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Autore: Mary P_Stark    11/11/2020    1 recensioni
Liza Wallace è la nuova Geri del branco di Clearwater e, a discapito della sua giovane età, dimostra fin da subito di avere un potenziale enorme; il rapporto davvero unico con i suoi Huginn e Muninn, i magici corvi al servizio del Sicario Umano del branco colpisce fin dall'inizio l'intero branco. Questo suo potenziale verrà subito messo alla prova quando, a sorpresa, giungerà a Clearwater una famiglia proveniente da New York. I Sullivan sembrano una famiglia normale, almeno all'apparenza, ma il figlio Mark e suo padre Donovan metteranno in allarme il branco a causa del loro comportamento sospetto. Saranno dei temuti Cacciatori, o qualcun altro si cela nell'ombra, più pericolo e subdolo, tentando di portare lo scompiglio nel branco di Lucas, Devereux e Iris? (particolari della storia presenti nei racconti precedenti della Trilogia della Luna)
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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12.

 

 

 

 

Il pianto aveva lasciato segni rossi attorno agli occhi di Liza e, quando Lucas e Rock raggiunsero lo chalet dei Wallace e Richard li fece accomodare in salotto, la coppia la fissò spiacente prima di invitarla per un abbraccio di gruppo.

Liza non si rifiutò e, anzi, lo accettò più che volentieri. Come neutra, poteva percepire in minima parte il potere dell’aura dei licantropi e, pur se non sarebbe mai stato come essere un lupo, le fece comunque piacere esserne avviluppata.

La guancia premuta contro i capelli di Liza, Lucas mormorò spiacente: «Dio! Mi spiace tantissimo che tu debba soffrire così tanto, tesoro. Non ti ho davvero fatto un favore, titolandoti come Geri.»

«Non è colpa tua, Lucas. Ero destinata a questo, a quanto pare» replicò fiacca Liza.

«La mia allieva padawan resisterà anche a questo, vero?» cercò di ironizzare Rock, lanciandole un sorriso speranzoso mentre le carezzava la lunga chioma sparsa sulle spalle.

Lei assentì, scostandosi un poco da loro e asserendo: «Ma certo, mio maestro jedi. Mi hai preparato anche per sopportare i colpi bassi, no?»

«Ovvio» mormorò Rock, dandole un buffetto sulla guancia prima di scostarsi da lei.

Invitandoli ad accomodarsi in salotto, Richard portò agli ospiti un paio di drink mentre Liza riferiva quando visto durante la visione congiunta con Muninn e Huginn.

Il corvo della Memoria, nel frattempo, era tornato a casa e, silente e mogio, se ne stava sul suo trespolo, invano confortato da Huginn e dalle carezze di Helen e Rachel.

Pareva davvero distrutto all’idea di non aver potuto proteggere la propria padrona, e nulla di quanto detto per consolarlo era servito allo scopo.

Ora, osservava la sua padroncina mentre, con sguardo nuovamente lucido e voce roca ma sicura, esponeva i fatti per come li aveva visti, e i suoi occhi scuri sembravano voler piangere tutte le lacrime del mondo.

Non lo avrebbe mai fatto per non far soffrire ulteriormente Liza, ma la sua padrona sapeva bene quanto stesse male per averla ferita, pur se incolpevolmente.

«Se la prima visione non era stata chiara, questa mi è parsa più limpida» dichiarò Liza, torcendosi le mani per impedire loro di tremare. «Mark sarà ferito, presumibilmente da coloro che il signor Sullivan sta cercando ma, comunque, non da me o da un licantropo. Perciò, chiunque sia l’entità che sta mietendo vittime da più di dieci anni a questa parte, verrà qui.»

Lucas assentì torvo, sfiorò con una carezza la guancia di Liza e, perentorio, disse: «Da domani, girerai scortata in modo più serrato. Non mi interessa nulla di quello che diranno i tuoi amici… Sasha sarà la tua ombra.»

