12.
Il
pianto aveva lasciato segni rossi attorno agli occhi di Liza e, quando
Lucas e
Rock raggiunsero lo chalet dei Wallace e Richard li fece accomodare in
salotto,
la coppia la fissò spiacente prima di invitarla per un
abbraccio di gruppo.
Liza
non si rifiutò e, anzi, lo accettò più
che volentieri. Come neutra, poteva
percepire in minima parte il potere dell’aura dei licantropi
e, pur se non
sarebbe mai stato come essere un lupo, le fece comunque piacere esserne
avviluppata.
La
guancia premuta contro i capelli di Liza, Lucas mormorò
spiacente: «Dio! Mi
spiace tantissimo che tu debba soffrire così tanto, tesoro.
Non ti ho davvero
fatto un favore, titolandoti come Geri.»
«Non
è colpa tua, Lucas. Ero destinata a questo, a quanto
pare» replicò fiacca Liza.
«La
mia allieva padawan resisterà
anche a
questo, vero?» cercò di ironizzare Rock,
lanciandole un sorriso speranzoso
mentre le carezzava la lunga chioma sparsa sulle spalle.
Lei
assentì, scostandosi un poco da loro e asserendo:
«Ma certo, mio maestro jedi.
Mi hai preparato anche per
sopportare i colpi bassi, no?»
«Ovvio»
mormorò Rock, dandole un buffetto sulla guancia prima di
scostarsi da lei.
Invitandoli
ad accomodarsi in salotto, Richard portò agli ospiti un paio
di drink mentre
Liza riferiva quando visto durante la visione congiunta con Muninn e
Huginn.
Il
corvo della Memoria, nel frattempo, era tornato a casa e, silente e
mogio, se
ne stava sul suo trespolo, invano confortato da Huginn e dalle carezze
di Helen
e Rachel.
Pareva
davvero distrutto all’idea di non aver potuto proteggere la
propria padrona, e
nulla di quanto detto per consolarlo era servito allo scopo.
Ora,
osservava la sua padroncina mentre, con sguardo nuovamente lucido e
voce roca
ma sicura, esponeva i fatti per come li aveva visti, e i suoi occhi
scuri sembravano
voler piangere tutte le lacrime del mondo.
Non
lo avrebbe mai fatto per non far soffrire ulteriormente Liza, ma la sua
padrona
sapeva bene quanto stesse male per averla ferita, pur se
incolpevolmente.
«Se
la prima visione non era stata chiara, questa mi è parsa
più limpida» dichiarò
Liza, torcendosi le mani per impedire loro di tremare. «Mark
sarà ferito,
presumibilmente da coloro che il signor Sullivan sta cercando ma,
comunque, non
da me o da un licantropo. Perciò, chiunque sia
l’entità che sta mietendo
vittime da più di dieci anni a questa parte,
verrà qui.»
Lucas
assentì torvo, sfiorò con una carezza la guancia
di Liza e, perentorio, disse:
«Da domani, girerai scortata in modo più serrato.
Non mi interessa nulla di
quello che diranno i tuoi amici… Sasha sarà la
tua ombra.»
Liza
sgranò gli occhi, a quella notizia, ed esalò:
«No, aspetta, Lucas… se facessimo
così, la cosa potrebbe insospettire Mark,
e…»
Interrompendola,
Lucas replicò: «Ascolta, Liza. Se Mark
sarà davvero la vittima designata, e tu
continuerai a rimanergli accanto per controllarne le mosse, non credi
che
sarebbe più sicuro per te, e per
lui,
avere al fianco un lupo mannaro che possa difendervi?»
Azzittita
da quell’ovvia replica, Liza storse comunque il naso e
borbottò: «Non lo fai perché
pensi che io non sia in grado di difendermi, all’occorrenza,
vero?»
Lucas
rise nonostante tutto e, rivolgendo uno sguardo divertito a Richard,
esalò: «E’
piuttosto permalosa, o sbaglio?»
