficiale ritrova speranza salvando la vita di un giovane soldato, con il quale instaura un profondo legame.
Al fronte però il conflitto prosegue inesorabilmente, trascinando chiunque nel suo vortice di morte e distruzione.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
Capitoli:
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XXXV. L’ultima battaglia 

Parte I
 

Richard si ritrovò a camminare tra le stradine deserte di un anonimo villaggio abbandonato. Le rovine delle case e delle cascine avevano forme strane e insolite. Sarebbe stato impossibile cercare di ricreare l’aspetto di quel luogo prima della guerra, era una vista desolante, ma agli occhi del tenente non parve nulla di particolarmente impressionante.
L’ufficiale sospirò, era triste pensare di essersi abituato a vivere in quel modo, circondato dalla morte e dalla distruzione. Conosceva a fondo la realtà della guerra, l’esperienza bellica l’aveva cambiato profondamente, tanto che ormai non riusciva più a concepire l’essenza della pace. Cercava sempre più spesso la compagnia dei suoi vecchi commilitoni, con loro si sentiva a suo agio, sicuro di poter essere compreso.
Erano uomini con cui aveva vissuto allegre e spensierate notti di baldoria, ma erano anche gli stessi con cui aveva condiviso momenti di paura e terrore. Aveva affidato la sua vita nelle loro mani durante le violente tempeste di fuoco, era stato al loro fianco quando avevano dimostrato il loro coraggio come veri eroi, e anche quando si erano trovati al limite della disperazione, mostrandosi a lui nella loro vera natura umana.
Avevano visto compagni cadere, erano rimasti uniti fino alla morte. Ed era stata la condivisione del dolore e delle sofferenze ad aver legato per sempre le loro vite.
Il tenente Green aveva imparato a convivere con l’orrore, aveva deciso di accettare le regole di quel gioco spietato. Aveva conosciuto l’eccitazione del combattimento e la sete di sangue. Nonostante ciò non aveva mai provato puro odio per il nemico.
Il fascino della guerra aveva avuto effetto su di lui, ma questo non gli aveva impedito di analizzare sempre con razionalità ogni situazione.
Richard sentiva davvero il desiderio di tornare a combattere, forse perché per la prima volta sentiva che le cose stavano cambiando. Erano giunti a una nuova svolta, dopo anni di guerra di posizione stava per accadere qualcosa di nuovo e inaspettato. L’ultima grande offensiva nemica era fallita, il destino di quel conflitto sarebbe stato deciso nei prossimi scontri.  
Il tenente Green si soffermò ai margini del villaggio, nei campi circostanti erano state impiantate decine di croci di legno, ai piedi di queste anonime lapidi si trovavano elmetti forati, armi abbandonate e divise stracciate e insanguinate. Lo spirito di quei combattenti continuava a vivere nelle memorie e nel cuore dei sopravvissuti, era anche per loro che non potevano arrendersi. Il loro non doveva restare un vano sacrificio.
Il tenente sentiva il peso delle sue responsabilità, non poteva tradire la fiducia dei suoi uomini, le loro vite erano nelle sue mani. Fino a quel momento aveva sempre anteposto il bene dei suoi soldati ad ogni cosa senza alcuna esitazione, ma in determinate situazioni non era semplice prendere certe decisioni. Un buon comandante doveva essere disposto a compiere dei sacrifici, Richard l’aveva provato sulla sua pelle.
Egli voltò le spalle alle tombe e tornò mestamente all’interno del villaggio. Proseguì tra le macerie, calpestando con gli stivali infangati la polvere e la calce. Svoltando l’angolo avvertì un acre odore di legna bruciata trasportato dal vento, poco distante intravide la luce di un falò. L’ufficiale osservò un gruppo di soldati, non riconobbe i volti, ma trovò familiare la loro presenza. Erano tutti ben equipaggiati, con lo zaino carico e il fucile in spalla.
Apparentemente sembravano sereni e tranquilli, come un gruppo di vecchi amici che trascorreva la serata in compagnia. Era triste pensare che alcuni di loro non si sarebbero più rivisti, o nel caso, nessuno sarebbe più stato lo stesso. Questo era ciò che accadeva a coloro che partivano per la prima linea.
Richard conosceva bene quelle sensazioni e sapeva che non avrebbe dovuto attendere ancora a lungo prima di tornare rivivere tutto ciò in prima persona.
Il tenente si strinse nella sua giacca, l’estate era ormai giunta al termine, le temperature si erano abbassate rapidamente e le giornate stavano già iniziando ad accorciarsi.
Le ultime luci rossastre del tramonto scomparvero oltre alle colline, il paesaggio fu rapidamente avvolto dalle tenebre. Al buio le rovine creavano strane illusioni, tra ombre oscure e rumori sospetti.
La luce argentea della luna si rifletteva nelle profonde pozzanghere, le stelle brillavano di una luce fredda e distante.
Richard si incamminò verso il suo alloggio, rassicurato nel sapere che avrebbe trovato il calore e l’affetto del suo amato ad accoglierlo.
 
