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Autore: Roxanne Potter    15/11/2020    2 recensioni
La fine dell'ultima guerra magica ha lasciato dietro di sé perdite, ferite e traumi che peseranno per sempre sulle spalle dei sopravvissuti. Anche i loro figli, che vivono un presente libero e felice, si ritroveranno ben presto a prendere consapevolezza di come la guerra abbia sconvolto per sempre le vite dei loro familiari e di come i fantasmi di un passato apparentemente lontano facciano inevitabilmente parte anche della loro storia.
[Ogni capitolo della raccolta è dedicato a un diverso personaggio della Nuova Generazione]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Famiglia Potter, Famiglia Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Dominique Weasley – Why do all the monsters come out at night?

Dominique ha appena otto anni e già le piace ammirare il suo riflesso allo specchio.
Alle sue spalle, la camera è immersa nella luce soffusa e ambrata di un'unica lampada accesa sul comodino, e lei deve aguzzare lo sguardo per individuare e contare una a una le pallide lentiggini che le ricoprono gli zigomi e la punta del naso.
Ignora i rumori del vento che fa sbattere le imposte delle finestre e il fragore della pioggia contro i vetri, mentre inarca le sopracciglia in un'espressione sfrontata e si arriccia una ciocca di capelli intorno al dito.
A Dominique piace pensare di somigliare a suo padre, per quanto una bambina possa somigliare a un uomo che ha superato la quarantina; dopotutto, pensa con orgoglio, lei è l'unica tra i suoi fratelli ad aver ereditato i caratteristici capelli rossi dei Weasley.
Anche i suoi occhi castani sono identici a quelli di Bill, splendenti dello stesso sguardo aperto, vivace e luminoso.
Poi c'è il suo viso. Un viso aggraziato, dalla pelle lattea e delicata, simile a quello di una bambola – come le ripetono spesso Andromeda Tonks e le amiche di sua madre.
Un viso che non è mai stato martoriato e sfigurato dalla guerra.
Dominique pensa alla cicatrice ormai sbiadita dal tempo che solca la guancia di suo padre. Quando gli ha chiesto come se la fosse procurata, lui si è limitato a stringersi nelle spalle e a rispondere; -Una vecchia ferita di guerra.
Lei ha scoperto la verità solo qualche mese dopo, origliando una conversazione tra Victoire e Ted. Una verità che le ha fatto venire i brividi. Adesso, mentre se ne sta in piedi davanti allo specchio, Dominique non può fare a meno di immaginare che quella stessa cicatrice sia lì a sfigurare il suo viso così perfetto e immacolato, rendendolo ancora più simile a quello del padre.
Forse è colpa della poca luce che illumina la stanza, o del sibilio sempre più forte del vento, delle imposte che sbattono e della pioggia che continua a battere contro i vetri, ma Dominique si ritrova immersa di colpo in uno stato quasi ipnotico, incapace di distogliere lo sguardo dal suo riflesso. Un brivido freddo le percorre la schiena; non riesce a smettere di pensare ossessivamente a quella cicatrice né a frenare l'ansia e l'inquietudine che hanno iniziato a contorcerle lo stomaco senza alcuna ragione apparente.
Dominique detesta avere paura. È sempre stata convinta di avere un carattere troppo forte per potersi abbandonare a un sentimento così blando e vergognoso.
Lei, che non ha mai compreso la fobia del buio degli altri bambini. Lei, che parla e ride sempre durante i pranzi di famiglia e ama attirare l'attenzione su di sé e risponde a tono alle prese in giro di James, che per i suoi sei anni ha già una parlantina fin troppo svelta. Lei, che incoraggia continuamente Victoire e Molly ad arrampicarsi sugli alberi e tuffarsi dagli scogli più alti.
Una come lei non può avere paura di nulla e di nessuno.
Ma nella quiete della notte, nell'intimità e nella solitudine della sua stanza, Dominique non può fare a meno di abbandonarsi a un senso di terrore sempre più crescente e paralizzante che le sta serrando la gola in una morsa dolorosa.
È a quel punto che la vede.
La vede davvero, quella cicatrice. Non il suo pallido fantasma, ma una vera e propria ferita, brandelli di carne divelta e rivoli di sangue vermiglio che colano piano sulla sua guancia.