«Oh,
lo è eccome. Comunque, io sono d’accordo con la
sua decisione.»
Fenrir
scosse il capo con aria gentile e, accentuando il proprio sorriso,
replicò:
«Niente forme di cortesia, Richard, davvero. Qui siamo tutti
una grande
famiglia, e io per primo desidero che Liza sia al sicuro… e
questa storia non
ha nulla di sicuro, almeno per
adesso.»
Richard
assentì e Rachel, avvicinandosi alla figlia per poggiarle le
mani sulle spalle,
convenne dicendo: «Devi ascoltare il tuo Fenrir, cara e, se
lui dice così, tu
devi attenerti a quanto dettoti.»
«Ti
torna comodo dire così, perché almeno sarai
sicura che me ne andrò in giro come
se fossi imbottita di ovatta da capo a piedi»
sbuffò Liza, lanciandole
un’occhiataccia dal basso all’alto.
Rachel
rimase imperturbabile, limitandosi a dire: «Sei davvero una
malfidata.»
«Ti
conosco. E’ ben diverso»
sottolineò
Liza prima di tornare a scrutare Lucas con estrema serietà e
replicare: «Mi
spiace impuntarmi, ma insisto. Mark non deve capire che qualcosa bolle
in
pentola. Sasha potrà continuare a seguirmi a
distanza… perché so che
lo sta già facendo, anche fuori dalla
scuola.»
Nel
dirlo, Liza ebbe la soddisfazione di vedere Lucas arrossire leggermente
e,
terminando la frase, aggiunse: «Al minimo sentore di
pericolo, manderò tutto
all’aria e chiederò aiuto. Promesso. Ma non voglio
far saltare la copertura
fino all’ultimo istante.»
Rock
lanciò un’occhiata orgogliosa alla propria allieva
– evidentemente soddisfatto
all’idea che lei avesse capito di essere pedinata –
mentre Lucas, passandosi
una mano sulla nuca con espressione contrita, mormorava:
«Scusa, ma ero davvero
preoccupato, e così…»
Liza
a quel punto sorrise e replicò: «Lucas,
è anche per questo che tutti ti
apprezzano come leader. Hai a cuore le nostre sorti, e questo lo
trasmetti
molto bene con le tue azioni, oltre che con le tue parole.»
«Siete
il mio branco. Farò sempre del mio meglio, per
voi» assentì l’uomo prima di
afferrare il telefono e chiamare Curtis.
Al
terzo squillo, il poliziotto mormorò dubbioso e un
po’ insonnolito: «Che
succede, Lucas? E’ quasi mezzanotte.»
«A
quanto pare, Mark Sullivan rischia di essere la vittima sacrificale del
mostro
che stiamo pedinando senza successo.»
Un’imprecazione
sfuggì dalla bocca di Curtis ma, subito dopo, il poliziotto
riprese il
controllo della situazione e domandò: «Liza ha
ricevuto dritte dal suo corvo?»
«Ha
avuto una brutta esperienza diretta, stavolta. Comunque, Huginn
è convinto che
non c’entrino né lei, né i licantropi,
con il ferimento del ragazzo, perciò può
essere tranquillamente il lupo che i Sullivan stanno cercando da
tempo.»
«Avrebbe
senso, visto quello che ho scoperto» dichiarò
Curtis, sorprendendo non poco
Lucas. «Dove sei, adesso? Visto che siamo entrambi svegli,
tanto vale che te lo
dica adesso.»
«Sono
a casa dei Wallace, i genitori di Liza. Sai dove abitano?»
Curtis
scoppiò a ridere, in sottofondo una porta che veniva chiusa
e l’accensione di
un’auto in rapida sequenza e, divertito, replicò:
«Che sentinella sarei, se non
sapessi l’ubicazione di ogni membro del branco? Arrivo tra un
paio di minuti.»
Ciò
detto, chiuse la comunicazione e Lucas, lanciata un’occhiata
ai padroni di
casa, si scusò e disse: «Temo che la cosa
andrà per le lunghe.»