***

L’ampia camera era illuminata dalle flebili fiamme delle candele. L’ambiente era povero e spoglio, ma era facile immaginare che prima della guerra quella fosse stata la dimora di una famiglia benestante. Erano rimasti solo quadri storti alle pareti, i pochi mobili eleganti e raffinati ormai erano rovinati e ricoperti di polvere.
Le finestre erano state sbarrate con pesanti assi di legno. Sbirciando attraverso le fessure si poteva intravedere la piazza del paese ostruita dalle macerie del campanile crollato.
Era una notte quieta, non si avvertivano echi di esplosioni in lontananza, non si udivano spari nelle campagne e nessun velivolo nemico sorvolava il cielo sopra alle linee inglesi. Il tempo sembrava essersi fermato in quel raro momento di pace.
Finn si lasciò avvolgere dall’abbraccio del tenente. I loro corpi, ancora ansanti e accaldati, restarono avvinghiati tra le coperte. Entrambi avevano sentito il bisogno di quella vicinanza fisica per allontanare timori e incertezze.
Finn poggiò la testa sulla spalla del suo compagno, rannicchiandosi ancor di più contro il suo petto.
Richard sfiorò il suo viso con una dolce carezza, esprimendo con quel semplice gesto tutto il suo affetto. Il ragazzo sussultò leggermente al suo tocco.
Il tenente lo guardò intensamente negli occhi prima di chinarsi su di lui con un bacio lungo e appassionato.
Finn trovò conforto tra le braccia del suo superiore. Richard lo strinse a sé, i due si addormentarono in quel tenero abbraccio.  
 
***

Horace continuò a camminare avanti e indietro nella sua piccola stanza. Ogni tanto si soffermava davanti alla finestra, scostava il telo che copriva i vetri rotti ed ammirava i bagliori delle esplosioni che si dissolvevano nell’oscurità. Ripensò alla prima linea e a quando si sarebbe trovato nuovamente nel mezzo dei combattimenti. Aveva sempre ritenuto di non essere all’altezza della sua carica. Quando era ancora un ufficiale cadetto non avrebbe mai pensato ad un così rapido avanzamento di carriera. Tutte quelle nuove responsabilità l’avevano posto in una situazione che non riusciva a gestire. Finché aveva potuto affidarsi al supporto del sottotenente Conrad si era sentito al sicuro, la consapevolezza di non dover affrontare quel conflitto da solo era stata confortante. Ora però non poteva più contare su nessuno. Il tenente Green era un buon ufficiale, aveva compreso i suoi limiti e le sue debolezze, e aveva fatto il possibile per aiutarlo. Purtroppo questo non era stato sufficiente.
Per un po’ di tempo aveva cercato di fare del suo meglio per obbedire agli ordini e compiere il suo dovere, eppure ogni volta le sue convinzioni vacillavano e ormai non riusciva a trovare più una valida ragione per continuare a combattere. Era stanco di vedere tutti i suoi sforzi decadere in miseri fallimenti. Non poteva più sopportare la violenza di quella guerra, aveva già perso troppi commilitoni in quel cruento massacro.
Stanco e affranto Waddington si lasciò cadere sul letto, stendendosi sul materasso duro e polveroso.
 