Liza sgranò gli occhi, a quella notizia, ed esalò: «No, aspetta, Lucas… se facessimo così, la cosa potrebbe insospettire Mark, e…»

Interrompendola, Lucas replicò: «Ascolta, Liza. Se Mark sarà davvero la vittima designata, e tu continuerai a rimanergli accanto per controllarne le mosse, non credi che sarebbe più sicuro per te, e per lui, avere al fianco un lupo mannaro che possa difendervi?»

Azzittita da quell’ovvia replica, Liza storse comunque il naso e borbottò: «Non lo fai perché pensi che io non sia in grado di difendermi, all’occorrenza, vero?»

Lucas rise nonostante tutto e, rivolgendo uno sguardo divertito a Richard, esalò: «E’ piuttosto permalosa, o sbaglio?»

«Oh, lo è eccome. Comunque, io sono d’accordo con la sua decisione.»

Fenrir scosse il capo con aria gentile e, accentuando il proprio sorriso, replicò: «Niente forme di cortesia, Richard, davvero. Qui siamo tutti una grande famiglia, e io per primo desidero che Liza sia al sicuro… e questa storia non ha nulla di sicuro, almeno per adesso.»

Richard assentì e Rachel, avvicinandosi alla figlia per poggiarle le mani sulle spalle, convenne dicendo: «Devi ascoltare il tuo Fenrir, cara e, se lui dice così, tu devi attenerti a quanto dettoti.»

«Ti torna comodo dire così, perché almeno sarai sicura che me ne andrò in giro come se fossi imbottita di ovatta da capo a piedi» sbuffò Liza, lanciandole un’occhiataccia dal basso all’alto.

Rachel rimase imperturbabile, limitandosi a dire: «Sei davvero una malfidata.»

«Ti conosco. E’ ben diverso» sottolineò Liza prima di tornare a scrutare Lucas con estrema serietà e replicare: «Mi spiace impuntarmi, ma insisto. Mark non deve capire che qualcosa bolle in pentola. Sasha potrà continuare a seguirmi a distanza… perché so che lo sta già facendo, anche fuori dalla scuola.»

Nel dirlo, Liza ebbe la soddisfazione di vedere Lucas arrossire leggermente e, terminando la frase, aggiunse: «Al minimo sentore di pericolo, manderò tutto all’aria e chiederò aiuto. Promesso. Ma non voglio far saltare la copertura fino all’ultimo istante.»

Rock lanciò un’occhiata orgogliosa alla propria allieva – evidentemente soddisfatto all’idea che lei avesse capito di essere pedinata – mentre Lucas, passandosi una mano sulla nuca con espressione contrita, mormorava: «Scusa, ma ero davvero preoccupato, e così…»

Liza a quel punto sorrise e replicò: «Lucas, è anche per questo che tutti ti apprezzano come leader. Hai a cuore le nostre sorti, e questo lo trasmetti molto bene con le tue azioni, oltre che con le tue parole.»

«Siete il mio branco. Farò sempre del mio meglio, per voi» assentì l’uomo prima di afferrare il telefono e chiamare Curtis.

Al terzo squillo, il poliziotto mormorò dubbioso e un po’ insonnolito: «Che succede, Lucas? E’ quasi mezzanotte.»

«A quanto pare, Mark Sullivan rischia di essere la vittima sacrificale del mostro che stiamo pedinando senza successo.»

Un’imprecazione sfuggì dalla bocca di Curtis ma, subito dopo, il poliziotto riprese il controllo della situazione e domandò: «Liza ha ricevuto dritte dal suo corvo?»

«Ha avuto una brutta esperienza diretta, stavolta. Comunque, Huginn è convinto che non c’entrino né lei, né i licantropi, con il ferimento del ragazzo, perciò può essere tranquillamente il lupo che i Sullivan stanno cercando da tempo.»

