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Autore: SweetLuna    09/11/2020    1 recensioni
Mettete per un attimo da parte vampiri e lupi mutaforma, e immaginate un contesto in cui i personaggi di Twilight sono tutti umani. Se Renesmee e Jacob fossero stati entrambi umani, se l'imprinting non fosse esistito, le loro strade avrebbero trovato ugualmente il modo di incrociarsi?
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Renesmee ha diciotto anni e vive a Jacksonville con i suoi giovanissimi genitori, Edward e Bella. Un'occasione speciale, il matrimonio di suo nonno Charlie, la porterà a rinunciare ad un viaggio con i suoi amici per trascorrere due settimane a Forks. Lì farà la conoscenza di Jacob Black, un ragazzo della tribù Quileute più grande di lei e terribilmente affascinante.
Ma come reagirà Renesmee nello scoprire che Jacob anni prima era stato innamorato di sua madre?
E come reagirà Jacob nello scoprire che Renesmee è proprio la figlia della ragazza che gli aveva spezzato il cuore?
Leggete e scopritelo!
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N.B. Poiché la storia è una Alternative Universe che si svolge in un futuro non raccontato nella Saga di Twilight, alcuni personaggi potrebbero essere lievemente OOC.
DISCLAIMER: La seguente storia non è a scopo di lucro. I personaggi originali di Twilight e il materiale fotografico appartengono ai rispettivi proprietari.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Renesmee Cullen | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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CAPITOLO 11
 
Renesmee
Passarono i giorni, e in un batter d'occhio mi ritrovai a giovedì. Il giorno seguente ci sarebbe stato il matrimonio di nonno Charlie, ed io ero agitata per il fatto che i miei genitori e Jacob si sarebbero ritrovati nello stesso posto. Con me presente.
Alcuni giorni prima lui ed io avevamo messo in chiaro le cose, avevo scoperto che era proprio Jake il ragazzo di cui mi aveva accennato mia madre, quello a cui lei aveva spezzato il cuore anni prima. Le mie supposizioni erano state corrette, ma ciò non aveva minimamente intaccato il fatto che Jake mi piacesse. Lo stesso valeva per lui, nessuno di noi ne aveva fatto un dramma.
Nel frattempo, Christina mi aveva anche comunicato una fantastica notizia: il nostro viaggio a Los Angeles era stato spostato al 7 di agosto. Sarei partita con Chris, Stella, Thomas ed altri nostri amici, sia ragazzi che ragazze. Ovviamente tra loro non c'era nessuno che mi piacesse in quel senso, e mi ero ritrovata a pensare al fatto che sarebbe stato bello invitare Jake. Sogno che sarebbe rimasto irrealizzato, visto che lui aveva un lavoro e che si sarebbe sentito in imbarazzo in mezzo ad altri ragazzi della mia età. 
Ripensai a ciò che era accaduto quel lunedì, quando avevo lasciato che Jake mi sfilasse la maglietta e mi togliesse il reggiseno. Avevo permesso che le sue mani e le sue labbra si posassero sulla mia pelle, con il desiderio di andare oltre... Ci eravamo visti ancora, ma lui era stato piuttosto chiaro: era troppo presto per il sesso, e a mente lucida dovevo ammettere che aveva ragione. Che io stessa non ero pronta a spingermi oltre, perché erano passati solo pochi giorni. Pochi giorni in un cui la mia vita era stata stravolta da sensazioni e sentimenti che per me erano del tutto nuovi. 
Pensai di nuovo alla distanza che ci avrebbe divisi, e ancora una volta quel pensiero mi provocò una sensazione di malessere: non sopportavo l'idea di stargli lontano, e non sapevo come avrei fatto i conti con tutto ciò.