Il terrore la colpisce allo stomaco come un pugno, il respiro le si ferma. Pochi istanti di terrore crudo e primordiale, poi la cicatrice scompare di colpo e Dominique si ritrova ad ansimare, le mani tremanti, gli occhi fissi sul suo volto di un pallore spettrale ma liscio e perfetto come è sempre stato. Il battito del suo cuore è talmente forte da essere udibile persino sopra il rumore della pioggia. Una voce dentro di lei le sta urlando di girarsi e correre verso il letto ma il suo corpo si rifiuta di muoversi, le sue gambe sono come inchiodate lì sul posto.
Nella sua mente irrompe prepotentemente l'immagine delle zanne di un lupo mannaro che lacerano la guancia di suo padre e per un attimo Dominique sente davvero l'odore acre del sangue impregnare l'aria, come una macabra premonizione dello spettacolo che sta per presentarsi davanti ai suoi occhi.
Il suo viso allo specchio inizia a tremare, si deforma, si scompone e si ricompone fino a diventare il viso di Bill, con lo sguardo sconvolto dal dolore e dalla paura e la guancia scarnificata, un ammasso di sangue e pelle a brandelli.
Alle sue spalle, la stanza si fa buia. Dominique vede due pupille dorate risplendere nell'oscurità e degli artigli iniziare a chiudersi lentamente intorno alla sua gola.
Un ringhio basso nel buio, un respiro caldo e pesante sul collo, e l'incantesimo si spezza, l'orrore che finora l'ha paralizzata le fa spalancare la bocca e Dominique urla, urla con tutto il fiato che ha in gola, urla di un urlo agghiacciante che rimbomba tra le pareti della stanza e sembra risuonare all'infinito, all'infinito...
Tutto questo non è reale.
I suoi occhi si chiudono e poi si riaprono di scatto, restituendole l'immagine delle venature del legno del soffitto della sua camera. Si rende conto di star davvero urlando, le mani che artigliano la coperta, gli occhi lucidi di lacrime e il corpo scosso da fremiti incontrollabili.
-Nique, Nique! Che succede?
La voce di suo padre. Dominique smette di urlare e si rigira su un fianco, ancora tremante.
I suoi genitori sono lì accanto al suo letto, entrambi in vestaglia e con i visi devastati dalla preoccupazione. Bill si china verso di lei, posandole una carezza sui capelli, mentre Fleur ripete; -Mon Dieu, Nique, che cosa succede? Stai calma. Era solo un brutto sogno, vero?
Dominique accoglie come una benedizione la carezza confortante del padre. Il cuore che le batte all'impazzata nel petto inizia pian piano ad frenare la sua corsa e il calore familiare delle coperte la fa sentire finalmente al sicuro.
È stato solo un sogno. Un sogno terrificante, talmente palpabile da sembrare reale, ma pur sempre un sogno.
-Sì.- mormora Dominique. -Ho sognato... una cosa brutta.
-Non preoccuparti, ci siamo noi qui.- risponde Bill prendendole una mano. -Vuoi che rimaniamo un po' con te?
Dominique sta già iniziando a vergognarsi delle lacrime che le velano gli occhi. Sbatte le palpebre e guarda il viso di suo padre. La cicatrice che è stata protagonista di quell'incubo così insensato non è altro che un segno pallido, spento, quasi indistinguibile dal resto della pelle di Bill. Il mero fantasma di un passato che non tornerà mai più e di cui è inutile avere paura.
Una parte di lei vorrebbe dire ai suoi genitori che va tutto bene, che possono tornare a dormire, perché lei non ha paura di rimanere da sola – così come non ha paura di niente e di nessuno. Eppure in questo momento Dominique sente più che mai di essere ancora solo una bambina che, come tutti, ha il terrore di perdere i suoi genitori. Si rende conto di aver disperatamente bisogno di loro, anche se solo per una manciata di minuti, per ricordare a se stessa che gli incubi della guerra non appartengono più alle loro vite.
Lei è al sicuro. Sua madre e suo padre sono al sicuro. Sono lì per lei – saranno sempre lì per lei.
Dominique pensa a Ted, che non potrà mai godere della sua stessa fortuna, e un misto di tristezza e dolcezza le stringe il cuore mentre ricambia la stretta della mano di Bill e mormora; -Rimanete qui con me.
   
 
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