«Avrebbe senso, visto quello che ho scoperto» dichiarò Curtis, sorprendendo non poco Lucas. «Dove sei, adesso? Visto che siamo entrambi svegli, tanto vale che te lo dica adesso.»

«Sono a casa dei Wallace, i genitori di Liza. Sai dove abitano?»

Curtis scoppiò a ridere, in sottofondo una porta che veniva chiusa e l’accensione di un’auto in rapida sequenza e, divertito, replicò: «Che sentinella sarei, se non sapessi l’ubicazione di ogni membro del branco? Arrivo tra un paio di minuti.»

Ciò detto, chiuse la comunicazione e Lucas, lanciata un’occhiata ai padroni di casa, si scusò e disse: «Temo che la cosa andrà per le lunghe.»

«Avevo già messo in conto che sarebbe stata una notte travagliata» chiosò Richard.

Rachel, pragmatica, si allontanò per raggiungere la cucina e disse: «Preparo del caffè. O volete una tisana?»

Un coro di ‘caffè’ diede la misura di quanto nessuno, in quel momento, volesse perdere la concentrazione e Muninn, tornando finalmente a parlare con Liza, mormorò: “Mi spiace che tutto stia andando così male, mamma.”

“Non ti preoccupare e, soprattutto, non sentirti in colpa. Ora che sappiamo che il nostro contatto mentale è così forte, staremo più attenti, okay?” replicò Liza, cercando di infondere un coraggio che non sentiva nel suo corvo.

“Va bene” brontolò Muninn, non del tutto convinto.

Liza non poté dargli torto. Erano tutti e tre alle prime armi, con un potere che ancora non comprendevano del tutto e con un nemico a cui, ancora, non sapevano dare un nome.

Niente di più facile che i nervi saltassero.

***

Curtis fece la sua apparizione con le sue onnipresenti cartelline gialle oblunghe e, per un attimo, Liza tornò al giorno in cui lei e Chelsey erano state mandate prematuramente in camera per non visionare il rapporto riguardante i Sullivan.

Per un istante, temette di veder comparire fotografie di morti squartati e quant’altro ma, quando il poliziotto aprì la cartella sul tavolo del salotto, vide solo dei simboli, alcuni ingrandimenti e un foglio A4 con una lungo testo scritto.

«Bene, signori, vediamo di fare un po’ di chiarezza. Grazie alla soffiata della nostra Liza, che ha il fiuto di un detective…» dichiarò Curtis, strizzandole l’occhio e facendola sorridere per diretta conseguenza. «… e grazie all’aiuto dei nostri nuovi amici irlandesi, ho potuto capire qualcosa in più rispetto a questo fantomatico lupo sui generis

Preso in mano il foglio con la trascrizione, lo picchiettò con un dito un paio di volte prima di aggiungere: «Qui c’è una traduzione discretamente comprensibile di ciò che significano i simboli visti dal fomoriano.»

Alla parola ‘fomoriano’, Richard, Rachel e Helen strabuzzarono gli occhi ma Liza, con un cenno nervoso della mano, borbottò: «Ve lo spiego dopo.»

Era inutile imbastire una lunga e laboriosa lezione di mitologia a mezzanotte passata, soprattutto con tutto quello che già stava bollendo in pendola. Ci sarebbe stato tempo per ulteriori colpi di scena, più tardi.

Ciò detto, pregò Curtis di continuare e quest’ultimo, con un cenno di assenso, aggiunse con tono roco e profondo: «Tenete conto che sono spezzoni di frasi, perciò non avranno un senso fine a se stesso.»

Io prospererò, rimarrò, risorgerò ogni…

«Qui c’è un vuoto linguistico, … immagino perché il fomoriano sia stato impossibilitato a leggere i simboli seguenti.»

...come te, ritornerò al giusto momento …

…il mare e la terra sono il mio…

…che la caccia abbia inizio.

Akhlut giunge.