«Avevo
già messo in conto che sarebbe stata una notte
travagliata» chiosò Richard.
Rachel,
pragmatica, si allontanò per raggiungere la cucina e disse:
«Preparo del caffè.
O volete una tisana?»
Un
coro di ‘caffè’
diede la misura di
quanto nessuno, in quel momento, volesse perdere la concentrazione e
Muninn,
tornando finalmente a parlare con Liza, mormorò: “Mi spiace che tutto stia andando
così male, mamma.”
“Non
ti
preoccupare e, soprattutto, non sentirti in colpa. Ora che sappiamo che
il
nostro contatto mentale è così forte, staremo
più attenti, okay?” replicò Liza,
cercando di infondere un coraggio che non sentiva nel suo corvo.
“Va
bene” brontolò Muninn,
non del tutto convinto.
Liza
non poté dargli torto. Erano tutti e tre alle prime armi,
con un potere che
ancora non comprendevano del tutto e con un nemico a cui, ancora, non
sapevano
dare un nome.
Niente
di più facile che i nervi saltassero.
***
Curtis
fece la sua apparizione con le sue onnipresenti cartelline gialle
oblunghe e,
per un attimo, Liza tornò al giorno in cui lei e Chelsey
erano state mandate
prematuramente in camera per non visionare il rapporto riguardante i
Sullivan.
Per
un istante, temette di veder comparire fotografie di morti squartati e
quant’altro ma, quando il poliziotto aprì la
cartella sul tavolo del salotto,
vide solo dei simboli, alcuni ingrandimenti e un foglio A4 con una
lungo testo
scritto.
«Bene,
signori, vediamo di fare un po’ di chiarezza. Grazie alla
soffiata della nostra
Liza, che ha il fiuto di un detective…»
dichiarò Curtis, strizzandole l’occhio
e facendola sorridere per diretta conseguenza. «…
e grazie all’aiuto dei nostri
nuovi amici irlandesi, ho potuto capire qualcosa in più
rispetto a questo
fantomatico lupo sui generis.»
Preso
in mano il foglio con la trascrizione, lo picchiettò con un
dito un paio di
volte prima di aggiungere: «Qui c’è una
traduzione discretamente comprensibile
di ciò che significano i simboli visti dal
fomoriano.»
Alla
parola ‘fomoriano’,
Richard, Rachel e
Helen strabuzzarono gli occhi ma Liza, con un cenno nervoso della mano,
borbottò: «Ve lo spiego dopo.»
Era
inutile imbastire una lunga e laboriosa lezione di mitologia a
mezzanotte
passata, soprattutto con tutto quello che già
stava bollendo in pendola. Ci sarebbe stato tempo per ulteriori colpi
di scena,
più tardi.
Ciò
detto, pregò Curtis di continuare e quest’ultimo,
con un cenno di assenso,
aggiunse con tono roco e profondo: «Tenete conto che sono
spezzoni di frasi,
perciò non avranno un senso fine a se stesso.»
Io
prospererò,
rimarrò, risorgerò ogni…
«Qui
c’è un vuoto linguistico, … immagino
perché il fomoriano sia stato
impossibilitato a leggere i simboli seguenti.»
...come
te, ritornerò al giusto momento …
…il
mare e la
terra sono il mio…
…che
la caccia
abbia inizio.
Akhlut
giunge.
«Akhlut?»
ripeterono in coro i presenti, assai confusi.
«Sapevo
che l’avreste notato, perciò ho sbirciato un
po’ qui e là ma, a parte qualche
parola su pochi blog, ho ricavano ben poco, così ho chiesto
allo stesso membro
del branco che mi ha tradotto questi simboli.»
Lucas
lo fissò pieno di sorpresa e Curtis, sorridendo furbo,
chiosò: «Immagino che tu
non ti ricordi della coppia che abita poco fuori Clearwater, nei pressi
di
Vavenby. Sono un acquisto piuttosto recente, in effetti.»