Horace chiuse gli occhi ed emise un lungo sospiro di sollievo. Restò immobile mentre i muscoli si rilassarono lentamente. La siringa giaceva ancora nella sua mano tremante.
Si sentì già meglio, avvertendo che quel peso sul suo petto iniziava a dissolversi, così come la pressione e l’angoscia che l’avevano a lungo imprigionato in quel vortice di follia.
Waddington rimase sdraiato, il ticchettio dell’orologio era l’unico rumore che con un’acustica deforme giungeva alle sue orecchie. Il tempo, come ogni cosa, aveva perso consistenza.
Trascorreva in quello stato quasi ogni notte, fluttuando tra fantasie e illusioni che lo strappavano dalla dura realtà della guerra. Quello era l’unico modo con cui riusciva a sopportare l’idea di sopravvivere.
Horace osservò le fiale in trasparenza, contemplando con assoluta ammirazione la limpida soluzione. Era assurdo pensare che tutto ciò fosse generato da pura chimica, la sua intera esistenza poteva ridursi all’interazione di poche e semplici molecole.
Non aveva mai provato nulla di simile, in quel momento niente avrebbe potuto donargli un così prezioso sollievo. Solamente in quello stato riusciva a trovare conforto, lasciandosi cullare da quel mare invisibile.
Si addormentò così, e forse a quel punto se non si fosse più svegliato nemmeno gli sarebbe importato.
 
***

Richard si portò la sigaretta alle labbra e riempì il suo bicchiere di brandy. La luce fioca della lampada a carburo illuminava l’angusto ambiente del rifugio.
Il tenente osservò i nuovi confini tracciati sulla mappa e studiò con attenzione alcune foto aeree.
Il maggiore Farrell non aveva perso il suo cieco ottimismo.
«Dannazione Richard, devi avere fiducia! Questa volta l’attacco andrà a buon fine»
«Come puoi esserne certo?»
John alzò le spalle: «perché la terza volta è sempre quella buona»
Green rispose con una smorfia, ma in fondo la questione lo lasciò indifferente. Ormai si combatteva solo per dovere, l’unica sua preoccupazione era cercare di ridurre al minimo le perdite.
«In ogni caso abbiamo ancora un po’ di tempo per definire i dettagli. Questo non è il momento adatto per pensare ad altre preoccupazioni» continuò Farrell.
Richard poggiò sul tavolo la fotografia che stava esaminando, esternando la propria frustrazione.
«Dannazione, deve pur esserci qualcosa…»
«Sono dei fottuti crateri! Che cosa speri di trovare?»
Green sospirò incrociando le braccia al petto: «postazioni, rifugi, trincee…qualsiasi segno che ci possa indicare la presenza del nemico. Se i tedeschi avessero delle postazioni nascoste su quel versante della collina durante l’avanzata i nostri uomini si troverebbero esposti, sarebbe un massacro. Una sola mitragliatrice in un punto strategico potrebbe causare una vera strage»
«In ogni caso non puoi fare affidamento su queste fotografie. I piloti le hanno scattate in condizioni terribili»
Il tenente fu costretto a rassegnarsi.
Il maggiore si accese un’altra sigaretta e con calma espirò una nuvola di fumo.
«Non pensi mai a quando questa guerra sarà finita?» domandò con sincera curiosità.
Richard rimase in silenzio.
«Tornerai in Inghilterra come un ufficiale decorato, hai davanti a te una brillante carriera nell’esercito!»
Green non poteva evitare di provare ribrezzo e vergogna verso se stesso per aver accettato quell’abietta medaglia, d’altra parte non aveva avuto scelta. Per lui quel riconoscimento non aveva alcun valore, non era fonte di orgoglio e soddisfazione, ma solamente un pezzo di metallo macchiato del sangue dei suoi compagni.
John buttò giù l’ultimo sorso di brandy.
«Per quel che mi riguarda non voglio più vedere un fucile nemmeno per andare a caccia! Ho intenzione di condurre una vita tranquilla in Inghilterra. Forse potrei anche decidere di sposarmi…»
Richard non riuscì a trattenere una risata.
«D’accordo, probabilmente non mi sposerò…però…almeno voglio credere che ci sarà qualcosa dopo tutto questo»
«Certo, è giusto che sia così»
«Eppure non è così per te» puntualizzò il maggiore.
Green non poté ribattere: «è vero, non riesco a vedere nulla oltre a questa guerra e non ne sento nemmeno il bisogno»
«Per quale motivo?»
Il tenente si rialzò, ma prima di abbandonare il rifugio decise di degnare il suo interlocutore di una risposta.
«Perché questa è l’unica realtà che ho imparato a conoscere»
 
