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Autore: syila    13/11/2020    2 recensioni
“Che cosa vuoi Yuuri?” sibilò il russo stringendo i pugni “L'anno scorso ti avevo proposto di lavorare in società e tu hai rifiutato!”
“La tua offerta era inaccettabile.” rispose l'altro risentito “Trenta e Settanta non è una divisione equa, è un disonorevole ricatto!”
“Sono stato realista; la vostra fetta di mercato è piccola, limitata perlopiù ad asiatici e italiani, i Black Russian gestiscono i locali frequentati dagli americani.”
“Quindi pensavi che regalarmi le briciole dopo avermi portato a letto sarebbe bastato!”
Il sussurro era appena percettibile, ma tagliente come una lama e Victor si irrigidì.
“Quello non c'entrava niente con gli affari. E ti ricordo che sei stato tu a sparire il mattino dopo.”
“È stata la scelta giusta, a quanto pare preferisci la carne giovane...”
“Yura è un fatto personale allora! Una vendetta nei miei confronti!” a quel punto si girò a fronteggiarlo e incontrò il sorriso sornione del giapponese.
“È capitato al momento giusto, noi orientali lo definiamo Karma.”
|Seconda classificata al contest “Overly Specific Writing Prompts” indetto da fantaysytrash sul forum di EFP.|
Genere: Azione, Drammatico, Noir | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Otabek Altin, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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CAPITOLO II

“Dovrete impegnarvi di più per dare fondo alle casse di Champagne mesdames e monsieurs, questo giro lo offre lo Zar del Black Russian!”
Victor sollevò la coppa e dal tavolo gli avventori risposero alzando i calici e il volume delle risate, che si unirono al ruggito dell'orchestra.
L'euforia della serata saliva a galla insieme alle bollicine e alle note del charleston; il compleanno del proprietario era in programma la settimana successiva, però allo speack easy* stavano già festeggiando.
La gang dei russi aveva degli ottimi motivi per farlo, lo stravagante piano suggerito da Otabek era stato un successo ed avevano piazzato un importante carico di alcolici nei loro locali proprio a ridosso delle feste di Natale e Capodanno, praticamente sotto al naso degli asiatici.
“Si staranno ancora domandando come abbiamo fatto...” ipotizzò Georgi. “Pagherei per vedere la faccia del giapponese!”
“Io pagherei per vedere il suo culo.” rispose Christophe “Dicono che sia un bocconcino appetibile.”
“Oh, mi tradiresti per un paio di natiche allevate a riso e pesce crudo?” Victor si palesò di soppiatto dietro di lui e gli appoggiò il gomito sulla spalla ostentando un'aria profondamente offesa.
Tresor, Yuratchka ti sta tradendo per un paio di tette...” fu la risposta serafica dell'interpellato, che indicò con un lieve cenno del mento il ragazzino biondo e Mila al centro della pista, impegnati a dare spettacolo.
Il russo gli dedicò un'occhiata affettuosa e indulgente.
“Adora ballare.”
“Ed essere al centro dell'attenzione.”
“Due cose che abbiamo in comune con te Chris, che ne dici: lo raggiungiamo?”
“Facciamogli vedere di che pasta sono fatti questi vecchietti...” approvò lo svizzero.

Victor non era l'unico a tenere d'occhio Yura, mentre Padre Gosha, ormai ubriaco, cercava un po' di conforto nel decoltè di una cameriera dopo averle rifilato la tristissima storia del suo amore, Otabek sorseggiava con parsimonia lo champagne e lasciava vagare lo sguardo sulla pista da ballo, avendo cura di non soffermarsi con troppa insistenza sullo scalmanato biondino.
Di tanto in tanto sorrideva lasciando trapelare un'espressione compiaciuta, che raramente gli si vedeva sul viso.
Anche lui aveva un motivo speciale per festeggiare, un paio di giorni prima la Dea Bendata aveva deciso di favorirlo mettendo sulla sua strada un camion carico con le chiavi ancora inserite nel cruscotto...