Fenrir
sbatté le palpebre un paio di volte prima di esalare:
«Oh, cielo! Quella coppia
che ha portato qui Darren il mese scorso, giusto? Gli Spalding, se non
erro.»
«Bingo,
capo. Proprio loro. La moglie di Luther – Anna –
è inuit al cento
percento e, parlando con lei, ho saputo che
conosceva più che bene l’antica simbologia del suo
popolo. Quando ha letto i
simboli si è un tantino spaventata, a dirla tutta e, quando
gliene ho chiesto
il motivo, mi ha parlato di questo Akhlut.»
«Se
una licantropa ha mostrato segni di ansietà, non
può essere un bambolotto di
pezza o qualcosa di simile» brontolò contrariato
Rock, accigliandosi.
«Niente
di tutto ciò. Se il mito è vero, o anche soltanto
gli si avvicina, abbiamo di
fronte un mutaforma, e darebbe un senso alla frase citata dai simboli
riguardante
il mare e la terra» annuì Curtis, facendosi torvo
in viso. «Akhlut è un
dio-demone inuit dalle sembianze di
orca, quando si trova per mare ma che, quando tocca terra, muta in un lupo.»
La
parola più elegante che sgorgò dalle gole di
tutti fu il ‘maledizione’
di Rachel. Il resto dei presenti fu molto più
esplicito e diretto, nelle esternazioni, e Helen arrivò
persino a picchiare un
pugno sul bracciolo della poltrona dov’era accomodata.
Curtis,
però, non aveva ancora terminato di parlare,
perché aggiunse: «Quel che è
peggio, è che Akhlut può fare affidamento anche
su un valido alleato, quando si
trova sulla terraferma, e cioè un lupo chiamato amarok. Il mito lo dipinge come un essere
sanguinario e feroce, che
ama cacciare da solo o, se deve, con il fianco coperto da
Akhlut.»
«Se
teniamo per valido ciò che ha detto Diana, e cioè
che il lupo che la aggredì si
fermò di colpo, come richiamato da
un’entità indipendente dalla sua
volontà,
possiamo dedurre che l’allegra brigata sia al
completo» borbottò Rock,
contrariato.
«Ammesso
e non concesso che ciò che stiamo ipotizzando sia
giusto» replicò Liza,
meditabonda. «Però, è anche vero che lo
stesso professor Sullivan è giunto fino
a qui per un qualche motivo e, con quello che Curtis ha messo
insieme…»
Il
poliziotto interruppe per un istante Liza, dichiarando: «Ho
tenuto l’aspetto
più agghiacciante di tutti per ultimo, in effetti.»
«Oh,
scusa» esalò la giovane.
«Tranquilla,
hai sollevato delle giuste obiezioni. Quello che abbiamo detto finora
si basa
su congetture e casualità, ma non c’era nessun
filo rosso a legare ogni cosa. Ora,
però, penso di aver capito la logica negli spostamenti del
professor Sullivan,
e perché si sia spinto fino a qui, anche se il suo
fantomatico assassino-lupo
non è mai stato in zona» le spiegò
Curtis, estraendo una cartina dettagliata
del Nord America.
Con
dovizia di particolari, quindi, Curtis elencò loro ogni
spostamento fatto dai
Sullivan in quei dieci anni, unendolo a diversi casi di cronaca nera
senza
soluzione e che avevano tutti un filo conduttore.
Brutalità,
sangue e, in almeno quattro casi, - quelli riguardanti le persone
sopravvissute
- lupi.
Quando
terminò la sua lunga dissertazione, Curtis
dichiarò: «E’ chiaro come il sole, a
mio parere. Non sono Cacciatori. Non nel senso in cui lo intendiamo
noi. I
Sullivan cercano un altro genere di lupo e, se non mi sono sbagliato
nel
raccogliere le molliche di Pollicino, direi che si tratta di uno dei
due
bestioni di cui ho parlato prima.»
«Curtis…
cosa sono i punti blu? Quelli non li hai citati» chiese a
quel punto Liza,
curiosando con lo sguardo la cartina.