***

Hugh e Finn raggiunsero le trincee ai confini del villaggio per il turno di guardia. Quella sera la visuale era buona, dietro alla pianura le linee nemiche apparivano deserte ed abbandonate. Un contorto groviglio di filo spinato segnava il confine nella terra di nessuno.
Finn si sporse in avanti, restando appiattito contro il terreno, cercò di restare immobile e di non compiere movimenti azzardati, consapevole che un nemico nascosto nell’oscurità avrebbe potuto individuare i riflessi metallici dell’elmetto e del fucile.
Ad un tratto avvertì dei rumori sospetti, un fruscio e un leggero sussurro. Il giovane s’irrigidì, il suo compagno era rimasto in silenzio, anch’egli in allerta. Finn posizionò l’arma, in quella scomoda posizione gli sembrò di attendere per un tempo infinito.
Dopo un po’ riuscì a scorgere un’ombra in movimento, udì un lieve brusio, poi tutto tacque. Finn sfiorò il grilletto mantenendo lo sguardo fisso davanti a sé.  Respirava piano, il battito del suo cuore era rallentato, poteva avvertire il sangue che pulsava nelle tempie.
Una figura comparve sulla linea di tiro, il soldato si fermò, probabilmente per aspettare il suo compagno. Senza accorgersene aveva commesso un grave errore.
Nel momento in cui il tedesco si voltò, forse per dire qualcosa, fu raggiunto dallo sparo.
Finn lo vide cadere a terra, il colpo era stato preciso e letale. Attese ancora qualche istante, ma nessun altro sbucò dal sentiero.
 
***

Giunse finalmente l’ordine di mobilitare le truppe. Il tenente Green guidò il plotone verso la prima linea, il sentiero era ostacolato da buche e da crateri. I soldati britannici attraversarono foreste bruciate e villaggi in rovina. Richard notò che l’intero battaglione aveva iniziato a muoversi e a disporsi lungo la linea d’attacco, era certo che anche quello si sarebbe rivelato uno scontro violento e sanguinoso.
Dopo esser giunto alla sua postazione il tenente sistemò i suoi uomini in trincea, in attesa di nuovi ordini.
La notte trascorse tranquilla, Richard era talmente stanco che crollò nel sonno dopo la sua ultima ronda. Si sdraiò nel fango, pallido e stremato, addormentandosi immediatamente.
Si risvegliò nel mezzo della notte udendo gli echi lontani delle esplosioni, le intense luci dei razzi brillavano nell’oscurità. Il tenente si rassicurò nel trovare il suo attendente vicino a sé.
Finn era sdraiato al suo fianco, profondamente addormentato.
Richard osservò il profilo del suo amato al chiaro di luna, lasciandosi calmare dal ritmo regolare del suo respiro. L’ufficiale sistemò su di lui la sua coperta, poi si sdraiò nuovamente sul suo giaciglio, confortato ancora una volta dalla sua presenza.
 