Avevo chiesto ai miei genitori un anno sabbatico, un anno in cui mi sarei schiarita le idee e avrei cercato un lavoretto. I miei amici - non tutti - sarebbero andati al college, ma ad essere sincera con me stessa il college non era in cima alla lista dei miei desideri. Non volevo fare il medico come papà o l'insegnate come mamma, volevo continuare a studiare musica. Il rinnovato interesse per il pianoforte mi aveva aperto gli occhi, ma ero quasi sicura che in parte avrei deluso papà. Nonostante l'apparenza, era comunque un padre vecchio stampo... Come avrebbe reagito quando gli avrei detto che una laurea non era tra le mie priorità? Che un pezzo di carta non mi avrebbe resa migliore o... più colta? Di me non si poteva di certo dire che fossi ignorante o superficiale, e la scuola non mi aveva mai dato grossi problemi, se si escludevano la matematica e le odiose partite di pallavolo durante educazione fisica. 
Tutti si aspettavano che avrei scelto il college, ma più ci pensavo e più non avevo voglia di tornare con la testa tra i libri per un numero indefinito di anni. 
Be', per farla breve la mia vita aveva un futuro incerto, e in tutto ciò io volevo includerci un ragazzo... Anzi, un uomo. Più grande di me di sedici anni, con un lavoro stabile e un hobby, quello della band, che gli offriva anche un guadagno extra. Un uomo che probabilmente alla sua età avrebbe voluto una relazione stabile, una convivenza e forse un figlio, e non qualcosa di incerto e complicato con una ragazzina che al momento non voleva saperne nulla di famiglia e affini. Jake mi aveva detto che matrimonio e figli non rientravano nei suoi desideri a breve termine, e che quando si ama una persona si è disposti anche a rispettare i suoi tempi. Forse stavo andando troppo oltre, perché avevo sempre avuto la pessima inclinazione a pensare troppo. Eppure, non riuscivo a smettere di fare supposizioni e di immaginare il mio futuro accanto a Jake. Quando io avrei avuto trent'anni, forse sarei stata pronta per sposarmi e avere un figlio. Forse. E lui di anni, ne avrebbe avuti... quarantasei. Cavolo, sarebbe stato davvero disposto ad aspettarmi tanto a lungo, per formare una famiglia? Inoltre non avrei mai potuto chiedergli di trasferirsi a Jacksonville e di allontanarsi da suo padre, che nonostante avesse Rachel accanto aveva sicuramente sofferto quando Rebecca se n'era andata alle Hawaii. 
Un padre che, tra l'altro, era l'unico genitore che gli era rimasto. 
In quel momento mi sentii totalmente sopraffatta dalle sensazioni negative, e scoppiai a piangere. Rimasi a letto ancora un po', anche se a breve mi sarei dovuta alzare per fare colazione con la mia famiglia... Ma non me la sentivo affatto di farmi vedere in quelle condizioni da mamma, papà, nonno e Sue: a quel punto mi avrebbero sicuramente fatto delle domande. 
In che situazione mi ero cacciata? Ogni cosa sembrava remarci contro, eppure Jake non poteva essere soltanto una stupida avventura estiva: ormai mi era entrato nel cervello, nel cuore, nella pelle. Perché il solo pensare a lui mi provocava una miriade di sensazioni diverse.
Sono esagerata o stupida? mi domandai, ma conoscevo bene la vera risposta: ero soltanto... innamorata. Non è da tutti far innamorare una ragazza in così pochi giorni, ma lui c'era riuscito. 
Se lo avessi detto alle mie amiche mi avrebbero presa per pazza, ma a me stessa non potevo mentire.
 
Pochi minuti dopo, qualcuno bussò alla porta.
‒ Renesmee, posso entrare? ‒ Era papà. Mi asciugai in fretta le lacrime, e mi schiarii la voce.
‒ Sì papà, entra. ‒ Sperai che non si notasse troppo il rossore sul mio viso. Papà entrò con un vassoio in mano, mi aveva portato la colazione. Ero sempre la sua piccola principessa, anche alla soglia dei diciannove anni. Tutto a un tratto, non vedevo l'ora di avere un anno in più.
‒ Buongiorno, tesoro. Visto che non scendevi, la colazione è venuta da te ‒ mi disse, con un tono di voce amorevole e rassicurante. Poggiò il vassoio sul comodino, e si sedette al bordo del letto. 
‒ Grazie papà, buongiorno ‒ bofonchiai, sforzandomi di fare un sorriso. Probabilmente avevo fatto una smorfia, altro che sorriso... 