«Contrariamente
al tuo professore, che pure ha fatto un buon lavoro
d’investigazione, io sapevo
cosa cercare, così ho
tentato di
comprendere il prima.
Perché si sia
arrivati all’omicidio di Derek Sullivan e famiglia»
le spiegò Curtis. «Così, ho
cercato di capire da dove arrivasse quello scheletro di lupo, e
perché si
trovasse a casa dei Sullivan, quella notte.»
Estratto
un nuovo foglio dalla cartella oblunga, aggiunse: «Le ossa di
lupo vennero trovate
tra i ghiacci alaskiani una quindicina di anni fa circa, nei pressi del
ghiacciaio del Denali, durante un’estate particolarmente
calda. Venne datato
intorno a qualche migliaio di anni addietro ed esposto, dopo un
discreto
restauro, presso lo Smithsonian, come ormai tutti sappiamo. Sullivan si
stava
occupando di un secondo e più accurato restauro nel
laboratorio casalingo, su
espresso mandato del museo, quando avvenne
l’attacco.»
«Questo
ci ricollega ai Sullivan. Ma, nei cinque anni da quell’evento
al primo
ritrovamento, cosa successe?» domandò Lucas.
«Qui
viene il bello… o il terribile, a seconda dei casi. Pare che
qualcuno non abbia
affatto gradito quel prelievo
forzoso
dai ghiacci secolari del Parco Nazionale»
sottolineò Curtis, indicando
finalmente i puntini blu. «All’apparenza, sembra
una saetta senza senso in giro
per mezzo continente ma in effetti, se si confrontano le motivazioni
di questo andirivieni erratico, si comincia a capire il
quadro completo.»
Afferrando
un altro foglio, stavolta pieno di date e luoghi, Curtis
iniziò a snocciolare
ubicazioni sempre differenti e sparpagliate tra il Canada, gli Stati
Uniti e,
in almeno tre casi, in Messico. Ognuna di esse, in modo schematico e
niente
affatto casuale, riportava aggressioni, intrusioni e/o furti presso
musei di
scienze o naturali, laboratori di analisi e
università… e tutte
avevano subito danni a scheletri di lupo di loro appartenenza.
«Lo
stava cercando?» esalò Liza, scrutando curiosa
Curtis, il quale annuì.
«Curiosamente,
in questi casi nessuno venne colpito in modo fatale. Chi si
salvò, parlò di
un’ombra nel buio, di colpi violenti alla nuca e poco altro.
Al risveglio, il
sorvegliante, o lo studioso di turno, trovavano sempre i luoghi di
lavoro
devastati, così come le ossa di lupo sparpagliate ogni
dove» spiegò il
poliziotto, rimettendo al suo posto il foglio.
«Tutto
uguale, fino ai Sullivan. Qui, cambiò modus
operandi. Perché?» volle sapere Richard.
«Le
ipotesi sono due. La prima, perché finalmente
trovò ciò che cercava e si
vendicò su chi gli aveva tolto le ossa, anche se i Sullivan
non erano i diretti
fautori di quel prelievo.
L’altra, è
che la nostra entità trovò – o si
creò – un compagno con cui proseguire le sue
scorribande, finendo con l’incappare in un sadico
perverso.»
Rachel
si strinse al marito, che le avvolse protettivo le spalle e Curtis,
spiacente,
aggiunse: «Mi spiace, signora. Parlo talmente spesso di
questi argomenti, che
dimentico quando ho un pubblico di civili.»
«No,
no… non si preoccupi. So che sono cose di cui dobbiamo
essere informati, per
poter stare al sicuro, però… è
comunque inquietante.»
«Onde
per cui, tu, la mamma e Helen partirete domani per tornare a Los
Angeles»
sottolineò a quel punto Liza, sorprendendo il padre con uno
sguardo adamantino
e pieno di decisione.
«Prego,
signorina?» si indispettì un poco Richard,
fissandola ombroso.