«Akhlut?» ripeterono in coro i presenti, assai confusi.

«Sapevo che l’avreste notato, perciò ho sbirciato un po’ qui e là ma, a parte qualche parola su pochi blog, ho ricavano ben poco, così ho chiesto allo stesso membro del branco che mi ha tradotto questi simboli.»

Lucas lo fissò pieno di sorpresa e Curtis, sorridendo furbo, chiosò: «Immagino che tu non ti ricordi della coppia che abita poco fuori Clearwater, nei pressi di Vavenby. Sono un acquisto piuttosto recente, in effetti.»

Fenrir sbatté le palpebre un paio di volte prima di esalare: «Oh, cielo! Quella coppia che ha portato qui Darren il mese scorso, giusto? Gli Spalding, se non erro.»

«Bingo, capo. Proprio loro. La moglie di Luther – Anna – è inuit al cento percento e, parlando con lei, ho saputo che conosceva più che bene l’antica simbologia del suo popolo. Quando ha letto i simboli si è un tantino spaventata, a dirla tutta e, quando gliene ho chiesto il motivo, mi ha parlato di questo Akhlut.»

«Se una licantropa ha mostrato segni di ansietà, non può essere un bambolotto di pezza o qualcosa di simile» brontolò contrariato Rock, accigliandosi.

«Niente di tutto ciò. Se il mito è vero, o anche soltanto gli si avvicina, abbiamo di fronte un mutaforma, e darebbe un senso alla frase citata dai simboli riguardante il mare e la terra» annuì Curtis, facendosi torvo in viso. «Akhlut è un dio-demone inuit dalle sembianze di orca, quando si trova per mare ma che, quando tocca terra, muta in un lupo

La parola più elegante che sgorgò dalle gole di tutti fu il ‘maledizione’ di Rachel. Il resto dei presenti fu molto più esplicito e diretto, nelle esternazioni, e Helen arrivò persino a picchiare un pugno sul bracciolo della poltrona dov’era accomodata.

Curtis, però, non aveva ancora terminato di parlare, perché aggiunse: «Quel che è peggio, è che Akhlut può fare affidamento anche su un valido alleato, quando si trova sulla terraferma, e cioè un lupo chiamato amarok. Il mito lo dipinge come un essere sanguinario e feroce, che ama cacciare da solo o, se deve, con il fianco coperto da Akhlut.»

«Se teniamo per valido ciò che ha detto Diana, e cioè che il lupo che la aggredì si fermò di colpo, come richiamato da un’entità indipendente dalla sua volontà, possiamo dedurre che l’allegra brigata sia al completo» borbottò Rock, contrariato.

«Ammesso e non concesso che ciò che stiamo ipotizzando sia giusto» replicò Liza, meditabonda. «Però, è anche vero che lo stesso professor Sullivan è giunto fino a qui per un qualche motivo e, con quello che Curtis ha messo insieme…»

Il poliziotto interruppe per un istante Liza, dichiarando: «Ho tenuto l’aspetto più agghiacciante di tutti per ultimo, in effetti.»

«Oh, scusa» esalò la giovane.

«Tranquilla, hai sollevato delle giuste obiezioni. Quello che abbiamo detto finora si basa su congetture e casualità, ma non c’era nessun filo rosso a legare ogni cosa. Ora, però, penso di aver capito la logica negli spostamenti del professor Sullivan, e perché si sia spinto fino a qui, anche se il suo fantomatico assassino-lupo non è mai stato in zona» le spiegò Curtis, estraendo una cartina dettagliata del Nord America.

Con dovizia di particolari, quindi, Curtis elencò loro ogni spostamento fatto dai Sullivan in quei dieci anni, unendolo a diversi casi di cronaca nera senza soluzione e che avevano tutti un filo conduttore.

Brutalità, sangue e, in almeno quattro casi, - quelli riguardanti le persone sopravvissute - lupi.

