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Autore: Red Owl    13/11/2020    1 recensioni
Quando il suo convento viene saccheggiato, la giovane Neve, figlia dei Conti di Nevelunga, si ritrova nelle mani di briganti senza scrupoli. Quando scoprono la sua identità, i suoi rapitori decidono di chiedere un riscatto a suo fratello, l'attuale Conte, e di riconsegnarla alle sue amorevoli cure.
Falco e Neve non si vedono da più di dieci anni, ma la ragazza non ha dubbi: sarebbe meglio vivere da schiava, piuttosto che tornare da lui. Ma l'accordo è ormai fatto e Neve non vi si può sottrarre. E allora è forse giunto il momento di fare ciò che sua madre le ha raccomandato prima di scomparire per sempre dalla sua vita: smettere di avere paura e avviarsi lungo la Strada del Lupo già percorsa dai suoi antenati.
C'è solo un problema: Neve ha capito ormai da molti anni di essere tutt'altro tipo di animale.
Storia di un viaggio solitario (o forse no), prologo di un vecchio racconto che forse prima o poi pubblicherò, ma che può esistere benissimo anche da sola.
AVVERTIMENTI: contiene scene di violenza, sesso e dinamiche famigliari tutt'altro che idilliache.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Neve si strinse nelle spalle e poi si sedette su uno dei materassi ancora liberi, facendo cenno a Lisi di prendere posto accanto a lei. La ragazza bruna incrociò però testardamente le braccia davanti al petto e la fissò con un’espressione determinata.

Neve sospirò: quando la sua amica si metteva in testa una cosa, distrarla era quasi impossibile.

Sì, be’”, borbottò allora, scrollando ancora le spalle, “la storia l’hai sentita. Non credo che ci sia bisogno di aggiungere altro.”

Lisi storse le labbra. “Non capisco perché non mi hai mai detto niente. Ci conosciamo da dieci anni!”

Rannicchiata sul suo materasso, Clara smise di singhiozzare e si mise in ascolto.

Non ho mai detto niente perché mi hanno raccomandato di non farlo” sbuffò Neve. “Credo che tu sappia quello che è successo a Nevelunga, no? Mia madre è sparita nel nulla e mio fratello ha ucciso mio padre: quando mi hanno portata al convento, tutti pensavano che Falco avrebbe tentato di uccidere anche me. Mi hanno portata via di nascosto, con il preciso intento di far perdere le mie tracce. Cosa potevo fare? Allora ero solo una bambina ed ero spaventata a morte, mi sembra solo naturale che io abbia tenuto la bocca ben chiusa.” Quando Lisi annuì quasi controvoglia, Neve continuò: “Con il passare del tempo, poi, quello che ero è diventato sempre meno importante. Quel tipo là fuori mi chiama contessina, ma lo fa solo per prendermi in giro: quando sono entrata in convento ho rinunciato ai miei titoli, quindi non ho più il diritto di farmi chiamare così. Ormai io sono solo Neve del convento di Forrascura.”

Lisi reclinò il capo sulla spalla com’era solita fare quando rifletteva. Dopo qualche istante le si avvicinò e si sedette a poca distanza da lei. “Non è quello che hai detto a Mikel, però.”

Neve inarcò le sopracciglia chiare. “Mikel?” le fece eco.

Sulle gote dell’altra ragazza comparve un lieve rossore. “Si chiama così, no?”

Cer-to” scandì lentamente Neve, insospettita dalla strana famigliarità che Lisi sembrava aver sviluppato con il capo dei briganti. Quella storia le puzzava, ma era qualcosa su cui avrebbe dovuto riflettere un’altra volta.

Quindi?” insistette Lisi, spronandola a rispondere.

Neve si coprì per qualche secondo gli occhi con le mani, prima di farle ricadere rumorosamente sulle ginocchia. “Non so perché gli ho detto che ero la sorella di Falco. È stata un’idea stupida, suppongo, ma mi è venuto d’istinto.” Arrossendo, la ragazza proseguì: “Immagino che sia una sorta di automatismo che mi porto dietro da quando vivevo ancora a Nevelunga. Una volta mi bastava sbandierare il mio titolo perché gli altri bambini mi rispettassero. Visti i risultati, non avrei dovuto dirglielo.”

Almeno siamo vive” pigolò timidamente Clara dal suo materasso.

Per ora” ribatté amaramente Neve. “Non posso tornare da Falco: quello mi ammazza.”

Lisi la fissò con i suoi begli occhi verdi. “Ma ne sei proprio sicura?”