«E’
inutile che mi guardi così, papà. In una
situazione del genere, sarete più al
sicuro laggiù. Inoltre, con un nemico che conosciamo
così poco, non abbiamo
bisogno di avervi qui tra i piedi» sbottò la
giovane, levandosi in piedi per
affrontare di petto il padre.
«Giovane
padawan… non ti ho
insegnato a essere
scortese» sottolineò Rock, poggiandole una mano
sulla spalla prima di
aggiungere: «Quel che dice vostra figlia, però,
corrisponde al vero. La vostra
sicurezza deve venire prima di ogni altra cosa, perciò vi
pregherei di tornare
a casa, almeno fino a emergenza finita. Dove potremo, allontaneremo
anche altri
membri umani del branco, perciò non dovete ritenere questa
richiesta come una prevaricazione
specifica, o un trattamento di favore.»
Richard
fissò arcigno l’alto Freki dinanzi a
sé, valutò per un istante di far valere i
suoi diritti di padre su di lui ma, alla fine, sospirò e
ammise: «Capisco cosa
intendi dire, Rock, ma è difficile accettare di non poter
difendere la propria
figlia.»
«Non
voglio fingere di capire, perché non ho figli miei, ma
vostra figlia è mia
allieva, e mi prenderò il personale impegno di proteggerla,
qualora servisse,
ma vi assicuro che è molto preparata e,
all’occorrenza, saprà tirare fuori gli
artigli» replicò l’uomo, lanciando
un’occhiata piena di fiducia a Liza, che gli
sorrise in risposta.
Helen,
che era rimasta in silenzio fino a quel momento, se ne uscì
dicendo: «E dire
che dovresti conoscere Liza, papà. Secondo te, non si
impegnerà al duecento
percento, visto quanto è orgogliosa del suo titolo di
Geri?»
Liza
scoppiò a ridere, a quell’appunto – la
sorella l’aveva presa in giro per
settimane, di fronte alla sua espressione tronfia – e,
nell’abbracciarla,
poggiò il capo contro la sua spalla e mormorò:
«Starò attentissima, te lo
prometto.»
«Ci
scommetto, sorellina altrimenti, se morirai, ti resusciterò
per il solo gusto
di ammazzarti io stessa» la minacciò Helen,
dandole una sonora stretta prima di
allontanarsi senza un saluto e salire di corsa le scale.
I
lupi di quella sala, sapevano bene perché. Nascondere le
lacrime era d’obbligo,
o Rachel sarebbe crollata.
«Partiremo.
Promesso. Ma voi teneteci informati» sottolineò a
quel punto Richard,
allungando una mano in direzione di Rock.
Lui
gliela strinse con un assenso che sapeva di promessa solenne
dopodiché, alla
spicciolata, gli ospiti si allontanarono per poter permettere ai
Wallace di
raggiungere finalmente i loro letti.
Come
sarebbe stata la loro notte, era tutto da vedersi.
***
A
volte odiava i cellulari. E la tecnologia. Tutto ciò che lo
teneva in contatto
con il mondo esterno, insomma.
Soprattutto
se si considerava che quella era la sua luna di miele e, per un
dannatissimo
momento, aveva sperato di godersi una giornata in santa pace
– senza mostri
alle calcagna – con la sua novella mogliettina.
Invece,
Lucas aveva pensato bene di mandargli una serie di SMS durante la
notte, ma che
lui aveva letto solo il mattino seguente, in cui lo metteva al corrente
del
ritrovamento del turista alaskiano.
E
della scoperta di Curtis in merito ai simboli visti da Rohnyn.
E della visione
terribile avuta da Huginn.
Insomma,
erano via soltanto da pochissimi giorni ed era successo il finimondo e,
nonostante il messaggino finale ‘Godetevi
la vacanza. Qui ce la caviamo anche da soli’, lui
davvero non se la sentiva
di godersi un bel niente.