Il pomeriggio seguente il portaordini giunse con un messaggio importante, il capitano Howard aveva indetto una riunione d’urgenza. Il tenente Green attraversò le trincee per raggiungere il rifugio del suo superiore.
Intorno al tavolo erano radunati tutti i comandanti di compagnia.
«Dunque è deciso, attaccheremo questa sera. Dopo il tramonto inizierà il fuoco d’artiglieria, noi entreremo in azione dopo un bombardamento di mezz’ora»
Gli altri ufficiali ascoltarono in rispettoso silenzio, i loro volti restarono cupi e apprensivi. Avevano atteso a lungo quel momento, ma l’eccitazione per l’imminente scontro era ancora frenata dall’umana preoccupazione.
Il capitano Howard ripeté ancora una volta il piano d’attacco, discusse alcune idee e prese le ultime decisioni.
Al termine della riunione Richard rimase solo con il suo superiore.
«Sono contento che alla fine abbia deciso di darmi ascolto» commentò Howard con un lieve sorriso.
«A cosa si sta riferendo?»
«Be’, ha messo la testa a posto ed ha ottenuto anche una bella medaglia. Deve ammettere che i miei consigli le sono stati utili, non crede?»
«Non ho mai voluto niente di tutto questo. Ho sempre cercato di fare solo il mio dovere»
«Certo tenente, sono convinto che non deluderà nessuno di noi nemmeno questa volta»
Richard si congedò con una vigorosa stretta di mano, la parole di Howard erano state chiare. Aveva avuto una seconda possibilità e aveva dimostrato di esserne degno, ora non poteva tradire coloro che avevano creduto in lui, né i suoi compagni né i suoi superiori.
 
Dopo esser tornato nel suo settore il tenente ordinò l’adunata e organizzò l’avanzata. Tutto era pronto, bisognava solo attendere il momento di agire.
Finn osservò la collina infuocata, i caldi colori del tramonto donavano un aspetto infernale a quella visione.
Il morale delle truppe era piuttosto alto, i soldati comprendevano l’importanza di quella vittoria, avevano la sensazione che dagli eventi di quella notte sarebbero dipese le sorti dell’intera guerra. Tutti erano ansiosi di prender parte a qualcosa di così grandioso. Gli uomini erano pronti a dimostrare il proprio valore. Certe sensazioni erano difficili da spiegare, ma ogni combattente era consapevole che al momento in cui si doveva lottare per la sopravvivenza la paura era soltanto un impedimento.
 
Il sentiero divenne sempre più stretto e tortuoso, il paesaggio si faceva più cupo e opprimente mentre i proiettili cadevano sempre più vicini. L’artiglieria britannica era entrata in azione con un fuoco intenso e costante. Il boato dei cannoni era sovrastato solo dai rombi dei motori, stormi di bombardieri sorvolavano la prima linea lasciando scie incandescenti nell’oscurità.
Il tenente Green si guardò alle spalle notando masse di soldati che in unità ordinate e compatte stavano avanzando verso il nemico. L’ufficiale avvertì un intenso brivido di eccitazione, non potette evitare di provare orgoglio per star prendendo parte a quella grande azione bellica.
Richard proseguì la sua marcia, continuando ad incitare i suoi uomini.  
 
Dopo aver superato le rovine di un piccolo paese sulle rive del fiume il tragitto divenne ancor più difficoltoso e disagevole. Le pareti delle abitazioni non ancora crollate erano crivellate di colpi, in passato la lotta per la conquista di quell’avamposto doveva esser stata feroce e sanguinosa.
Un vortice di proiettili circondò l’intera aera intorno al villaggio. I soldati si sparpagliarono tra le macerie per cercare riparo dai botti e dalle esplosioni. Il tenente si rannicchiò con il suo attendente contro a un muro diroccato, nella confusione riuscì ad individuare le ombre del sergente Redmond e del caporale Speller.
Finn strinse il fucile, era convinto che non fossero soli in quel villaggio.
Il tenente scambiò un rapido sguardo con il suo assistente, il quale con un cenno gli fece intuire che aveva compreso le sue intenzioni. Richard prese un profondo respiro, poi si rialzò e uscì allo scoperto.
Finn restò dietro alle macerie per coprire il suo comandante. L’ufficiale raggiunse incolume il lato opposto della strada, poco dopo anche i suoi compagni lo seguirono nell’oscurità.
Nell’ultimo tratto una mitragliatrice tedesca causò vittime e feriti. Finn stava cercando di orientarsi tra le vie deserte quando all’improvviso il soldato che si trovava al suo fianco cadde nel fango senza più rialzarsi.
Il sergente Redmond invece venne falciato nel mezzo della corsa, il proiettile si conficcò nel suo ginocchio sinistro. Il sottufficiale fu prontamente soccorso dai suoi compagni, i quali riuscirono a trascinarlo al riparo e a fasciarlo in attesa dell’aiuto medico.
 