Il giovane kazako conosceva talmente bene vecchio Dodge, che avrebbe potuto rimontarlo a occhi chiusi.
Una volta terminata la revisione del motore alzò lo sguardo sull'orologio a parete dell'officina e si accorse che erano appena le dieci.
Occuparsi dei mezzi della banda, mantenerli efficienti e ripararli dopo le loro spericolate scorribande era un lavoro a tempo pieno; perciò avere una mezza mattina libera era un lusso inaspettato e decise di approfittare della giornata di sole per fare due passi in centro.
Girovagò senza una meta precisa tra le vetrine addobbate, in cerca di ispirazione.
Victor aveva detto di non volere regali di compleanno dai suoi amici e collaboratori, tuttavia era il Capo e presentarsi a mani vuote alla festa sarebbe stato estremamente scortese.
Purtroppo sapeva che i gusti del russo erano costosi e questo complicava la ricerca, mettendo a dura prova le sue tasche.
Gli affari coi Black Russian non andavano male, ma parte dei guadagni prendeva la strada del Kazakistan dove viveva ancora la sua famiglia, che, coi recenti sconvolgimenti politici in Russia, se la passava perfino peggio di quando a comandare erano i Romanov.
Sognava di portare in America i genitori e i fratelli, di farli vivere in una casa degna di questo nome e di regalare a sua madre una cucina moderna.
Però doveva fare i conti con la realtà.
Nemmeno spaccandosi la schiena in officina o inondando di birra e whisky Detroit ci sarebbe riuscito.
Serviva un colpo di fortuna e Otabek riteneva di aver esaurito la sua dopo aver incontrato Victor Nikiforov, che gli aveva dato un lavoro, un tetto sulla testa e (in maniera inconsapevole) un amante.
Il Fato aveva finito le cartucce a disposizione e lui, da persona prudente, aveva capito che era meglio non tentarlo.
O almeno lo pensò finché non vide parcheggiato sull'altro lato della strada un grosso furgone Ford T Delivery, col cassone chiuso.
La leziosa pubblicità di una crema di bellezza dipinta sulle fiancate non lo trasse in inganno; il pianale ribassato indicava che il mezzo era destinato a carichi ben più pesanti di qualche scatola di cosmetici e la conferma venne quando riconobbe nel ragazzino, che stazionava nella drogheria di fronte, il pivello degli asiatici.
Continuò a osservarlo, mentre attraversava la strada un po' più avanti; il pivello stava scegliendo le caramelle dai vasi di vetro esposti sul bancone e, a giudicare dall'espressione rassegnata del commerciante, doveva essere un'operazione piuttosto impegnativa.
Otabek, passando davanti al furgone, rallentò, abbassò la tesa del berretto sul volto e alzò il bavero del giubbotto, ma invece di proseguire, con un rapido dietro front, raggiunse il lato del guidatore, aprì la portiera e saltò su.
Dal retrovisore inquadrò il ragazzino che si precipitava fuori dal negozio e lo rincorreva urlando; colse qualche minaccia e delle suppliche, poi il furgone guadagnò terreno e il pivello divenne un piccolo puntino sulla linea dell'orizzonte.
Sicuramente avrebbe dovuto dare un bel po' di spiegazioni al suo capo e quasi gli dispiaceva per lui; la malavita asiatica era un'organizzazione spietata, però non si affidava ad un moccioso ingenuo un carico così importante senza affiancargli una persona esperta.
Evitò di tornare in officina, era troppo alto il rischio che Georgi o Victor lo notassero.
Guidò con prudenza fino al suo appartamento e infilò il Ford T nella sgangherata rimessa che il proprietario gli aveva concesso come deposito, in cambio di qualche lavoretto di manutenzione sulla sua auto.
Solo dopo aver abbassato la serranda si arrischiò ad aprire il portellone, scoprendo quanti soldi poteva guadagnare in meno di due minuti, il tempo necessario a salire sul camion e darsi alla fuga.


Magari non era diventato ricco e quello che aveva fatto tecnicamente si chiamava “furto”; tuttavia nemmeno i proprietari del furgone erano benefattori dell'umanità.
Il mezzo era stipato di whisky scozzese d'importazione, che dopo aver attraversato l'oceano scendeva dal Canada per dissetare gli americani in barba al Proibizionismo.
Non aveva avuto problemi a piazzare la merce, gli era bastato uscire verso i sobborghi cittadini, dove la rete dei russi e degli asiatici non arrivava.
Il suo sguardo inquadrò Yura, in gara contro Victor e Chris e sorrise di nuovo; i soldi che aveva guadagnato in quella fortunata circostanza non sarebbero bastati a portare in America la sua famiglia, però poteva fare un bel regalo di Natale al giovane russo, qualcosa che lo lasciasse senza parole e gli dimostrasse che lo Zar non era l'unico in grado di mantenerlo nel lusso.