Come
potevano anche solo pensare che lui se ne sarebbe stato lì,
tranquillo e
felice, mentre sua figlia era in potenziale pericolo. Inoltre, non
appena Iris
avesse letto quei messaggi, il lændvettir
che era in lei si sarebbe risvegliato come aveva fatto
l’Eyiafjallajŏkull
nell’aprile del duemila dieci1.
Con
un sospiro carico di esasperazione, perciò, attese paziente
che lei uscisse
dalla doccia e quando la vide, calda, profumata e tutta bagnata,
meditò di
mandare tutto all’aria e rapirla.
Ma
non poteva. Le responsabilità erano troppe e molteplici.
Inoltre, non avrebbe
mai abbandonato a se stessa la sua bambina, e sapeva bene che Iris lo
avrebbe
odiato, se avesse anche solo pensato
a una eventualità simile.
Quelle
due sembravano davvero madre e figlia, come se qualcuno avesse deciso
di
raddrizzare un chiodo storto con l’arrivo di Iris nella loro
vita.
Non
potendo fare altro, perciò, la avvolse in un abbraccio, la
baciò pieno di
passione ma, alla fine, disse: «Devo parlarti.»
Lei
annuì senza alcuna recriminazione in merito e, quando ebbe
saputo ogni cosa,
reagì come Dev aveva immaginato. Propose di partire
immediatamente per tornare
a casa.
Nello
scendere al pianterreno per mettere al corrente i loro ospiti, si
ritrovarono
però a controbattere alle parole di Litha che, tramite
Brianna, aveva ricevuto
le medesime notizie.
«Non
ha alcun senso che rientriate ora. Si insospettiranno tutti, e non
avete di
certo bisogno di pubblicità, visto quello che potrebbe
succedere di qui a poco.
Inoltre, da quel che mi pare di capire, disponete di un nutrito gruppo
di lupi
alfa, oltre a un Fenrir e un Freki, che sono tra i lupi più
potenti del branco.
Se e quando avranno bisogno immediato di aiuto, ce lo faranno sapere e,
nel
giro di poco, saremo là, ma ora dovete rimanere, godervi un
po’ di pace e
lasciare che laggiù camminino con le loro gambe»
dichiarò Litha con tono
perentorio.
«Litha,
con tutto il rispetto, ma come pensi che possa essere ‘poco’,
il tempo che impiegheremmo per tornare a casa, nel caso in
cui avessero bisogno di aiuto?» replicò vagamente
alterato Devereux.
La
donna, allora, sorrise sorniona e replicò con candore:
«Mio caro lupo, forse
dimentichi chi sono io. Non sono
soltanto bella e forte, ma anche potente.
Io sono il Dagda Mór di
questa nuova
stirpe di dèi, e a me sono state consegnate le chiavi del
potere dei miei avi.»
«Attacca
con la litania…» mormorò divertito ed
esasperato assieme Rey, guadagnandosi
un’occhiataccia da parte della moglie.
«Il
mio scettico marito forse non rammenta che io, deprivata del blocco
della mia rihall, ora sono appieno una Tuatha, in grado di usare
ogni potere dei miei
antenati, e perciò posseggo anche il dono di piegare tempo e
spazio a mio
piacimento, se questo è necessario. Per questo, parlo di poco tempo.»
Devereux
rimase ammutolito per diversi attimi prima di volgere uno sguardo
deciso verso
Iris, ancora sconvolta dalle rivelazioni di Litha, e chiosare:
«Ho deciso. Mi
converto e divento suo fedele suddito.»
Litha
scoppiò a ridere di gusto, scrutò il marito con
aria derisoria e celiò: «Questo
è parlare, mio caro. Vedi? Lui vuole diventare mio
discepolo.»
«E’
solo perché ti conosce ancora poco. Quando avrà
capito chi sei, scapperà a
gambe levate» replicò Rey, dandole un bacetto
sulla guancia prima di
aggiungere: «Comunque, anche se so che questo
gonfierà l’ego già smisurato di
mia moglie, lei ha ragione. Possiamo davvero teleportarci in ogni luogo
desiderato, ora che lei è libera da freni. Il solo pensiero
mi terrorizza,
visto il suo caratteraccio, ma tant’è.»