Il plotone del tenente Green si riunì con un distaccamento scozzese che si era perso nella notte. L’ufficiale parlò a lungo con il comandante, un giovane capitano dall’aria scossa e spaventata. Alla fine si decise di organizzare l’attacco disponendo le truppe lungo il sentiero a sud-est del villaggio.
La battaglia era ormai entrata nel vivo dell’azione, il terreno fremeva in continuazione, il cielo era schiarito dalle potenti esplosioni che illuminavano l’intera vallata e il profilo delle colline.
I soldati si appostarono al riparo nei profondi fossi a lato del sentiero, tra ceppi bruciati e rovine contorte.
Richard osservò l’orologio, mancava poco all’ora dell’attacco. L’ufficiale rimase ad osservare il movimento delle lancette, sfiorando delicatamente con le dita le lettere incise nel metallo. Inevitabilmente ripensò ad Albert, domandandosi come il fratello avrebbe affrontato quella situazione. Di certo avrebbe fatto del suo meglio per portare a termine con successo la missione.
«Sono sicuro che Albert approverebbe le tue decisioni»
Richard sussultò, alzando lo sguardo incrociò le iridi celesti di Finn.
Il tenente sorrise: «mi piace credere che in qualche modo continui a vegliare su di me, ovunque egli sia…»
«Sono certo che sia così» rispose il ragazzo.
L’ufficiale ripose il prezioso oggetto nel taschino della sua giubba.
Finn rimase in silenzio, in quel momento avrebbe voluto dire molte cose, ma non trovò le parole per esprimere quel che stava provando dentro di sé. Era pronto a compiere il suo dovere, avrebbe seguito senza esitazione il suo superiore attraverso le linee di fuoco, la sua fedeltà non era mai stata dubbia. Nonostante ciò il giovane non poteva nascondere la verità a se stesso, in quella guerra aveva qualcosa da perdere, qualcosa che considerava ancora più prezioso della sua stessa vita, e questo lo rendeva estremamente fragile e vulnerabile.
Il tenente poté intuire le sue preoccupazioni.
«Qualunque cosa accada voglio che tu sappia che non ho alcun rimpianto, tu sei sempre stato la mia salvezza. Quello che provo per te è puro e sincero»
Finn tentò di trattenere le lacrime: «lo so…per me è lo stesso»
Quella conversazione così intima e profonda venne bruscamente interrotta dall’arrivo del capitano scozzese, il quale con evidente agitazione annunciò che era giunto il momento di uscire all’attacco.
 
La prima ondata scavalcò il muro di terra e si diresse verso la linea nemica. In testa alla fila Richard ripensò a tutte le volte in cui si era trovato in quella situazione, marciando nella notte incontro al proprio destino. In quell’occasione però avvertì qualcosa di diverso, in quell’enorme e caotico insieme di forze contrastanti si accorse di essere un dettaglio insignificante. Avvertiva il terreno fremere sotto di sé e le pallottole volare sopra alla sua testa, sentendosi come un naufrago in quell’impetuosa tempesta.
Tornò in sé quando un proiettile cadde così vicino da scalfirgli l’elmetto. L’ufficiale riprese il controllo della situazione, correndo lungo la scarpata per sfuggire alla violenta raffica di una mitragliatrice.
 
Il campo di battaglia era sovrastato da intense nubi alzate dalle bombe e dai proiettili.
Il tenente Green prese il comando di un gruppo di uomini occupando una trincea abbandonata dal nemico. Alle sue spalle poteva avvertire il forte ruggito dei cannoni britannici, le colline invece risplendevano di bagliori infuocati. Richard ordinò ai suoi uomini di resistere e mantenere la posizione.
 