“Guarda che non ho voglia di passare il resto della serata a tenerti la fronte, mentre rimetti l'anima.”
“Bene, allora gira la testa da un'altra parte.”
Otabek emise un lieve sospiro; di solito evitava di farsi coinvolgere nelle bravate di Yura, ma con Victor costretto a fare da anfitrione e ad accogliere gli ospiti della festa, Mila avvinghiata ad aitante giocatore di football seduto al bancone del bar e Georgi fuori combattimento, che dormiva a faccia in giù sul divanetto di velluto, lui era l'unico in grado di contenere le sue bizze.
Impresa ardua, perché il ragazzino si era già scolato in ordine sparso un paio di Clover Club*, un French 75* e degli assaggi di Bourbon, come testimoniavano i bicchieri vuoti sul tavolo.
Restava il mistero di come ci fosse riuscito nel breve lasso di tempo in cui lui era andato alla toilette.
“Che fai?” chiese il più giovane vedendolo riordinare il tavolo.
“Faccio sparire questa roba prima Victor se ne accorga.”
Yuri alzò le spalle e sbuffò infastidito.
“Si, hai ragione, se ne accorgerà comunque guardandoti in faccia.”
“Hah! Gestisce dei locali che vendono alcolici, poi pretende che venga qui e beva limonata!”
“Probabilmente cerca solo di farti arrivare sano ai ventuno anni.” ribadì serafico il kazako.
L'altro in tutta risposta sbuffò ancora e si alzò, barcollando appena.
“E adesso dove vai?”
“A prendere una boccata d'aria, non voglio vanificare i tuoi sforzi di nascondere le prove del reato...”
Otabek sogghignò divertito “Ti accompagno.”
“Guai a te se lo fai.”
“Prendi il cappotto, è freddo fuori.”
“Si mammina!”

Un po' d'aria fresca gli avrebbe fatto bene; nel locale il caldo, il fumo, i profumi aggressivi delle signore e la musica avevano creato una coltre opprimente che gli stringeva la gola.
Nell'uscire allungò la mano verso il guardaroba e pescò a caso una giacca, tanto nessuno sarebbe andato via prima dell'alba.
All'aria gelida della notte il malumore del suo stomaco si placò; Yura espirò il fumo della sigaretta e chiuse gli occhi, beandosi del calore che gli trasmetteva il giubbotto di Otabek.
In un primo momento non ci aveva fatto caso, lo aveva riconosciuto dall'odore; uno strano connubio di benzina, tabacco e acqua di colonia.
Altin aveva una specie di venerazione per quella giacca; tutte le volte che gli aveva chiesto di prestargliela lui aveva risposto picche.
Chissà cosa ci trovava di tanto speciale; l'aveva acquistata usata in un mercatino delle pulci dove vendevano roba militare; la pelle era logora, specie sui gomiti e mancavano un paio di bottoni.
Con quello che guadagnava lavorando per Victor poteva permettersi un cappotto nuovo!

Un leggero tramestio attirò la sua attenzione, adesso era abbastanza lucido da capire che qualcuno si muoveva nell'ombra dei palazzi e stava venendo verso di lui.
“Ehi!” sbraitò “C'è una festa privata stasera, tornate un'altra volta!”
In tutta risposta un grosso gatto randagio schizzò fuori da una catasta di casse di legno, attraversò di corsa il cortile e scomparve nell'oscurità del vicolo.
“Stupida palla di pelo...” bofonchiò il giovane russo, gettando in un angolo il mozzicone di sigaretta.
Subito dopo, con la coda dell'occhio, riuscì a percepire delle sagome scure alle sue spalle, poi tutto si fece nero e, mentre una mano gli tappava la bocca impedendogli di urlare, venne trascinato via a forza.
Ai primi piani alcune finestre illuminate si spensero in fretta, i potenziali testimoni non avevano alcuna intenzione di farlo sapere in giro.



“Dov'è Yura?”
“È uscito un attimo a prendere una boccata d'aria.”
“A fumare una sigaretta e a smaltire la sbronza vorrai dire.”
“C'è anche questa possibilità.”
“Puoi andare a chiamarlo? Stanno per portare la torta e bere a stomaco vuoto è una pessima abitudine.”
Victor e Otabek si scambiarono un sorriso, poi il kazako partì al recupero dell'imprevedibile ragazzino; al Capo non era sfuggito che fumasse di nascosto e non poté fare a meno di chiedersi se si fosse già accorto che loro due avevano una relazione e aspettasse il momento giusto per incastrarli.
Una volta fuori fu costretto ad accantonare le sue riflessioni; lo spiazzo era deserto, lo percorse fino in fondo e imboccò il vicolo che portava su Adam Street, quindi tornò indietro col respiro accorciato da un'ansia crescente, provò a chiamare Yura, con un tono via-via più spazientito, ma il suo nome si perse tra le facciate dei palazzi.
Di lui nessuna traccia.
C'era la concreta possibilità che lo sbruffone fosse svenuto a causa della sbronza quindi controllò accuratamente ogni auto, ogni cassa, ogni angolo buio e dopo l'ennesimo buco nell'acqua provò a chiedere al gorilla all'ingresso.
La guardia gli confermò che era uscito, però non lo aveva visto rientrare; nell'ultima mezzora non era passata anima viva.