Quando terminò la sua lunga dissertazione, Curtis dichiarò: «E’ chiaro come il sole, a mio parere. Non sono Cacciatori. Non nel senso in cui lo intendiamo noi. I Sullivan cercano un altro genere di lupo e, se non mi sono sbagliato nel raccogliere le molliche di Pollicino, direi che si tratta di uno dei due bestioni di cui ho parlato prima.»

«Curtis… cosa sono i punti blu? Quelli non li hai citati» chiese a quel punto Liza, curiosando con lo sguardo la cartina.

«Contrariamente al tuo professore, che pure ha fatto un buon lavoro d’investigazione, io sapevo cosa cercare, così ho tentato di comprendere il prima. Perché si sia arrivati all’omicidio di Derek Sullivan e famiglia» le spiegò Curtis. «Così, ho cercato di capire da dove arrivasse quello scheletro di lupo, e perché si trovasse a casa dei Sullivan, quella notte.»

Estratto un nuovo foglio dalla cartella oblunga, aggiunse: «Le ossa di lupo vennero trovate tra i ghiacci alaskiani una quindicina di anni fa circa, nei pressi del ghiacciaio del Denali, durante un’estate particolarmente calda. Venne datato intorno a qualche migliaio di anni addietro ed esposto, dopo un discreto restauro, presso lo Smithsonian, come ormai tutti sappiamo. Sullivan si stava occupando di un secondo e più accurato restauro nel laboratorio casalingo, su espresso mandato del museo, quando avvenne l’attacco.»

«Questo ci ricollega ai Sullivan. Ma, nei cinque anni da quell’evento al primo ritrovamento, cosa successe?» domandò Lucas.

«Qui viene il bello… o il terribile, a seconda dei casi. Pare che qualcuno non abbia affatto gradito quel prelievo forzoso dai ghiacci secolari del Parco Nazionale» sottolineò Curtis, indicando finalmente i puntini blu. «All’apparenza, sembra una saetta senza senso in giro per mezzo continente ma in effetti, se si confrontano le motivazioni di questo andirivieni erratico, si comincia a capire il quadro completo.»

Afferrando un altro foglio, stavolta pieno di date e luoghi, Curtis iniziò a snocciolare ubicazioni sempre differenti e sparpagliate tra il Canada, gli Stati Uniti e, in almeno tre casi, in Messico. Ognuna di esse, in modo schematico e niente affatto casuale, riportava aggressioni, intrusioni e/o furti presso musei di scienze o naturali, laboratori di analisi e università… e tutte avevano subito danni a scheletri di lupo di loro appartenenza.

«Lo stava cercando?» esalò Liza, scrutando curiosa Curtis, il quale annuì.

«Curiosamente, in questi casi nessuno venne colpito in modo fatale. Chi si salvò, parlò di un’ombra nel buio, di colpi violenti alla nuca e poco altro. Al risveglio, il sorvegliante, o lo studioso di turno, trovavano sempre i luoghi di lavoro devastati, così come le ossa di lupo sparpagliate ogni dove» spiegò il poliziotto, rimettendo al suo posto il foglio.

«Tutto uguale, fino ai Sullivan. Qui, cambiò modus operandi. Perché?» volle sapere Richard.

«Le ipotesi sono due. La prima, perché finalmente trovò ciò che cercava e si vendicò su chi gli aveva tolto le ossa, anche se i Sullivan non erano i diretti fautori di quel prelievo. L’altra, è che la nostra entità trovò – o si creò – un compagno con cui proseguire le sue scorribande, finendo con l’incappare in un sadico perverso.»

Rachel si strinse al marito, che le avvolse protettivo le spalle e Curtis, spiacente, aggiunse: «Mi spiace, signora. Parlo talmente spesso di questi argomenti, che dimentico quando ho un pubblico di civili.»

«No, no… non si preoccupi. So che sono cose di cui dobbiamo essere informati, per poter stare al sicuro, però… è comunque inquietante.»