All’improvviso un’impetuosa tempesta di proiettili si abbatté intorno a quella postazione. Richard scivolò rapidamente in trincea scavalcando la barricata. Con tutto il fiato che aveva nei polmoni gridò ai suoi uomini di correre al riparo. Un gran trambusto animò la linea britannica sotto al violento fuoco nemico.
I mitraglieri risposero con ardore ai colpi degli avversari, scaricando nastri di proiettili contro alle postazioni tedesche. I combattenti si trovarono coinvolti in quella terrificante danza di bagliori incandescenti.
Ad un tratto il tenente udì il fischio di una granata, istintivamente si voltò verso il suo attendente, il quale era ancora ignaro del pericolo. Senza esitazione Richard scattò in avanti per proteggere il suo compagno. L’ufficiale spinse il giovane a terra appena in tempo per allontanarlo dalla pioggia di schegge.
Finn fu scaraventato contro alla parete di fango dall’urto dell’esplosione. Si riprese tossendo in una nuvola di polvere, ancora scosso e frastornato. Soltanto quando il fumo iniziò a diradarsi si rese conto di ciò che era davvero accaduto.
Il tenente era steso a terra, inerme, con una grossa scheggia conficcata nel fianco destro. Il sangue sgorgava copiosamente dalla profonda ferita.
Finn si affrettò a correre in suo soccorso.
«Richard!»
Il giovane si chinò su di lui, le sue mani si macchiarono di sangue.
L’ufficiale voltò leggermente la testa per poter guardare il suo compagno. Il viso di Finn gli apparve sfocato e annebbiato, sentì la sua voce ovattata e distante. Stava perdendo il contatto con la realtà.
Le forze lo stavano abbandonando, il dolore era insopportabile.
Green richiuse lentamente gli occhi, aveva mantenuto la sua promessa. Questo fu il suo ultimo pensiero prima di perdere i sensi.
 
***

Il tenente Foley arrancò nel fango, proseguendo faticosamente la marcia lungo i camminamenti con un gruppo di artiglieri. Il cielo nero era illuminato da luci tremolanti che brillavano nell’oscurità. Le esplosioni fiammeggiavano all’orizzonte come in una violenta eruzione. Le bombe cadevano al suolo con intensi bagliori arancioni e boati assordanti, seguiti dalle fragorose cadute di masse di terra e pesanti detriti. L’eco degli spari, le grida e i lamenti dei feriti colpiti dalle schegge accompagnavano quella macabra marcia notturna.
William ricordò un vecchio detto che aveva sentito più volte in trincea. Più è oscura la notte e più forte è la paura. Quella era davvero una notte lugubre e tenebrosa.
 
Un pesante bombardamento si abbatté sulle trincee britanniche. Una fitta pioggia di proiettili di grosso e medio calibro cadde sull’intera vallata, scavando profondi crateri fumanti. Enormi masse di terra si innalzarono vorticosamente in aria.
William saltò in una trincea poco più profonda per cercare riparo. Si rannicchiò contro al muro di fango avvertendo il terreno tremare sotto ai suoi piedi.
Quando tornò in superficie si accorse di essere solo, i suoi compagni erano scomparsi. Il tenente notò una casamatta poco distante, non ebbe il tempo di ragionare, così si affidò all’istinto. Saltò da una fossa all’altra, cercando di avvicinarsi sempre di più al suo obiettivo. Il fuoco divenne sempre più intenso.
Foley scavalcò un muro di terra e rotolò in una trincea sventrata.
Il bombardamento si fece ancora più violento, sarebbe stato impossibile raggiungere il rifugio di cemento. Il tenente riprese la sua corsa e rapidamente si gettò all’interno di una grossa buca. Rotolò nel fango, a fatica si rialzò sulle ginocchia, quando sollevò lo sguardo si accorse di non essere solo. Un soldato era rannicchiato contro alla parete franata, era ferito, tremava e gemeva per il dolore.
L’ufficiale mosse qualche passo nella sua direzione, ma ad un tratto qualcosa lo bloccò. Esitò a soccorrere il suo commilitone.
William strinse la pistola tra le dita, avvicinandosi più cautamente al ferito. Il suo volto era coperto di fango e sangue, l’espressione sofferente ne deformava i lineamenti, eppure Foley non aveva alcun dubbio: quel soldato era il caporale Randall.
   
 
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