Neve si mordicchiò le labbra. Sì, ne era sicura, perché sapeva di per certo che Falco la considerava un pericolo da eliminare. E non a torto, sussurrò una vocina che giungeva da quella parte della sua mente che odiava e temeva la creatura che le viveva nel petto. “Ne sono abbastanza certa, sì” mormorò senza scendere nei dettagli. “Non so se fino a ora abbia mai cercato di trovarmi, ma la cosa migliore sarebbe se pensasse che fossi già morta.”

Qualcuno sa che sei… che eri al convento?” le chiese ancora Lisi.

Le persone che mi hanno portato qui lo sanno” annuì Neve. “La mia governante e i cavalieri che erano rimasti fedeli a mio padre. Non so se siano ancora vivi, però. In ogni caso, se Falco non è venuto a cercarmi al convento, significa che non hanno parlato.”

La ragazza bruna le si avvicinò fino a prenderle le mani tra le sue. “Perché tuo fratello ti odia tanto?”

Neve si irrigidì. Oh, no. Quella non era un’informazione che desiderava condividere con Lisi e Clara. Non avrebbero capito. Come avrebbero potuto farlo, se nemmeno lei aveva mai veramente capito la propria natura? “Questioni di famiglia” ribatté decisa. “Scusami, ma preferisco non parlarne.”

Lisi le lasciò le mani e si ritrasse, visibilmente ferita dalla sua freddezza.

Nella tenda scese un silenzio teso che Clara spezzò dopo qualche minuto. “Non c’è nessuno che ti possa aiutare?” chiese con la sua vocetta sottile. “Re Johan, forse…”

Neve scosse il capo con un sospiro carico di sarcasmo. “Il nostro Re non ha alcun interesse a controllare le terre del nord. È così da sempre: il nord si autogoverna, ogni tanto qualcuno ammazza qualcun altro e alla fine l’equilibrio e il pagamento delle tasse rimangono garantiti. È sempre stato così, stando a quanto mi ha spiegato mio padre prima di… prima che io venissi a Forrascura. Il nord non infastidisce la Capitale e la Capitale non ficca troppo il naso negli affari del nord; e tutti sono contenti e soddisfatti.”

Lisi si chinò in avanti, gli occhi fissi sull’apertura della tenda, oltre la quale era possibile scorgere la sagoma di alcuni uomini. “Quindi cosa intendi fare?” le chiese sottovoce, con il chiaro intento di non farsi sentire da chiunque potesse essere in ascolto.

L’altra ragazza scosse mestamente il capo. “Non ne ho idea” ammise. “Non ne ho davvero idea. Forse potrei provare a ragionare con questi uomini, ma dubito di poter ottenere qualche risultato. Prima di consegnarmi a lui, chiederanno di certo un riscatto a Falco e io non posso certo sperare di pagare più di lui…”

E se Lord Falco non ti volesse?” chiese Clara, che evidentemente stava cercando di farsi forza e di dare qualche speranza alla compagna.

Improbabile”, commentò Neve, “ma auspicabile.”

Né Clara né Lisi sembrarono aver altro da aggiungere a quel punto e Neve si portò le mani alla testa, esalando lentamente nel tentativo di allentare un po’ la tensione che le mordeva i muscoli del collo. La treccia in cui aveva stretto come di consueto i capelli chiari le stava irritando il cuoio capelluto e così la ragazza la sciolse, lasciando che i capelli biondi le ricadessero pesantemente sulla schiena. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che li aveva lasciati sciolti in presenza di altre persone?

La sua mente rievocò un ricordo sbiadito, soffocato dalla miriade di altri ricordi che si erano sovrapposti a esso. C’era un fuoco acceso in una stanza che profumava di cannella e chiodi di garofano, c’era un tappeto morbido sotto le sue ginocchia e un corpo caldo dietro di lei, dita delicate che le accarezzavano i capelli, dividendo con dolcezza le ciocche. C’era profumo di mamma e il suo cuore era colmo di pace.

C’erano anche delle parole sussurrate, raccomandazioni che non avevano avuto molto senso alle sue orecchie di bambina. La mia piccola guerriera, aveva mormorato sua madre; e Neve non aveva capito il perché di quel titolo. Sì, le era capitato di prendere a sassate qualche altro bambino e sì, una volta aveva morso la mano di una sua compagna di giochi e non l’aveva lasciata andare finché la governante non era venuta a liberare la sventurata, ma non poteva certo dirsi una guerriera.

Verrà un giorno in cui dovrai combattere, piccola mia, le aveva detto sua madre. Quando quel giorno arriverà, non aver paura di percorrere la Strada del Lupo. È nel tuo sangue: quando sarà il momento saprai cosa fare.