«Onde per cui, tu, la mamma e Helen partirete domani per tornare a Los Angeles» sottolineò a quel punto Liza, sorprendendo il padre con uno sguardo adamantino e pieno di decisione.

«Prego, signorina?» si indispettì un poco Richard, fissandola ombroso.

«E’ inutile che mi guardi così, papà. In una situazione del genere, sarete più al sicuro laggiù. Inoltre, con un nemico che conosciamo così poco, non abbiamo bisogno di avervi qui tra i piedi» sbottò la giovane, levandosi in piedi per affrontare di petto il padre.

«Giovane padawan… non ti ho insegnato a essere scortese» sottolineò Rock, poggiandole una mano sulla spalla prima di aggiungere: «Quel che dice vostra figlia, però, corrisponde al vero. La vostra sicurezza deve venire prima di ogni altra cosa, perciò vi pregherei di tornare a casa, almeno fino a emergenza finita. Dove potremo, allontaneremo anche altri membri umani del branco, perciò non dovete ritenere questa richiesta come una prevaricazione specifica, o un trattamento di favore.»

Richard fissò arcigno l’alto Freki dinanzi a sé, valutò per un istante di far valere i suoi diritti di padre su di lui ma, alla fine, sospirò e ammise: «Capisco cosa intendi dire, Rock, ma è difficile accettare di non poter difendere la propria figlia.»

«Non voglio fingere di capire, perché non ho figli miei, ma vostra figlia è mia allieva, e mi prenderò il personale impegno di proteggerla, qualora servisse, ma vi assicuro che è molto preparata e, all’occorrenza, saprà tirare fuori gli artigli» replicò l’uomo, lanciando un’occhiata piena di fiducia a Liza, che gli sorrise in risposta.

Helen, che era rimasta in silenzio fino a quel momento, se ne uscì dicendo: «E dire che dovresti conoscere Liza, papà. Secondo te, non si impegnerà al duecento percento, visto quanto è orgogliosa del suo titolo di Geri?»

Liza scoppiò a ridere, a quell’appunto – la sorella l’aveva presa in giro per settimane, di fronte alla sua espressione tronfia – e, nell’abbracciarla, poggiò il capo contro la sua spalla e mormorò: «Starò attentissima, te lo prometto.»

«Ci scommetto, sorellina altrimenti, se morirai, ti resusciterò per il solo gusto di ammazzarti io stessa» la minacciò Helen, dandole una sonora stretta prima di allontanarsi senza un saluto e salire di corsa le scale.

I lupi di quella sala, sapevano bene perché. Nascondere le lacrime era d’obbligo, o Rachel sarebbe crollata.

«Partiremo. Promesso. Ma voi teneteci informati» sottolineò a quel punto Richard, allungando una mano in direzione di Rock.

Lui gliela strinse con un assenso che sapeva di promessa solenne dopodiché, alla spicciolata, gli ospiti si allontanarono per poter permettere ai Wallace di raggiungere finalmente i loro letti.

Come sarebbe stata la loro notte, era tutto da vedersi.

***

A volte odiava i cellulari. E la tecnologia. Tutto ciò che lo teneva in contatto con il mondo esterno, insomma.

Soprattutto se si considerava che quella era la sua luna di miele e, per un dannatissimo momento, aveva sperato di godersi una giornata in santa pace – senza mostri alle calcagna – con la sua novella mogliettina.

Invece, Lucas aveva pensato bene di mandargli una serie di SMS durante la notte, ma che lui aveva letto solo il mattino seguente, in cui lo metteva al corrente del ritrovamento del turista alaskiano.

E della scoperta di Curtis in merito ai simboli visti da Rohnyn.

E della visione terribile avuta da Huginn.

Insomma, erano via soltanto da pochissimi giorni ed era successo il finimondo e, nonostante il messaggino finale ‘Godetevi la vacanza. Qui ce la caviamo anche da soli’, lui davvero non se la sentiva di godersi un bel niente.