‒ Ness, hai pianto? Che cosa succede? ‒ Come al solito, sembrava che papà leggesse nel pensiero. Ci ero quasi abituata, e, con rassegnazione, gli risposi.
‒ E' vero, ho pianto... ma si tratta di cose personali, e non mi va di parlarne ‒ tagliai corto.
‒ Se mia figlia piange, non me ne starò con le mani in mano facendo finta di niente. Oggi sarà una giornata impegnativa, non voglio vederti con quella faccia triste. Riguarda il viaggio? Verrà qualcuno che ti sta antipatico? ‒ Mi sollevò il mento con la mano destra, guardandomi dritto negli occhi. 
Eh già, una giornata impegnativa... Zia Alice avrebbe fatto provare un'ultima volta a noi ragazze gli abiti che avremo indossato alla cerimonia, ed io sarei andata di nuovo da nonno Carlisle e nonna Esme per esercitarmi con la mia esibizione al pianoforte. E, se avessi avuto ancora tempo, sarei scappata anche solo mezz'ora a trovare Jake. Ebbene sì, dopo quel lunedì avevamo continuato a vederci per tutta la settimana, consci del poco tempo che ci rimaneva da passare insieme. Mi intristii di nuovo. 
‒ No, il viaggio non c'entra ‒ risposi a mio padre.
‒ Lo immaginavo ‒ mi disse lui, pensieroso.
‒ Be', vedi, papà... Hai avuto anche tu diciott'anni. Dicevi proprio tutto ai tuoi genitori? ‒ gli domandai. No, sicuramente non diceva proprio tutto a nonno Carlisle e nonna Esme, e poi lui a diciott'anni aveva avuto me. I nonni sono le persone più comprensive al mondo, ma immaginai che all'epoca la notizia li avesse sconvolti.
Mio padre invece, cosa poteva rimproverare a me? Assolutamente nulla. Avevo tutto il diritto di mantenere la mia privacy.
‒ No, non gli dicevo tutto, hai ragione. Ma questo non c'entra con il mio discorso, Renesmee: mi fido di te, so che sei una ragazza con la testa sulle spalle, e lo sa anche tua madre. Il fatto è che credo di sapere quale sia il problema, e perché tu non me ne voglia parlare. 
‒ Hai parlato con mamma ‒ insinuai.
‒ La mamma non c'entra. Ci sono arrivato da solo ‒ mi rispose. A quel punto, mi agitai. Papà si alzò di nuovo per porgermi il vassoio con la colazione, dopodiché proseguì il discorso. ‒ Sabato sera sei andata con Seth ad una festa in spiaggia, no? 
‒ Sì, un falò ‒ risposi, bevendo un po' di latte e caffè.
‒ E questa settimana sei uscita quasi tutti i giorni, a volte la sera. E' chiaro che c'è di mezzo un ragazzo, non sono nato ieri. ‒ Iniziai a fare a pezzi la brioche che papà mi aveva portato, mangiandola a piccoli morsi. 
‒ Okay papà... in effetti hai ragione, ma ti ripeto che non ho voglia di parlarne. In genere questi sono discorsi che le figlie preferiscono affrontare con le mamme ‒ insistetti.
‒ Ehi, guarda che lo capisco. E non sono qui per riprendere discorsi che la mamma ti avrà già fatto fin troppe volte, ma lascia che ti dia un consiglio: tu e questo ragazzo siete troppo distanti, e... insomma, a te Forks neanche piace. Non voglio che tu soffra, o che prenda decisioni sulla base di qualcosa che non può funzionare. 
‒ Non serve che sia tu a dirmelo, papà. Sono maggiorenne, cerca di fartene una ragione. E sono in grado di decidere da sola cosa è meglio per me. ‒ Mi stavo innervosendo.
‒ Lo so, non voglio sminuirti. Ti sto solo dicendo di non cacciarti in situazioni più grandi di te. Come pensi di poter continuare questa... conoscenza, se tu vivi a Jacksonville e questo ragazzo vive qui? ‒ Sbuffai. 