All’epoca Neve era già consapevole dell’animaletto che viveva rannicchiato dietro le sue costole, del cucciolo che ogni tanto borbottava in lei. Già allora aveva l’impressione che non fosse un lupacchiotto, ma Neve ricordava distintamente di non averne mai parlato con sua madre. Perché una mamma le sa, certe cose, si era detta. La mamma sa sempre tutto e non ha bisogno che glielo dica io.

La ragazza si domandò se sua madre sapesse veramente tutto, se fosse consapevole della natura dell’essere che viveva in lei. Non aveva mai avuto modo di chiederglielo: ricostruire lo scorrere del tempo era impossibile, ma la giovane sapeva che, poco tempo dopo la scena dei suoi ricordi, la donna era inspiegabilmente svanita nel nulla. Con ogni probabilità era morta.

D’impulso Neve si afferrò i capelli in un pugno e li attorcigliò come per fissarli di nuovo sul capo. All’improvviso il fatto di lasciarli sciolti le sembrava quasi sacrilego, come se facendolo avrebbe in un qualche modo offuscato l’ultimo ricordo che aveva di sua madre. Rendendosi conto di quello che stava facendo, la ragazza si obbligò a lasciare la presa. Aveva mal di testa e non aveva senso torturarsi in quel modo. La situazione in cui si trovavano era già abbastanza sgradevole così com’era.

Dopo qualche tempo Clara si mise a sedere e si guardò attorno con occhi nervosi.

Cosa c’è?” le chiese Lisi, sollevando appena il capo dal materasso sul quale stava sonnecchiando, stremata dallo stress della giornata.

La ragazzina arrossì. “Devo usare il bagno” confessò.

Neve si mordicchiò le labbra: a breve anche lei avrebbe avuto lo stesso problema. All’interno della tenda non c’era però nulla che potesse fare a caso loro, nemmeno un lenzuolo che potesse garantire loro un minimo di riservatezza.

Con un sospiro, la giovane si alzò in piedi, ignorando le fitte a schiena e gambe dovute alla cavalcata fuori programma. Anche se era imbarazzante, non avevano altra scelta che chiedere aiuto agli uomini che Mikel aveva messo a guardia della loro tenda. 

Scostando il lembo che fungeva da porta, Neve sporse il capo all’esterno e si trovò di fronte al giovane che aveva cavalcato con Clara e a un ragazzo biondo. “La mia amica ha bisogno di andare in bagno” annunciò senza giri di parole. Era molto più semplice far credere che fosse Clara l’unica ad avere problemi con la vescica, piuttosto che ammettere che anche lei iniziava ad avere una certa urgenza di fare pipì.

I due ragazzi si scambiarono un’occhiata. “Vediamo di procurarvi qualcosa” disse il giovane biondo. Aveva un viso gradevole e dall’espressione quasi amichevole: Neve si trovò a pensare che era un vero peccato che facesse parte di quella banda di criminali.

La ragazza annuì e fece per rientrare all’interno della tenda, ma in quel momento l’occhio le cadde su un gruppetto di persone raccolte attorno a un vecchio castagno. Mila! Shandra! Pensò, riconoscendo due delle sue consorelle. Erano due monache che avevano suppergiù la sua età e che non si erano trovate nelle cantine quando era avvenuto l’attacco. Evidentemente i briganti avevano rastrellato il convento e avevano portato in quella sorta di accampamento tutte le donne che avevano reputato di un certo valore.

Prima che avesse modo di cogliere qualche particolare in più, la guardia bionda si frappose tra lei e il gruppetto di monache. “Ah-ah!fece in tono di rimprovero. “Torna dentro, dai: lo sai anche tu che Mikel non vuole che ti guardi in giro.”

Neve aggrottò la fronte, cercando di prendere tempo. “Ma che male può fare se mi guardo un po’ in giro? Sono comunque vostra prigioniera.”

Il ragazzo scosse il capo. “Dentro!” le ordinò, puntando un indice verso la tenda.

Con un sospiro sconfitto, la giovane fece come le era stato chiesto.

Allora?” le chiese Clara, incrociando penosamente le gambe.

Neve le rivolse un’occhiata di compatimento. “Hanno detto che adesso ci portano qualcosa” replicò. “Cerca di resistere o, se proprio non ci riesci, vai in un angolo e solleva il tappeto.”

La ragazzina avvampò. “Resisto” borbottò a denti stretti.

Bene” sospirò Neve, rivolgendole un cenno d’assenso. Poi si voltò verso Lisi. “Ci sono delle nostre consorelle, là fuori. Credo che le abbiano legate a un albero.”