Come potevano anche solo pensare che lui se ne sarebbe stato lì, tranquillo e felice, mentre sua figlia era in potenziale pericolo. Inoltre, non appena Iris avesse letto quei messaggi, il lændvettir che era in lei si sarebbe risvegliato come aveva fatto l’Eyiafjallajŏkull nell’aprile del duemila dieci1.

Con un sospiro carico di esasperazione, perciò, attese paziente che lei uscisse dalla doccia e quando la vide, calda, profumata e tutta bagnata, meditò di mandare tutto all’aria e rapirla.

Ma non poteva. Le responsabilità erano troppe e molteplici. Inoltre, non avrebbe mai abbandonato a se stessa la sua bambina, e sapeva bene che Iris lo avrebbe odiato, se avesse anche solo pensato a una eventualità simile.

Quelle due sembravano davvero madre e figlia, come se qualcuno avesse deciso di raddrizzare un chiodo storto con l’arrivo di Iris nella loro vita.

Non potendo fare altro, perciò, la avvolse in un abbraccio, la baciò pieno di passione ma, alla fine, disse: «Devo parlarti.»

Lei annuì senza alcuna recriminazione in merito e, quando ebbe saputo ogni cosa, reagì come Dev aveva immaginato. Propose di partire immediatamente per tornare a casa.

Nello scendere al pianterreno per mettere al corrente i loro ospiti, si ritrovarono però a controbattere alle parole di Litha che, tramite Brianna, aveva ricevuto le medesime notizie.

«Non ha alcun senso che rientriate ora. Si insospettiranno tutti, e non avete di certo bisogno di pubblicità, visto quello che potrebbe succedere di qui a poco. Inoltre, da quel che mi pare di capire, disponete di un nutrito gruppo di lupi alfa, oltre a un Fenrir e un Freki, che sono tra i lupi più potenti del branco. Se e quando avranno bisogno immediato di aiuto, ce lo faranno sapere e, nel giro di poco, saremo là, ma ora dovete rimanere, godervi un po’ di pace e lasciare che laggiù camminino con le loro gambe» dichiarò Litha con tono perentorio.

«Litha, con tutto il rispetto, ma come pensi che possa essere ‘poco’, il tempo che impiegheremmo per tornare a casa, nel caso in cui avessero bisogno di aiuto?» replicò vagamente alterato Devereux.

La donna, allora, sorrise sorniona e replicò con candore: «Mio caro lupo, forse dimentichi chi sono io. Non sono soltanto bella e forte, ma anche potente. Io sono il Dagda Mór di questa nuova stirpe di dèi, e a me sono state consegnate le chiavi del potere dei miei avi.»

«Attacca con la litania…» mormorò divertito ed esasperato assieme Rey, guadagnandosi un’occhiataccia da parte della moglie.

«Il mio scettico marito forse non rammenta che io, deprivata del blocco della mia rihall, ora sono appieno una Tuatha, in grado di usare ogni potere dei miei antenati, e perciò posseggo anche il dono di piegare tempo e spazio a mio piacimento, se questo è necessario. Per questo, parlo di poco tempo

Devereux rimase ammutolito per diversi attimi prima di volgere uno sguardo deciso verso Iris, ancora sconvolta dalle rivelazioni di Litha, e chiosare: «Ho deciso. Mi converto e divento suo fedele suddito.»

Litha scoppiò a ridere di gusto, scrutò il marito con aria derisoria e celiò: «Questo è parlare, mio caro. Vedi? Lui vuole diventare mio discepolo.»

«E’ solo perché ti conosce ancora poco. Quando avrà capito chi sei, scapperà a gambe levate» replicò Rey, dandole un bacetto sulla guancia prima di aggiungere: «Comunque, anche se so che questo gonfierà l’ego già smisurato di mia moglie, lei ha ragione. Possiamo davvero teleportarci in ogni luogo desiderato, ora che lei è libera da freni. Il solo pensiero mi terrorizza, visto il suo caratteraccio, ma tant’è.»