‒ E invece tu sì che hai sempre fatto la scelta giusta, non è vero papà? Ad esempio quando lasciasti mamma perché pensavi di fare la cosa giusta per lei. Avevi diciassette anni, e ti sei preso la briga di decidere che mamma sarebbe stata più felice senza di te, per poi tornare sui tuoi passi. ‒ Lo lasciai per un attimo senza parole, avevo colto nel segno. ‒ Scusa, non volevo essere cattiva con te. Voglio solo che tu capisca che lui... questo ragazzo... mi piace davvero. ‒ Abbassai lo sguardo. Mio padre prese un bel respiro, prima di continuare a parlare. 
‒ Sei caparbia, proprio come tua madre ‒ mi rispose, strappandomi un mezzo sorriso.
‒ Dimmi solo una cosa ‒ insistette. ‒ Lo conosco? E' un amico di Seth o qualcosa del genere, no? ‒ Feci di sì con la testa.
‒ Non ti dirò come si chiama, è inutile. So soltanto che appena l'ho visto ho pensato che avrei voluto conoscerlo. E quando abbiamo parlato, mi è sembrato di conoscerlo da sempre. Hai presente?
‒ Sì, altroché ‒ mi rispose papà, con la faccia di chi la sapeva lunga. ‒ E' stato così, quando ho conosciuto Bella al liceo. 
‒ E allora, se mi capisci, non provare a farmi cambiare idea ‒ mi limitai a rispondere.
‒ Va bene, Ness. Mi sto solo... comportando da papà ‒ ribatté. ‒ Non voglio che tu soffra, tutto qui. Desidero che tu vada al college, e non voglio che una sbandata per un ragazzo che conosci da neanche una settimana ti faccia fare colpi di testa. ‒ Aveva assunto un tono autoritario, un tono che stonava sul suo viso da giovane uomo che dimostrava anche meno dei suoi trentasei anni.
‒ Papà, calmati. Stai correndo troppo, entrambi abbiamo questo brutto vizio. Non ho detto di volermi trasferire a Forks domani, ho solo detto che non mi interessa né della distanza e né delle altre scuse che inventerai per scoraggiarmi. E non so neanche se voglio andarci, al college. 
‒ Come sarebbe a dire? ‒ mi rispose, interdetto.
‒ Hai capito bene, papà. Io... vorrei tanto continuare a studiare musica. ‒ Ormai, non potevo rimangiarmi quelle parole.
‒ Ness, quello potrai comunque farlo come hobby. Sii realista, sai quanto è complicato il mondo della musica. 
‒ Non ti sto dicendo che voglio diventare la nuova Lady Gaga, papà! So bene che è un mondo complicato, ho solo detto che voglio continuare a studiare musica e canto. Il resto si vedrà. E comunque, adesso non voglio parlarne! ‒ Alzai la voce. Mamma non mi avrebbe mai fatto un discorso come quello, lei ed io avevamo un rapporto da madre e figlia amiche. Speravo che le cose non sarebbero cambiate quando avrebbe scoperto che quel ragazzo di cui mi ero innamorata era proprio Jacob.
‒ Okay, Renesmee. Ne riparleremo. Voglio solo che tu non ti faccia influenzare da nessuno, che sia una tua amica o che sia un ragazzo. 
‒ Sono tua figlia. Mi conosci, no? Non metterei mai da parte me stessa e i miei desideri per un ragazzo. E non lascerò che il college sia causa di litigi, come fu per te e la mamma. ‒ Lo zittii, a quel punto papà non poteva controbattere. 
‒ Voglio fidarmi di te, come ho sempre fatto ‒ mi rispose. ‒ Ma, ad una condizione. 
‒ Lo sapevo che c'era il trucco ‒ sbuffai.
‒ Lasciami finire: voglio conoscere questo ragazzo, se hai intenzione di continuare a sentirlo anche quando saremo tornati a casa. Mia figlia non esce con il primo che capita. ‒ A quel punto, il mio cuore prese a battere più veloce. Mi ero cacciata in un bel guaio.