“Può essere tornato a casa.”
“A piedi? Alle tre di notte? Senza avvisare nessuno?” Victor, a cui era difficile sentir alzare la voce, imprecò e batté con forza le mani sul tavolo.
Otabek sentì cedere la maschera dell'impassibilità che aveva indossato nel comunicargli la notizia.
“Tresor sai che non è nuovo ai colpi di testa, quante volte doveva essere a scuola e lo abbiamo trovato al parco?” intervenne Chris.
“In fondo ad Adam Street c'è il forno di Kolja...” spiegò Mila “A volte io e Yurotchka andiamo là a prendere la Pastila* appena sfornata. Vado a controllare.”
“Ti accompagno.” si offrì Georgi, ormai sveglio.
“Dividiamoci e cerchiamolo, mi sembra una buona idea.” approvò Victor.
“No cher, tu rimani, nel caso tornasse qui.”
“Se torna giuro che compro collare e guinzaglio e lo lego alla gamba del tavolo!”
“I felini non amano i guinzagli, dovresti saperlo ma vie... Vedrai, non sarà andato troppo lontano.”
“Io prendo la macchina e controllo a casa vostra.” disse Otabek, che si sentiva responsabile di quella scomparsa ed aveva un brutto presentimento a riguardo.



Controllare la casa di Grand Circus Park era stato uno solo scrupolo da parte sua, Yura non era lì, come non era nella caffetteria del parco.
La notte ormai cedeva il passo alla luce fredda del primo mattino e Detroit cominciava a risvegliarsi dal sogno natalizio popolandosi di figure frettolose, che si recavano al lavoro.
Il kazako accostò, spense il motore e appoggiò la fronte sul volante esalando un profondo sospiro, poi alzò lo sguardo e inquadrò la facciata elaborata e le luci del Princess Theatre; da lì cominciava il territorio dei Red Lotus.
La gang asiatica era l'unica spiegazione che riusciva a darsi per la scomparsa di Yura; in qualche modo avevano collegato il furto del camion ai Black Russian e avevano preso lui, perché era l'unico a portata di mano.
Avrebbero cercato di farlo parlare o si sarebbero limitati ad ammazzarlo per dare l'esempio?
Poteva essere già morto, mentre lui era lì a lambiccarsi il cervello in cerca di una spiegazione.
Non sapeva l'esatta ubicazione del loro quartier generale, però scendere e mettersi a perlustrare i dintorni era troppo azzardato; la lavanderia accanto al teatro aveva appena alzato la serranda e gli parve che le due dipendenti lo fissassero con troppa insistenza.
Aveva bisogno di schiarire le idee, cercò nella tasca il portasigarette e fu allora che si accorse di non aver preso il giaccone al guardaroba.
Fece mente locale: non l'aveva preso, perché non c'era, invece ricordava bene il cappotto col vistoso collo di pelliccia del giovane russo.


☼ La voce della trascendenza ☼

Carissimi, sprezzante del pericolo eccomi a postare il secondo capitolo di questa gangster story di Venerdì 13!
Avrei preferito procrastinare, ma gentilmente mi hanno avvisato che il regolamento dei contest è cambiato di recente e che i capitoli di una storia in concorso devono essere online entro quindici giorni.
Perciò entro questa Domenica avrete la possibilità di scoprire che ne è stato di Yura, cosa s'inventerà Otabek per poterlo salvare e soprattutto come reagirà Victor a sapere del fattaccio e del tradimento (ma siamo proprio sicuri che ignorasse tutto? u.u hummm...).
Nel frattempo ringrazio chi legge e preferisce il mio delirio Criminal e vi rimando a domani per il seguito!

NOTE – Traduzioni
Speak Easy: locale clandestino in cui, durante l'epoca del Proibizionismo, si vendevano alcolici, non di rado c'era anche un orchestra e la possibilità di ballare e divertirsi.
Clover Club e French 75: nomi di classici cocktails in voga all'epoca.
Pastila: tipico dolce russo a base di mele

   
 
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