Litha grugnì un insulto e borbottò: «Ti sei svegliato col piede sbagliato, caro?»

«No, ma ricordo bene cos’hai fatto quando eri bloccata, e ciò che sai fare adesso mi intimorisce parecchio» ammise ora serio Rey.

La moglie allora addolcì lo sguardo, gli carezzò una guancia e, rivolta ai suoi ospiti, asserì: «Non temete. Sono in grado di usare i miei poteri al meglio. Non falliremo e, al momento opportuno, verrò con voi. Non mi va l’idea che un potenziale dio si aggiri per il Canada senza Brianna a tenergli testa e, onestamente, non so se il tuo lændvettir potrà bastare. E’ potente, ma non riesco a capire quanto e, in generale, non voglio correre rischi inutili.»

 «Ne sei certa, Litha? Qui avete un impegno non indifferente, con il Santuario» replicò cauta Iris. Non voleva causare disturbo a nessuno ma, ciò che aveva esposto Litha, era vero. Nessuno di loro era riuscito a comprendere l’estensione del potere di Gunnar e, senza testarlo sul campo, non sarebbero mai riusciti a capirlo.

L’aiuto di Litha sembrava oltremodo necessario, vista la possibilità che il loro nemico fosse, effettivamente, un dio inuit con il gusto per i massacri.

«Siamo amici dei licantropi, di tutti i licantropi. Inoltre, voi siete amici di Brianna, perciò siamo legati a doppio filo. Vi aiuterò, e Rey rimarrà qui per occuparsi dei bambini e del Santuario. Come dottore, è molto più bravo di me.»

Ciò detto, si guardò intorno e domandò curiosa: «Ma… mio fratello e Sherry stanno ancora dormendo? Dove diavolo sono finiti? Quando ci sono dei briefing importanti, loro mancano sempre.»

Iris e Dev, a quel punto, tossicchiarono imbarazzati e Litha, levando un sopracciglio con evidente sorpresa, esalò subito dopo: «Oh, cielo… non ditemi che…»

I due assentirono e Litha, battendosi una mano sulla fronte, borbottò schifata: «Quei due sono tremendi. Copulano come conigli. Meno male che non ho il vostro udito sviluppato, o potrei vomitare.»

Rey scosse il capo con eguale esasperazione, dando un’idea piuttosto chiara a Iris e Dev di quanto, Rohnyn e Sheridan, fossero una coppia… focosa.

«Vado a tirarli giù dal letto. Qui si fanno piani di guerra, e quelli si ruzzolano tra le lenzuola per una sveltina mattutina» sbottò Litha, avanzando come un panzer verso le scale.

Rey non tentò nemmeno di fermarla. Si limitò a prendere per mano Iris e Dev per condurli fuori casa – dove i figli delle due coppie stavano giocando con il cane – e, una volta chiusosi la porta alle spalle, celiò: «E’ meglio se certe cose non le sentite… anche se sicuramente si insulteranno in fomoriano, è preferibile non ascoltarli. Sanno essere molto…creativi.»

Iris si lasciò sfuggire un risolino mentre Dev fissava la casa con occhi sgranati e pieni di confusione e, puntando i pugni sui fianchi, diceva: «Non può essere che la mia nuova dea. E’ assodato, Rey. Da oggi, io sarò il suo primo suddito fedele.»

«Fai come vuoi. La pellaccia è tua» chiosò l’uomo scrollando le spalle, mentre le prime urla iniziavano ad alzarsi dal piano superiore.

 

 

 

1 Parlo del vulcano islandese che nel 2010 mandò in tilt il sistema aereo del nord-Europa a causa delle sue enormi nubi di cenere sparse un po’ ovunque.


 

  
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