‒ Okay, gliene parlerò ‒ risposi, mostrandomi più convinta di quel che ero. 
Io papà lo capivo, dico davvero. Con tutte quelle brutte cose che si sentivano al telegiornale, era ovvio che volesse assicurarsi che non mi mettessi nei guai. Io stessa ero sempre stata piuttosto diffidente, con i ragazzi e con le persone in generale. 
Ma di Jake mi fidavo, e speravo che papà avrebbe accettato la situazione.
Jake sapeva bene a cosa andava incontro, e non era tanto lui a preoccuparmi, quanto la reazione di mamma e papà. Quando mi figurai la scena del loro incontro nella mia mente, sperai vivamente che non si sarebbe trasformato in uno spargimento di sangue. Tendevo ad essere un po' melodrammatica, e sapevo benissimo da chi avevo ereditato quel lato del carattere: proprio da mio padre.
 
Dopo la colazione, presi la macchina e dissi alla mia famiglia che sarei andata a prendermi un gelato con zia Alice, prima del pomeriggio impegnativo che ci aspettava. Non era del tutto vero, ma lei aveva accettato di coprirmi; nonostante inizialmente fosse rimasta sconvolta dal fatto che stessi uscendo con Jacob. Zia Alice era davvero fantastica, e mi aveva concesso la sua fiducia. Ma, di fatto, stavo dicendo fin troppe bugie alla mia famiglia.
Sì, mi ero messa decisamente nei casini, dire tutte quelle bugie non era affatto da me. Ma volevo tutelarmi, e volevo tutelare Jake. Volevo prendermi il mio tempo per sistemare le cose, in fondo non stavo facendo nulla di male. 
Ancora una volta mi aiutai con il navigatore, impostandolo all'indirizzo dell'officina di Jake e Embry. Fu più semplice orientarmi, visto che Jake mi aveva già mostrato la strada. Non volevo fargli perdere tempo al lavoro, ma morivo dalla voglia di vederlo anche solo per poco. 
Quando arrivai, venni accolta da una ragazza: era Emily, cugina di Seth e Leah e fidanzata di Embry, che avevo conosciuto al falò il sabato precedente. Si occupava del lavoro di ufficio e segreteria, e in quel momento era impegnata a compilare una ricevuta a una cliente. 
‒ Ciao, Renesmee. Un attimo e sono da te ‒ mi disse Emily. Nel sentire il mio nome, la cliente si voltò nella mia direzione.
‒ Renesmee! Sei la figlia di Bella, non è vero? ‒ mi disse, con una voce da snob. ‒ Sono Jessica, io e tua madre andavamo a scuola insieme ‒ aggiunse. In quel momento collegai il volto alle foto del periodo scolastico che mi aveva mostrato mia madre. Jessica faceva parte del gruppo di amiche del liceo di mamma, ma non avevano mai legato in maniera particolare.
‒ Piacere di conoscerti, Jessica ‒ le risposi, con tono amichevole.
‒ Che bella ragazza, e quanto somigli ai tuoi genitori! Sei qui per il matrimonio di Charlie, immagino. ‒ Annuii, ma fui subito travolta da una marea di domande: "Che fai nella vita?", "Ce l'hai il fidanzato?", "Andrai al college?". Per fortuna, l'intervento di Emily mi salvò.
‒ Jessica, la tua ricevuta è pronta ‒ disse. 
‒ Grazie Emily, ora vado a salutare i ragazzi. Ciao anche a te, Renesmee! ‒ Ringraziai mentalmente Emily per avermi salvato dal terzo grado di Jessica, ma in quel momento Jake fece capolino nell'ufficio.
‒ Ness, che bella sorpresa! ‒ esclamò, sotto lo sguardo indagatore di Jessica. Jake non l'aveva neanche notata.
‒ Vi conoscete voi due? ‒ esclamò quest'ultima, e mi colse totalmente in contropiede. Jessica aveva tutta l'aria di essere una pettegola seriale, e se non inventavo subito una buona scusa rischiavo che la voce giungesse ai miei genitori prima che fossi io a dirglielo. 
I miei guai erano appena iniziati...
  
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