Litha
grugnì un insulto e borbottò: «Ti sei
svegliato col piede sbagliato, caro?»
«No,
ma ricordo bene cos’hai fatto quando eri
bloccata, e ciò che sai fare adesso mi intimorisce
parecchio» ammise ora
serio Rey.
La
moglie allora addolcì lo sguardo, gli carezzò una
guancia e, rivolta ai suoi
ospiti, asserì: «Non temete. Sono in grado di
usare i miei poteri al meglio.
Non falliremo e, al momento opportuno, verrò con voi. Non mi
va l’idea che un
potenziale dio si aggiri per il Canada senza Brianna a tenergli testa
e,
onestamente, non so se il tuo lændvettir
potrà
bastare. E’ potente, ma non riesco a capire quanto e, in
generale, non voglio
correre rischi inutili.»
«Ne
sei certa, Litha? Qui avete un impegno non
indifferente, con il Santuario» replicò cauta
Iris. Non voleva causare disturbo
a nessuno ma, ciò che aveva esposto Litha, era vero. Nessuno
di loro era
riuscito a comprendere l’estensione del potere di Gunnar e,
senza testarlo sul campo, non
sarebbero mai
riusciti a capirlo.
L’aiuto
di Litha sembrava oltremodo necessario, vista la possibilità
che il loro nemico
fosse, effettivamente, un dio inuit
con il gusto per i massacri.
«Siamo
amici dei licantropi, di tutti i
licantropi. Inoltre, voi siete amici di Brianna, perciò
siamo legati a doppio
filo. Vi aiuterò, e Rey rimarrà qui per occuparsi
dei bambini e del Santuario.
Come dottore, è molto più bravo di me.»
Ciò
detto, si guardò intorno e domandò curiosa:
«Ma… mio fratello e Sherry stanno
ancora dormendo? Dove diavolo sono finiti? Quando ci sono dei briefing
importanti, loro mancano sempre.»
Iris
e Dev, a quel punto, tossicchiarono imbarazzati e Litha, levando un
sopracciglio con evidente sorpresa, esalò subito dopo:
«Oh, cielo… non ditemi
che…»
I
due assentirono e Litha, battendosi una mano sulla fronte,
borbottò schifata:
«Quei due sono tremendi. Copulano come conigli. Meno male che
non ho il vostro
udito sviluppato, o potrei vomitare.»
Rey
scosse il capo con eguale esasperazione, dando un’idea
piuttosto chiara a Iris
e Dev di quanto, Rohnyn e Sheridan, fossero una coppia… focosa.
«Vado
a tirarli giù dal letto. Qui si fanno piani di guerra, e
quelli si ruzzolano
tra le lenzuola per una sveltina mattutina» sbottò
Litha, avanzando come un
panzer verso le scale.
Rey
non tentò nemmeno di fermarla. Si limitò a
prendere per mano Iris e Dev per
condurli fuori casa – dove i figli delle due coppie stavano
giocando con il
cane – e, una volta chiusosi la porta alle spalle,
celiò: «E’ meglio se certe
cose non le sentite… anche se sicuramente si insulteranno in
fomoriano, è
preferibile non ascoltarli. Sanno essere molto…creativi.»
Iris
si lasciò sfuggire un risolino mentre Dev fissava la casa
con occhi sgranati e
pieni di confusione e, puntando i pugni sui fianchi, diceva:
«Non può essere
che la mia nuova dea. E’ assodato, Rey. Da oggi, io
sarò il suo primo suddito
fedele.»
«Fai
come vuoi. La pellaccia è tua» chiosò
l’uomo scrollando le spalle, mentre le
prime urla iniziavano ad alzarsi dal piano superiore.
1
Parlo del vulcano islandese che nel 2010 mandò in tilt il
sistema aereo del
nord-Europa a causa delle sue enormi nubi di cenere sparse un
po’ ovunque.