La giovane bruna si mise immediatamente a sedere. “Chi sono? Hai riconosciuto qualcuno?”

Neve si mordicchiò le labbra. “Ho visto chiaramente solo Shandra e Mila, poi mi hanno costretta a rientrare. Comunque mi sembrava che ci fossero solo donne giovani: non so cosa ne abbiano fatto delle altre.”

Lisi chinò mestamente il capo e Neve tentò di reprimere un brivido d’orrore. Se la sorte toccata alla Superiora era un indizio, non ci voleva certo un genio per capire cosa fosse successo alle loro consorelle più anziane.

Clara ondeggiò mestamente sul posto, cingendosi il ventre con le mani. “Secondo voi cosa ne faranno? Cosa ci faranno?”

Tenteranno di venderle come schiave ai pirati che trafficano con le terre che si trovano al di là dell’oceano” replicò cupamente Lisi. “Sembra che… da quello che so, quella è la sorte che tocca a quasi tutte le donne che cadono in mano a predoni come questi.”

La ragazza più giovane rabbrividì. “Credi che finiremo anche noi oltre oceano?”

Neve serrò i denti. Era evidente che lei non era inclusa in quel noi: lei sarebbe finita a Nevelunga, dove avrebbe incontrato il suo destino. Forse sarebbe meglio venir mandata al di là del mare, dove nessuno mi conosce e dove potrei iniziare una nuova vita. Per quanto miserabile, non può essere peggiore di quella a cui mi costringerà Falco, ammesso che mi lasci vivere!

A quel pensiero, la creatura nel suo petto ebbe un fremito rabbioso. Oh, se Falco avesse cercato di ucciderla, lei non sarebbe stata a guardare come una preda inerme. Si sarebbe difesa con le unghie e con i denti e gliel’avrebbe fatta vedere lei, l’avrebbe morso e graffiato e avrebbe assaggiato il suo sangue, ne avrebbe ricordato il sapore e…

No! Neve rinculò fisicamente e si costrinse ad abbandonare quei pensieri. Non avrebbe ceduto alla bestia. L’avrebbe tenuta nascosta, controllata. Ma a che pro? Le chiese una sorta di coscienza ribelle. Se Falco sarà sul punto di ucciderti, che senso ha resistere a quello che sei? È meglio la morte o una nuova forma d’esistenza?

Prima che avesse modo di rispondere a quel quesito, Lisi si alzò e le posò una mano sulla spalla. “Tutto bene?” le chiese guardandola con un’espressione preoccupata nei grandi occhi verdi.

Neve annuì. “Sì, è tutto a posto” mormorò con voce roca. “Ho solo avuto un momento di debolezza: devo essere stanca.”

Lisi la studiò con aria scettica, ma, sebbene fosse evidente che non le credeva, evitò di commentare, scegliendo invece di rispondere a Clara. “Non so cosa ne sarà di noi, ma suppongo che tu accompagnerai Neve a Nevelunga: hanno deciso che le farai da ancella e le ancelle seguono ovunque le loro signore.”

Clara storse le labbra pallide, incerta se apprezzare o meno quella prospettiva, e Neve si sentì arrossire: lei non era più abituata a essere la signora di nessuno.

Io, invece”, continuò Lisi con una smorfia, “verrò con ogni probabilità venduta oltre oceano. A Neve non servono due servitrici.”

Mentre pronunciava quelle parole Lisi tenne gli occhi bassi e Neve la fissò con uno sguardo indagatore. “Oh, io non ne sarei così certa, se fossi in te” replicò lentamente, studiando la reazione dell’amica. “Mikel sembra aver sviluppato un certo interesse nei tuoi confronti.”

Le guance pallide di Lisi si tinsero di rosa. “Oh, non lo so. Non credo che si farà problemi a cedermi in cambio di un po’ di quattrini.”

È arrossita? Si chiese Neve incredula. Perché è arrossita? Non può essere… affascinata da quel tizio!

Lisi” esordì con voce cauta, ma in quel momento l’entrata della tenda si spalancò e Neve si voltò di scatto per fronteggiare il nuovo arrivato.

All’interno del rettangolo luminoso della soglia si stagliava la figuretta di una ragazzina che non poteva essere molto più grande di Clara. Aveva la pelle talmente scura che a tratti pareva avere riflessi bluacei, vestiva abiti maschili e in mano reggeva una padella dall’aspetto inequivocabile. 

Allora!” esclamò la ragazzetta con un gran sorriso. “Mi hanno detto che qualcuno se la sta facendo addosso!”

   
 
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